Provvedimento cautelare reiterato in appello: perchè è impugnabile con l’istanza di riesame?

Se l’imputato nei confronti del quale sia stata emessa ordinanza applicativa di misura cautelare in carcere – divenuta, poi, inefficace a seguito della sentenza di proscioglimento di primo grado – venga successivamente condannato, per lo stesso fatto, nel giudizio di appello e sottoposto, nuovamente, alla custodia cautelare in carcere ai sensi dell’articolo 300, comma 5, c.p.p. , è legittimato ad impugnare l’ordinanza cautelare mediante la proposizione dell’istanza di riesame ex articolo 309 c.p.p.

Con ordinanza del 10 aprile 2024, la prima Sezione penale della Suprema Corte ha disposto la rimessione alle Sezione Unite per dirimere il contrasto interpretativo insorto in ordine all'individuazione del regime di impugnazione incidentale – riesame ex articolo 309 c.p.p. o appello ex articolo 310 c.p.p. – dell'ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere adottata all'esito del giudizio di condanna in appello ex articolo 300, comma 5, c.p.p. , nell'eventualità in cui, a seguito del proscioglimento pronunciato nel giudizio di primo grado, la precedente ordinanza cautelare abbia perso efficacia per effetto dell'applicazione della regola prevista dall'articolo 300, comma 1, c.p.p. La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte s'incentra sul legame che sussiste tra il provvedimento caducato, a seguito della pronuncia assolutoria emessa all'esito del giudizio di primo grado ai sensi dell'articolo 300, comma 1, c.p.p. e il titolo cautelare sopravvenuto, disposto, ai sensi dell'articolo 300, comma 5, quando il giudice dell'appello ritenga sussistenti le esigenze di cui all'articolo 274, comma 1, lett. b o c c.p.p. Se, in altre parole, il titolo cautelare disposto, per lo stesso fatto all'esito del giudizio di appello, possa essere inquadrato come provvedimento coercitivo impugnabile con l'istanza di riesame ai sensi dell'articolo 309 c.p.p. oppure indissolubilmente legato all'ordinanza cautelare in precedenza disposta poi caducata per effetto del proscioglimento intervenuto in primo grado , determinando, così, l'impugnabilità con lo strumento dell'appello ex articolo 310 c.p.p. Secondo il primo orientamento, il provvedimento cautelare sopravvenuto all'esito del giudizio di appello non potrebbe essere inquadrato come un «nuovo» titolo coercitivo in quanto «connesso» all'ordinanza cautelare in precedenza disposta v. Cass., Sez. V, 5.7.2011, numero 32852, in iusexplorer Id., Sez. I, 12.02.2022, numero 23061, in iusexplorer . Di conseguenza, il successivo provvedimento cautelare, determinando la reviviscenza del titolo originario, sarebbe impugnabile mediante la proposizione dell'appello e non del riesame. Stando all'interpretazione testé evidenziata, la perdita di efficacia di una misura cautelare per effetto di un automatismo – al pari, ad esempio, della scarcerazione per decorrenza dei termini – non determinerebbe «la definitiva eliminazione dell'ordinanza con la quale essa era stata applicata» come, invece, «si verifica quando sia riscontrata l'assenza dei gravi indizi di colpevolezza o delle esigenze cautelari» cfr. Cass., numero 32852/2011, cit. . L'opposto orientamento ha stabilito, invece, che il titolo cautelare ab origine disposto, divenuto inefficace a seguito della sentenza di proscioglimento ai sensi dell'articolo 300, comma 1, c.p.p. , debba ritenersi tamquam non esset e, pertanto, l'eventuale misura disposta all'esito del giudizio di appello andrebbe impugnata con il riesame ai sensi dell'articolo 309 c.p.p. v. Cass., numero 842/1999, in iusexplorer . L'interpretazione è suffragata dall'esegesi dell'articolo 309 c.p.p. che si riferisce, in via generale e senza introdurre specifiche limitazioni, alle ordinanze che applicano una misura coercitiva, a prescindere se le stesse siano emesse per la prima volta o costituiscano la reiterazione di precedenti provvedimenti per qualsiasi ragione caducati. Secondo il richiamato orientamento, l'esclusione del riesame avverso i provvedimenti cautelari «reiterati» determinerebbe «[…] la creazione di una norma sostanzialmente nuova» cfr. Cass., Sez. VI, 8.03.1999, cit. . Del resto, avverso il provvedimento cautelare reiterato a seguito alla perdita di efficacia della misura per l'omesso interrogatorio di garanzia ai sensi degli articolo 294 e 302 c.p.p. o per il mancato rispetto dei termini di cui all'articolo 309 c.p.p. è esperibile il riesame in quanto si tratterebbe – a giudizio della Suprema Corte – di «nuova» misura cautelare cfr. Cass., numero 29687/2003, in iusexplorer . La sentenza in commento ha aderito all'orientamento minoritario, valorizzando, tra l'altro, le modifiche al quadro cautelare determinate, in primis, dal tempo trascorso tra la prima ordinanza cautelare poi caducata e la seconda disposta a seguito del ribaltamento in peius della sentenza di primo grado. Non si tratta, secondo il condivisibile giudizio espresso dalle Sezioni Unite, di una «semplice reviviscenza dell'ordinanza genetica», ma di un provvedimento connotato da evidenti profili di «novità» e di «autonomia» tali da giustificare l'attivazione del riesame. Di conseguenza, le Sezioni Unite hanno espresso il seguente principio di diritto «Nel caso in cui l'imputato, nei confronti del quale sia stata emessa ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, divenuta inefficace per il proscioglimento pronunciato all'esito del giudizio di primo grado, venga successivamente sottoposto, ai sensi dell'articolo 300, comma 5, c.p.p., a nuova applicazione della custodia in carcere, il rimedio che egli può esperire per impugnare la relativa ordinanza è quello dell'istanza di riesame ex articolo 309 c.p.p.». La Suprema Corte ha, altresì, statuito che può parlarsi di «nuova» misura, impugnabile con l'istanza di riesame, tutte le volte in cui «il provvedimento originariamente applicato venga caducato, per qualsivoglia ragione, e ne venga emessa una successiva, autonoma dalla prima, ossia non condizionata dalla precedente vicenda cautelare». Alla regola così delineata, si deroga con l'appello ex articolo 310 c.p.p. nelle seguenti ipotesi espressamente contemplate dal legislatore a ordinanza che dispone la proroga del termine di custodia cautelare ai sensi dell'articolo 305, comma 2, c.p.p. b «rinnovazione» della misura cautelare disposta per esigenze probatorie ai sensi dell'articolo 301, comma 1, c.p.p. c nei casi previsti dall'articolo 307, comma 2, lett. a e b d nell'ipotesi prevista dall'articolo 307, comma 4, c.p.p. e per i provvedimenti di aggravamento delle misure previste dall'articolo 276 c.p.p.

Presidente Cassano - Relatore Casa Ritenuto in fatto 1. Nell'ambito del procedimento instaurato a carico di Ca.Ni. e altri, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, con ordinanza del 14 aprile 2021, respingeva la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere avanzata nei confronti del suddetto Ca.Ni. in relazione ai reati, commessi in concorso, di omicidio volontario aggravato di Ov.De. , di tentato omicidio aggravato di Id.Mo. , contestati al capo 1 , di detenzione e porto illegali aggravati di una pistola calibro 9x21 capo 2 e del reato di cui agli articolo 110,112, numero 1 , cod. penumero , 73 D.P.R. numero 309 del 1990 e 416-bis 1. cod. penumero capo 3 , fatti verificatisi in C C il 10 settembre 2020. La richiesta di misura veniva respinta anche nei confronti dei coindagati De.Si., Ma.Gi. e Mo.Ma., con riferimento ai capi 1 e 2 , e nei confronti di Ma.Anumero e Ci.Si. con riguardo al solo capo 3 . Viceversa, la misura di maggior rigore veniva applicata nei confronti dei coindagati Ci.Si., Ca.Ra., Fe.Ca. e Ma.Anumero in relazione ai capi 1 e 2 , escluse le aggravanti di cui agli articolo 112, numero 1 e 577, numero 3 , cod. penumero , con assorbimento della circostanza aggravante di cui all'articolo 61, numero 1 , in quella prevista dall'articolo 416-bis 1 cod. penumero la misura era applicata, anche per il capo 3 , al Ca.Ra. e al Fe.Ca. e, per il solo capo 3 , a De.Fr. 2. Pronunciandosi sull'appello proposto dal Pubblico ministero, ai sensi dell'articolo 310 cod. proc. penumero , avverso la citata ordinanza, il Tribunale del riesame di Napoli, con provvedimento reso in esito all'udienza camerale del 15 settembre 2021, in parziale accoglimento dell'impugnazione, applicava, per quel che qui rileva, al Ca.Ni. la custodia cautelare in carcere in ordine ai capi 1 e 2 , quanto meno a titolo di concorso anomalo, e al reato di cui agli articolo 56 cod. penumero  e 73 D.P.R. numero 309 del 1990, così qualificata la contestazione sub 3 , riconosciuta l'aggravante di cui all'articolo 112, numero 1 , cod. penumero 3. Con sentenza emessa in data 6 ottobre 2022, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli, procedendo nelle forme del rito abbreviato, assolveva il Ca.Ni. da tutti i reati per non aver commesso il fatto nella rubrica l'originario capo 3 , contestato a tutti gli imputati, si sdoppiava nel capo 3 , contestato ad alcuni, ma non al Ca.Ni., e nel capo 4 , quest'ultimo - tentato acquisto di stupefacente - ascritto anche al predetto . Il Giudice dell'udienza preliminare dichiarava la cessazione della misura cautelare, nei confronti del Ca.Ni. e di altri coimputati, ai sensi dell'articolo 300, comma 1, cod. proc. penumero Nei confronti degli imputati condannati il giudice di primo grado riqualificava il tentato omicidio in danno di Id.Mo. nell'ipotesi di cui agli articolo 582,585 e 82, secondo comma, cod. penumero , esclusa la circostanza aggravante di cui all'articolo 112, numero 1 e ritenuta la residua aggravante di cui all'articolo 416-bis 1 cod. penumero 4. Con sentenza pronunciata in data 28 settembre 2023, la Corte di assise di appello di Napoli, con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della diminuente di cui all'articolo 116, secondo comma, cod. penumero , condannava Ca.Ni. alla pena di dieci anni e quattro mesi di reclusione in quanto ritenuto colpevole dei seguenti reati, unificati dalla continuazione a omicidio volontario aggravato in danno di Ov.De. capo i b lesioni personali aggravate in danno di Id.Mo. capo 1 c detenzione e porto illegali di arma comune da sparo aggravati capo 2 d tentato acquisto aggravato di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana capo 4 riqualificato nella fattispecie di cui all'articolo 73, comma 1 - e non comma 4 come ritenuto in primo grado - D.P.R. numero 309 del 1990 . 