In tema di successioni, la fattispecie della mancata redazione dell’inventario comporta l’effetto dell’accettazione pura e semplice dell’eredità e, quindi, ricade pienamente nella regola della inammissibilità dell’azione di riduzione verso i terzi non coeredi.
Questo il principio di diritto che si trae dalla pronuncia in esame. Il caso Il Tribunale aveva accolto l’azione di riduzione per lesione della quota di legittima promossa dai figli e dalla moglie del de cuius a seguito della scoperta che quest’ultimo, prima di morire, aveva disposto con testamento olografo di un immobile, di sua proprietà esclusiva, in favore della donna con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale, successivamente alla separazione di fatto dalla moglie. Nel giudizio così instauratosi, si era costituita la compagna del defunto eccependo preliminarmente l’inammissibilità della domanda di riduzione ex articolo 564 c.c., per non avere gli attori preventivamente accettato l’eredità con beneficio di inventario. Tale eccezione, però, veniva rigettata in quanto, a detta del Tribunale, gli attori non solo avevano documentato di aver accettato con beneficio d’inventario l’eredità in data anteriore all’instaurazione del giudizio, ma l’articolo 564 c.c. nulla prescriveva in ordine al fatto che l’accettazione beneficiata dovesse essere effettuata prima della dichiarazione di successione che, peraltro, rilevava solo sotto il profilo fiscale. Il Tribunale, inoltre, riteneva parimenti infondata e meritevole di rigetto, oltre che tardiva, in quanto sollevata solo in comparsa conclusionale, l’eccezione di improponibilità della domanda di riduzione per la mancata redazione dell’inventario nei termini di legge, sul presupposto che l’articolo 564 c.c., fa salva l’ipotesi dell’erede che abbia accettato col beneficio di inventario e che ne sia decaduto, non prevedendo in tal caso l’inammissibilità dell’azione di riduzione. La compagna del de cuius decideva, quindi, di impugnare la sentenza lamentando, in particolare, la violazione delle disposizioni di cui agli articolo 564 e 487 c.c. L’azione di riduzione verso terzi Al riguardo, l’art 564 c.c. prevede l’accettazione con beneficio di inventario quale condizione di ammissibilità dell’azione di riduzione rivolta nei confronti di terzi non coeredi. Trattasi, infatti, non di requisito costitutivo, ma di condizione di ammissibilità, tanto che il legittimario non può sanare la situazione con successiva accettazione beneficiata, essendo egli ormai erede puro e semplice, in quanto ha accettato l’eredità con il fatto stesso di aver proposto l’azione. Peraltro, come sottolineato dalla Corte di merito, il difetto dell’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, quale condizione di ammissibilità dell’azione di riduzione delle liberalità in favore di persone non chiamate alla successione come eredi, non è oggetto di un’eccezione in senso tecnico, sicché la mancanza di tale condizione, come per tutte le altre condizioni dell’azione, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice, anche in grado di appello. L’accettazione con beneficio di inventario Sul punto, la Corte di appello ricorda che la disposizione di cui all’articolo 484 c.c., laddove prevede che l’accettazione con beneficio d’inventario si faccia con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario, delinea una fattispecie a formazione progressiva di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti ivi previsti infatti, sia la prevista indifferenza della loro successione cronologica, sia la comune configurazione in termini di adempimenti necessari, che la mancanza di una distinta disciplina dei loro effetti, fanno apparire ingiustificata l’attribuzione all’uno dell’autonoma idoneità a dare luogo al beneficio, salvo il successivo suo venir meno, in caso di difetto dell’altro. Pertanto, se il legittimario, dopo aver dichiarato di accettare con il predetto beneficio, non compie l’inventario nei termini di legge, l’azione di riduzione, nei casi previsti dall’articolo 564 c.c., non può essere esercitata in quanto, in tal caso, non si verifica una decadenza dal beneficio, mancando la fattispecie da cui deriva l’applicazione di esso. L’omessa redazione dell’inventario, infatti, comporta il mancato acquisto del beneficio e non la decadenza dal medesimo, con la conseguenza che all’erede, il quale agisce contro i terzi non chiamati alla successione, è precluso l’esperimento dell’azione di riduzione, non sussistendo il presupposto al riguardo richiesto dall’articolo 564, primo comma, ultima parte, c.c., vale a dire l’accettazione con beneficio d’inventario. Ne consegue, dunque, che il Tribunale ha errato nel sostenere che il primo comma non si applicasse al caso di specie perché l’erede era decaduto dal beneficio di inventario per non averlo redatto nei termini.
