Necessaria la pericolosità sociale del soggetto per l’applicazione della confisca

In tema di misure di prevenzione, per l'applicazione della confisca, il giudice deve ricostruire la pericolosità sociale del soggetto, non solo verificando la correlazione temporale tra condotte illecite e incremento patrimoniale, ma anche delimitando il periodo in cui la pericolosità si è manifestata. 

La confisca può riguardare solo i beni acquisiti nel periodo in cui si è manifestata tale pericolosità, distinguendo tra pericolosità generica e qualificata, e richiedendo il triplice requisito della abitualità delle condotte criminose, della generazione di profitti illeciti e che questi ultimi costituiscano una significativa fonte di reddito. La sentenza in commento concerne la vicenda che ha visto la Corte di appello di Bari rigettare il ricorso avanzato avverso il decreto di confisca dei beni disposto dal Tribunale di Bari. Avverso la sentenza di appello veniva proposto ricorso per cassazione, deducendo i due ricorrenti distinti motivi di impugnazione. In particolare, il primo ricorrente ha denunciato diversi vizi giuridici violazione del giudizio di pericolosità sociale, sostenendo che la Corte ha erroneamente valorizzato condanne e procedimenti penali senza motivare adeguatamente la correlazione tra i reati e i profitti illeciti violazione della perimetrazione temporale della pericolosità, che doveva limitarsi agli anni 2016-2017, e della sproporzione dei beni confiscati rispetto alla sua situazione erronea valutazione circa la rilevanza dei redditi evasi tra il 2008 e il 2012, ignorando la regolarizzazione dei rapporti fiscali e la legittimità di alcuni acquisti.   Il secondo ricorrente, invece, ha contestato la presunta fittizietà della titolarità di alcuni beni, sostenendo che si trattasse di proventi leciti derivanti da una separazione matrimoniale e da investimenti precedenti alla presunta pericolosità dell'altro ricorrente, chiedendo, pertanto, la restituzione dei beni confiscati. I Giudici di Legittimità hanno parzialmente accolto i motivi di ricorso, disponendo che il decreto impugnato deve essere annullato nei confronti del secondo ricorrente, nonché, limitatamente alla perimetrazione cronologica della pericolosità sociale, nei confronti anche del primo ricorrente, con rinvio per nuovo giudizio alle Corte di appello di Bari. Il ricorso del primo ricorrente è, per il resto, inammissibile. Come noto, con l'arresto delle Sezioni Unite Spinelli del 2015 si è definitivamente affermata l'opzione interpretativa per cui risulta «irrinunziabile, a fini di valida emissione del provvedimento di confisca, la ricostruzione preliminare dei profili di pericolosità soggettiva tali da consentire la constatazione argomentata della correlazione temporale tra condotte contra legem del soggetto ed incremento patrimoniale confiscabile». I Giudici di Piazza Cavour hanno osservato, in particolare, che «la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, è anche misura temporale del suo ambito applicativo». Ne consegue, pertanto, che, con riferimento alla c.d. pericolosità generica, saranno suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell'arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale. Con riferimento, invece, alla c.d. pericolosità qualificata, il Giudice dovrà accertare se questa investa l'intero percorso esistenziale del proposto, o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosità sociale, al fine dl stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale individuato. Con la sentenza in commento si precisa che il Giudice del merito è tenuto, in caso di confisca, non soltanto a ricostruire le specifiche condotte indicative dell'inquadramento del soggetto nella categoria tipica di pericolosità, ma anche a «delimitare in chiave storica il periodo caratterizzato dalla attitudine alla produzione di reddito illecito». Pertanto, da tale valutazione, il Giudice del merito dovrà «escludere dall'area di possibile intervento ablatorio gli acquisti verificatisi in momenti antecedenti, proprio in quanto “non ricadenti” in tale ambito temporale». Ne consegue, precisano i Giudici di Legittimità, che ai fini dell'applicazione della previsione di cui alla lettera b dell'articolo 1 d.lgs. 159/2011 il Giudice del merito deve individuare sia la «perimetrazione cronologica della pericolosità sociale, al fine di sostenere la correlazione temporale tra pericolosità ed acquisto dei beni e deve, inoltre, accertare che si tratti di attività delittuose capaci di produrre reddito e che non si tratti di condotte genericamente devianti o denotanti un semplice avvicinamento a contesti delinquenziali». L'individuazione del dies a quo comporta, tra le altre cose, che il Giudice proceda a ricostruire l'entità, la valenza, l'effettiva derivazione di profitto illecito, la capacità di denotare serialità e, dunque, l'attitudine dei reati ad integrare una sequenza suscettibile di determinare l'acquisizione di un profitto illeciti. In conclusione, si è affermato che, in tema di misure di prevenzione, alla luce anche della sentenza della Corte costituzionale numero 24 del 2019, le categorie di delitto legittimanti l'applicazione di una misura fondata sul giudizio di c.d. pericolosità generica, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lett. b , del d.lgs. numero 159 del 2011, «devono presentare il triplice requisito - da ancorare a precisi elementi di fatto, di cui il giudice di merito deve rendere adeguatamente conto in motivazione — per cui deve trattarsi di delitti commessi abitualmente, ossia in un significativo arco temporale, che abbiano effettivamente generato profitti in capo al proposto e che costituiscano, o abbiano costituito in una determinata epoca, l'unica, o quantomeno una rilevante, fonte di reddito per il medesimo».