5. In data 2 ottobre 2023 veniva depositata, da parte del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli, richiesta di emissione della misura della custodia in carcere nei confronti di Ca.Ni. unitamente ad altre richieste che qui non rilevano, in quanto afferenti a coimputati , ritenendosi sussistenti i presupposti di cui all'articolo 275, comma 2-ter, cod. proc. penumero  in quanto la condanna riguardava un delitto previsto dall'articolo 380, comma 1, cod. proc. penumero Il Procuratore generale, dato atto che Ca.Ni., assolto in primo grado dai reati di cui ai capi 1 e 2 , era stato condannato, in appello, alla pena di dieci anni e quattro mesi di reclusione, giustificava la sua richiesta in base alle esigenze cautelari di cui all'articolo 274, lett. b e c , cod. proc. penumero , valorizzando, in particolare, quanto al pericolo di recidiva, la recente emissione, in altro procedimento, di ordinanza applicativa della custodia in carcere in relazione alle due fattispecie associative previste dagli articolo 416-bis cod. penumero e 74 D.P.R. numero 309 del 1990, nonché a numerosi reati in materia di stupefacenti. 6. Con ordinanza depositata il 26 ottobre 2023, la Corte di assise di appello applicava la misura richiesta, rilevando che il Ca.Ni., nel giudizio di secondo grado, aveva riportato condanna per le imputazioni di omicidio, lesioni, detenzione e porto di armi e tentato acquisto di sostanze stupefacenti. 7. Avverso la suddetta ordinanza, l'interessato, per mezzo del difensore, proponeva impugnazione davanti all'organo del riesame. 8. Con provvedimento del 6 novembre 2023, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, qualificata la genericamente formulata impugnazione come appello, in quanto proposta avverso un'ordinanza di ripristino di una misura cautelare già applicata citava, al riguardo, Sez. 5, numero 32852 del 2011, Nigro, Rv. 250579 - 01 , la dichiarava inammissibile poiché priva della contestuale esposizione dei motivi. 9. L'imputato, con il ministero del difensore, proponeva ricorso per cassazione, deducendo errata applicazione degli articolo 275,309 e 310 cod. proc. penumero Poneva in luce il ricorrente, in primo luogo, la diversità dell'ordinanza impugnata rispetto a quella genetica, poi caducata, in quanto, con l'ultima, il concorso nel delitto di omicidio era stato qualificato come anomalo e non pieno trattandosi di titolo di reato diverso , l'ordinanza della Corte di assise di appello di Napoli avrebbe dovuto considerarsi genetica della misura da essa applicata e, pertanto, suscettibile di essere impugnata con istanza di riesame ex articolo 309 cod. proc. penumero Il ricorrente faceva leva, inoltre, sul mancato utilizzo, da parte del Procuratore generale richiedente e della Corte emittente, del termine ripristina , essendo utilizzati, viceversa, i termini emette e applica . Aggiungeva, infine, che nella stessa norma richiamata dal Procuratore generale di Napoli articolo 275, comma 2-ter, cod. proc. penumero non si parla di ripristino della misura, ma di disposizione della stessa. 10. Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria, inviata in forma scritta ai sensi dell'articolo 23, comma 8, D.L. 28 ottobre 2020, numero 137, e succ. mod., concludeva per il rigetto del ricorso, in adesione alla giurisprudenza consolidata di legittimità che individua nell'appello lo strumento per impugnare l'ordinanza emessa ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero 11. Con ordinanza del 10 aprile 2024, la Prima Sezione penale di questa Corte, rilevato un contrasto interpretativo anche in giurisprudenza, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, condensando la questione di diritto ad essa devoluta nel seguente quesito Se l'imputato - nei confronti del quale sia stata emessa ordinanza applicativa della custodia in carcere che ha perso efficacia a causa del proscioglimento pronunciato all'esito del giudizio di primo grado - debba impugnare con l'istanza di riesame ovvero con l'appello cautelare l'ordinanza con la quale sia stata disposta la custodia cautelare in carcere, ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , emessa a seguito di successiva condanna pronunciata all'esito del giudizio di appello . 11.1. Delineati i profili di diversità dei due mezzi di impugnazione, premesso che, in linea generale, il riesame è previsto per l'impugnazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva , mentre l'appello è lo strumento per impugnare il provvedimento di diniego dell'applicazione della misura nonché di quelli che modificano, revocano o sostituiscono la misura già applicata i casi di cui all'articolo 299 cod. proc. penumero , il Collegio rimettente osserva, in via di prima approssimazione, che l'individuazione in via residuale dell'area di operatività dell'appello cautelare fuori dei casi previsti dall'articolo 309, comma 1 orienta a individuare nell'appello il mezzo per l'impugnazione dello stesso provvedimento che ripristina la medesima misura cautelare. Viceversa, quando la prima misura coercitiva sia stata caducata e successivamente si applichi una nuova misura parimenti coercitiva, l'autonomia di questa ulteriore misura ne determina l'impugnabilità con la richiesta di riesame . Ciò premesso, nell'ordinanza in parola si rimarca che, stante la varietà delle fattispecie verificabili nel corso delle vicende cautelari, per alcune di esse non risulta agevole la collocazione del provvedimento nell'una o nell'altra delle indicate categorie al conseguente fine dell'individuazione del mezzo previsto per la corrispondente impugnazione. Fra queste, il Collegio reputa che debba annoverarsi quella relativa all'ordinanza emessa ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , dando atto che, nel quadro non vasto di pronunce massimate che hanno affrontato il tema, l'esegesi di legittimità tradizionale emergente appare favorevole all'esperibilità dello strumento dell'appello ex articolo 310 cod. proc. penumero 11.2. Tale linea interpretativa, si rileva, considera persistente - pur quando si sia registrata la perdita di efficacia non di validità in base a un apprezzamento discrezionale del primigenio titolo cautelare in ragione dell'assoluzione dai reati che ne avevano determinato l'emissione - il legame tra il provvedimento caducato e quello sopravvenuto, argomentando nel senso che quest'ultimo non può essere inquadrato come un nuovo provvedimento coercitivo, ma come la reviviscenza del primo, dato il nesso necessario e indissolubile che lega l'ordinanza c.d. ripristinatoria a quella che ha disposto la precedente misura vengono richiamate Sez. 5, numero 32852 del 05/07/2011, Nigro, Rv. 250579 Sez. 1, numero 23061 del 12/02/2002, Leuzzo, Rv. 221636 . Si nota che lo stesso indirizzo è maturato in relazione alla non dissimile, ma non sovrapponibile, fattispecie di cui all'articolo 307, comma 2, lett. b , cod. proc. penumero , che prevede, dopo la scarcerazione per decorrenza dei termini, la possibilità, per il giudice procedente, di ripristinare, contestualmente o successivamente alla sentenza di condanna di primo o di secondo grado, la misura coercitiva ove ricorra l'esigenza cautelare di cui all'articolo 274, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero Sempre con il ricorso all'appello ex articolo 310 cod. proc. penumero  si è inteso impugnare l'ordinanza con la quale il giudice procedente, contestualmente alla pronuncia di condanna abbia modificato in senso peggiorativo il trattamento cautelare è un caso, questo - si afferma - in cui, all'evidenza, persistendo il titolo originario, la modifica non può ritenersi titolo genetico del trattamento cautelare si cita Sez. 1, numero 45653 del 05/06/2015, Pipiciello, Rv. 265486 - 01 . 11.3. L'ordinanza rimettente dà, poi, atto del diverso e minoritario orientamento favorevole all'esperibilità dello strumento dell'istanza di riesame. Tale diverso filone esegetico prende le mosse da Sez. 6, numero 842 dell'08/03/1999, Sciascia, Rv. 213920 - 01, secondo la quale la misura caducata o, comunque, divenuta inefficace deve ritenersi come mai esistita e, dunque, tamquam non esset, con l'effetto che l'eventuale misura reiterativa, in quanto essa stessa ordinanza che dispone una misura coercitiva , è da assoggettarsi alla richiesta di riesame. L'ordinanza interlocutoria annovera nel medesimo filone alcune decisioni che, pur senza affrontare per esplicito il tema dell'ammissibilità del mezzo, ma dando implicitamente per assodata la sussistenza di tale presupposto processuale, hanno esitato procedimenti susseguenti all'emissione di provvedimenti ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , impugnati con richiesta di riesame cosi Sez. 1, numero 6176 del 26/11/2019, dep. 2020, Barbaro, non mass. Sez. 1, numero 35468 del 17/03/2016, Martino, non mass. Sez. 1, numero 7642 del 05/03/2003, dep. 2004, Pignatelli, Rv. 226846 - 01 Sez. 6, numero 3092 del 04/07/2000, Scarci, Rv. 217746 -01 . Si dà, quindi, spazio alle critiche, emerse in sede dottrinale, alla concezione maggioritaria, propugnante l'appellabilità delle misure coercitive applicate ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero Secondo parte della dottrina, discorrere del ripristino della misura precedente, nelle more divenuta temporaneamente inefficace, comporterebbe la svalutazione della rubrica e del tenore letterale dell'articolo 300 cod. proc. penumero , in cui il riferimento è all'estinzione delle misure originariamente applicate per effetto della sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere oltre che del provvedimento di archiviazione . Si fa notare che, per un'altra fattispecie in cui pure è stabilita la perdita di efficacia delle misure cautelari coercitive, quella, cioè, conseguente alla omissione dell'interrogatorio di garanzia ex articolo 294 cod. proc. penumero , non si dubita nell'individuare nella richiesta di riesame l'atto di impugnazione deputato a contrastare quella che, ove riemessa, viene considerata una nuova misura si citano Sez. 1, numero 29687 del 09/07/2003, Saraceno, Rv. 225542 - 01 Sez. 1, numero 12398 del 14/12/2000, dep. 2001, Galatolo, Rv. 218298 - 01 . Si aggiunge che, seppure circoscritta dall'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero  alle esigenze cautelari di cui all'articolo 274, comma 1, lett. b e c , la valutazione richiesta al giudice della cautela e, poi, al giudice dell'impugnazione cautelare deve esprimersi in una nuova e autonoma disamina di tali esigenze, da compiersi anche alla stregua di tutti gli elementi sopravvenuti, per come emersi nel corso del processo, in correlazione con quanto previsto dall'articolo 275, comma 1-bis, per il caso di applicazione di una misura cautelare contestualmente ad una sentenza di condanna