Presidente Esposito Relatore Brocca Svolgimento del processo Con sentenza numero 1144 emessa il 14.07.2022, pubblicata il 20.07.2022, il Tribunale di Brindisi, in composizione collegiale, decidendo sulla domanda formulata da R.A., N.M. e N.F., con atto di citazione notificato nei confronti di S.P.G., così provvedeva “Condanna S.P.G. alla restituzione della somma di euro 26.532,14 in favore della massa ereditaria, per le causali di cui in premessa Dispone lo scioglimento della comunione ereditaria sulla ridetta somma di euro 26.532,14 secondo le regole della successione legittima, attribuendo a ciascuno dei tre coeredi la somma di 8.844,04 e condanna per l'effetto S.P.G. al pagamento in favore di N.F. e N.M. della somma di euro 13.266,07 per ciascuno di essi, oltre ad interessi legali dalla domanda al soddisfo Accoglie per quanto di ragione la domanda proposta da R.A., e per essa dai suoi eredi N.F. e N.M., in relazione alla reintegra della quota di legittima spettante alla stessa sull'eredità di N.G., deceduto il 16.09.2009 Per l'effetto, dichiara che la donazione disposta in favore di S.P.G. da N.G. con il testamento olografo del 24.07.2009 e pubblicato il 23.04.2010 dal notaio L.CH. in Grottaglie, lede la quota di legittima spettante a R.A. e per essa ai suoi eredi N.F. e N.M. nella misura di euro 30.350,91, alla stregua del valore del patrimonio ereditario stimato dal CTU ing. F.D'A. nella relazione peritale Per l'effetto, dispone la reintegra di detta quota di legittima, condannando S.P.G. al pagamento in favore di R.A., e per essa dei suoi eredi N.F. e N.M., della somma di euro 30.350,91 oltre interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno dal dì dell'apertura della successione alla pubblicazione della presente decisione, a decorrere dalla quale saranno dovuti i soli interessi legali sino al soddisfo Condanna la convenuta alla refusione delle spese di lite in favore dell'attore in misura di 2/3, dichiarandole compensate per il resto e con distrazione in favore dei difensori distrattari ex articolo 93 c.p.c., spese liquidate per l'intero in complessivi euro 13.411,83, di cui euro 411,83 per esborsi, oltre rimborso spese generali al 15%, iva e cpa come per legge Spese di CTU a carico degli attori in misura di 1/3 e della convenuta in misura di 2/3”. Con atto di citazione dell'8.03.2011, R.A., N.M. e N.F., rispettivamente moglie e figli di N.G., deceduto in Villa Castelli Br il omissis , convenivano innanzi al Tribunale di Brindisi S.P.G. per far accertare e dichiarare l'inefficacia nei loro confronti della disposizione contenuta nel testamento olografo redatto dal de cuius in data 24.07.2009, in quanto lesiva della quota di riserva loro spettante, con riconoscimento del diritto alla reintegra della stessa e con condanna di S.P.G. al risarcimento del danno in loro favore nella misura di € 30.110,47 in ragione degli illegittimi ed immotivati prelievi effettuati dal conto corrente del de cuius. Esponevano gli attori che il de cuius, successivamente alla separazione di fatto dalla moglie R.A., aveva intrattenuto una relazione sentimentale con S.P.G. convivendo con la stessa presso l'abitazione sita in Villa Castelli Br alla omissis , di proprietà esclusiva del de cuius. Era accaduto, poi, che N.G. si fosse ammalato di una grave malattia polmonare che lo aveva costretto nel suo ultimo anno di vita a diversi ricoveri nei mesi di agosto, settembre e dicembre 2009 e lo aveva portato alla morte in data 16.12.2009. Successivamente, essi eredi erano venuti a conoscenza del fatto che il de cuius aveva disposto con testamento olografo della abitazione di Via Kennedy in favore della S.P.G., con lesione della quota legittima ad essi spettante e senza nulla disporre in merito alla mobilia ivi presente, e che nel periodo del ricovero del N.G. da agosto a ottobre 2009, la convenuta aveva eseguito prelievi e spese con il bancomat dal conto del de cuius, tanto che avevano sporto nei suoi confronti denuncia querela per appropriazione indebita. Promuovevano, pertanto, azione di riduzione per lesione della quota legittima spettante a ciascuno di essi, chiedendo disporsi CTU al fine di calcolare la quota disponibile e quella legittima del patrimonio relitto dal de cuius, nonché la restituzione alla massa ereditaria delle somme acquisite senza titolo da S.P.G Si costituiva in giudizio S.P.G., con comparsa di costituzione e risposta depositata il 3.6.2011, eccependo preliminarmente l'inammissibilità della domanda di riduzione ex articolo 564 c.c. per non avere gli attori preventivamente accettato l'eredità di N.G. con beneficio di inventario e instando, nel merito, per il rigetto della domanda. In particolare, deduceva che gli attori avevano già colmato la quota di riserva, avendo ricevuto in donazione l'appartamento sito in Taranto alla Via Veneto numero 116, che, per dimensioni e caratteristiche nonché per posizione, era da considerarsi di notevole valore economico. Formulava altresì domanda riconvenzionale per l'importo complessivo di € 155.965,99 quale retribuzione maturata per l'attività di natura domestica e di assistenza domiciliare