Presidente Aprile - Relatrice Giordano Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Bari, con il decreto indicato in epigrafe, ha rigettato il ricorso proposto da Cu.Ru. e Pa.Anumero , quale terza interessata, avverso il decreto del 22 marzo 2023 con il quale il Tribunale di Bari aveva disposto la confisca di beni auto orologi Rolex rapporti di credito polizze assicurative titoli denaro contante e altro nei confronti di Cu.Ru. e Pa.Anumero I giudici di merito hanno ritenuto accertata la pericolosità sociale del Cu.Ru. ai sensi degli articolo 1, lett. b e 4, lett. c , D.Lgs. 159 del 2011, quale persona che, per la condotta e il tenore di vita, debba ritenersi viva abitualmente, anche in parte, con proventi dell'attività delittuosa, pericolosità accertata nel periodo che va dal 2011 al 2018. 2. Con i motivi di ricorso, sintetizzati ai sensi dell'articolo 173 disp. att. cod. procomma penumero  nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione 2.1. Cu.Ru. denuncia 2.1.1 violazione di legge sul giudizio di pericolosità sociale poiché la Corte territoriale ha valorizzato, ritenendosi suscettibili di integrare gli elementi di fatto dai quali sia possibile affermare che i reati ascritti al Cu.Ru. abbiano generato profitti illeciti integrando una condotta abituale e costituendo l'unica fonte di profitto a. la sentenza di assoluzione dal reato di cui all'articolo 4 D.Lgs. numero 74 del 2000  reato commesso il 27/09/2012 , trascurando che si trattava di importi sottosoglia e, quindi, insuscettibili di integrare illecito penale e che, per essere ritenuto sintomatico di pericolosità sociale, avrebbe dovuto essere oggetto di puntuale accertamento b. la sentenza di assoluzione dal reato di bancarotta per distrazione, valorizzando, viceversa, sulla base di una mera congettura, che il Cu.Ru. avesse percepito compensi per la falsificazione dei modelli F24. In entrambi i casi la Corte non ha motivato la sussistenza degli elementi di fatto sulla scorta dei quali, in presenza di sentenza di assoluzione, ritenere sussistenti condotte suscettibili di illecito arricchimento. Ha valorizzato, altresì, una insussistente confessione del Cu.Ru. e le condotte ascrittegli per uno dei residui reati di bancarotta quello di avere cagionato il fallimento di alcune società , condotta insuscettibile di creare proventi illeciti idonei a dare luogo alla fattispecie di pericolosità di cui all'articolo 1, lett. b cit., e, comunque, il comportamento processuale del Cu.Ru. poteva essere letto come idoneo ad incidere sul giudizio di pericolosità sociale comma sentenze di proscioglimento per prescrizione, trascurando che il decreto del Tribunale di Bari, che ne aveva valorizzato l'esito ed al quale la Corte di merito si era riportato, era privo di motivazione e richiamava la motivazione, puramente apparente, della sentenza del 9 luglio 2021 del Tribunale di Foggia d. procedimenti penali pendenti, trascurando che il giudice della prevenzione non può limitarsi ad una mera compilazione delle pendenze ma deve analizzare i fatti suscettibili di creare illecito arricchimento e. la condanna del Cu.Ru. per i reati di cui all'articolo 512-bis cod. penumero   intestazione fittizia e riciclaggio articolo 648-ter cod. penumero , oggetto di condanna non irrevocabile, anche in tal caso limitandosi a dare atto della contestazione. Quanto alle condanne irrevocabili rileva che queste hanno avuto ad oggetto contestazioni relative ai reati di cui agli articolo 10-quater, 3,4 e 8 D.Lgs. numero 74/2000 e articolo 648-ter cod. penumero relative a condotte commesse negli anni 2016 e 2017, quindi inidonee a comprovare, nel più esteso perimetro temporale dal 2011 al 2018 , l'abitualità necessaria ai fini del giudizio di pericolosità. La Corte di appello, inoltre, ha trascurato la valenza sia della confessione degli addebiti, dilatandone la portata, che la concreta perimetrazione del giudizio di pericolosità, in ragione della quale, già in primo grado, era stata esclusa la illiceità delle operazioni economiche riferibili all'anno 2018, perimetrazione che condotto alla restituzione di alcuni beni. 2.2.2. violazione di legge in relazione alla perimetrazione temporale della pericolosità che, al più, andava limitata agli anni 2016 e 2017 2.2.3. violazione di legge in relazione alla ritenuta sproporzione che la Corte, allineandosi alla ricostruzione del perito, ha ricostruito a partire dall'anno 2008 e non dal 2010, secondo le giustificazioni documentali offerte dalla difesa e trascurando che, con riferimento ai redditi evasi dal 2008 al 2012 il Cu.Ru. aveva regolarizzato, mediante conciliazione, il rapporto con il fisco. L'importo evaso oltre otto milioni di euro dà conto di lecite disponibilità, conseguite prima dell'insorgere della pericolosità, che si riflettono sulla legittimità dei singoli acquisti e, in particolare - sui rapporti di credito Pa.Anumero , relativi a fondi comuni accesi nel 1999 - sulla polizza accesa dalla Pa.Anumero nel 2013 - sulla provvista di assegni circolari datati 4 maggio 2018, intestati al figlio, Cu.Ro., ma provenienti da polizza accesa nell'anno 2014 - sui vaglia circolari intestati a Ga.Anumero , emessi tra il 14 e il 16 maggio 2018 che costituiscono mero reinvestimento di denaro e polizze risalenti agli anni 2009-2011 e 2014, e già oggetto dell'imputazione, tuttora pendente, di cui all'articolo 512-bis cod. penumero 2.2. Pa.Anumero denuncia 2.2.1. violazione di legge in relazione alla ritenuta fittizietà della titolarità -dei fondi comuni di investimento per l'importo di Euro 296.000 , accesi nel 1999, e, quindi in periodo precedente alla ritenuta pericolosità del Cu.Ru. -dei vaglia circolari, dell'importo di Euro 140.00,00 risultato del disinvestimento di cinque polizze assicurative stipulate nell'anno 2014 i cui fondi di investimento derivavano alla Pa.Anumero dalla somma di 300.000 euro, provento della convenzione di separazione matrimoniale perfezionata nell'anno 2012, di cui non è neppure sospettata la simulazione. I proventi sono, pertanto, di origine lecita e ne va disposta la restituzione alla ricorrente.   