sempre per le esigenze di cui alle lett. b e c dell'articolo 274 cod. proc. penumero e dall'articolo  275, comma 2-ter nel caso di condanna in appello che, infatti, richiama il comma 1-bis . Si rileva, inoltre, che sia nel caso in cui alla sentenza di condanna segua ordinanza coercitiva, non preceduta da altro titolo caducato per effetto di proscioglimento si richiama Sez. 1, numero 45140 del 20/06/2014, De Biase, Rv. 261132 - 01 , sia nel caso in cui il titolo originario sia stato caducato in sede cautelare per motivi inerenti a quell'ambito ad esempio, per la valutazione operata in fase di riesame di insussistenza delle esigenze cautelari e venga poi riemessa, anche dopo la susseguente sentenza di condanna, misura coercitiva si menzionano Sez. 1, numero 43814 del 08/10/2008, Sutera, Rv. 241559 - 01 Sez. 5, numero 22868 del 29/04/2002, Pascone, Rv. 221926 - 01 Sez. 1, numero 1925 del 22/03/1996, Occhipinti, Rv. 204402 - 01 , si ritiene pacifico in giurisprudenza che lo strumento di impugnazione di detti provvedimenti sia l'istanza di riesame. E allora, conclude sul punto la critica dottrinale, non si comprende la ragione della sostenuta differenziazione di tutela impugnatoria, da parte dell'orientamento maggioritario, tra i due casi illustrati riesame e quello dell'ordinanza emessa ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero   appello , a fronte dell'analogia della valutazione dei presupposti di emissione dell'ulteriore misura nei confronti di ognuno dei destinatari della stessa. Non giustificherebbe la divergenza di strumenti impugnatori l'affermata persistenza dell'originario procedimento cautelare nel caso di provvedimento che abbia perduto efficacia in dipendenza della sentenza di proscioglimento, ma sia ritenuto suscettibile di sostanziale reviviscenza nell'ipotesi in cui l'esito decisorio di merito risulti ribaltato nel grado successivo. Ritenuta la necessità di comporre l'illustrato contrasto interpretativo, la Prima Sezione penale ha inteso rimettere alle Sezioni Unite la questione di diritto nei termini in precedenza riportati. 12. Con decreto del 30 maggio 2024  la Prima Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali, fissandone la trattazione all'odierna udienza camerale ai sensi dell'articolo 127 cod. proc. penumero 13. Il Procuratore generale, in assenza di richiesta di discussione orale, ha fatto pervenire requisitoria scritta, ai sensi dell'articolo 23, comma 8, D.L. 28 ottobre 2020, numero 137, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176, con la quale ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. Condivise le ragioni espresse a sostegno dell'orientamento tradizionale in favore dell'appellabilità dell'ordinanza emessa ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , ritiene, tuttavia, il Procuratore generale, che, nella specie, non possa parlarsi di condanna in appello pronunciata per lo stesso fatto in relazione al quale era stata applicata l'ordinanza genetica e che avrebbe giustificato l'esperibilità dell'appello cautelare. Si individua, in particolare, quale elemento dissonante contenuto nella sentenza di appello, rispetto all'ordinanza genetica, il riconoscimento del concorso anomalo del Ca.Ni. nel reato di omicidio ex articolo 116, secondo comma, cod. penumero  in luogo del concorso pieno, osservandosi, alla luce di Sez. U, Donati, che la qualificazione dell'elemento soggettivo rientra pacificamente nella condotta del reato ed è elemento idoneo ad influire sulla valutazione delle modalità del fatto e sulla gravità dello stesso e, quindi, sul giudizio in tema di esigenze cautelari, meritevole, in tal caso, del più ampio rimedio del riesame ai sensi dell'articolo 309 cod. proc. penumero Si aggiunge che l'articolo 274, lett. c , cod. proc. penumero , nello stabilire che le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede, implicitamente ammette che le esigenze attengono anche al suddetto profilo, cioè al profilo non già della gravità del reato, ma del suo titolo , il che giustifica una cognizione piena del giudice del riesame chiamato a pronunciarsi sull'ordinanza applicativa della misura in essere nei confronti del Ca.Ni. Considerato in diritto 1. La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite è la seguente Se l'imputato, nei confronti del quale sia stata emessa ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere divenuta inefficace per il proscioglimento pronunciato all'esito del giudizio di primo grado, debba impugnare l'ordinanza con la quale sia stata disposta, ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , la custodia in carcere con la richiesta di riesame ovvero con l'appello cautelare . 2. Pur non implicando la risposta al quesito la necessità di prendere le mosse dall'analisi ex professo delle plurime caratteristiche distintive dei due strumenti di impugnazione, giova, tuttavia, rammentarne i fondamentali tratti identitari sul piano della configurazione formale. 2.1. Partendo dall'epilogo decisorio contestato dalla difesa del ricorrente, si osserva che, quanto alla sua forma, il gravame costituto dall'appello deve, a pena di inammissibilità, indicare in modo specifico i punti del provvedimento di cui l'impugnante richiede il nuovo esame e deve precisarne le ragioni, pena - in mancanza - il rilievo della sua genericità. Nella meno recente elaborazione ermeneutica, la genericità si intendeva limitata al profilo intrinseco al motivo stesso, così da ritenerla non correlata al confronto con quanto argomentato dal giudice del provvedimento impugnato, confronto invece necessario per il controllo di specificità della devoluzione operata con il ricorso per cassazione Sez. 3, numero 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185 - 01 Sez. 6, numero 13449 del 12/02/2014, Kasem, Rv. 259456 - 01 . La verifica della genericità è da intendersi ora assimilabile, con le dovute specificazioni, a quella che inerisce al ricorso per cassazione, essendosi precisato che l'appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell'impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato Sez. U, numero 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Gattelli, Rv. 268822 - 01 fra le successive, Sez. 2, numero 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 - 01 . L'approdo registrato nella vicenda interpretativa dell'istituto ha ricevuto ratifica normativa con la modificazione dell'articolo 581 cod. proc. penumero , mediante l'inserimento del comma 1-bis in forza dell'articolo 33, comma 1, lett. d , D.Lgs. 15 ottobre 2022, numero 150 , alla luce del quale l'appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riguardo ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione. Attesa la riconosciuta fisionomia strutturale e strumentale degli ordinari mezzi di impugnazione come propria dell'appello cautelare di cui all'articolo 310 cod. proc. penumero , a tale strumento devono applicarsi le norme generali in materia, tra cui le disposizioni di cui agli articolo 581 e 591 cod. proc. penumero , con l'effetto che questa impugnazione, non solo deve indicare i capi e i punti ai quali si riferisce, ma deve anche enunciare i corrispondenti motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta Sez. 5, numero 9432 del 12/01/2017, Cimino, Rv. 269098 - 01 Sez. 1, numero 32993 del 22/03/2013, Adorno, Rv. 256996 - 01 . 2.2. Sempre circoscrivendo il discorso alla forma dell'atto, si rammenta che la richiesta di riesame proposta avverso l'ordinanza applicativa della misura cautelare, ai sensi dell'articolo 309 cod. proc. penumero , non esige la necessaria articolazione in motivi dei profili di censura. Si suole precisare che, nell'ambito del riesame di misure cautelari personali, il difetto di specificità dei motivi non comporta l'inammissibilità dell'impugnazione, stanti la natura interamente devolutiva del mezzo, l'inapplicabilità dell'articolo 581, comma 1, lett. c , cod. proc. penumero e la conseguente facoltatività dell'indicazione dei motivi stessi Sez. U, numero 16 del 05/10/1994, Demitry, Rv. 199388 - 01 Sez. 5, numero 36917 del 20/06/2017, C., Rv. 271307 - 01 ciò, con l'opportuna specificazione che la natura interamente devolutiva di tale mezzo di impugnazione e la facoltatività dell'indicazione dei motivi non comportano l'automatica rilevanza di doglianze di carattere generico, dal momento che, in assenza della formulazione di specifiche questioni sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il giudice del riesame, pur tenuto a verificare anche tale presupposto, può, in presenza di un provvedimento motivato, limitarsi a richiamare il contenuto del titolo genetico, a condizione che mostri di averlo, comunque, valutato Sez. 6, numero 56968 del 11/09/2017, Ghezzo, Rv. 272202 - 01 . In ogni caso, la richiesta di riesame, integrando un mezzo di impugnazione con effetto interamente devolutivo, determina la conseguenza che il Tribunale può annullare o riformare in senso favorevole all'imputato il provvedimento impugnato anche per motivi diversi da quelli enunciati nell'atto di impugnazione, così come può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione dell'ordinanza cautelare, ferma restando l'attenuazione dell'obbligo motivazionale, rispetto ai punti non oggetto di censura, qualora la richiesta deduca contestazioni avverso uno solo dei presupposti applicativi della misura Sez. 5, numero 40061 del 12/07/2019, Valorosi, Rv. 278314 - 03 . D'altro canto, il discrimen fra i procedimenti a cui danno ingresso la richiesta di riesame, ex articolo 309 cod. proc. penumero , per un verso, e l'atto di appello, ex articolo 310 cod. proc. penumero , per altro verso, rileva anche per diversi altri ambiti, fra i quali la possibilità, in sede di riesame, di introdurre motivi nuovi in sede camerale, la diversità e la natura dei termini fissati per lo svolgimento del procedimento e l'emissione del provvedimento, nonché le modalità di svolgimento del procedimento stesso in relazione agli elementi acquisibili e utilizzabili per la decisione e ai poteri istruttori dei giudici procedenti. Come già accennato, non appare indispensabile, nella presente sede, illustrare nei dettagli le ulteriori, sensibili differenze fra i due strumenti impugnatori, né approfondire gli effetti determinati dalla riqualificazione dello strumento impugnatorio adottato dalla parte e i loro limiti cfr., ad esempio, Sez. 1, numero 16819 del 23/04/2010, Mauriello, Rv. 247078 - 01, quanto all'irrilevanza del mancato rispetto dei termini prescritti per la decisione in ipotesi di appello riqualificato come riesame è, infatti, sufficiente il richiamo alla forma di tali atti ora operato, in quanto è questo requisito che qui primariamente rileva, giacché in virtù della sua valutazione è stata ritenuta dal Tribunale di Napoli l'inammissibilità dell'impugnazione. 