prestata in favore del de cuius, oltre interessi e rivalutazione. Veniva disposta la separazione della causa avente ad oggetto la domanda riconvenzionale per competenza del Giudice del Lavoro e, in attesa della sua definizione, sospesa la causa principale che, una volta intervenuta la decisione del Tribunale di Brindisi – Sezione Lavoro di rigetto della domanda di S.P.G., veniva riassunta da N.M. e N.F., in proprio e anche quali eredi di R.A. nelle more deceduta, ed istruita con prove orali, interrogatorio formale di S.P.G. e con una CTU tecnica e una CTU contabile. Precisate le conclusioni, previa concessione dei termini di cui all'articolo 190 c.p.c., la causa veniva decisa con la sentenza in epigrafe. Il primo giudice preliminarmente rigettava, ritenendola infondata, l'eccezione di inammissibilità dell'azione ex articolo 564 c.c. per aver gli attori documentato di aver accettato con beneficio di inventario l'eredità di N.G. in data antecedente all'instaurazione del giudizio. Osservava, in particolare, che, comunque, l'articolo 564 c.c. nulla prescriveva in ordine al fatto che l'accettazione beneficiata dovesse essere effettuata prima della dichiarazione di successione che, peraltro, rilevava solo sotto il profilo fiscale. Riteneva parimenti infondata e meritevole di rigetto, oltre che tardiva in quanto sollevata solo in comparsa conclusionale, l'eccezione di improponibilità della domanda di riduzione per la mancata redazione dell'inventario nei termini di legge, sul presupposto che l'articolo 564 c.c. fa salva l'ipotesi dell'erede che abbia accettato col beneficio di inventario e che ne sia decaduto, non prevedendo in tal caso l'inammissibilità dell'azione di riduzione. Quanto al merito della domanda attorea, la riteneva fondata e meritevole di accoglimento. Osservava che il de cuius, avendo donato in favore della S.P.G., con testamento olografo del 24.7.2009, l'immobile sito in Villa Castelli e ai figli, con atto del 31.10.2006, la nuda proprietà dell'immobile sito in Taranto – riservando per sé l'usufrutto aveva di fatto così esaurito tutto il suo patrimonio e totalmente pretermesso la moglie R.A., attrice deceduta in corso di causa e di cui gli attori erano gli unici eredi. Quanto alla donazione in favore dei figli, riteneva che la stessa dovesse qualificarsi come ordinaria donazione in conto di legittima – attesa la contraddizione testuale relativa alla clausola di dispensa da imputazione ex se in essa contenuta e la non chiara ed inequivoca volontà del donante di dispensare i donatari dall'imputazione – e che, dunque, gli attori N.F. e N.M. dovessero imputare alla propria quota di riserva la donazione ricevuta in vita dal de cuius. Richiamando le risultanze della CTU dell'ing. D'A. in quanto condivise, per cui l'asse ereditario di N.G. era pari ad un valore di € 204.000,00, reputava che, detratte le spese funerarie per € 3.000,00, dovessero aggiungersi € 26.532,14, appartenenti al de cuius e di cui la S.P.G. aveva disposto ingiustificatamente. Riteneva, infatti, il Tribunale, con riferimento alla domanda attorea di risarcimento del danno ex articolo 2043 per gli illegittimi prelievi effettuati dal conto corrente del de cuius, da qualificarsi in realtà quale azione di rendiconto, che, per quanto accertato dal CTU dott. MA., della somma oggetto di prelevamento pari ad € 30.110,47, appariva giustificata alla luce della documentazione depositata dalla convenuta, solo la spesa di € 3.000,00 per spese funerarie e di € 578,33 per il pagamento di bollette, non avendo per la restante parte la N.G. dato prova rigorosa che gli importi fossero stati usati nell'interesse del de cuius. In particolare, sotto tale profilo risultava ingiustificato il prelevamento della somma di € 9.137,00 mediante assegno circolare emesso in favore di Compass s.p.a. e le dichiarazioni rese al riguardo della teste C.B. apparivano scarsamente credibili e inverosimili, oltre che non suffragate da ulteriori elementi di prova. Riteneva, pertanto, che la S.P.G. fosse tenuta alla restituzione della somma di € 26.532,14 che doveva essere devoluta secondo le regole della successione legittima e divisa in parti uguali tra gli attori, con conseguente condanna della convenuta al pagamento in favore di N.F. e N.M. della somma di € 13.266,07 ciascuno in virtù della ripartizione in parti uguali fra gli stessi anche della quota della loro madre R.A., deceduta nelle more. Ricostruito l'asse ereditario per un valore pari ad € 227.532,14 valore stimato dal CTU in € 204.000,00, sottratti € 3.000,00 per spese funerarie e aggiunti € 26.532,14 da restituirsi da parte della S.P.G. all'asse ereditario e stimato il valore della quota disponibile pari a ¾ del totale in 170.649,10 , la quota di riserva per ciascuno degli attori risultava pari ad € 56.883,03. Stante il valore dell'immobile ricevuto in vita da N.F. e N.M. stimato in € 117.000,00 58.500,00 per ciascuno , reputava che nessuna lesione della loro quota di riserva potesse ravvisarvi, anzi