Il numero complessivo di 21 sms inviati dall’imputato alla persona offesa, corrispondenti più o meno ad 1 ogni 4 giorni, non sono da soli sufficienti a integrare la condotta prevista e punita dall’articolo 660 c.p.
Con sentenza, il Tribunale di Vallo della Lucania condannava l'odierno ricorrente ritenendo che, nel periodo indicato in contestazione, aveva inviato numerosi messaggi alla ex moglie, nonostante il Questore di Trieste lo avesse ammonito per pregressi comportamenti molesti e persecutori in danno di costei. In particolare, si trattava di 21 sms. La sentenza veniva quindi impugnata dal difensore dell'imputato e il ricorso ritenuto fondato dalla Suprema Corte. A carico dell'imputato è contestata una condotta di cui all'articolo 660 c.p., commessa a mezzo di messaggi telefonici inviati alla ex moglie. L'imputazione correla il disturbo e la molestia arrecata sia all'elemento della petulanza che a quello del biasimevole motivo. Il Collegio rileva però, che la ricostruzione contenuta nella motivazione della sentenza impugnata, l'elemento di fattispecie riscontrato è quello della petulanza e non del biasimevole motivo, sottolineando che per petulanza si intende «un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà, tenuto con la consapevolezza di arrecare disturbo, senza che rilevi l'eventuale convinzione dell'agente di operare per un fine non biasimevole o di esercitare un proprio diritto». Cosicché, elemento centrale dell'accertamento della responsabilità risulta essere la modalità con la quale i detti messaggi, nell'arco temporale pari a tre mesi, sono stati formulati e inoltrati. Per la Corte infatti, i contenuti dei messaggi richiedono un più approfondito vaglio da parte del giudice. Il loro complessivo numero, pari a 21, non può essere unicamente significativo se non fossero inutili o pretestuosi o risultassero correlati ad effettive esigenze organizzative nella gestione dell'affidamento di un figlio.
Presidente De Marzo - Relatore Tona Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 12 settembre 2023, il Tribunale di Vallo della Lucania in composizione monocratica ha ritenuto G.M. colpevole del reato ascrittogli e lo ha condannato alla pena di euro 300,00 di ammenda e al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in separato giudizio, oltre che alla rifusione delle spese sostenute da quest'ultima Il Tribunale ha ritenuto che nel periodo indicato in contestazione, dal 31/10/2020 al 29/01/2021, l'imputato aveva inviato numerosi messaggi alla sua ex moglie D.M. dalla quale si era separato, seppure il Questore di Trieste lo avesse ammonito per pregressi comportamenti molesti e persecutori in danno di costei in particolare si trattava complessivamente di 21 sms, di cui aveva anche parlato la persona offesa nel corso della sua deposizione ritenuta dal giudice del tutto attendibile. 2. La sentenza è stata impugnata dal difensore dell'imputato con ricorso affidato a due motivi. 2.1 Con il primo si denuncia violazione dell'articolo 606, lett. e , cod. proc. penumero in relazione agli articolo 533, comma 1, cod. proc. penumero e 660 cod. penumero La sentenza travisa le prove affermando che la persona offesa aveva parlato di messaggi molesti nel periodo di cui all'imputazione e sms pretestuosamente inviati adducendo problemi di gestione del figlio o inerenti agli obblighi stabiliti dal Tribunale nell'affidamento. La D.M. invece aveva parlato di condotte precedenti all'ammonimento del Questore del 07/09/2018, di altre del 2019 e di altre ancora successive ma collocate in periodo posteriore rispetto a quello di cui all'imputazione. Inoltre dal testo integrale dei messaggi riportati nella querela si ricava che il contenuto verteva effettivamente su questioni inerenti la gestione del figlio e il Tribunale non aveva spiegato perché dovevano considerarsi petulanti o sorretti da biasimevole motivo. 2.2 Con il secondo motivo si denuncia violazione dell'articolo 606, lett. e , cod. proc. penumero in relazione agli articolo 533, comma 1, cod. proc. penumero e 660 cod. penumero per il travisamento della querela sporta dalla D.M. il 19/04/2021 e acquisita agli atti con l'accordo delle parti. Il giudice non aveva esaminato partitamente il contenuto integralmente riportato dei messaggi in essa riportati ed assertivamente li ha ritenuti molesti. 