Considerato in diritto 1.Il decreto impugnato deve essere annullato nei confronti di Pa.Anumero nonché, limitatamente alla perimetrazione cronologica della pericolosità sociale, nei confronti di Cu.Ru., con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bari. Il ricorso del Cu.Ru. è, nel resto, inammissibile. 2.Il tema proposto dal Cu.Ru. con il primo e secondo motivo di ricorso attiene al giudizio di pericolosità sociale ed. generica e alla sua perimetrazione temporale, temi che sono, all'evidenza, strettamente connessi. Come noto con l'arresto Sez. U. Spinelli del 2015 si è definitivamente affermata l'opzione interpretativa per cui risulta irrinunziabile, a fini di valida emissione del provvedimento di confisca, la ricostruzione preliminare dei profili di pericolosità soggettiva tali da consentire la constatazione argomentata della correlazione temporale tra condotte contra legem del soggetto ed incremento patrimoniale confiscabile. Si è osservato che la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, è anche misura temporale del suo ambito applicativo ne consegue che, con riferimento alla c.d. pericolosità generica, sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell'arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale, mentre, con riferimento alla comma d. pericolosità qualificata, il giudice dovrà accertare se questa investa, come ordinariamente accade, l'intero percorso esistenziale del proposto, o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosità sociale, al fine di stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale individuato . Il giudice del merito è tenuto, in caso di confisca, non soltanto a ricostruire le specifiche condotte indicative dell'inquadramento del soggetto nella categoria tipica di pericolosità ma anche a delimitare in chiave storica il periodo caratterizzato dalla attitudine alla produzione di reddito illecito, escludendo dall'area di possibile intervento ablatorio gli acquisti verificatisi in momenti antecedenti, proprio in quanto non ricadenti in tale ambito temporale. La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 24 del 2019 ha chiarito cosa debba essere accertato e come debbano essere intese le fattispecie di pericolosità generica - disciplinate dall'articolo 1, lettere a e b , del D.Lgs. numero 159 del 2011. L'aggettivo delittuoso , che compare sia nella lettera a che nella lettera b della disposizione, deve essere interpretato nel senso che l'attività del proposto debba caratterizzarsi in termini di delitto e non di un qualsiasi illecito Corte di cassazione, Sez. 1, numero 43826 del 19/04/ 2018 Sez. 2, numero 16348 del 23/03/2012 , dovendosi escludere che il mero status di evasore fiscale sia sufficiente a fondare la misura, ben potendo l'evasione tributaria consistere anche in meri illeciti amministrativi Sez. 5, numero 6067 del 6/12/2017, numero 6067 Sez. 6, numero 53003 del 21/09/2017 . Ha chiarito la Corte costituzionale, inoltre, che l'avverbio abitualmente , che pure compare sia nella lettera a che nella lettera b della disposizione, deve essere letto nel senso di richiedere una realizzazione di attività delittuose non episodica, ma almeno caratterizzante un significativo intervallo temporale della vita del proposto Cass., numero 31209 del 2015 , in modo che si possa attribuire ai soggetto proposto una pluralità di condotte passate Sez. 1, numero 349 del 15/06/2017 , talora richiedendosi che esse connotino in modo significativo lo stile di vita del soggetto, che quindi si deve caratterizzare quale individuo che abbia consapevolmente scelto ii crimine come pratica comune di vita per periodi adeguati o comunque significativi Sez. 2, numero 11846 dei 19/01/2018 Il riferimento ai proventi di attività delittuose, di cui alla lettera b della disposizione censurata, viene poi interpretato nel senso di richiedere la realizzazione di attività delittuose che siano produttive di reddito illecito e dalle quali sia scaturita un'effettiva derivazione di profitti illeciti . Ne consegue che ai fini dell'applicazione della previsione di cui alla lettera b dell'articolo 1 D.Lgs. numero 159 cit., il giudice del merito deve individuare sia la perimetrazione cronologica della pericolosità sociale, al fine di sostenere la correlazione temporale tra pericolosità ed acquisto dei beni e deve, inoltre, accertare che si tratti di attività delittuose capaci di produrre reddito e che non si tratti di condotte genericamente devianti o denotanti un semplice avvicinamento a contesti delinquenziali. La individuazione del dies a quo, comporta che il giudice proceda a ricostruire l'entità, la valenza, l'effettiva derivazione di profitto illecito, la capacità di denotare serialità e dunque l'attitudine dei reati ad integrare una sequenza suscettibile di determinare l'acquisizione di un profitto illeciti. In sintesi si è affermato che, in tema di misure di prevenzione, alla luce della sentenza della Corte costituzionale numero 24 del 2019, le categorie di delitto legittimanti l'applicazione di una misura fondata sul giudizio di c.d. pericolosità generica, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lett. b , del D.Lgs. numero 159 del 2011, devono presentare il triplice requisito - da ancorare a precisi elementi di fatto, di cui il giudice di merito deve rendere adeguatamente conto in motivazione - per cui deve trattarsi di delitti commessi abitualmente, ossia in un significativo arco temporale, che abbiano effettivamente generato profitti in capo al proposto e che costituiscano, o abbiano costituito in una determinata epoca, l'unica, o quantomeno una rilevante, fonte di reddito per il medesimo Sez. 5, numero 182 del 30/11/2020, dep. 2021, Zangrillo, Rv. 280145 - 03 . 