Presunzione di innocenza e pubblicazione degli atti: si irrigidiscono le norme processuali

Nella seduta del 9 dicembre 2024, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame definitivo, un decreto legislativo che rafforza la presunzione d’innocenza nei procedimenti penali, in linea con la Direttiva UE 2016/343.

La presunzione di innocenza un pilastro dei nostri codici, ma non sempre della pubblica informazione Il nostro sistema penale è sempre stato improntato alla presunzione di innocenza, o di non colpevolezza che dir si voglia. Tale e tanto è il suo rilievo che la Carta Costituzionale, all'articolo 27 stabilisce espressamente che l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva . Fin qui, le norme di rango superiore, seguite a ruota da quelle codicistiche. Eppure, se è vero che il nostro ordinamento vuole che l'imputato – quindi colui nei cui confronti è stata esercitata l'azione penale – sia presunto innocente, è altrettanto vero che questa presunzione di innocenza è stata molte volte negata agli indiziati di reato . I nostri lettori certamente ricorderanno il modo e lo spirito col quale una trentina di anni fa, durante la stagione giudiziaria di “Mani Pulite”, venivano presentati al pubblico i destinatari degli avvisi di garanzia erano già colpevoli – alcuni di loro sarebbero stati effettivamente dichiarati tali – prima ancora che iniziassero i processi. La pubblicazione di ampi stralci di ordinanze cautelari, oltre ad alimentare il famelico appetito dello scandalismo giudiziario, ha in numerose occasioni rovinato per sempre la reputazione e la vita di persone che, una volta giudicate, sono poi risultate innocenti. In questi casi, la notizia della sentenza di assoluzione non è bastata a cancellare nel pubblico il ricordo delle manette erroneamente scattate qualche tempo prima. L'Europa pretende che la presunzione di innocenza sia garantita in tutti i modi possibili Con una direttiva del 9 marzo 2016, la numero 343 , il Parlamento europeo e il Consiglio hanno imposto una serie di capisaldi agli Stati membri. Finalmente, il Governo italiano ha licenziato a settembre scorso uno schema di decreto legislativo per dare attuazione ai principi comunitari di cui s'è appena parlato. Per implementarli si è ritenuto di proporre la modifica dell'articolo 114 del codice di rito penale , dedicato alla disciplina del regime di pubblicabilità degli atti processuali. Le regole fino a questo momento vigenti, ed oggetto del ritocco normativo, sono chiare non è possibile pubblicare, nemmeno parzialmente o per riassunto, gli atti processuali coperti dal segreto . Il divieto si estende anche al contenuto degli stessi. Lo stesso divieto di pubblicazione degli atti ma non del contenuto riguarda anche agli atti non più coperti da segreto fin tanto che sono in corso le indagini preliminari, ovvero l'udienza preliminare. Esula da tale divieto l'ordinanza cautelare di cui all' articolo 292 c.p.p. L'ultimo comma dell' articolo 114 c.p.p. prevede, invece, la pubblicabilità degli atti non coperti da segreto . Come cambierà l' articolo 114 c.p.p. Secondo lo schema del decreto legislativo in esame, l'assetto normativo cambierà innanzitutto escludendo l'ordinanza cautelare dal novero degli atti pubblicabili durante la fase delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare . Si prevede, poi, di inserire un nuovo comma – numerato 6- ter – nell' articolo 114 c.p.p. , con il quale si prevede il divieto di pubblicare l'ordinanza custodiale se non dopo la conclusione delle indagini o dell'udienza preliminare . In buona sostanza, si è posticipato il “permesso” di pubblicare il provvedimento cautelare al termine della fase destinata  alla verifica della fondatezza della notitia criminis , quantomeno sotto il profilo – per dirla con la riforma Cartabia – del positivo vaglio della “ragionevole previsione di condanna”. Cosa aspettarci? Difficile prevedere l'effettivo impatto di una modifica dal respiro così ristretto. Non è un intervento di sistema, ma di dettaglio . Certo, possiamo senz'altro affermare che appare più che opportuno il divieto di pubblicazione di un provvedimento cautelare, che può ben costituire il preludio al nulla cosmico in un successivo giudizio di merito, se non dopo che si sia compiuto quantomeno un primo vaglio di fondatezza dell'ipotesi accusatoria. Questa verifica, processualmente parlando, dovrebbe essere eseguita in prima battuta dal Pubblico Ministero, il quale, non ritenendo di chiedere l'archiviazione, si orienta per l'esercizio dell'azione penale. E in seconda battuta dal GUP, che emette il decreto che dispone il giudizio nella assai discutibile, anche sul piano dell'impatto psicologico sull'imputato “ragionevole previsione di condanna”.