3. Tornando al tema centrale proposto dal quesito devoluto al Collegio, il riferimento normativo va individuato nell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , che recita Qualora l'imputato prosciolto o nei confronti del quale sia stata emessa sentenza di non luogo a procedere sia successivamente condannato per lo stesso fatto, possono essere disposte nei suoi confronti misure coercitive quando ricorrono le esigenze cautelari previste dall'articolo 274, comma 1, lettere b e c . Occorre stabilire se avverso l'ordinanza applicativa di misure coercitive emessa a termini della disposizione ora riportata sia esperibile, fra gli strumenti approntati dal legislatore in materia cautelare, quello dell'istanza di riesame ex articolo 309 cod. proc. penumero  o quello dell'appello ex articolo 310. 3.1. Nel ripercorrere il tracciato dell'ordinanza di rimessione, va rilevato che, secondo l'orientamento, tuttora prevalente, cui ha aderito il giudice emittente il provvedimento impugnato, il mezzo da attivare, nella fattispecie, è quello dell'appello cautelare. Tale orientamento è stato propugnato, tra le sentenze massimate, essenzialmente da Sez. 5, numero 32852 del 05/07/2011, Nigro, Rv. 250579 - 01, e da Sez. 1, numero 23061 del 12/02/2002, Leuzzo, Rv. 221636 - 01. Il ragionamento sviluppato nelle citate decisioni parte dalla necessità di valutare la novità o meno della misura applicata ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , al fine di decidere, poi, sul mezzo di impugnazione del titolo cautelare ammissibile. Per compiere siffatta valutazione, si sostiene, occorre individuare la causa di cessazione della misura stessa. Si profilano due distinte situazioni. Quando la misura cessa di avere efficacia per effetto di un automatismo nel caso, ad esempio, di scadenza dei termini massimi di custodia cautelare o di assoluzione , quindi, senza che sia necessaria la valutazione sulla persistenza o meno delle esigenze cautelari, la successiva ordinanza cautelare, emessa a seguito del venir meno dell'impedimento oggettivo nel caso classico, che qui ricorre, dell'assoluzione seguita da condanna in grado di appello ex articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero fa riespandere l'efficacia originaria del titolo, rimasto temporaneamente quiescente, che, quindi, resta collegato al precedente ed è impugnabile con l'appello. Ciò, peraltro, considerando che, in tali casi di inefficacia automatica , non viene meno la validità del titolo ma, appunto, solo la sua efficacia, per un fatto esterno all'ordinanza cautelare genetica, proprio come nel caso dell'articolo 300, comma 1, cod. proc. penumero Viceversa, quando vi è una valutazione che esclude la sussistenza di uno o più presupposti applicativi l'ordinanza genetica viene eliminata e, quindi, ogni successiva misura disposta deve considerarsi non mera rinnovazione, ma misura nuova e, dunque, oggetto di riesame ex articolo 309 cod. proc. penumero Secondo l'orientamento maggioritario, la possibilità, prevista dall'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , di reiterare la misura nei confronti dell'imputato assolto in primo grado, ma condannato in appello, implica che la misura medesima debba considerarsi una riemissione di quella in precedenza già disposta, la cui efficacia era stata paralizzata a seguito della pronuncia assolutoria. Sez. 1, Leuzzo, sottolinea sul punto E che non si tratti di una nuova misura suscettibile di impugnazione ex articolo 309 c.p.p. è reso evidente dalla considerazione che nell'ipotesi in cui non sia stata emessa prima della sentenza di condanna alcuna misura, non troverebbe applicazione l'articolo 300, comma 5, c.p.p., ma la misura cautelare potrebbe essere disposta in applicazione della regola generale di cui agli articolo 273 e 274 c.p.p. L'avere voluto, invece, il legislatore prevedere espressamente la possibilità di riemettere la misura, significa riconoscere un nesso necessario ed indissolubile tra il primo ed il secondo provvedimento, che non può, quindi, considerarsi genetico ed impugnabile ai sensi dell'articolo 309 c.p.p. . Nel medesimo filone ermeneutico si colloca Sez. 5, numero 346711 del 05/07/2011, Timperanza, non mass., che si impegna a sviluppare alcuni argomenti in opposizione alla tesi dell'esperibilità dell'istanza di riesame nel caso previsto dall'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero La tesi avversata, secondo tale decisione, si scontrerebbe, in primo luogo, con la collocazione della previsione nell'ambito della norma dedicata all'estinzione delle misure per effetto di determinate sentenze, estinzione che paralizza l'efficacia della misura, senza incidere sulla sua validità . In sintonia con Sez. 1, Leuzzo, la decisione in esame ribadisce che, se il legislatore avesse inteso recidere qualunque collegamento tra la prima e la seconda applicazione della misura, la disposizione di cui al quinto comma dell'articolo 300 sarebbe stata superflua, in quanto la possibilità di applicazione ex novo sarebbe stata regolata dalle disposizioni generali in tema di misure cautelari personali. Inoltre, avvalorerebbe l'opzione prescelta impugnabilità con l'appello cautelare la circostanza della pacifica appellabilità, secondo consolidata giurisprudenza, del provvedimento applicativo della misura a seguito di scarcerazione per decorrenza dei termini articolo 307 cod. proc. penumero , caso ritenuto analogo a quello di cui si discute, essendo entrambi caratterizzati dall'effetto paralizzante esercitato sulla misura da un fattore esterno, estraneo alla validità del titolo, e non incidente nel merito dello stesso . Secondo Sez. 5, Timperanza, non giustificherebbe l'opposta tesi l'asserita omogeneità della previsione di cui all'articolo 300, comma 5, con quella di cui all'articolo 275, comma 1 -bis, cod. proc. penumero , data la diversità di sedes materiae delle due disposizioni . Del pari inidoneo a sostenere tale soluzione, prosegue la decisione in parola, sarebbe il richiamo operato ad una serie di provvedimenti che dispongono la misura cautelare ritenuti dalla giurisprudenza impugnabili con richiesta di riesame. Anzi, l'applicabilità di tale rimedio nei casi di revoca della custodia cautelare, inefficacia della misura per mancato rispetto dei termini di cui all'articolo 309, commi 5 e 10, cod. proc. penumero , nuova ordinanza emessa dal giudice competente o a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione, confermerebbe la conclusione per cui, in caso di provvedimento ex articolo 300, comma 5, il rimedio è quello dell'appello, essendo l'inefficacia di quello precedente estranea alla validità e al merito di esso, non discendente da violazione di legge, né dal carattere provvisorio di quello emesso da giudice incompetente, né conseguenza di annullamento . Si rimarca, del resto, che anche l'orientamento della giurisprudenza di legittimità favorevole all'impugnabilità, mediante richiesta di riesame, dell'ordinanza emessa a seguito di caducazione di precedente misura per omessa effettuazione nei termini dell'interrogatorio di garanzia apporterebbe ulteriore conforto alla tesi dell'appello, dal momento che, in quel caso, non diversamente che in quello dell'inosservanza dei termini di cui all'articolo 309, co. 5 e 10 cpp, la violazione di legge che inquina il precedente provvedimento comporta la novità ed autonomia del successivo. Il che non accade nell'ipotesi di cui all'articolo 300 co. 5 c.p.p. . Anche la incontestata giurisprudenza che, in quest'ultima ipotesi, esclude la necessità dell'interrogatorio di garanzia, ulteriormente corroborerebbe la tesi del carattere ripristinatorio della precedente applicazione della misura . Sez. 5, Timperanza, esclude, quale conseguenza della tesi maggioritaria prescelta, eventuali disparità di trattamento tra l'imputato cui la misura sia applicata per la prima volta in grado di appello e quello che abbia già subito in precedenza una limitazione della libertà personale, osservando che quest'ultimo, a differenza del primo, è già stato titolare della facoltà di proporre richiesta di riesame dell'ordinanza genetica della misura, onde l'appellabilità del successivo provvedimento non è lesiva dei suoi diritti di difesa . 3.2. Quanto al contrapposto orientamento favorevole all'esperibilità dell'istanza di riesame per impugnare l'ordinanza emessa ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , non si rinvengono, nel panorama della giurisprudenza di legittimità, pronunce diverse da Sez. 6, numero 842 dell'08/03/1999, Sciascia, Rv. 213920 - 01, secondo la quale la misura caducata o, comunque, divenuta inefficace deve ritenersi come mai esistita e, dunque, tamquam non esset, con l'effetto che l'eventuale misura reiterativa, in quanto essa stessa ordinanza che dispone una misura coercitiva , dovrebbe essere assoggettata alla richiesta di riesame. Nella pronuncia richiamata, si afferma che la tesi contraria della proponibilità dell'appello cautelare nel caso di rinnovazione della misura a seguito della perdita di efficacia di quella originaria apparirebbe in contrasto con la lettera del primo comma dell'articolo 309, che parla di ordinanza che dispone una misura cautelare, con tale espressione determinando il possibile oggetto della richiesta di riesame, senza ulteriori specificazioni o limitazioni, e richiamando tutte indistintamente le ordinanze impositive, sia quelle emesse per la prima volta che quelle costituenti reiterazione di precedenti provvedimenti per qualsiasi ragione caducati. Secondo la sentenza Sciascia, una interpretazione più restrittiva, che escludesse dal riesame i provvedimenti meramente reiterativi, equivarrebbe alla creazione di una norma sostanzialmente nuova, contenente, pur in assenza di un esplicito dato testuale, una non consentita limitazione del suo ambito di applicabilità all'ordinanza che dispone per la prima volta una misura coercitiva. L'ordinanza di rimessione riconduce al medesimo filone ermeneutico alcune decisioni che, pur senza affrontare espressamente il tema dell'ammissibilità del mezzo, ma dando implicitamente per assodata la sussistenza di tale presupposto processuale, hanno definito procedimenti susseguenti all'adozione di provvedimenti ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , impugnati con richiesta di riesame così Sez. 1, numero 6176 del 26/11/2019, dep. 2020, Barbaro, non mass. Sez. 1, numero 35468 del 17/03/2016, Martino, non mass. Sez. 1, numero 7642 del 05/03/2003, dep. 2004, Pignatelli, Rv. 226846 - 01 Sez. 6, numero 3092 del 04/07/2000, Scarci, Rv. 217746 - 01 . 