3.Il decreto impugnato descrive le attività economiche e professionali di Cu.Ru., commercialista e titolare di uno studio che si occupava della gestione della contabilità di alcune società, anche in M oltre che a F, città in cui si occupava della gestione e amministrazione del patrimonio proprio e della famiglia, costituita dalla moglie divorziata, Pa.Anumero , con la quale era, poi, intervenuta riappacificazione, dal figlio Cu.Ro., dal fratello Ni. e dalla madre, Ga.Anumero , cioè i terzi interessati che si erano costituiti in appello, attraverso la gestione di numerosi investimenti. Fra i terzi interessati, solo Pa.Anumero le ha impugnato la decisione della Corte di appello di bari. Le conclusioni alle quali la Corte di appello è pervenuta con riferimento alla pericolosità sociale di Cu.Ru., negli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 sono ineccepibili e si fondano sulle intervenute condanne di questi per i reati di cui agli articolo 3 e 10 D.Lgs. numero 74 del 2000, reati commessi negli anni 2015, 2016 e 2017, nonché concorso nel fallimento doloso di alcune società articolo 110. 217, R.D. 16 marzo 1942, numero 267, c.d. legge fallimentare , dichiarate fallite a partire dal 10 agosto 2017 al 19 aprile 2018. Si tratta delle condanne recate, rispettivamente, dalla sentenza del Tribunale di Milano del 15 gennaio 2019, nel procedimento penale numero 31740/2017 R.G.numero R., divenuta irrevocabile il 25 novembre 2011 e dalla sentenza del giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Milano del 19 febbraio 2021, divenuta irrevocabile il 23 maggio 2023 con la quale Cu.Ru. è stato condannato per avere cagionato, per effetto di operazioni dolose, il fallimento di alcune società, dichiarate fallite a partire dal 10 agosto 2017 al 19 aprile 2018. 4.Le argomentazioni della Corte territoriale - esaminate nello spettro del vizio di violazione di legge che, come noto, regola i poteri della Corte di Cassazione in materia - risultano in linea con le coordinate normative e con i principi giurisprudenziali innanzi descritti e valorizzano gli elementi che collegano il giudizio di pericolosità sociale del Cu.Ru. alle condanne riportate, concretizzando, così, la necessità di collegamento alla condanna per delitti, richiesta dall'articolo 1, comma 1, lett. b , del D.Lgs. numero 159 cit. nella necessaria lettura tassativizzante del presupposto dell'applicazione della misura di prevenzione. A questo riguardo il decreto impugnato cfr. pag. 11 e 12 ha dato atto che si tratta di delitti lucro-genetici e che certamente hanno generato concreti profitti in capo al Cu.Ru. e, posto che la condotta deve essere abituale e non sporadica, la Corte ha precisato che si è in presenza di delitti commessi in un arco temporale non esiguo e che hanno costituito l'unica o, quantomeno, una rilevante fonte di reddito per il medesimo. Sono, pertanto, manifestamente infondate le deduzioni difensive che contestano il giudizio di pericolosità sociale e la natura lucro-genetica dei reati per i quali è intervenuta condanna, una nozione ampia che non si risolve nella nozione di profitto del reato e che è idonea a ricomprendere tutte le utilità economiche che sono collegate alla commissione del reato, quindi anche il corrispettivo che l'autore del reato abbia tratto prestandosi alla sua commissione. La Corte di appello di Bari ha dato atto, richiamando la sentenza del Tribunale di Milano del 15 gennaio 2019, che il Cu.Ru., nella sua veste di commercialista, aveva commesso centinaia di reati in materia fiscale indicando, nelle dichiarazioni compilate a favore dei clienti oltre novanta società , crediti ed elementi fittizi che consentivano l'evasione fiscale di I.V.A. e I.R.E.S. per importi di decine di milioni di euro, negli anni 2016 e 2017. Nel decreto impugnato si dà atto specificamente, e la circostanza è contestata con affermazioni puramente assertive, che la sentenza irrevocabile ne ha confermato la condanna anche per reati relativi all'anno 2015 pag. 12 del decreto impugnato . Il Cu.Ru. - si legge nei provvedimenti di primo e secondo grado - aveva percepito per tali illecite attività enormi somme di denaro trasferite fittiziamente ai familiari e in parte reinvestite nella squadra del Foggia Calcio tali reati sono oggetto della sentenza di condanna irrevocabile del 15 gennaio 2019 e che la natura lucro-genetica di tali reati è indiscutibile, tanto è vero che, già nel processo milanese, era stata disposta la confisca delle relative provviste. Anche con riferimento alla condanna per il concorso doloso nella bancarotta di alcune società fallimenti dichiarati a partire dal 10 agosto 2017 fino al 19 aprile 2018 , il decreto impugnato ha evidenziato come il Cu.Ru., nella descritta qualità di commercialista, si fosse occupato di redigere, falsificandoli, modelli F24, con conseguente indebita compensazione di crediti tributari delle società, attività per la quale aveva percepito compensi, dallo stesso in parte ammessi, sicché anche per tale reato poteva affermarsene la natura lucro-genetica che, correttamente, è stata temporalmente ritenuta consumata anche nell'anno 2018, avuto riguardo alla data di dichiarazione di fallimento di alcune delle società coinvolte. Può, dunque, ritenersi soddisfatto, sulla scorta di tali considerazioni, anche l'onere di motivazione sull'abitualità delle condotte illecite e sulla consistenza dei guadagni illeciti che ne sono derivati ricostruiti con riferimento alle contestazioni che all'imputato sono ascritte nel procedimento penale numero 6104/2018 R.G.numero R. pendente presso il Tribunale di Foggia, per i reati di cui agli articolo 648 e 512-bis cod. penumero , commessi nel maggio e nel luglio 2018, e valorizzati non già per individuare ulteriori delitti generatori di illecito profitto, ma per dimostrare come il Cu.Ru. avesse conseguito enormi quantità di denaro per un valore complessivo di oltre quattro milioni di euro. 5.A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi con riguardo ai