per effetto della restituzione delle somme ad opera della S.P.G., essi venivano a ricevere una quota in eccedenza 58.500,00+8.844,04 quale quota parte di € 26.532,14 . Riteneva, invece, che la quota di legittima spettante a R.A., erede pretermessa, era stata lesa in conseguenza della donazione disposta dal de cuius in favore di S.P.G., e ne disponeva, pertanto, la riduzione con reintegra in favore della R.A. nella misura di € 48.038,99 sottraendo dalla quota di riserva € 56.883,03 l'importo di € 8.844,04 pari ad 1/3 di € 26.532,14 e, per effetto della riduzione delle quote legali ab intestato di N.F. e N.M. pari ad € 17.688,08 8.844,04 ciascuno , nella misura di 30.350,91, con condanna della convenuta al pagamento di detto importo in favore degli eredi F. e M., oltre interessi e rivalutazione e alle spese del giudizio in misura di 2/3, compensate per il resto tra le parti. Avverso la suddetta sentenza ha proposto appello S.P.G. con citazione notificato il 19.10.2022, articolando diversi motivi di gravame, più avanti sintetizzati, ed insistendo nelle originarie deduzioni e richieste, previa richiesta di sospensione dell'esecutività della impugnata sentenza. Si sono costituiti in giudizio, con comparsa depositata in data 29.12.2022, N.M. e N.F., chiedendo il rigetto dell'appello in quanto infondato e la conferma della sentenza di primo grado, con vittoria di spese della presente fase di giudizio. All'udienza del 18.06.2024, precisate dalle parti le conclusioni, la causa è stata trattenuta per la decisione con concessione dei termini di cui all'articolo 190 cpc. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di appello parte appellante si duole dell'ingiustizia e illegittimità della sentenza nella parte in cui rigetta l'eccezione di inammissibilità ed improponibilità dell'azione di riduzione per mancato compimento dell'inventario, per violazione degli articolo 564 e 487 c.c. ed erronea valutazione delle risultanze processuali. Avrebbe errato il primo giudice, in primo luogo nel ritenere improponibile la detta eccezione poiché tardivamente sollevata dalla convenuta, odierna appellante, solo in sede di comparsa conclusionale, laddove, invece, sin dalla comparsa di costituzione e risposta del 3.06.2011, S.P.G. aveva eccepito che gli attori legittimari, pur essendosi dichiarati eredi e rivendicando l'eredità anche dei beni mobili dell'ultimo domicilio del de cuius, non avevano accettato l'eredità con beneficio di inventario, e, a seguito dell'allegazione di parte attrice della accettazione avvenuta in data 27.12. 2020, non allegata all'atto di citazione, e senza redazione dell'inventario, per come dedotto dagli stessi, alle udienze istruttorie del 3.06.2019 e del 3.10.2019, insisteva per l'inammissibilità della domanda di riduzione ai sensi dell'articolo 564 per intervenuta decadenza dal beneficio d'inventario non avendo compiuto l'inventario nel termine prescritto dall'articolo 487 c.c. Parimenti erroneo sarebbe, a dire dell'appellante, il successivo passaggio della sentenza in cui ritiene comunque l'eccezione infondata nel merito sul presupposto che l'articolo 564 c.c., facendo salva l'ipotesi dell'erede che abbia accettato col beneficio d'inventario e che ne sia decaduto, non prevede in siffatta ipotesi l'inammissibilità dell'azione di riduzione. Evidenzia l'appellante che perché possa dirsi perfezionata la fattispecie di cui all'articolo 564 c.c., trattandosi di fattispecie a formazione progressiva, è necessario il compimento di entrambi i momenti che la costituiscono, quello dichiarativo di formalizzazione dell'accettazione e quello fattivo di concreta esecuzione dell'inventario entro tre mesi dall'apertura della successione , entrambi secondo le modalità di legge. Pertanto, si deduce, avendo gli attori meramente accettato l'eredità con beneficio di inventario ma senza provvedere alla redazione dello stesso, tale omessa redazione avrebbe comportato il mancato acquisto del beneficio e non la decadenza dal medesimo, con la conseguenza dell'inammissibilità della domanda di riduzione per carenza del presupposto al riguardo richiesto dall'articolo 564, comma 1, c.c., cioè l'accettazione con beneficio d'inventario. Parimenti erronea sarebbe la sentenza nella successiva parte in cui fonda ancora l'infondatezza dell'eccezione della convenuta sulla circostanza che R.A. non aveva ricevuto alcunché rimanendo totalmente pretermessa dalla successione del marito, avendo questi esaurito tutti i suoi beni con la donazione a S.P.G. dell'immobile di Villa Castelli e ai figli dell'immobile in nuda proprietà sito in Taranto. Deduce l'appellante che, in realtà, nella fattispecie si verterebbe in un'ipotesi di successione ab intestato apertasi con la morte del N.G. e con la quale N.M., N.F. e R.A. hanno assunto la qualità di legittimari sull'universalità dei beni mobili ed immobili relitti in successione, come confermato anche dalla circostanza che gli attori hanno rivendicato con la citazione introduttiva del