Sul dibattuto problema dell’utilizzazione della messaggistica criptata sulla piattaforma SKY ECC, acquisita mediante ordine europeo di indagine O.E.I. , dopo le sentenze gemelle delle S.U., la Corte di Cassazione continua a ritenere utilizzabili in Italia le intercettazioni e chat già acquisite e decriptate in Francia, ma con metodi coperti dal segreto di Stato.
La pronuncia La sentenza annotata si pronuncia sul ricorso avverso l'ordinanza cautelare che aveva confermato la custodia cautelare all'indagato sulla base di un quadro indiziario basato sulle chat e le comunicazioni criptate trasmesse con Ordine Europeo di Indagine O.E.I. dalla Francia al nostro Paese. Nel provvedimento della Suprema Corte si affronta una serie di complesse problematiche dal I.M.S.I. Catcher, alle modalità per l'utilizzazione ex articolo 270 c.p.p. e perfino una questione di legittimità costituzionale , tutte risolte nel senso di respingerle e quindi rigettando il ricorso. Ma sicuramente, tra tutte le questioni, la principale ed assorbente è quella in cui si afferma l'utilizzabilità nel nostro Paese delle chat e delle comunicazioni, scambiate sulla piattaforma Sky ECC, e già acquisite e decriptate in Francia con metodi coperti dal segreto di Stato. Il precedente contrasto giurisprudenziale Nella vasta e frastagliata giurisprudenza, in ordine all'utilizzazione della messaggistica criptata sulla piattaforma SKY ECC, acquisita mediante ordine europeo di indagine da autorità estera che ne aveva già eseguito la decriptazione, si era formato un contrasto giurisprudenziale che vedeva contrapporsi, da una parte, la tesi che considerava le chat sul sistema SKY ECC quali rappresentazioni comunicative incorporate in una base materiale con un metodo digitale o comunque dati informativi di natura documentale conservati all'estero e non un flusso comunicativo e quindi acquisibili con O.E.I, ai sensi dell'articolo 234-bis c.p.p., sicchè non poteva trova applicazione la disciplina delle intercettazioni ex articolo 266 e 266-bis ss. c.p.p. Cass., Sez. I, 13.10.2022, numero 6364/2023, Calderon,Rv.283998-01 Cass., Sez. III, 19.10.2023, numero 47201, Rv.285350-01 Cass., Sez. I, 1.7.2022, numero 34059, numero m. . D'altra parte, l'orientamento contrapposto, escludeva che si trattasse di dato informatico e quindi riteneva inapplicabile l'articolo 234-bis c.p.p., distinguendo a seconda che l'attività acquisitiva avesse riguardato comunicazioni avvenute nella fase statica, per la quale operavano gli istituti della perquisizione e sequestro ex articolo 254-bis c.p.p., da quelle avvenute nella fase dinamica alle quali applicava la disciplina delle intercettazioni ex articolo 266 ss. c.p.p. Cass., Sez. VI, 26.10.2023, numero 44154, Iaria, con osservazioni di SPANGHER, Criptofonini sono “in gioco” diritti fondamentali, in Cass. penumero 2024, p. 173, nonché di LORENZETTO, L'acquisizione all'estero di comunicazioni digitali criptate nella fucina dell'ordine europeo di indagine penale, ivi, p. 180 Cass., Sez. VI, 26.10.2023, Kolgjokaj, numero 44155, Rv.285362-01 . Ma altre pronunce seguivano percorsi argomentativi diversi. Infatti, Cass. Sez. IV, 11.4.2024 , Nurra, numero 17700, ha ritenuto utilizzabili i dati trasmessi a seguito di inoltro di O.E.I., dal momento che, anche valorizzando il dato che i messaggi erano frutto di vere e proprie intercettazioni disposte in Francia, sulla scorta di provvedimenti autorizzativi delle autorità giudiziarie di Lille e di Parigi, la normativa interna appronta in ogni caso uno specifico strumento, per l'appunto quello dell'articolo 270, c. p. p. che regolamenta l'utilizzo delle intercettazioni nel procedimento diverso da quello nel quale sono state autorizzate, procedimento che può essere anche quello pendente nel Paese membro richiesto, trattandosi di captazioni rilevanti e indispensabili per l'accertamento dei delitti oggetto dell'incolpazione provvisoria, per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Più recentemente, sempre in riferimento al