presupposti ed alla perimetrazione temporale della pericolosità sociale del Cu.Ru. negli anni dal 2011 al 2014, presupposti rispetto ai quali pag. 14 del decreto , la Corte territoriale ha valorizzato altresì a. la sentenza del Tribunale di Foggia del 21 dicembre 2015 irrevocabile il 6 maggio 2016 , con la quale il Cu.Ru. è stato assolto dal delitto di cui all'articolo 4 del D.Lgs. numero 74 del 2000  reato commesso il 27 settembre 2012, per illeciti commessi nell'anno 2011 , perché il fatto non è previsto dalla legge come reato in quanto gli importi evasi erano sotto soglia b. il procedimento penale numero 15361/2017 R.G.numero R., pendente presso il Tribunale di Foggia, che vede il Cu.Ru. imputato di una serie di delitti ai sensi dell'articolo 4 D.Lgs. numero 74 cit., commessi dal 2013 al 2017 comma il procedimento penale numero 6104/2018 R.G.numero R., pendente dinanzi al Tribunale di Foggia, che vede il Cu.Ru. imputato dei reati di cui all'articolo 512-bis e 648 cod. penumero , commessi nel maggio e luglio 2018 d. il procedimento penale numero 5179/2017 R.G.numero R. Procura di Foggia, ancora in fase di indagini, che vede il Cu.Ru. indagato per operazioni di riciclaggio articolo 648-bis cod. penumero , commesse negli anni 2012, 2013, 2015 e 2016. Si tratta di procedimenti pag. 19 del decreto tutti e ciascuno valorizzati per concludere nel senso della perimetrazione temporale della pericolosità sociale fin dall'anno 2011, con effetti rilevanti anche sul giudizio di sproporzione pag. 21 e ss. del decreto . Sono, dunque, convergenti nel delineare il giudizio della Corte di appello sulla perimetrazione temporale della pericolosità sociale del Cu.Ru. sia i fatti che sono a base della intervenuta sentenza di assoluzione punto a che i fatti oggetto dei processi o procedimenti pendenti, situazioni che, ai fini dell'analisi dei motivi di ricorso, comportano percorsi argomentativi diversi e rispetto ai quali, per le ragioni di seguito indicate, le valutazioni della Corte di appello non risultano coerenti con le regole che, in materia, governano l'accertamento della pericolosità sociale. 6. La Corte di merito si è determinata ad attribuire rilevanza, ai fini del giudizio di pericolosità sociale, alla sentenza di assoluzione del Tribunale di Foggia del 21 dicembre 2015 irrevocabile il 6 maggio 2016 , in relazione al delitto di cui all'articolo 4, del D.Lgs. numero 74 del 2000  relativo a condotte tenute nella dichiarazione di imposta relativa al 2011, presentata nel 2012 facendo applicazione della regula iuris, espressamente richiamata in motivazione, secondo cui in tema di misure di prevenzione, il giudice, attesa l'autonomia tra processo penale e procedimento di prevenzione, può valutare autonomamente i fatti accertati in sede penale, al fine di giungere ad un'affermazione di pericolosità generica del proposto ex articolo 1, comma 1, lett. b , D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, non solo in caso di intervenuta declaratoria di estinzione del reato o di pronuncia di non doversi procedere, ma anche a seguito di sentenza di assoluzione ai sensi dell'articolo 530, comma 2, cod. procomma penumero , ove risultino delineati, con sufficiente chiarezza e nella loro oggettività, quei fatti che, pur ritenuti insufficienti - nel merito o per preclusioni processuali -per una condanna penale, possono, comunque, essere posti alla base di un giudizio di pericolosità Sez. 2, numero 15704 del 25/01/2023, Ruffini, Rv. 284488 . Centrale in tale prospettiva esegetica è la regola della valutazione autonoma del giudice della prevenzione nel valutare fatti, documenti, testimonianze, intercettazioni emerse dal processo penale e, quindi, con esiti divergenti e anche antitetici, rispetto alla valutazione di quegli stessi elementi effettuata dal giudice penale, tanto sulla base del diverso standard probatorio tra processo penale prova e procedimento di prevenzione indizi . 7. Rileva il Collegio che, in senso contrario rispetto a tale orientamento, che è, comunque, quello maggioritario, si è, invece, ritenuto che il giudice della prevenzione, in sede di verifica della pericolosità generica del soggetto proposto per l'applicazione di misura ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lett. b D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, non può ritenere rilevanti, in base al principio della valutazione autonoma , fatti per i quali sia intervenuta sentenza definitiva di assoluzione, in quanto la negazione penale irrevocabile di un determinato fatto impedisce di assumerlo come elemento indiziante ai fini del giudizio di pericolosità. Sez. 5, numero 182 del 30/11/2020, Zangrillo, cit. . Il percorso ricostruttivo di tale opzione ermeneutica ha evidenziato come il principio di non contraddizione sia ostativo ad assumere un fatto, negato dalla sentenza di assoluzione, come elemento indiziante ai fini del giudizio di pericolosità. La sentenza ora richiamata ha sottolineato, peraltro, la diversa declinazione del principio dell'autonoma valutazione rispetto alla sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione, purché, in tal caso, il fatto risulti delineato con sufficiente chiarezza o sia comunque ricavabile in via autonoma dagli atti, precisando che l'unico limite all'autonomia del giudizio di prevenzione è quello dell'esclusione, in sede penale, con pronunce irrevocabili, di determinati fatti, posto che la negazione penale irrevocabile di un determinato fatto impedisce di ritenerlo esistente e quindi di assumerlo come elemento del giudizio di prevenzione Sez. 2, numero 11846 del 19/01/2018, Carnovale, Rv. 272496 conf. Sez. 5, numero 48090 del 08/10/2019, Ruggeri, Rv. 277908 Sez. 2, numero 26774 del 30/04/2013, Chianese, Rv. 256820, secondo cui l'unico limite posto all'autonomia valutativa del giudice della prevenzione è che i fatti storici ritenuti sintomatici della pericolosità del proposto non devono essere stati smentiti in sede di cognizione penale . 