giudizio i beni mobili del de cuius presenti nell'immobile donato alla S.P.G. La disposizione testamentaria olografa del 24.07.2009 avrebbe disposto un mero legato in favore della S.P.G., avente ad oggetto l'immobile sito in Villa Castelli, senza che il testatore abbia inteso assegnare quel bene come quota del patrimonio complessivo. Con la conseguenza che la R.A. non era stata totalmente pretermessa dall'eredità del N.G. in quanto ad egli era succeduta per successione legittima sugli altri beni mobili relitti la mobilia dell'appartamento donato alla S.P.G., oggetto di valutazione da parte del CTU . Conclude l'appellante chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, una pronuncia di declaratoria di inammissibilità della azione di riduzione spiegata dagli eredi N.G. 2. Con il secondo motivo di appello parte appellante reputa ingiusta ed illegittima la sentenza di primo grado per erronea valutazione delle risultanze processuali, violazione di legge in relazione all'articolo 132 c.p.c. e per apparente e/o carente motivazione in relazione alle risultanze della CTU. Deduce l'appellante che il primo giudice avrebbe acriticamente letto e fatto proprie le risultanze della CTU dell'Ing. D'A. relative alla stima del valore dell'immobile sito in Taranto alla Via Veneto numero 116 ed oggetto di donazione del N.G. in favore dei figli in contrasto con le risultanze istruttorie emerse in sede di controdeduzioni alla CTU, omettendo la valutazione delle deduzioni tecniche offerte dalla convenuta. In particolare, le valutazioni compiute dal CTU sarebbero incomplete e del tutto inattendibili in quanto rese in assenza del rituale sopralluogo e solo sulla base di fotografie prodotte dagli attori che nelle more avevano alienato l'immobile, senza aver acquisito il prezzo di vendita applicato dagli stessi in sede di vendita e senza considerare il valore di mercato del bene al momento della successione 2009 . Sul punto, la sentenza di primo grado sarebbe priva di valida motivazione. Non sarebbe stato valutato, in tal modo, il valore dell'immobile in relazione alla posizione semicentrale e signorile della città che comporterebbe, a dire dell'appellante, un valore di mercato a mq compreso tra € 1.300,00 e € 1.700,00 e non già di € 875,00 euro al mq come stimato dal CTU, con la conseguenza che la stima effettuata dal CTU per un valore dell'immobile pari ad € 117.000,00 non sarebbe attendibile, aggirandosi invece il reale valore al momento dell'apertura della successione intorno ai 210.000,00 euro. Chiede, pertanto, la rinnovazione nella presente fase di giudizio della CTU per rideterminare il valore della donazione del de cuius in favore dei figli M. e F. N.G., ai fini della riunione fittizia dei beni e della imputazione in conto di legittima con il supero sulla disponibile. Parimenti inattendibile sarebbe, inoltre, la CTU con riferimento alla stima dell'immobile legato dal de cuius a S.P.G. con il testamento olografo del 24.07.2009, valutazione acriticamente fatta propria dal primo giudice senza considerare, e conseguentemente accertare, se per il detto immobile, accatastato come locale uso deposito C/2 e utilizzato di fatto a fini abitativi, potessero trovare o meno applicazione i valori relativi ad un'abitazione civile A/3. Il valore dell'immobile, pertanto, sarebbe stato sovrastimato in € 87.000,00 e, in conseguenza, erroneamente determinati, in percentuale su tale eccessivo valore, gli oneri per la sua sanatoria. Anche con riferimento all'immobile donato dal de cuius a S.P.G., pertanto, l'appellante chiede la rinnovazione della CTU. 3. Con il terzo motivo di appello si impugna, per erronea valutazione delle risultanze processuali, la parte della sentenza che ha condannato S.P.G. a restituire in favore degli eredi legittimi le somme prelevate dal conto corrente bancario del de cuius, pari a complessivi € 26.532,14, nel periodo da agosto 2009 fino al 9.12.2009, data del decesso di N.G. Parte appellante reputa che, anche con riferimento alla domanda restitutoria e/o di rendiconto, il primo giudice abbia recepito acriticamente le valutazioni del CTU dott. MA. che ha verificato unicamente la presenza di partite in entrata ed in uscita sul conto corrente bancario del de cuius e quindi l'esistenza o meno di pezze contabili a giustificazione delle uscite effettuate dal conto – senza considerare che il de cuius, il quale aveva sempre conservato le piene facoltà cognitive, ben poteva materialmente eseguire le operazioni di prelievo direttamente dallo sportello bancomat che, in virtù del rapporto affettivo tra il N.G. e la S.P.G., il conto corrente del de cuius veniva dalla stessa movimentato in numerose occasioni con prelievi di modesti importi per far fronte alle esigenze della vita quotidiana del compagno e ciò anche nei periodi in cui lo stesso non era ricoverato ed era in grado di procedere materialmente alla loro esecuzione, peraltro senza considerare che i ricoveri ospedalieri del N.G. non erano avvenuti con soluzione di continuità ma con diverse interruzioni e che nei periodi di ricovero si sono registrati unicamente quattro prelievi di somme pari e/o superiori ad euro 1.000,00. 