sistema SKY-ECC, si è ribadito che i reati per i quali le operazioni di intercettazione sono state autorizzate dal giudice istruttore del Tribunale di Parigi sono quelli di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, di traffico di sostanze stupefacenti, di fornitura di prestazioni di crittografia non autorizzate, e di fornitura e importazione di mezzi di crittografia non autorizzati. Il ricorso al sistema SKY-ECC, inoltre, per le modalità di accesso, per la impenetrabilità dall'esterno, e per l'utilizzo che risulta esserne stato fatto, costituisce una concreta e specifica fonte indiziante a carico dei singoli utenti proprio con riguardo a tali reati e, per le garanzie di anonimato assicurate agli utenti, non è certamente compatibile con la disciplina italiana, che richiede l'identificazione degli stessi, mediante l'acquisizione di dati anagrafici riportati su un documento di identità, prima dell'attivazione anche di singole componenti di servizi di telefonia mobile cfr. articolo 98-undetricies d. lgs. 1.8.2003, numero 259 Cass., Sez. VI, 10.7.2024, Perre, numero 34483/2024 . Un diverso indirizzo ermeneutico riteneva che nella vicenda in esame si tratterebbe di “dati freddi” e non di comunicazioni in atto e quindi escludeva una qualificazione sia come intercettazione, sia come documento informatico ex articolo 234-bis c.p.p., inquadrando le prove digitali trasmesse dalla Francia come documentazione della corrispondenza, riconducibile nel paradigma dell'articolo 234 c.p.p. e quindi acquisibile con provvedimento del pubblico ministero che potrebbe disporne il sequestro probatorio Cass., Sez. VI, 27.9.2023, numero 46482, Bruzzaniti Cass., Sez. VI,26.10.2023, numero 46833, Bruzzaniti . Non mancavano pronunce nel senso che, in ordine all'ammissibilità ed utilizzabilità, ai sensi dell'articolo 191, comma 1, c.p.p. e 132, comma 3-bis, d. lgs. 30 giugno 2003, numero 196 e della Direttiva 2014/41 del Parlamento Europeo e del Consiglio, delle prove acquisite da autorità estere a seguito di attività di cooperazione internazionale vi è la necessità di un controllo giurisdizionale circa la natura dell'attività svolta da queste ultime, nonché il rispetto del principio di equivalenza sancito dall'articolo 6 par. 1 lett. b della Direttiva 2014/41, ai fini del rispetto dei diritti fondamentali e di difesa Cass., Sez. IV, 13.3.2024, Galasso, numero 13819 . Le sentenze “gemelle” delle Sezioni Unite Per superare il contrasto giurisprudenziale, com'è noto, sono dovute intervenire le Sezioni unite della Corte di Cassazione, con due sentenze “gemelle”, la numero 23755/2024, in C.E.D. Cass., numero 286573 e la numero 23756/2024, non massimata, entrambe pronunciate il 29 febbraio e depositate il 14 giugno 2024, che sostanzialmente ammettono tutte le prove francesi, anche se resta ignoto, perché coperto dal segreto di Stato, il loro procedimento di intercettazione, acquisizione, decriptazione e conservazione. In sostanza, le due sentenze concordano nell'escludere la necessità del vaglio preventivo del giudice sull'emissione dell'O.E.I., ammettendo esclusivamente un giudizio di utilizzabilità postumo degli elementi di prova acquisiti all'estero, sul presupposto per cui «rientra nei poteri del P.M. disporre l'acquisizione di atti di altro procedimento penale». Le due sentenze “gemelle” affermano una serie di principi di diritto. Più precisamente, Cass., S.U. numero 23755/2024 ha affermato i seguenti principi «La trasmissione, richiesta con ordine europeo di indagine, del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall'autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, non rientra nell'ambito di applicazione dell'art, 234-bis cod. proc. penumero , che opera al di fuori delle ipotesi di collaborazione tra autorità giudiziarie, bensì nella disciplina relativa alla circolazione delle prove tra procedimenti penali, quale desumibile dagli articolo 238 e 270 cod. proc. penumero e 78 disp. att. cod. proc. penumero «In materia di ordine europeo di