8. Altre e numerose pronunce di questa Corte danno conto di una parziale diversità nell'impostazione di fondo, ritenendo che, in tema di misure di prevenzione, il giudice, attesa l'autonomia tra procedimento penale e procedimento di prevenzione, possa valutare autonomamente i fatti accertati in sede penale, al fine di giungere ad un'affermazione di pericolosità generica del proposto, non solo in caso di intervenuta declaratoria di estinzione del reato o di pronuncia di non doversi procedere, ma anche a seguito di sentenza di assoluzione ai sensi dell'articolo 530, comma 2, cod. procomma penumero , ove risultino delineati con sufficiente chiarezza e nella loro oggettività quei fatti che, pur ritenuti non sufficienti - nel merito o per preclusioni processuali - per una condanna penale ben possono essere posti alla base di un giudizio di pericolosità Sez. 2, numero 31549 del 06/06/2019, Simply Socomma Coop, Rv. 27722505 in analoga prospettiva, Sez. 1, numero 6636 del 07/01/2016, Pandico, Rv. 266364 . 9.Per completezza va, infine, evidenziato che il principio della autonoma valutazione di fatti accertati o comunque desumibili da decisioni di assoluzione emesse in sede penale si è affermato, quasi in via esclusiva, nel settore della contiguità mafiosa ed in riferimento ad una descrizione della categoria criminologica il soggetto indiziato di appartenenza all'organismo mafioso , categoria che tollera, per la sua diversità ontologica dalla prova della condotta partecipativa in senso pieno articolo 416-bis la diversità di apprezzamento, nei due settori dell'ordinamento, delle medesime circostanze di fatto le frequentazioni stabili con il soggetto mafioso, ad esempio, ben possono rappresentare indice rivelatore di contiguità - ove accertate - pur se ritenute insufficienti a fondare una decisione affermativa di penale responsabilità laddove nel settore della pericolosità semplice di cui all'articolo 1 D.Lgs. numero 159 del 2011, ed in particolare per quanto riguarda l'ipotesi della lettera b molto minore, per non dire assente, è la possibilità di porre in essere, sul piano interpretativo ed in rapporto alla mediata osservanza del principio di tassatività prima descritta, una simile operazione , posto che la norma di riferimento, come si è detto, impone di constatare la ricorrente commissione di un delitto attività delittuose produttivo di reddito , sicché se la realizzazione del delitto è esclusa in sede penale - e ciò sia in rapporto all'elemento materiale che a quello psicologico, non potendosi certo sostenere una sopravvivenza del disvalore di un delitto in assenza di dolo - manca uno dei presupposti su cui lo stesso legislatore articola la costruzione della fattispecie Sez. 1, numero 43826 del 19/04/2018, R, non massimata sul punto . 10.Ritiene il Collegio che debba darsi continuità all'orientamento secondo cui il giudice della prevenzione, in sede di verifica della pericolosità generica del soggetto proposto per l'applicazione di misura ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lett. b D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, non può ritenere rilevanti, in base al principio della valutazione autonoma , fatti per i quali sia intervenuta sentenza definitiva di assoluzione. Tale soluzione interpretativa appare vieppiù condivisibile perché in linea con il principio della presunzione di innocenza, direttamente desumibile dall'articolo 6 par. 2, C.E.D.U. La Corte Edu ha affermato in plurime sentenze che il principio della presunzione di innocenza sancito dal paragrafo 2 dell'articolo 6 figura fra gli elementi del processo equo richiesto dal paragrafo 1 della stessa disposizione Kamasinski comma Austria, 19 dicembre 1989, par. 62, serie A numero 168 e che esso non si limita a una semplice garanzia procedurale in materia penale. La sua portata è più ampia ed esige che nessun rappresentante dello Stato o di un'autorità pubblica dichiari che una persona è colpevole di un reato prima che la sua colpevolezza sia stata accertata da un Tribunale Allenet de Ribemont comma Francia, 10 febbraio 1995, parr. 35-36, serie A numero 308 Viorel Burzo comma Romania, nnumero 75109/01 e 12639/02, par. 156, 30 giugno 2009 Moullet comma Francia dee. , numero 27521/04, 13 settembre 2007 Corte Edu, 14 gennaio 2014, Stefanelli c/ Italia . Già in risalenti pronunce, la Corte Edu aveva ribadito che l'articolo 6 par. 2 della Convenzione attiene, per la sua generale formulazione, a qualsiasi accusa di un reato - anche estranea ad una accusa penale e persino ad un procedimento giurisdizionale - e il suo campo di applicazione si estende a tutti i procedimenti ulteriori rispetto al proscioglimento definitivo dell'accusato, quando le questioni sollevate in queste procedure costituivano un corollario ed un complemento dei procedimenti penali in questione nell'ambito dei quali il ricorrente aveva la qualità di accusato Corte Edu, 1 ottobre 2013, numero 17475/9 . È utile, per descrivere la composita natura ed implicazioni del principio in esame, richiamare la sentenza resa dalla Corte Edu in un caso in cui era in discussione la decisione della Corte dei Conti in materia di risarcimento del danno all'immagine subito da un'amministrazione pubblica ad opera di un amministratore Corte Edu, Sez. I, 9 marzo 2023, Rigolio c/Italia . La Corte Edu ha riepilogato, in primo luogo, l'interpretazione prevalente dell'articolo 6 par. 2 C.e.d.u. ed ha ricordato che considerata come garanzia processuale nell'ambito dello stesso processo penale, la presunzione di innocenza impone condizioni riguardanti in particolare l'onere della prova Barberà, Messegué e Jabardo comma Spagna, 6 dicembre 1988, par. 77, Serie A numero 146, e Telfner comma Austria, numero 33501/96, par. 15, 20 marzo 2001 presunzioni di fatto e di diritto Salabiaku comma Francia, 7 ottobre 1988, par. 28, Serie A numero 