4. Con il quarto motivo di appello, l'appellante reputa errata la sentenza nella parte in cui ha ritenuto non giustificato il movimento effettuato sul conto corrente del de cuius con l'emissione di un assegno circolare di euro 9.137,00 in data 26.08.2009 in favore di Compass Spa. Avrebbe errato il primo giudice a valutare inattendibili le dichiarazioni rese dalla teste C.B. sul presupposto che non fosse credibile la circostanza, in assenza di documentazione che la comprovasse, che la stessa fosse creditrice del N.G., alla luce del fatto che questi si trovava in buone condizioni finanziarie, e fosse contraddittorio che la Ciracì dapprima avesse contratto un finanziamento con Compass Spa e allo stesso tempo avesse prestato soldi in contanti al N.G., in realtà omettendo di considerare che le dichiarazioni della teste collocano il prestito non nell'anno 2009, ma nell'anno precedente. A ciò si aggiunge, a dire dell'appellante, che l'assenza di documentazione a supporto del prestito effettuato in favore del de cuius è ricollegabile alla natura dei rapporti in essere tra le parti, in considerazione della relazione di vita ultraquarantennale tra il N.G. e la S.P.G. che ha necessariamente coinvolto anche i figli di questa e che avrebbe dovuto portare a ritenere giustificato il detto esborso. 5. Con il quinto motivo di appello, rubricato “rideterminazione dell'asse ereditario e conseguente rigetto della domanda di riduzione e di restituzione”, parte appellante, dalle argomentazioni svolte con i precedenti motivi di appello fa discendere la rideterminazione dell'asse ereditario sulla scorta di una diversa valutazione dei beni relitti, senza riduzione della disposizione testamentaria effettuata in favore di essa appellante e con rigetto della domanda di restituzione somme a titolo di rendiconto. Conseguentemente chiede, in riforma della impugnata sentenza, il rigetto della domanda di riduzione del legato disposto in favore di S.P.G. per violazione della quota di riserva con vittoria di spese di giudizio della fase cautelare e di entrambi i gradi del giudizio di merito. Questo Collegio ritiene che vada accolto il primo motivo di appello e vada dichiarata la inammissibilità della domanda di riduzione. L'art 564 c.c prevede la accettazione con beneficio di inventario quale condizione di ammissibilità della azione di riduzione rivolta nei confronti di terzi non coeredi come è nel caso in esame . Si tratta non di requisito costitutivo ma appunto di condizione di ammissibilità, né può il legittimario sanare la situazione con successiva accettazione beneficiata, essendo egli ormai erede puro e semplice, in quanto ha accettato l'eredità con il fatto stesso di aver proposto l'azione. Il difetto dell'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, quale condizione di ammissibilità dell'azione di riduzione delle liberalità in favore di persone non chiamate alla successione come eredi, non è oggetto di un'eccezione in senso tecnico, sicché la mancanza di tale condizione, come per tutte le altre condizioni dell'azione, deve essere rilevata d'ufficio dal giudice, anche in grado di appello Cassazione civile, sez. II, 19/10/2012, numero 18068 . Osserva il Collegio che in tema di successioni mortis causa , l'articolo 484 cod. civ., nel prevedere che l'accettazione con beneficio d'inventario si faccia con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell'inventario, delinea una fattispecie a formazione progressiva di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti ivi previsti infatti, sia la prevista indifferenza della loro successione cronologica, sia la comune configurazione in termini di adempimenti necessari, sia la mancata di una distinta disciplina dei loro effetti, fanno apparire ingiustificata l'attribuzione all'uno dell'autonoma idoneità a dare luogo al beneficio, salvo il successivo suo venir meno, in caso di difetto dell'altro. Ne consegue che, se da un lato la dichiarazione di accettazione con beneficio d'inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato che subentra perciò in universum ius defuncti , compresi i debiti del de cuius , d'altro canto essa non incide sulla limitazione della responsabilità intra vires ,che è condizionata anche alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell'inventario, in mancanza del quale l'accettante è considerato erede puro e semplice articolo 485, 487,488 cod. civ. non perché abbia perduto ex post il beneficio, ma per non averlo mai conseguito. Infatti, le norme che impongono il compimento dell'inventario in determinati termini non ricollegano mai all'inutile decorso del termine stesso un effetto di decadenza, ma sanciscono sempre come conseguenza che l'erede venga considerato accettante puro e semplice, mentre la decadenza è chiaramente ricollegata solo ed