Maltrattamenti in famiglia e misure cautelari: preminente il criterio di priorità

In materia di misure cautelari applicabili in procedimenti penali aventi ad oggetto reati contro vittime vulnerabili l’interpretazione applicativa dell’articolo 274 c.p.p. è finalizzata a garantire l’incolumità della persona offesa del reato anche “contro la sua volontà”.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha ribadito l'importanza di dare priorità alla sicurezza delle vittime nei procedimenti riguardanti maltrattamenti in famiglia o violenza sulle donne. È stato chiarito che revocare le misure cautelari come il divieto di avvicinamento e l'obbligo di presentarsi alla Polizia non può avvenire semplicemente sulla base dell'affermazione della vittima desiderosa di ristabilire la convivenza, sostenendo che il partner è cambiato e ha preso coscienza dei propri errori. La Corte ha accolto il ricorso presentato dal Pubblico Ministero contro la decisione del Tribunale, che in sede di riesame, aveva revocato la misura cautelari in un caso di maltrattamenti e lesioni aggravate. Nello specifico, il Tribunale di Torino, pur riconoscendo che la persona offesa aveva subito gravi maltrattamenti fisici e verbali per oltre un anno, ha erroneamente valutato la ritrattazione di quest’ultima come segno di riconciliazione tra i due e che, venendo meno la conflittualità, avendo la vittima riferito di voler riprendere la convivenza con il compagno, il pericolo doveva considerarsi non più attuale. La Corte ha sottolineato che la sicurezza dei soggetti vulnerabili è prioritaria nei procedimenti cautelari e che il giudice deve verificare attentamente la sincerità delle dichiarazioni relative alla volontà di voler tornare a convivere con chi ha agito in modo violento in passato. In caso di vulnerabilità della vittima, la misura cautelare può essere interpretata come volta a garantire la sua incolumità, anche se la stessa manifesta un desiderio contrario. È necessario valutare attentamente i rischi di reiterazione di comportamenti violenti, la gravità della situazione e l’attualità del pericolo. In conclusione, la Suprema Corte ha ribadito che, in tema di maltrattamenti in famiglia «è ininfluente, ai fini del persistere del pericolo di condotte reiterative da parte di soggetto sottoposto a custodia cautelare per il reato commesso in danno del coniuge o del compagno, la sola manifestata volontà della persona offesa, in quanto occorre sempre effettuare una corretta valutazione e gestione dei rischi di letalità, di gravità della situazione, di reiterazione di comportamenti violenti, in un’ottica di prioritaria sicurezza delle vittime o persone in pericolo, che non può essere affidata alla iniziativa delle stesse».

Presidente Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Torino, decidendo sulla richiesta di riesame presentata ai sensi dell'articolo 309 cod. proc. penumero dal difensore dell'indagato, riformava il provvedimento emesso il 25 luglio 2024 nei riguardi di A.W. - sottoposto ad indagini in relazione ai reati di cui agli articolo 572 e 582-585 cod. penumero , commessi ai danni della compagna convivente P.P. - e revocava le misure cautelari dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, dell'obbligo di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento o di comunicazione con la persona offesa applicate all'A.W Rilevava il Tribunale del riesame come gli elementi di conoscenza a disposizione avessero riscontrato l'esistenza dei gravi indizi di colpevolezza dell'indagato con riferimento ad entrambi i delitti addebitati, ma come i dati informativi acquisiti avessero escluso l'attualità delle esigenze cautelari riconosciute dal provvedimento genetico delle misure, considerato che la persona offesa aveva riferito di aver voluto tornare a vivere con il compagno, che aveva dimostrato di essere cambiato e di aver preso coscienza delle condotte contestate di talché poteva ritenersi oramai cessata quella conflittualità tra le parti che aveva determinato la consumazione degli illeciti in parola. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Pubblico Ministero il quale ha dedotto la violazione di legge, in relazione all'articolo 274, lett. c , cod. proc. penumero , e il vizio di motivazione, per mancanza e manifesta illogicità, per avere i Giudice del riesame contraddittoriamente riconosciuto la piena attendibilità delle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa P. madre di una bambina di pochi mesi, anche per i plurimi e significativi riscontri che le stesse avevano ricevuto, che avevano disegnato una situazione di totale soggezione della prevenuta al suo compagno, e, nel contempo, riconosciuta la credibilità della ritrattazione di alcuni giorni dopo, sostenendo che la P. si fosse liberamente determinata a riprendente il rapporto con l'A.W., assicurando che fosse tra i due tornata una situazione di piena normalità . 3. Il procedimento è stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all'articolo 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, numero 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, numero 176, i cui effetti sono stati prorogati da successive disposizioni di legge. Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che il ricorso vada accolto, per le ragioni di seguito precisate. 2. E' fondata la doglianza formulata dal Pubblico Ministero in termini di vizio di motivazione. Il percorso argomentativo seguito dal Tribunale del riesame per giustificare l'affermazione di una sopravvenuta mancanza di attualità delle già riconosciute esigenze cautelari, poste a fondamento del provvedimento genetico delle misure cautelari, appare gravemente contraddittorio. Ed infatti, il Tribunale di Torino, dopo aver descritto in maniera dettagliata il contenuto delle dichiarazioni accusatorie rese ai carabinieri il 7 e il 12 giugno 2024 dalla persona offesa P. - la quale aveva raccontato di essere vittima, da oltre un anno, di gravissime forme di maltrattamenti fisici e verbali ad opera del compagno convivente A.W., che di lei era geloso di avere evitato di farsi refertare le lesioni più volte patite, per paura di ritorsioni, nonostante le ripetute azioni violente fossero state talora poste in essere in presenza della figlia minore e di essere stata, da ultimo, il 7 giugno, aggredita dall'uomo per strada, che l'aveva percossa e l'aveva ferita ad una mano con un coltello - e dopo aver chiarito come la lineare e non calunniosa narrazione della predetta fosse stata riscontrata dalle deposizioni rese da una sorella e da alcuni vicini di casa, e non potesse dirsi contraddetta dalla non credibile ritrattazione che la persona offesa aveva offerto ai carabinieri il 23 giugno 2024, in maniera del tutto illogica ha asserito che proprio quella ritrattazione aveva dimostrato che i due si erano oramai riconciliati e che, essendo venuta meno la conflittualità, avendo la P. riferito di voler riprendere la convivenza con il compagno, dovevano reputarsi non più attuale il rischio che l'uomo potesse tornare a commettere reati della stessa natura di quelli per i quali è indagato. Nella motivazione del provvedimento gravato è riconoscibile, invero, una insanabile frattura nella consequenzialità logica tra la descrizione dei fatti e la valutazione del relativo significato. Il Tribunale, che pure aveva delineato un quadro di prolungata compromissione dei rapporti tra l'A.W. e la P., e che aveva sottolineato come la scelta della donna, che maldestramente e in maniera niente affatto credibile aveva cercato di sminuire la portata delle sue precedenti accuse, di ritrattare la propria denuncia fosse stata preceduta da ripetuti interventi dell'A.W. - il quale dapprima recandosi in caserma e poi chiamando al telefono i carabinieri aveva preannunciato che la compagna avrebbe rimesso la querela ed aveva persino provato a chiedere ragioni circa le ulteriori iniziative di indagine che i militari avevano avviato nonostante la rimessione della querela - ha acriticamente preso per buone le affermazioni della P., che aveva riferito di voler riprendere la convivenza con l'indagato , perché questi era cambiato nei suoi confronti , così dimostrando un mutato atteggiamento verso di lei. 3. Sotto altro e complementare punto di vista, risultano fondate anche le censure che il Pubblico Ministero ha formulato in termini di violazione di legge. In una recente sentenza la Corte costituzionale, nel giudicare infondate le questioni di legittimità costituzionale della disposizione dettata dall'articolo 282-ter cod. proc. penumero - che, in materia di misure cautelari applicabili nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati contro vittime vulnerabili, prevedono rigidi e non derogabili