3. Il Procuratore Generale, Luca Tampieri, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. Il difensore dell'imputato ha chiesto che si svolgesse discussione orale e ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Il difensore di parte civile ha depositato comparsa conclusione e nota spese. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni meglio appresso specificate. 2. A carico dell'imputato è contestata una condotta di cui all'articolo 660 cod. penumero , commessa tra il 31/10/2020 e il 29/01/2021, a mezzo di messaggi telefonici inviati alla ex moglie. L'imputazione correla il disturbo e la molestia così arrecata sia all'elemento della petulanza sia a quello del biasimevole motivo. Nella ricostruzione contenuta in motivazione l'elemento di fattispecie riscontrato è quello della petulanza e non quello del biasimevole motivo cfr. pag. 3 della sentenza impugnata «in dipendenza di tali premesse, può quindi tranquillamente ribadirsi che nella condotta posta in essere dall'imputato, realizzata attraverso l'invio di numerosi sms in un ristretto tempo, si siano manifestati i tratti caratteristici della “petulanza”, stante l'insistente intromissione da parte del G.M. nella sfera privata» . Per petulanza «si intende un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà cfr. Sez. 1, numero 6064 del 06/12/2017, dep. 2018, Rv. 272397 , tenuto con la consapevolezza di arrecare disturbo, senza che rilevi l'eventuale convinzione dell'agente di operare per un fine non biasimevole o di esercitare un proprio diritto» Sez. 1, numero 6975 del 12/12/2023, dep. 2024, numero m. . In tale prospettiva il giudice di merito ha ritenuto irrilevante che ogni messaggio trovasse motivo nella gestione del figlio. Elemento centrale dell'accertamento della responsabilità, in tale prospettiva, è la modalità con la quale i detti messaggi nell'arco di un periodo non breve e pari a circa tre mesi sono stati formulati e inoltrati. Il ricorrente, con propria memoria, aveva articolato una serie di argomenti contrari alla prospettazione accusatoria, chiedendo una valutazione proprio dei contenuti e delle modalità dei messaggi, che nella motivazione della sentenza impugnata manca del tutto, visto che la prova della petulanza si ricava dal numero di essi, dal fatto che sono successivi all'ammonimento del Questore e che la persona offesa aveva trasmesso all'imputato una diffida a non inviargliene più. In realtà i contenuti assai articolati dei messaggi avrebbero richiesto un più approfondito vaglio da parte del giudice e non sono stati esaminati elementi che dimostrino che le diverse esigenze proprie o del figlio fossero addotte pretestuosamente il loro numero complessivo, pari a 21, corrispondenti più o meno ad 1 ogni 4 giorni, non può essere univocamente significativo se non fossero inutili o pretestuosi o risultassero correlati ad effettive esigenze organizzative nella gestione dell'affidamento di un figlio le dichiarazioni della parte civile non sono state partitamente esaminate nei loro contenuti anche con riguardo alle difformità rispetto alla querela infine il solo dato dell'ammonimento del Questore, notificato oltre due anni prima, e della diffida del Questore non possono surrogare una più compiuta e non apodittica valutazione di attendibilità della denunciante. 3. Alla luce di queste considerazioni, pertanto, emerge che la motivazione in ordine all'accertamento dell'elemento della petulanza è assertiva nel recepimento delle valutazioni della denunciante e carente nella valutazione dei contrari argomenti di lettura delle sue condotte, dedotti nel giudizio di merito da parte dell'imputato. Al fine di emendare queste carenze nel percorso decisionale avente ad oggetto l'imputazione, la sentenza va pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Vallo della Lucania, che, in diversa persona fisica e libero nell'esito, esaminerà anche gli ulteriori profili di merito oggetto della gradata censura e provvederà sulle statuizioni civili. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Vallo della Lucania in diversa persona fisica. Spese di parte civile al definitivo.