esclusivamente ad alcune altre condotte, che attengono alla fase della liquidazione e sono quindi necessariamente successive alla redazione dell'inventario e di seguito si illustreranno . Se invece il legittimario, dopo aver dichiarato di accettare con il predetto beneficio, non compie l'inventario nei termini di legge, l'azione di riduzione, nei casi previsti dall'art 564 c.c., non può essere esercitata e ciò perché in tal caso non si verifica una decadenza dal beneficio, bensì manca la fattispecie da cui deriva l'applicazione di esso. L'omessa redazione dell'inventario comporta il mancato acquisto del beneficio e non la decadenza dal medesimo, ne consegue che all'erede, il quale agisce contro i terzi non chiamati alla successione, è precluso l'esperimento dell'azione di riduzione, non sussistendo il presupposto al riguardo richiesto dall'articolo 564 primo comma ultima parte cod. civ., cioè l'accettazione con beneficio d'inventario v Cass.civ. 16739 del 09/08/2005 . Ad avviso della dottrina assolutamente prevalente il fondamento della norma, dell'art 564 c.c. che pone una condizione di procedibilità dell'azione di riduzione, è individuato nella tutela dei donatari e legatari estranei, per i quali è necessaria la preventiva constatazione ufficiale della consistenza dell'asse ereditario. Altre sono le ipotesi di decadenza che, come dispone l'ultimo inciso del primo comma dell'art 564 c.c., non fanno perdere all'erede il diritto di chiedere la riduzione si tratta delle ipotesi previste dagli artt 493 e 494 c.c. alienazione dei beni senza autorizzazione e infedeltà o omissioni nell'inventario . La legge intende subordinare l'esercizio dell'azione al fatto che la consistenza dei beni ereditari venga accertata per mezzo dell'inventario, e ciò al fine di tutelare i donatari e i legatari i quali, se una parte dell'attivo ereditario venisse loro occultata, correrebbero il rischio di subire una riduzione non giustificata. Ciò spiega l'esclusione del requisito in caso di azione contro coeredi in quanto costoro, se il legittimario non si comporta correttamente, possono promuovere essi stessi la redazione dell'inventario. Pertanto erra il Tribunale quando sostiene che la disposizione del primo comma non si applica nel caso di specie perché l'erede è decaduto dal beneficio di inventario per non averlo redatto nei termini. In realtà il richiamo operato dall'ultimo inciso del primo comma dell'art 564 non si riferisce all'ipotesi de qua della mancata redazione dell'inventario ma, come sopra illustrato, alle ipotesi di decadenza previste dagli artt 493 e 494 c.c. Si ribadisce che invece la fattispecie della mancata redazione dell'inventario comporta l'effetto della accettazione pura e semplice e quindi ricade pienamente nella regola della inammissibilità della azione di riduzione verso i terzi. Va anche sgombrato il campo da eventuali dubbi sulla natura di terzo da parte della S.P.G Infatti dal tenore letterale della disposizione testamentaria si evince la costituzione di un legato e non la istituzione di erede. L'atto contiene una disposizione particolare a titolo gratuito senza che il testatore abbia inteso assegnare quel bene come quota del patrimonio complessivo. Infine coglie nel segno la censura relativa alla inammissibilità della azione anche con riferimento alla posizione di R.A. E' noto il principio per cui a norma dell'articolo 564 cod. civ., il legittimario che abbia la qualità di erede non può esperire l'azione di riduzione delle donazioni e dei legati lesivi della sua quota di legittima ove non abbia accettato l'eredità con beneficio d'inventario, non potendo tale condizione valere, invece, per il legittimario totalmente pretermesso, il quale può acquistare i suoi diritti solo dopo l'esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento v per tutte Cass Civ. numero 24836 del 17/08/2022 . La pretermissione del legittimario può verificarsi anche nella successione ab intestato , qualora il de cuius si sia spogliato in vita del suo patrimonio con atti di donazione. Tale fattispecie è stata erroneamente richiamata nel caso in esame laddove la stessa R.A. e poi i suoi eredi, hanno sin dall'atto introduttivo del giudizio di primo grado, allegato la presenza di beni mobili relitti. La circostanza che il CTU abbia attribuito ai beni mobili un valore esiguo di 2.000-3.000 euro, non fa venire meno la natura di relictum e il diritto dei terzi legatari e\o eventuali creditori alla redazione dell'inventario. Ma a ben vedere, nel caso in esame, il relictum è costituito anche dal denaro esistente sul conto corrente. Lo stesso giudice di primo grado scrive a pag 4 e a pag 6 che l'importo di euro 26.532,14 proveniente dal conto corrente del de cuius va aggiunto all'asse ereditario. Detto denaro deve entrare nella massa ereditaria ai fini della determinazione della quota di legittima e della successiva riduzione della donazione. Anche sotto questo profilo, esistendo un relictum, la R.A. e per essa i suoi eredi, non