3.2.1. La citata ordinanza osserva, inoltre, che un maggiore sforzo di elaborazione a sostegno dell'orientamento minoritario è stato profuso da una parte della dottrina attraverso la formulazione di plurimi rilievi critici nei confronti della prospettazione prevalente. La tesi maggioritaria non terrebbe conto, in primo luogo, della collocazione sistematica dell'articolo 300 cod. proc. penumero , che si pone all'esordio di una serie di norme  articolo 301,302 e 303 cod. proc. penumero accomunate dal fatto di determinare la perenzione ex lege del provvedimento custodiale. In secondo luogo, svilirebbe la rubrica e il tenore letterale dell'articolo 300, comma 1, cod. proc. penumero , che, esprimendosi nel senso della estinzione , non possono che rimandare a situazioni che privano di efficacia in maniera definitiva la misura precedentemente emessa. Sempre nell'ottica della valorizzazione dell'argomento letterale, si assume che la locuzione ordinanza che dispone una misura coercitiva - senza aggiungere per la prima volta - con la quale l'articolo 309, comma 1, cod. proc. penumero  indica i provvedimenti suscettibili di riesame, consentirebbe di estendere al caso contemplato dall'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero  la proponibilità dell'istanza di riesame, in quanto già riconosciuta pacificamente dalla giurisprudenza di legittimità in ipotesi che presentano tratti di analogia con quella in argomento. Si ricorda, a titolo esemplificativo, che l'istanza di riesame è stata ammessa a avverso il provvedimento applicativo di una misura coercitiva dopo la revoca di quello precedente b contro l'ordinanza pronunciata a seguito della declaratoria di inefficacia di quella precedente per inosservanza dei termini di cui all'articolo 309, commi 5 e 10, cod. proc. penumero c nei confronti della nuova ordinanza emessa dal giudice competente ex articolo 27 cod. proc. penumero d nel caso del provvedimento reiterato dopo la caducazione di quello precedente annullato dalla Corte di cassazione e nel caso di misura adottata, ai sensi dell'articolo 302 cod. proc. penumero , a seguito di perdita di efficacia dell'ordinanza cautelare per omesso interrogatorio di garanzia ex articolo 294 cod. proc. penumero A sostegno dell'orientamento minoritario, si sostiene, inoltre, che, dopo l'intervento di una decisione vincolante sul merito, le condizioni di applicabilità del provvedimento limitativo della libertà personale non potrebbero considerarsi le medesime del titolo anteriore , atteso che proprio i gravi indizi di colpevolezza, ritenuti sussistenti nel corso del giudizio di primo grado, sono, successivamente, venuti meno a seguito della declaratoria di proscioglimento dibattimentale ovvero di una sentenza di non luogo a procedere per riemergere, invece, nel giudizio di appello o contestualmente alla sentenza di condanna per lo stesso fatto. Si sostiene, quindi, la sostanziale equiparabilità della situazione del condannato in appello, nei termini di cui all'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , a quelle previste dal legislatore nelle ipotesi di cui ai commi 1-bis e 2-ter dell'articolo 275 cod. proc. penumero , nel senso che il giudice, nell'applicare la misura cautelare, in tutti e tre i casi, dovrà rapportare la propria valutazione all'esito del procedimento, alle modalità del fatto e agli elementi sopravvenuti. Si osserva, a tale riguardo, che la disposizione di cui all'articolo 275, comma 1-bis, cod. proc. penumero , con la quale - unitamente al comma 2-ter - viene attribuito rilievo alla pronuncia di colpevolezza in secondo grado, assume un proprio significato nel raffronto con il precetto già esistente dell'articolo 300, comma 5, in quanto essa determina una omologazione dei criteri valutativi e delle regole alle quali il giudice deve attenersi all'atto della applicazione della misura per effetto di tale omologazione, viene precluso, tanto nell'uno, quanto nell'altro caso, il ricorso all'esigenza probatoria, pervenendosi alla emissione di un'ordinanza genetica suscettibile di riesame e non all'adozione di un provvedimento concernente la rinnovazione, la modificazione o l'estinzione della misura avverso il quale è proponibile appello ex articolo 310 cod. proc. penumero 4. Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio che l'imputato, il quale si trovi nella situazione processuale delineata dall'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , debba impugnare con l'istanza di riesame l'ordinanza con la quale sia stata disposta nei suoi confronti la custodia cautelare in carcere, emessa a seguito di condanna pronunciata al termine del giudizio di appello. 5. La rassegna giurisprudenziale di cui si è appena dato atto consente di formulare una prima considerazione di carattere generale. Sulla questione sottoposta al vaglio del Collegio è intervenuto un numero contenuto di pronunce, insufficienti a delineare un orientamento consolidato. Il primo indirizzo è tuttora fondato, essenzialmente, su due sole pronunce, risalenti nel tempo, le già menzionate sentenze Sez. 1, Leuzzo e Sez. 5, Nigro. Il secondo, viceversa, trova nutrimento, per lo più, da posizioni dottrinali e da un corredo di approdi giurisprudenziali dal carattere, però, implicito , trattandosi, cioè, di decisioni che, nel definire procedimenti susseguenti all'emissione di provvedimenti ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , impugnati con richiesta di riesame, hanno dato implicitamente per assodata la sussistenza di tale presupposto processuale, senza, tuttavia, occuparsi di rinvenire la giustificazione della sua attivazione cosi le già citate Sez. 1, numero 6176 del 26/11/2019, dep. 2020, Barbaro, non mass. Sez. 1, numero 35468 del 17/03/2016, Martino, non mass. Sez. 1, numero 7642 del 05/03/2003, dep. 2004, Pignatelli, Rv. 226846 - 01 Sez. 6, numero 3092 del 04/07/2000, Scarci, Rv. 217746 - 01 . È singolare, d'altro canto, rilevare, nell'analisi dei due orientamenti in commento, che l'uno e l'altro, nel giustificare le rispettive tesi, tendano a valorizzare, in parte, le medesime chiavi interpretative ad es., la attera legis, il profilo sistematico , seppure facendone scaturire conseguenze di segno opposto. La navigazione in un arcipelago frammentato di isole decisorie come quello che si è descritto, mai realmente sedimentato e sovente affidato a una deriva tralaticia, suggerisce, allora, alle Sezioni Unite di individuare una più solida e coerente chiave di lettura con cui interpretare, non solo ai fini che qui strettamente rilevano, i fenomeni estintivi delle misure coercitive originariamente applicate e quelli, eventualmente, successivi, concernenti l'emissione di una nuova misura coercitiva in relazione allo stesso fatto ascritto all'indagato/imputato. 6. Come noto, il Capo V Estinzione delle misure del Libro IV Misure cautelari del codice di rito disciplina tutti quei fenomeni in cui si concretizza il venir meno degli effetti delle misure cautelari personali, nonché le cause ostative al loro verificarsi rinnovazione e proroga . Mentre l'articolo 299 cod. proc. penumero  contempla la disciplina della revoca e della sostituzione delle misure, dipendenti, rispettivamente, dal venir meno dei presupposti di applicabilità delle stesse di cui agli articolo 273 e 274, ovvero, dalla attenuazione delle esigenze cautelari anche in funzione dell'adeguatezza e proporzionalità della cautela, negli articoli 300,301 e 302 cod. proc. penumero  sono disciplinati altri fenomeni estintivi che, pur nella loro diversità, si contrappongono unitariamente alla revoca, in quanto caratterizzati dall'automatismo delle conseguenze che si ricollegano al verificarsi di determinati eventi, salvo l'intervento di fattori ostativi, quali la rinnovazione e la proroga. Il primo di tali fenomeni è preso in considerazione nell'articolo 300 cod. proc. penumero , ove si sottolinea l'incondizionato diritto della persona sottoposta a misura cautelare ad ottenere un'immediata reintegrazione dello status Ubertatis, in coincidenza con sentenze di proscioglimento che ribaltino la precedente valutazione di probabile colpevolezza posta a base della misura, ovvero che, pur avendo contenuto di condanna, pongano il permanere della misura in contrasto con il principio di proporzionalità concessione della sospensione condizionale della pena, cause estintive della pena irrogata, pena di durata superiore a quella della custodia già sofferta v. commi 3 e 4 del citato articolo 300 . La normativa va letta, peraltro, tenendo conto anche del comma 2 del medesimo articolo 300 cod. proc. penumero , ove si precisa che la sentenza di proscioglimento per infermità mentale può comportare, in caso di applicazione della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario poi sostituita, in base alla legge 30 maggio 2014, numero 81, di conversione del D.L. 31 marzo 2014, numero 52, dalle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza , la conversione della custodia cautelare, eventualmente disposta in un momento anteriore, nella provvisoria applicazione di detta misura di sicurezza, ai sensi dell'articolo 312 cod. proc. penumero 7. L'ultimo comma dell'articolo 300, sottoposto all'odierno vaglio, prevede che l'imputato prosciolto e successivamente condannato per lo stesso fatto possa essere sottoposto a misure coercitive quando ricorrano le esigenze cautelari indicate nell'articolo 274, lettere b e c . Tale disposizione, che condiziona ad una successiva condanna il ripristino della misura coercitiva nei confronti dell'imputato, trova applicazione tutte le volte in cui la precedente pronuncia di proscioglimento a seguito di dibattimento oppure la sentenza di non luogo a procedere cui il primo comma della medesima norma ricollega l'effetto immediato della estinzione della misura cautelare siano state riformate a seguito di impugnazione e non anche nel caso in cui sia intervenuta la revoca, ai sensi dell'articolo 436, comma 1, cod. proc. penumero , della sentenza di non luogo a procedere ex articolo 425 cod. proc. penumero Come esattamente messo in luce da Sez. 6, numero 927 del 17/03/1999, Giglio, Rv. 214054 - 01, la norma in questione costituisce la precisa attuazione della direttiva numero 63 della legge-delega numero 81 del 1987, la quale - come precisato dalla Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale - ha innovato in tal senso la delega del 1974, che, invece, stabiliva l'assoluto divieto di sottoporre a misure coercitive l'imputato prosciolto sino al passaggio in giudicato della sentenza. La direttiva numero 63 recita previsione che, in caso di condanna dopo sentenza di assoluzione, il giudice possa disporre misure di coercizione quando sussistono inderogabili esigenze di tutela della collettività ovvero quando l'imputato si è dato alla fuga o vi è concreto pericolo di fuga e il reato risulta di particolare gravità . 