indagine, le prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione possono essere legittimamente richieste ed acquisite dal pubblico ministero italiano senza la necessità di preventiva autorizzazione da parte del giudice del procedimento nel quale si intende utilizzarle». «L'emissione, da parte del pubblico ministero, di ordine europeo di indagine diretto ad ottenere il contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall'autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, non deve essere preceduta da autorizzazione del giudice italiano, quale condizione necessaria a norma dell'articolo 6 Direttiva 2014/41/UE, perché tale autorizzazione, nella disciplina nazionale relativa alla circolazione delle prove, non è richiesta per conseguire la disponibilità del contenuto di comunicazioni già acquisite in altro procedimento». «La disciplina di cui all'articolo 132 d.lgs. numero 196 del 2003, relativa all'acquisizione dei dati concernenti il traffico di comunicazioni elettroniche e l'ubicazione dei dispositivi utilizzati, si applica alle richieste rivolte ai fornitori del servizio, ma non anche a quelle dirette ad altra autorità giudiziaria che già detenga tali dati, sicché, in questo caso, il pubblico ministero può legittimamente accedere agli stessi senza chiedere preventiva autorizzazione al giudice davanti al quale intende utilizzarli». «L 'utilizzabilità del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall'autorità giudiziaria estera ln un procedimento penale pendente davanti ad essa, e trasmesse sulla base di ordine europeo di indagine, deve essere esclusa se il giudice italiano rileva che il loro impiego determinerebbe una violazione dei diritti fondamentali, fermo restando che l'onere di allegare e provare i fatti da cui inferire tale violazione grava sulla parte interessata». «L'impossibilità per la difesa di accedere all'algoritmo utilizzato nell'ambito di un sistema dl comunicazioni per criptare il testo delle stesse non determina una violazione dei diritti fondamentali, dovendo escludersi, salvo specifiche allegazioni di segno contrario, il pericolo di alterazione dei dati in quanto il contenuto di ciascun messaggio è inscindibilmente abbinato alla sua chiave di cifratura, ed una chiave errata non ha alcuna possibilità di decriptarlo anche solo parzialmente». Invece, Cass., S.U. numero 23756/2024, ha enunciato i seguenti principi «In materia di ordine europeo di indagine, l'acquisizione dei risultati di intercettazioni disposte da un'autorità giudiziaria straniera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, ed effettuate su una piattaforma informatica criptata e su criptofonini, non rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 234-bis cod. proc. penumero , che opera al di fuori delle ipotesi di collaborazione tra autorità giudiziarie, ma è assoggettata alla disciplina di cui all'articolo 270 cod. proc. penumero ». «In materia di ordine europeo di indagine, le prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione possono essere legittimamente richieste ed acquisite dal pubblico ministero italiano senza la necessità di preventiva autorizzazione da parte del giudice del procedimento nel quale si intende utilizzarle». «L'emissione, da parte del pubblico ministero, di ordine europeo di indagine diretto ad ottenere i risultati di intercettazioni disposte da un 'autorità giudiziaria straniera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, ed effettuate attraverso l'inserimento di un captatore informatico sui server di una piattaforma criptata, è ammissibile, perché attiene ad esiti investigativi ottenuti con modalità compatibili con l'ordinamento italiano, e non deve essere preceduta da autorizzazione del giudice italiano, quale condizione necessaria ex articolo 6 Direttiva 2014/41/UE, perché tale autorizzazione non è richiesta nella disciplina nazionale». «L'utilizzabilità dei risultati di intercettazioni disposte da un 'autorità giudiziaria straniera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, ed