potevano ritenersi totalmente pretermessi e quindi erano soggetti alla regola dell'art 564 comma primo ed erano tenuti all'inventario. Resta da valutare se la inammissibilità della domanda di riduzione, produca i suoi effetti anche sulla ulteriore domanda avente ad oggetto l'accertamento dell'illecito prelevamento delle somme dal c.c. bancario intestato a Negro Giuseppe e, per l'effetto, di condanna al risarcimento del danno arrecato nella misura corrispondente a detto prelevamento. La originaria domanda era stata formulata come richiesta di risarcimento del danno ed è stata riqualificata dal giudice di primo grado come azione di rendiconto “ tenuto conto del principio iura novit curia e del fatto che gli attori hanno dedotto in citazione l'esistenza di tutti i fatti costitutivi della azione di rendiconto” v sentenza impugnata . L'azione di rendiconto è effettivamente esperibile nei confronti di chi, tramite delega bancaria, svuoti il conto corrente del defunto ed è volta alla condanna di chi abbia male operato sul conto corrente del defunto, appropriandosi indebitamente del denaro di quest'ultimo. Nel caso in esame, tuttavia va rilevato che i prelievi che si assumono indebiti non sono avvenuti dopo il decesso del N.G., ma mentre questi era in vita. Osserva la Corte che in realtà la domanda era rivolta non a rendere il conto della gestione del denaro, bensì a recuperare nella massa ereditaria il denaro proveniente dal conto corrente de cuius e in tal senso è stata accolta dal Tribunale. Quindi si trattava di una domanda di natura petitoria volta a reintegrare la pienezza e l'esclusività del diritto degli eredi sull'asse ereditario mediante il recupero all'asse ereditario, anche del denaro già depositato su conto corrente e incassato dalla S.P.G. prima del decesso del de cuius. La domanda di accertamento e di “risarcimento” è stata esercitata dagli attori-eredi legittimi non autonomamente ma in maniera connessa alla azione di riduzione e al fine di comprendere nella azione di riduzione, anche quel denaro. Per tale motivo ritiene la Corte che anche tale domanda venga travolta dal giudizio di inammissibilità della azione di riduzione. In ogni caso appaiono fondate anche le censure nel merito formulate nel terzo e quarto motivo di appello in quanto, trattandosi di prelievi di somme effettuate non dopo il decesso ma prima della morte del dante causa, era necessario provare in maniera rigorosa non solo gli avvenuti prelievi, ma il dissenso del titolare del conto e la destinazione delle somme contro la volontà del de cuius. Il ricovero del N.G., non gli impediva di gestire i suoi beni, la convivenza quarantennale con la S.P.G. giustifica una presunzione di consenso nell'impiego delle somme prelevate e gli attori non hanno assolto all'onere probatorio a loro carico che non era solo quello di provare i prelievi, ma di provare il dissenso del N.G. Anche con riferimento all'assegno di euro 9.137,00, la teste C.B. ha illustrato le causali del versamento. I dubbi sulla attendibilità della teste non portano a ritenere provata la tesi degli originari attori perché era loro onere fornire la prova della illegittima destinazione del denaro e, anche a non prendere in considerazione le risultanze della prova testimoniale, resterebbe non provata la loro tesi con il conseguente rigetto della domanda nel merito. Pertanto, in accoglimento del primo motivo di appello e assorbendo ogni motivo e ogni altra questione e richiesta, la sentenza impugnata va riformata e va dichiarata la inammissibilità della domanda formulata in primo grado dagli attori. La soccombenza degli appellati e la riforma integrale della sentenza di primo grado comportano la condanna degli stessi al pagamento, in solido tra loro, a favore della S.P.G., delle spese di entrambi i gradi del giudizio che si liquidano come in dispositivo. La complessiva regolamentazione delle spese di lite all'esito della decisione di merito con applicazione per la fase di appello di importo superiore al minimo dello scaglione da 52.001 a 260.000 , comprende anche le spese del procedimento cautelare in corso del presente giudizio, atteso che l'esito della fase cautelare endoprocessuale non ha un'autonoma rilevanza ai fini della complessiva regolamentazione delle spese di lite. P.Q.M. La Corte di Appello di Lecce, sezione seconda civile, definitivamente decidendo sull'appello proposto da S.P.G., con atto di citazione notificato il 19.10.2022 nei confronti di N.M. e N.F., avverso la sentenza di primo grado numero 1144 del Tribunale di Brindisi pubblicata il 20.07.2022 così provvede accoglie l'appello e in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile la domanda formulata dagli attori in primo grado. Condanna N.M. e N.F. in solido tra loro, al pagamento a favore di S.P.G. delle spese processuali che liquida in euro 7.200,00 per il primo grado e euro 8.000,00 per il secondo grado, oltre IVA e CAP per legge, rimborso forfetario al 15% e CU del grado di appello.