7.1. Così ricostruita la ratio legis, si rivela infondato il preliminare argomento sviluppato dal primo degli orientamenti ermeneutici in contrasto, secondo il quale, se il legislatore avesse inteso recidere qualunque collegamento tra la prima e la seconda applicazione della misura, la disposizione di cui al quinto comma dell'articolo 300 sarebbe stata superflua, in quanto la possibilità di applicazione ex novo sarebbe stata regolata dalle disposizioni generali in tema di misure cautelari personali. La non superfluità della disposizione in esame discende, infatti, dalla necessità di dare coerente attuazione, da parte del legislatore delegato, ad una precisa direttiva proveniente dal legislatore delegante nei termini poc'anzi delineati. 7.2. D'altro canto, non appare risolutivo ricorrere, come sostenuto dall'orientamento minoritario, al criterio letterale al fine di escludere qualsivoglia collegamento tra l'ordinanza genetica e quella emessa dopo la condanna in appello ai sensi dell'articolo 300, comma 5. Secondo tale prospettazione, l'uso, nella norma in esame, del participio passato disposte , riferito alle misure coercitive da applicare, riecheggerebbe l'uso dell'indicativo presente dispone , contenuto nell'articolo 309, comma 1, cod. proc. penumero  relativo all'ordinanza - che, appunto, dispone una misura coercitiva - impugnabile con richiesta di riesame a sua volta, tale locuzione verbale coinciderebbe con quella contenuta nell'articolo 292, comma 2, cod. proc. penumero  a proposito del provvedimento genetico L'ordinanza che dispone una misura cautelare . Tuttavia, l'idea di contrapporre, sulla sola base del criterio semantico-letterale, i provvedimenti che dispongono suscettibili di riesame a quelli che ripristinano misure cautelari impugnabili con appello ex articolo 310 cod. proc. penumero , non trova adeguato riscontro nell'impianto codicistico. In primo luogo, occorre evidenziare che lo stesso verbo disporre non è usato in maniera uniforme, afferendo esso a una gamma variegata di situazioni procedimentali, tra le quali, senza pretesa di esaustività, vanno annoverate a l'applicazione sia di misure coercitive  articolo 281 - 286 e 292 cod. proc. penumero che di misure interdittive  articolo 288 - 290 e 308 cod. proc. penumero b la decorrenza degli effetti delle misure articolo 297 cod. proc. penumero c le modalità esecutive della misura, sia nel momento genetico che in quello relativo alla loro sostituzione articolo 299 cod. proc. penumero d le misure disposte, ai sensi dell'articolo 299, comma 4, cod. proc. penumero , in caso di aggravamento delle esigenze cautelari e i provvedimenti adottati in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte articolo 276 cod. proc. penumero f la misura emessa a seguito di estinzione della custodia per omesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare articolo 302 cod. proc. penumero g la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare articolo 304 cod. proc. penumero . In secondo luogo, a dispetto della locuzione verbale usata, a fronte di alcune delle vicende cautelari elencate, il rimedio impugnatorio esperibile è pacificamente individuato dalla giurisprudenza di legittimità in quello dell'appello e non del riesame. Si pensi ai casi di impugnazione proposta a avverso l'applicazione originaria di misure interdittive Sez. 5, numero 34961 del 15/07/2010, P.M. in proc. Di Genio e altri, Rv. 248880 - 01 Sez. 6, numero 37985 del 22/09/2004, Soc. Siemens, Rv. 228835 - 01 Sez. 6, numero 2411 del 23/05/1994, Margaritora, Rv. 199438 - 01 Sez. 5, numero 1373 del 30/06/1992, Scimone, Rv. 191560 - 01 Sez. 5, numero 491 del 31/05/1991, Di Stefano e altro, Rv. 187735 - 01 b avverso provvedimenti inerenti alle modalità esecutive delle misure vedi, quanto alla misura degli arresti domiciliari, Sez. U, numero 24 del 03/12/1996, dep. 1997, P.M. in proc. Lombardi, Rv. 206465 - 01, e, tra le più recenti delle Sezioni semplici, Sez. 5, numero 26601 del 21/02/2018, Guarino, Rv. 273227 - 01 c avverso provvedimenti adottati in tema di sospensione dei termini della custodia cautelare Sez. 1, numero 39974 del 14/05/2019, Kande, Rv. 276985 - 01 Sez. 5, numero 8438 del 23/01/2007, Manzi e altri, Rv. 236256 - 01 d avverso provvedimenti emessi in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte Sez. 2, numero 7925 del 03/02/2017, Giordano, Rv. 269577 - 01 Sez. 6, numero 8438 del 23/01/2007, Manzi e altri, Rv. 236256 - 01 e avverso ordinanze emesse a seguito di aggravamento delle esigenze cautelari Sez. 4, numero 42696 del 26/06/2007, Azfi, non mass, sul punto . 7.3. Nella ricerca di un criterio ermeneutico maggiormente persuasivo, l'orientamento maggioritario, come già accennato, per valutare la novità o meno della misura emessa ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , rispetto alla misura originariamente applicata e poi caducata, al fine di decidere, poi, sul mezzo di impugnazione del titolo cautelare ammissibile, ha ritenuto determinante individuare la causa di cessazione della misura stessa, ipotizzando due distinte situazioni nella prima, contraddistinta dalla cessazione di efficacia della misura per effetto di un automatismo scadenza dei termini massimi di custodia cautelare o sentenza di assoluzione , la successiva ordinanza cautelare, emessa a seguito del venir meno dell'impedimento oggettivo, farebbe riespandere l'efficacia originaria del titolo che, quindi, resterebbe collegato al precedente e sarebbe impugnabile con l'appello ex articolo 310 cod. proc. penumero nella seconda, caratterizzata da una valutazione che ha condotto alla cessazione del primo titolo sopravvenuto venir meno delle esigenze cautelari , l'ordinanza genetica verrebbe eliminata del tutto e, quindi, ogni successiva misura disposta dovrebbe considerarsi quale misura nuova e, dunque, suscettibile di riesame ex articolo 309 cod. proc. penumero Neppure questa soluzione può, peraltro, considerarsi appagante, come messo in luce, soprattutto, da condivisibili critiche provenienti dalla dottrina. Si è, infatti, correttamente evidenziato che, in determinati casi di perdita di efficacia dell'ordinanza originaria per effetto di un automatismo , la concorde giurisprudenza di legittimità è orientata a reputare esperibile il mezzo dell'istanza di riesame avverso il provvedimento coercitivo successivamente adottato. Si tratta, in particolare, dell'impugnazione a dell'ordinanza pronunciata dopo la declaratoria di inefficacia della precedente per inosservanza dei termini di cui all'articolo 309, commi 5 e 10, cod. proc. penumero   Sez. 3, numero 49997 del 06/11/2015, Pellegrino, Rv. 266663 - 01 Sez. 1, numero 3972 del 06/06/1996, Nicosia, Rv. 205682 - 01 Sez. 1, numero 2271 del 05/04/1996, Morra e altro, Rv. 204824 - 01 b dell'ordinanza cautelare emessa dopo l'estinzione di altra precedente, divenuta inefficace, ai sensi dell'articolo 302 cod. proc. penumero , per omesso interrogatorio dell'imputato nei cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia Sez. 1, numero 29687 del 09/07/2003, Saraceno, Rv. 225542 - 01 Sez. 1, numero 12398 del 14/12/2000, dep. 2001, Galatolo, Rv. 218298 - 01 c del provvedimento con il quale il giudice competente rinnova la misura cautelare disposta da giudice dichiaratosi incompetente Sez. 6, numero 3424 del 04/10/1995, Rilande, Rv. 203323 - 01 Sez. 6, numero 2016 del 23/05/1995, Roversi, Rv. 202843 - 01 Sez. 1, numero 1608 del 15/03/1995, Sancandi, Rv. 201127 - 01 . Nei casi appena elencati, in cui non vengono posti in discussione i presupposti della misura cautelare gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari , ma si determina l'inefficacia della misura originariamente applicata per fattori esterni al provvedimento essenzialmente legati al decorso vano di un termine perentorio , il provvedimento cautelare emesso successivamente alla caducazione del precedente viene considerato alla stregua di un autonomo e nuovo provvedimento, con il quale il giudice procedente è di nuovo chiamato a verificare la sussistenza dei presupposti previsti dagli articolo 273 e 274 cod. proc. penumero  Avverso tale provvedimento è attivabile il rimedio del riesame e non quello dell'appello. Inadeguato, quindi, si rivela il criterio che, per stabilire se ci si trovi o meno dinanzi a un provvedimento cautelare nuovo rispetto al precedente caducato, ha inteso fare riferimento alla causa di cessazione dell'efficacia, escludendo il carattere di novità di quello emesso in seguito alla perdita di efficacia del precedente ascrivibile ad automatismi processuali. 7.4. Ci si chiede, fra l'altro, se fra questi ultimi possa essere annoverata la sentenza di assoluzione, come tralaticiamente sostenuto dall'orientamento prevalente. Il Collegio ritiene che la risposta non possa che essere negativa. Il venir meno della misura originariamente applicata a seguito della sentenza di assoluzione, in primo grado, dell'imputato non può, invero, essere considerato il frutto di un automatismo processuale oggettivo, come nei casi sopra passati in rassegna, ma, piuttosto, il risultato di un ribaltamento integrale dell'originario quadro indiziario e cautelare, cui il giudice procedente è pervenuto, nell'esercizio della sua discrezionalità valutativa, in base al compendio probatorio acquisito, e che lo ha indotto, con la decisione assolutoria, a travolgere dalle fondamenta la misura coercitiva già applicata. 8. È proprio partendo dal significato della pronuncia di assoluzione in primo grado che all'interprete è consentito orientarsi verso un approdo esegetico che lo autorizza ad attribuire carattere di novità e autonomia al provvedimento cautelare emesso successivamente alla condanna, in appello, per lo stesso fatto, ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero Ed invero, rispetto alla prima misura coercitiva applicata, la sentenza di assoluzione, che ne fa venir meno l'efficacia, innegabilmente costituisce una forte cesura, come, del resto, si evince dalle ragioni che hanno portato all'introduzione della norma in commento, siccome richiamate dalla già citata Sez. 6, numero 927 del 1999, Giglio. 