criteri applicativi - ha chiarito che le scelte del legislatore rispondono ad un ragionevole bilanciamento tra valori in tensione da un lato, la libertà di movimento della persona indagata, dall'altro, l'incolumità fisica e psicologica della persona minacciata che, oltre a risultare coerenti con le prescrizioni contenute nella direttiva UE 2024/1385 sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, «asseconda il criterio di priorità enunciato dall'articolo 52 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata e resa esecutiva con legge 27 giugno 2013, numero 77 [tenuto conto che] nel disciplinare le misure urgenti di allontanamento imposte dal giudice, inclusive del divieto di avvicinamento, la norma convenzionale stabilisce infatti che deve darsi «priorità alla sicurezza delle vittime o delle persone in pericolo» Corte cost., numero 173 del 2024 . Alla luce di tale autorevole indicazione interpretativa, nella decisione del Tribunale del riesame è riconoscibile il mancato rispetto di quel criterio di priorità dato che a fronte di una situazione che gli stessi giudici di merito hanno descritto come protrattasi fino a pochi giorni prima della ritrattazione della denuncia da parte della vittima e di un contesto caratterizzato da una relazione personale nettamente squilibrata tra l'agente e la persona offesa, nell'ottica cautelare che doveva caratterizzare la valutazione dei dati a disposizione, non è stata affatto verificata la reale spontaneità e autenticità della seconde dichiarazione della vittima di essere disponibile a tornare a convivere con l'odierno ricorrente. In altri termini, in ragione delle peculiarità della specifica vicenda, che potrebbe imporre una interpretazione applicativa dell'articolo 274 cod. proc. penumero come finalizzata a garantire l'incolumità della persona offesa del reato anche contro la sua volontà , spetterà al giudice di rinvio accertare, seguendo le indicazioni al riguardo offerte dalla Cassazione v. Sez. 6, numero 24027 del 21/01/2020, C., in motivazione, § 4 , la plausibilità della valenza della ritrattazione delle precedenti accuse da parte della persona offesa, anche con riferimento alla portata indiziaria delle prime dichiarazioni della donna che - come si legge nel provvedimento impugnato - in una complessiva valutazione della dinamica delle relazioni familiari, l'avevano vista sola al momento della scelta di denunciare un compagno che, durante la pregressa convivenza, aveva tenuto abituali comportamenti aggressivi e violenti, in particolare quando la stessa aveva manifestato l'intenzione di lasciarlo. Tale esegesi dell'articolo 274 cod. proc. penumero è, altresì, conforme all'indirizzo costituente la ratio dell'intervento del legislatore dell'Unione europea che, nella citata direttiva UE 2024/1385, ha raccomandato le competenti autorità statuali ad effettuare valutazioni individuali delle esigenze di protezione delle vittime articolo 16 senza trascurare che, «la preoccupazione principale dovrebbe essere garantirne l'incolumità e fornirle un'assistenza su misura, tenendo conto tra l'altro della sua situazione individuale. Le situazioni che richiedono una particolare attenzione potrebbero includere, ad esempio [ .] il suo legame di dipendenza o la sua relazione con l'autore del reato o l'indagato, [e] il rischio che la vittima ritorni dall'autore del reato o dall'indagato [ .]» considerando 39 . Va, dunque, ribadito che, in tema di maltrattamenti in famiglia, è ininfluente, ai fini del persistere del pericolo di condotte reiterative da parte di soggetto sottoposto a custodia cautelare per il reato commesso in danno del coniuge o del compagno, la sola manifestata volontà della persona offesa, in quanto occorre sempre effettuare una corretta valutazione e gestione dei rischi di letalità, di gravità della situazione, di reiterazione di comportamenti violenti, in un'ottica di prioritaria sicurezza delle vittime o persone in pericolo, che non può essere affidata alla iniziativa delle stesse in questo senso Sez. 6, numero 46797 del 18/10/2023, T., Rv. 285542-01 . 4. L'ordinanza impugnata va, dunque, annullata con rinvio al Tribunale di Torino che, nel nuovo giudizio, si atterrà ai principi di diritto innanzi delineati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Torino competente ai sensi dell'articolo 309, comma 7, cod. proc. penumero