effettuate su una piattaforma informatica criptata e su criptofonini, deve essere esclusa se il giudice del procedimento nel quale dette risultanze istruttorie vengono acquisite rileva che, in relazione ad esse, si sia verificata la violazione del diritti fondamentali, fermo restando che l'onere di allegare e provare i fatti da cui inferire tale violazione grava sulla parte interessata». «L 'impossibilità per la difesa di accedere all'algoritmo utilizzato nell'ambito di un sistema di comunicazioni per criptare il testo delle stesse non determina una violazione dei diritti fondamentali, dovendo escludersi, salvo specifiche allegazioni di segno contrario, il pericolo di alterazione dei dati in quanto il contenuto di ciascun messaggio è inscindibilmente abbinato alla sua chiave di cifratura, ed una chiave errata non ha alcuna possibilità di decriptarlo anche solo parzialmente» La motivazione della sentenza annotata La sentenza in commento fa perno sull'articolo 45 d. lgs. numero 108/2017, che, dando attuazione alla direttivanumero 41 del 3.4.2014, disciplina la “richiesta di documentazione inerente alle telecomunicazioni”. Nella pronuncia, si afferma, infatti, che il P.M., con l'OEI non ha richiesto all'autorità giudiziaria dell'altro Stato membro U.E. di procedere ad un atto di indagine, ma ha agito ai sensi dell'articolo 45 d.lgs. numero 108/2017 ai limitati fini di chiedere la trasmissione di documentazione acquisita nel corso di un diverso procedimento pendente in quel Paese e sarebbe stata la Francia a trasmettere, invece, il contenuto comunicativo di chat e conversazioni intercettate e già decriptate. Ma la disposizione invocata legittima il pubblico ministero o il giudice che procede a trasmettere all'autorità di esecuzione ordine europeo di indagine al fine di ottenere solo i “dati esterni relativi al traffico telefonico o telematico nonché l'acquisizione di ogni altra informazione utile in possesso degli operatori di telecomunicazioni” e non certo il contenuto di comunicazioni. La pronuncia addebita allo Stato richiesto l'errore su quanto trasmesso in Italia, affermando che il P.M. italiano con l'O.E.I. ha richiesto la documentazione relativa ai dati esterni delle comunicazioni, ed invece la Francia avrebbe erroneamente trasmesso il contenuto di chat e comunicazioni ivi intercettate e decriptate. Si tratterebbe, ad avviso della sentenza in esame, di un errore emendabile ai sensi dell'articolo 619 c.p.p., secondo cui «gli errori di diritto nella motivazione e le erronee indicazioni di testi di legge non producono l'annullamento della sentenza impugnata se non hanno avuto influenza decisiva sul dispositivo». Ma è agevole obiettare che, nel caso di specie, l'errore non sta nell'ordinanza impugnata ma nell'invio da parte della Francia e comunque non si tratta di errore “veniale”, cioè tale da non aver avuto “influenza decisiva sul dispositivo”. Al contrario, il tribunale del riesame ha deciso, respingendo la richiesta dell'indagato di revoca della misura cautelare, proprio perché ha ritenuto trattarsi di documentazione esterna alle comunicazioni, cioè di tabulati, mentre, in realtà si tratta di messaggi e conversazioni intercettate una bella differenza difficile da giustificare. Conclusioni In uno Stato di diritto non si può contrabbandare come tabulato ciò che è comunicazione o corrispondenza, che, secondo la Corte costituzionale sent. numero 170/2023 , è protetta dalla doppia garanzia, approntata dall'articolo 15 Cost., della riserva di legge e di giurisdizione, oltre che dalle Convenzioni sovranazionali. E la loro confusione non si può considerare un errore materiale perché incide sui diritti fondamentali della persona. La verità è che si è voluto applicare il motto machiavellico per cui “il fine giustifica i mezzi”, cioè la criminalità si fronteggia in qualsiasi modo ma non è una regola compatibile con l'equo processo.
Presidente Ramacci - Relatore Andronio Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.