8.1. Se questo è vero, è altrettanto indubbio che la nuova misura susseguente a sentenza di condanna in appello viene emessa dopo un nuovo giudizio di cognizione in appello suscettibile di essere arricchito da nuove prove, sicché difficilmente può dubitarsi della sua autonomia rispetto al primo provvedimento caducato in conseguenza dell'assoluzione. Va osservato, al riguardo, che, anche a prescindere dall'acquisizione di nuovi elementi istruttori, le valutazioni effettuate in appello, seppur basate sullo stesso fatto , possono contenere nuovi apprezzamenti in merito al riconoscimento di circostanze in un primo momento escluse dalla ordinanza genetica o diversi apprezzamenti in tema di ricostruzione del fatto, intensità del dolo, personalità dell'imputato, idonei come tali a modificare sensibilmente il quadro cautelare. In questo caso, quindi, appare quantomeno problematico parlare di reviviscenza di un'ordinanza che ha perso efficacia e che viene sostituita da un provvedimento il quale, nei limiti descritti, certamente ha un contenuto di novità. In argomento, può richiamarsi Sez. 1, numero 13407 del 08/01/2021, Iadonisi, Rv. 281055 - 01, che ha affermato come la stessa pronuncia di una sentenza di condanna costituisce, di per sé, un fatto nuovo che legittima l'emissione di una misura coercitiva personale, basata su nuove e diverse esigenze cautelari, non ostando a tal fine la formazione di un giudicato cautelare precedente. 8.2. Si è, inoltre, sottolineata, perspicuamente, in dottrina, nel raffronto tra l'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero  e le disposizioni di cui all'articolo 275, commi 1-bis e 2-ter, cod. proc. penumero , l'omologia dei criteri valutativi e delle regole alle quali il giudice deve attenersi nell'applicazione della misura conseguente alla condanna inflitta. Va, poi, brevemente, rammentato che l'articolo 275 cod. proc. penumero , modificato da ultimo dall'articolo 16, D.L. 24 novembre 2000, numero 341, come modificato dalla I. 19 gennaio 2001, numero 4 e, successivamente, dalla I. 26 marzo 2011, numero 128, articolo 14, comprende, per effetto dei citati interventi legislativi, il comma 1-bis e il comma 2-ter. Il primo comma impone al giudice, contestualmente alla pronuncia di una sentenza di condanna, un particolare esame delle esigenze cautelari ex articolo 274 cod. proc. penumero , lett. b e c , da apprezzare alla luce dell'esito del procedimento, della sanzione applicata, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, al fine di stabilire se, a seguito della decisione di condanna, si renda necessaria l'adozione di una misura cautelare personale. Il secondo comma regola, invece, l'applicazione di misure cautelari personali nei casi di condanna in appello per uno dei reati indicati dall'articolo 380, comma 1, cod. proc. penumero , commessi da un soggetto recidivo, stabilendo l'obbligatorietà dell'adozione della misura cautelare in presenza delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274 cod. proc. penumero  esaminate secondo i parametri fissati dal comma 1-bis della medesima disposizione. La Corte di legittimità ha posto in evidenza la diversa portata delle due disposizioni la prima, come è reso palese anche dal chiaro e univoco tenore letterale, impone al giudice che pronunci una sentenza di condanna una valutazione discrezionale, in base a parametri predefiniti, della sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274, lett. b e c , cod. proc. penumero la seconda stabilisce l'obbligo per il giudice di appello, quando l'anzidetta valutazione si risolva nell'accertamento della sussistenza delle esigenze cautelari, di adottare la misura nei casi in precedenza indicati di condanna per uno dei reati elencati nell'articolo 380, comma 1, cod. proc. penumero , commessi da soggetto recidivo Sez. 1, numero 4746 del 13/01/2011, Lecini, Rv. 249793 - 01 Sez. 1, numero 43814 del 08/10/2008, Sutera, Rv. 241558 - 01 Sez. 1, numero 30298 del 24/04/2003, Privitera, Rv. 226250 - 01 Sez. 4, numero 28094 del 12/06/2002, Del Vecchio e altro, Rv. 222130 - 01 . Nelle citate pronunce si è precisato che l'interpretazione logico sistematica dell'articolo 275, commi 1 -bis e 2-ter, cod. proc. penumero  rende chiaro che, al di fuori delle ipotesi articolo 275, comma 2-ter, cod. proc. penumero in cui l'adozione della misura è obbligatoria, rimane comunque salva la facoltà del giudice d'appello di valutare discrezionalmente la necessità o meno della misura, non diversamente da quanto può fare il giudice di primo grado. Una differente lettura delle due disposizioni, si è osservato, porterebbe a risultati paradossali, attribuendo al giudice di primo grado un potere più ampio e incisivo rispetto a quello d'appello, pur in presenza di un accertamento di merito più approfondito in conseguenza dell'intervenuto vaglio delle censure mosse alla decisione del primo giudice. Si è, quindi, affermato che l'articolo 275, comma 1-bis, cod. proc. penumero , che impone al giudice di osservare determinati criteri ai fini della valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari contestualmente a una sentenza di condanna, lungi dal limitare l'applicabilità delle misure cautelari al momento stesso della pronuncia della sentenza di condanna, impone solo una particolare regola di giudizio in ordine all'esame delle esigenze cautelari qualora l'imputato sia stato condannato. Pur se la previsione può apparire scontata - essendo ovvio che dopo una condanna il giudice investito di una domanda cautelare debba tener conto degli elementi che a tale pronuncia si accompagnano - appare chiaro che la sua ratio è quella di ampliare i margini di applicabilità delle misure cautelari in termini di apprezzamento della sussistenza di esigenze cautelari e dei criteri di scelta tra esse e, nello stesso tempo, di imporre al giudice, in presenza di una richiesta del pubblico ministero, di non ritardare a un tempo successivo alla pronuncia di condanna la decisione circa l'applicazione della misura Sez. 6, numero 20304 del 30/03/2017, Sinesi, Rv. 269956 - 01 Sez. 6, numero 18074 del 15/03/2012, Ancora, Rv. 252635 - 01 Sez. 2, numero 36239 del 08/07/2011, Bunjaku, Rv. 251157 - 01 Sez. 6, numero 14223 del 19/01/2005, Strisciuglio, Rv. 231377 - 01 . Ciò detto, sembra difficilmente contestabile che le tre disposizioni poste a raffronto articolo 300, comma 5, e articolo  275, commi 1-bis e 2-ter, cod. proc. penumero presentino tratti di analogia, se non di vera e propria omologia quanto al compito demandato al giudice che applica una misura cautelare personale contestualmente o successivamente a una sentenza di condanna. Ed invero, nei casi indicati, si impone al giudice di rivalutare le esigenze cautelari di cui all'articolo 274, lett. b e c , cod. proc. penumero attraverso un accertamento compiuto alla luce dei fatti emersi nel processo, anche di secondo grado si tratta di un accertamento che contiene, evidentemente, una componente di novità , in quanto viene effettuato su basi diverse rispetto a quelle oggetto di verifica operata in sede di emissione della ordinanza genetica, tenuto conto che è trascorso del tempo e, intanto, è intervenuta la sentenza di condanna di secondo grado a riprova di ciò, si ricorda che in questa fase il giudice potrà applicare una misura più o meno grave rispetto a quella precedentemente eseguita che ha perso efficacia, a dimostrazione della autonomia e novità del suo giudizio. E se è vero che tale valutazione non si estende al pericolo di inquinamento probatorio, questo avviene non perché si è realizzata una reviviscenza degli effetti e della valutazione dell'ordinanza genetica, ma perché in questa fase le prove a sostegno dell'accusa sono, ormai, cristallizzate. Del resto, la giurisprudenza di legittimità ha già affermato, in più occasioni, il principio per cui, in caso di applicazione della misura a seguito di sentenza di condanna, ai sensi dell'articolo 275, comma 1-bis, cod. proc. penumero , si è in presenza di una nuova misura, anche laddove il titolo originario sia stato caducato per motivi inerenti alla dichiarata insussistenza, in sede di riesame, delle esigenze cautelari, sicché avverso di essa è esperibile l'istanza di riesame ex articolo 309 cod. proc. penumero   Sez. 1, numero 45140 del 20/06/2014, De Biase, Rv. 261132 Sez. 1, numero 43814 del 08/10/2008, Sutera, Rv. 241559 - 01, cit. . Non sarebbe, quindi, ragionevole, in presenza di analogia o di omologia di situazioni processuali, distinguere gli strumenti di tutela a disposizione dell'imputato, individuando l'opzione dell'appello ex articolo 310 cod. proc. penumero  per il solo caso contemplato dall'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero 8.3. Altrettanto irragionevole, sul piano della tutela dell'imputato e della effettività del suo diritto di difesa, sarebbe distinguere la posizione dell'imputato condannato in appello che venga attinto da susseguente provvedimento coercitivo, senza essere mai stato raggiunto da precedente titolo cautelare o dopo essere stato destinatario di titolo cautelare poi annullato o revocato nel corrispondente subprocedimento cautelare, e l'imputato condannato in sede di appello che venga attinto da susseguente provvedimento coercitivo, dopo essere stato prosciolto in primo grado la proposizione del riesame per il primo ambito e dell'appello per il secondo non rinverrebbe idonea giustificazione - secondo la convincente obiezione sollevata dalla dottrina - nella differenza di situazioni di fatto, a fronte della omologia della valutazione dei presupposti di emissione di un'ulteriore misura nei confronti di ognuno dei destinatari della stessa. 9. Tirando le fila del ragionamento, il Collegio ritiene che l'ordinanza emessa ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , non possa considerarsi quale semplice reviviscenza dell'ordinanza genetica, poi caducata, a fronte di un quadro cautelare certamente inciso dal trascorrere del tempo e dall'intervento della sentenza di condanna in appello, che ha ribaltato la decisione di proscioglimento adottata in primo grado il provvedimento de quo, viceversa, presenta indubbi aspetti di novità ed autonomia in confronto a quello precedente, sì da giustificare, per la sua impugnazione, l'attivazione del procedimento di riesame. Alla luce di quanto prima esposto, concorrono a sostenere tale approdo a il carattere di forte cesura impresso alla primigenia vicenda cautelare dalla sentenza di assoluzione emessa in primo grado, in coerenza con la già ricordata ratio giustificatrice della introduzione della norma in commento b la componente di novità intrinseca nel giudizio di appello e nella condanna che ribalti la pronuncia assolutoria, essendo rimesso al giudice di secondo grado, anche in assenza di rinnovazione istruttoria dibattimentale, il compito di rivalutare le esigenze cautelari mediante un accertamento compiuto alla stregua dei fatti emersi nel processo, anche sopravvenuti, e necessariamente effettuato su basi diverse rispetto a quelle oggetto di verifica operata in sede di emissione della ordinanza genetica, poi venuta meno c l'omologia dei criteri valutativi e delle regole che il giudice emittente l'ordinanza di cui all'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero  è tenuto ad applicare rispetto ai criteri e alle regole imposti al giudice emittente la misura cautelare nei casi previsti dall'articolo 275, commi 1 -bis e 2-ter, cod. proc. penumero , con riferimento ai quali la giurisprudenza di legittimità ha affermato la praticabilità del ricorso con istanza di riesame ex articolo 309 cod. proc. penumero d l'esigenza di evitare irragionevoli discriminazioni, nell'opzione dello strumento di tutela, tra medesime situazioni di fatto. 