141-A, e Radio France e altri comma Francia, n, 53984/00, par. 24, CEDU 2004-11 il diritto di non contribuire all'autoincriminazione Saunders comma Regno Unito, 17 dicembre 1996, par. 68, Reports of Judgments and Decisions 1996-VI, e Heaney e McGuinness comma Irlanda, numero 34720/97, par. 40, CEDU 2000-XII la pubblicità che può essere data al caso prima dello svolgimento del processo Akay comma Turchia dee. , numero 34501/97, 19 febbraio 2002, e G.C.P. comma Romania, numero 20899/03, par. 46, 20 dicembre 2011 e la dichiarazione della colpevolezza di un imputato da parte del giudice del processo o di qualsiasi altra autorità pubblica Allenet de Ribemont comma Francia, 10 febbraio 1995, parr. 35-36, serie A numero 308, e Nestak comma 65559/01, par. 88, 27 febbraio 2007 par. 83 e par. 92 . Interessante, per la sua rilevanza nella materia in esame, la precisazione che, nell'esercizio delle loro funzioni, i membri del Tribunale non devono partire dall'idea preconcetta che l'imputato abbia commesso il fatto di cui è accusato. Inoltre, il dubbio deve giovare all'imputato Barberà, Messegué e Jabardo comma Spagna, 6 dicembre 1988, par. 77, Serie A numero 146 par. 91 . Ciò premesso, la Corte Edu ha rilevato che allo scopo di garantire effettività al diritto garantito dall'articolo 6 par. 2 C.E.D.U. occorre evitare che i soggetti che hanno beneficiato di un'assoluzione o di una sospensione delle imputazioni vengano trattati da pubblici ufficiali o autorità come se fossero effettivamente colpevoli del reato loro imputato Alien, sopra citata, par. 94 par. 84 . Invero, ove non si predisponesse tale forma di tutela le garanzie di cui all'articolo 6 par. 2 C.e.d.u. rischierebbero di diventare puramente teoriche. Il che vale anche una volta concluso il procedimento penale per tutto ciò che attiene alla reputazione dell'interessato e al modo in cui viene percepita dal pubblico. Ritiene la Corte europea che, in una certa misura, la protezione offerta dall'articolo 6 par. 2 C.e.d.u. può sovrapporsi a quella offerta dall'articolo 8 C.e.d.u. e si richiama, sul punto, la precedente giurisprudenza europea si veda, ad esempio, Zollman comma Regno Unito dee. , numero 62902/00, CEDU 2003- XII, e Taliadorou e Stylianou comma Cipro, nnumero 39627/05 e 39631/05, parr. 27 e 56-59, 16 ottobre 2008. In tale ottica, ogniqualvolta si pone la questione dell'applicabilità dell'articolo 6 par. 2 nell'ambito di un procedimento successivo, è fondamentale la dimostrazione di un nesso tra il tra il procedimento penale concluso e l'azione giudiziaria susseguente par. 85 , un nesso che può consistere anche nei collegamenti processuali, quale quello di aver esaminato gli atti del fascicolo principale ed avere fondato la decisione successiva proprio sul contenuto di tale decisione. In sintesi, presunzione di innocenza significa impedire che i soggetti che hanno beneficiato di un'assoluzione siano trattati da pubblici ufficiali o da altre autorità come se fossero di fatto colpevoli dei reato di cui sono stati accusati la presunzione di innocenza esige che si tenga conto, in ogni procedimento successivo, di qualsiasi natura, del fatto che l'interessato non sia stato condannato par. 92 della sentenza Rigolio, cit e che in tale prospettiva, le espressioni utilizzate dall'autorità giudicante sono di fondamentale importanza parr. 95 e 96 . È agevole rilevare, anche alla stregua della interpretazione tassativizzante dell'articolo 1, comma 1, lett. b , D.Lgs. numero 159 cit. non solo che l'accusa nel procedimento penale e quella nel procedimento di prevenzione si fondano sulla medesima contestazione in fatto, in quanto entrambi i procedimenti presuppongono, in via diretta o indiretta, la responsabilità penale relativa ad un reato ma che, nel caso in cui proposto sia stato sottoposto a procedimento penale, la condanna per delitto costituisce il presupposto stesso dell'applicazione della misura di prevenzione e, applicando lo stabile principio della Corte EDU ne deriva che una volta che una sentenza di assoluzione è diventata definitiva - anche se si trattasse di assoluzione con il beneficio del dubbio - non è solo lesivo del principio di non contraddizione dell'ordinamento assumere un fatto, negato dalla sentenza di assoluzione, come elemento indiziante ai fini del giudizio di pericolosità ma che è incompatibile con il principio di presunzione di innocenza, come innanzi ricostruito, che decisioni giudiziarie successive disconoscano, deliberatamente, il precedente proscioglimento dell'accusato. Ne consegue, facendo applicazione dei principi fin qui enunciati, che non possono, essere valutate ai fini della riconducibilità del proposto alla categoria tipica di riferimento quelle condotte che il giudice penale nell'esercizio della sua funzione cognitiva ha ritenuto non conformi al tipo o addirittura insussistenti nella loro dimensione fattuale o giuridica e che nel caso in esame, non può essere assunto a base della valutazione del giudice della prevenzione, il contenuto della la sentenza del Tribunale di Foggia del 21 dicembre 2015 irrevocabile il 6 maggio 2016 , con la quale il Cu.Ru. è stato assolto perché il fatto non è previsto dalla legge come reato in quanto gli importi evasi erano sotto soglia dal delitto di cui all'articolo 4 del D.Lgs. numero 74 del 2000  reato commesso il 27 settembre 2012, in relazione a condotte tenute nella dichiarazione di imposta relativa all'anno 2011 . Va ricordato, infatti, che il superamento della soglia di punibilità è elemento costitutivo del reato di cui all'articolo 4 D.Lgs. numero 74 del 2000, in assenza del quale il fatto non può costituisce delitto ma, al più, violazione di carattere amministrativo Sez. 3, numero 5611 del 16/06/2016, Monni, Rv. 268007, in relazione al reto di cui all'articolo 10-ter D.Lgs. numero 74 del 2000, espressione di un principio generale in materia di reati tributari . 