10. Può, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto Nel caso in cui l'imputato, nei confronti del quale sia stata emessa ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, divenuta inefficace per il proscioglimento pronunciato all'esito del giudizio di primo grado, venga successivamente sottoposto, ai sensi dell'articolo 300, comma 5, cod. proc. penumero , a nuova applicazione della custodia in carcere, il rimedio che egli può esperire per impugnare la relativa ordinanza è quello dell'istanza di riesame ex articolo 309 cod. proc. penumero . 11. Tale principio si pone in una linea di coerenza sistematica con il carattere pacificamente residuale dell'appello ex articolo 310 cod. proc. penumero  e con il corrispondente favor espresso dal legislatore per lo strumento del riesame, nell'ottica di una più ampia mezzo pienamente devolutivo, non condizionato dalla necessità di formulare specifici motivi e celere decisione del Tribunale in tempi serrati tutela del diritto effettivo di difesa. Esso, inoltre, si rivela del tutto adeguato anche in un'ottica di esegesi orientata costituzionalmente  articolo 3,13,24 e 111 Cost. e convenzionalmente. A quest'ultimo riguardo, è utile ricordare il disposto dell'articolo 5, par. 4, CEDU, secondo il quale Ogni persona privata della libertà ha diritto di presentare ricorso a un Tribunale affinché decida entro un breve termine sulla legittimità della sua detenzione . Non è, pertanto, arbitrario affermare che l'enunciato principio, trascendendo il caso di specie, possa fornire all'interprete le chiavi di lettura utili a riconoscere i casi in cui sia consentito parlare di nuova misura cautelare, suscettibile di essere impugnata con l'istanza di riesame. 12. Il Collegio ritiene, in conclusione, che possa parlarsi di nuova misura, impugnabile con istanza di riesame, tutte le volte che la misura originariamente applicata venga caducata, per qualsivoglia ragione, e ne venga emessa una successiva, autonoma dalla prima, ossia non condizionata dalla precedente vicenda cautelare. 12.1. A fronte di tale regola, di carattere tendenzialmente generale, deve tenersi conto delle eccezioni che lo stesso legislatore indica e, segnatamente a nel caso di proroga dei termini di custodia cautelare, previsto dall'articolo 305 cod. proc. penumero , che, al comma 2, contempla l'appellabilità dell'ordinanza di proroga a norma dell'articolo 310 cod. proc. penumero b nel caso di rinnovazione di misura cautelare disposta per esigenze probatorie, ai sensi dell'articolo 301, comma 1, cod. proc. penumero per quanto manchi un esplicito riferimento al mezzo di impugnazione esperibile avverso il provvedimento di rinnovazione, la giurisprudenza di legittimità lo ha individuato nell'appello cautelare Sez. 1, numero 31244 del 07/07/2009, Pastorelli, Rv. 244320 - 01 , tenuto conto, da un lato, che la rinnovazione è, secondo il significato proprio del termine usato dal legislatore, una mera reiterazione della misura, e quindi presuppone la persistenza dell'unica esigenza che ne costituiva l'originario fondamento e considerato, dall'altro, il richiamo, operato dal comma 2 della disposizione in esame, ai limiti previsti dall'articolo 305 cod. proc. penumero , costituendo entrambi gli istituti quello di rinnovazione della misura e quello di proroga dei termini di custodia , l'uno indipendentemente dall'altro, titolo idoneo a protrarre, entro i detti limiti, la custodia, anche in deroga al termine ordinario Sez. 1, numero 35687 del 10/02/2003, Tramonte, Rv. 226109 - 01 c nei casi previsti dall'articolo 307, comma 2, lett. a e b , cod. proc. penumero , atteso che l'uso del termine ripristina da parte del legislatore, riferito alla custodia cautelare, consente di ritenere ravvisabile uno stretto collegamento con la misura originariamente applicata in tal senso, v. Sez. 6, numero 27459 del 23/02/2017, Di Marco, Rv. 27049 - 01 Sez. 4, numero 5740 del 05/12/2007, dep. 2008, Haxhija, Rv. 239030 - 01 Sez. 5, numero 1025 del 04/03/1997, Papa, Rv. 207904 - 01 Sez. 5, numero 2903 del 05/12/1995, Toth, Rv. 203399 - 01 d nel caso previsto dall'articolo 307, comma 4, cod. proc. penumero , poiché anch'esso afferente, come nell'ipotesi contemplata dal comma 2, lett. a , dello stesso articolo, a un episodio di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare disposta a norma del comma 1 ovvero alla fattispecie prevista dal comma 2, lett. b , quando l'imputato stia per darsi alla fuga. Proprio perché si innestano, quali eventi modificativi, sulla stessa misura cautelare inizialmente applicata, devono reputarsi, infine, pacificamente appellabili ex articolo 310 cod. proc. penumero  i provvedimenti di aggravamento delle misure previsti dagli articolo 276 cod. proc. penumero   Sez. 2, numero 7925 del 03/02/2017, Giordano, Rv. 269577 - 01 , 299, comma 4, e 275, comma 1 -bis, cod. proc. penumero Sez. 6, numero 34691 del 07/07/2016, Cacciola, Rv. 267796 - 01 Sez. 1, numero 45653 del 05/06/2015, Pipiciello, Rv. 265486 - 01 . 12.2. Una nuova misura, viceversa, deve ritenersi quella emessa ai sensi dell'articolo 307, comma 1, cod. proc. penumero , perciò soggetta al procedimento di riesame ex articolo 309 cod. proc. penumero La prevalente giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in tema di applicazione di altre misure cautelari nei confronti dell'indagato posto in libertà per decorrenza dei termini, l'inciso contenuto nel primo comma dell'articolo 307 cod. proc. penumero , come novellato dall'articolo 2, comma 5, del D.L. 24 novembre 2000 numero 341, convertito dalla legge 9 gennaio 2001 numero 4, che consente l'adozione di misure sostitutive solo se sussistano le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare , va interpretato nel senso che occorre una verifica in positivo della persistenza delle condizioni di applicabilità della misura. Tale verifica non può consistere, pertanto, nel semplice richiamo dell'accertamento originario, ma deve dar conto delle ragioni per le quali si ritiene che sussistano nuove e comprovate esigenze cautelari, diverse da quelle originarie, sopravvenute alla scarcerazione Sez. 2, numero 15598 del 22/03/2013, Sinesi, Rv. 255787 - 01 Sez. 1, numero 3035 del 10/01/2005, Cela, Rv. 230907 - 01 Sez. 6, numero 15736 del 06/03/2003, Maranzano, Rv. 225441 - 01 . Anche a voler ritenere, con Sez. 6, numero 26458 del 12/03/2014, Riva e altro, Rv. 259975 - 01, che l'inciso suddetto vada interpretato nel senso di ricomprendere sia la permanenza di tutte, alcune, o una sola delle esigenze originarie, sia la sopravvenienza di nuove esigenze, non vi è dubbio che la valutazione demandata in tal caso al giudice, debba essere improntata, necessariamente, all'attualità, e perciò generatrice di un provvedimento nuovo , privo, cioè, di collegamento con la misura originariamente disposta e venuta meno per la scarcerazione dell'imputato per decorrenza dei termini di custodia. Per queste ragioni l'ordinanza emessa nella situazione descritta deve essere impugnata con l'istanza di riesame e non con l'appello cautelare, come, di contro, sostenuto da Sez. 6, numero 17152 del 23/03/2022, Isca, Rv. 283153 - 01, con una pronuncia rimasta, peraltro, isolata, se si fa eccezione per la risalente Sez. 5, numero 261 del 25/01/1996, Arena, Rv. 203957 - 01. 13. Tanto premesso e venendo alla vicenda in esame, deve, anzitutto, disattendersi la prospettazione contenuta nella requisitoria scritta della Procura generale, secondo la quale l'esperibilità dello strumento del riesame dipenderebbe, nell'occasione, dalla diversità del fatto per il quale l'odierno ricorrente è stato condannato concorso anomalo ex articolo 116 cod. penumero  nei reati di omicidio e di tentato omicidio rispetto a quello contestatogli nella originaria fase cautelare concorso pieno ex articolo 110 cod. penumero  nei suddetti reati . In primo luogo, perché già in sede di riesame, per come esposto in premessa, il Tribunale di Napoli riconobbe, per tutti i coindagati, la ravvisabilità del concorso anomalo. In secondo luogo, perché siffatta tipologia di concorso costituisce forma di manifestazione del reato di omicidio punito dall'articolo 575 cod. penumero  e non immuta, perciò, il titolo di reato che sostiene la misura cautelare Sez. 1, numero 1452 del 05/10/2016, dep. 2017, Peruzzi, Rv. 268845 - 01 . 14. Non venendo in discussione, nella specie, l'identità del fatto, va fatta applicazione del principio di diritto prima enunciato, nel senso che la generica impugnazione proposta nell'interesse di Ca.Ni. avverso il provvedimento applicativo della custodia in carcere emesso nei suoi confronti dalla Corte di assise di appello di Napoli dopo la sentenza di condanna in secondo grado deve essere qualificata come istanza di riesame e non come appello cautelare, dal che consegue l'irrilevanza, ai fini dell'ammissibilità, della mancanza dei motivi contestuali Sez. U, numero 16 del 05/10/1994, Demitry, Rv. 199388 - 01 . Proprio perché si tratta di misura cautelare susseguente a una sentenza di condanna, non è necessario procedere all'interrogatorio di garanzia, come affermato da Sez. U, numero 18190 del 22/01/2009, La Mari, Rv. 243028 - 01, con decisione condivisa dal Collegio. In conclusione, l'ordinanza impugnata va annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli per il giudizio di riesame. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all'articolo 94, comma I-ter, disp. att. cod. proc. penumero P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli per il giudizio di riesame. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. penumero