11.Non si tratta, peraltro, di rilievo di poco conto perché il reato commesso nel 2011, era rilevante ai fini dell'applicazione della previsione di cui alla lettera b dell'articolo 1 D.Lgs. numero 159 cit. sia perché ritenuto sintomatico di pericolosità sociale e suscettibile di generare profitti illeciti sia perché individuato come il momento a partire dal quale in ragione della manifestazione della pericolosità sociale, si sarebbe potuto disporre la misura ablativa sui beni acquisiti in periodo successivo a quello di manifestazione della pericolosità sociale ricorrendo, anche sulla base delle dichiarazioni del Cu.Ru. , una pluralità di indici fattuali dimostrativi della diretta derivazione causale delle acquisizioni patrimoniali dalla provvista formatasi in detto periodo. E, dunque, dall'anno 2011, rectius 2010, era partita la verifica del requisito di sproporzione rispetto all'oggetto della confisca, costituito da denaro contante, vaglia circolari del 2018 e dal saldo delle polizze vita al momento del sequestro oltre che dalle auto, acquistate tra il 2015 e il 2017. 12.Il decreto impugnato, si rivela, inoltre, gravemente carente, incorrendo nella motivazione inesistente, con riferimento all'apprezzamento dei procedimenti penali pendenti, valorizzati soprattutto ai fini della ricostruzione del requisito di sproporzione, e per i quali la Corte di merito si limita alla mera elencazione dovendo, invece, individuare gli elementi indiziari, sintomatici di pericolosità sociale del Cu.Ru. in relazione all' accertamento della sussistenza del fatto e della sua commissione da parte dell'imputato così Corte Cost. sent. numero 24 del 2019 . Si tratta di procedimenti affatto indifferenti ai fini della perimetrazione temporale della pericolosità sociale del Cu.Ru. perché relativi a reati commessi negli anni 2011, 2012, 2013, 2014 e, soprattutto, ai fini della verifica del requisito della sproporzione, con riferimento al momento dei singoli acquisti e al valore dei beni entrati a far parte del patrimonio del Cu.Ru. A tal riguardo la Corte di appello pag. 21 indica a carico del Cu.Ru. anche ulteriori elementi indiziari, quali le comunicazioni di notizia di reato in relazione a condotte di evasione fiscale commesse dal Cu.Ru. negli anni 2013, 2014 e 2015 e la comunicazione di notizia di reato del 20 agosto 2020 redatta dalla Guardia di Finanza di Foggia, per le ipotesi di reato di cui all'articolo 11, comma 2, D.Lgs. 74/2000 connessa alla richiesta di adesione presentata dal ricorrente all'Agenzia delle Entrate di Foggia, poi diffusamente richiamata in sede di valutazione del requisito della sproporzione, che il decreto impugnato ha difatti ricostruito sulla scorta della detta perimetrazione temporale, sproporzione che, vale precisarlo, rileva, tenuto conto delle operazioni economiche cosi come ricostruite nella perizia, con riferimento alla data delle operazioni economiche. 12. Sono, invece, manifestamente infondati i rilievi difensivi nella parte in cui contestano la valutazione la valutazione della Corte di appello con riferimento alle sentenze che hanno dichiarato la prescrizione del reato in realtà un'unica sentenza . Premesso che, con riferimento a tale tipologia di sentenza, non si è in presenza di una decisione che nega la rilevanza penale del fatto, pur escludendone la punibilità, e che il potere valutativo del giudice penale può esercitarsi sulla piattaforma indiziaria costituita dagli elementi di fatto individuati con adeguata precisione e puntualità, deve escludersi pag. 11 del decreto impugnato , che la sentenza di declaratoria di prescrizione del reato pronunciata dal Tribunale di Foggia il 7 ottobre 2021 sia rientrata nel percorso valutativo della Corte di appello che ha rilevato la estraneità dei fatti al periodo di pericolosità sociale in contestazione diversamente dal Tribunale di primo grado e, in ciò, accogliendo una censura del Cu.Ru. . 13. Dalle considerazioni fin qui svolte, discende che la Corte di appello di Bari, facendo uso dei suoi poteri al riguardo, dovrà riesaminare, uniformandosi ai principi di diritto che si sono illustrati, la perimetrazione temporale del giudizio di pericolosità sociale di Cu.Ru. e, al fine di sostenere la correlazione temporale tra pericolosità ed acquisto dei beni, sulla base di specifici elementi di fatto , che devono risultare dalla motivazione, riesaminare il tema della sproporzione tenuto conto, altresì, che, in presenza della ed. pericolosità generica, sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell'arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale Sez. U, numero 4880 del 26/06/2014, Spinelli, Rv. 262605 , e, dunque, analizzando, con particolare riferimento ai rapporti di credito, alle polizze assicurative e ai vaglia circolari, la documentazione contabile che ne comprova il momento di acquisizione della provvista. 14. A tali criteri dovrà conformarsi anche l'analisi della posizione di Pa.Anumero tenuto conto che i fondi comuni facenti capo alla stessa, rispettivamente, di Euro 107.401,41 e 88.658,01, erano stati accesi il 22 dicembre 1999 e che i vaglia circolari dell'importo di 140.000,00 Euro rinvengono dal libretto postale acceso il 14 marzo 20125. Anche a tale riguardo, la disposta confisca appare agganciata al giudizio di pericolosità sociale del Cu.Ru. espresso con riferimento ad un periodo risalente rispetto alla condanna e il giudizio di sproporzione ricostruito sulla base di una piattaforma dimostrativa a partire dal 2010 , che proietta ad epoca risalente, rispetto al giudizio di pericolosità sociale, la ricostruzione della situazione patrimoniale del Cu.Ru. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato nei confronti di Pa.Anumero nonché, limitatamente alla perimetrazione cronologica della pericolosità sociale, nei confronti di Cu.Ru. con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bari. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di Cu.Ru.