Partendo dal caso di una bambina violentata dallo zio, è stato chiarito che per atto sessuale si può intendere qualsiasi comportamento anche a distanza senza contatto fisico, potenzialmente idoneo a soddisfare la libido dell'agente. Lo ha spiegato la Suprema Corte, la quale ha, inoltre, evidenziato che la condotta deve essere valutata in base ai criteri di idoneità ed univocità, non solo alla concupiscenza dell'agente.
Con la pronuncia in analisi, la Suprema Corte ha chiarito il perimetro della nozione di atto sessuale, in particolar modo del comportamento punibile ai sensi dell'articolo 609 quater c.p., partendo dal caso di una bambina minore di dieci anni indotta a mostrare i genitali allo zio e praticargli un rapporto orale ripreso dallo stesso indagato. Per atto sessuale - hanno spiegato i Giudici – si deve intendere qualunque atto oggettivamente idoneo a soddisfare la libido del soggetto attivo, indipendentemente dalla finalità perseguita da quest'ultimo. Inoltre, non è necessario il contatto fisico tra la vittima e l'agente, «sussistendo anche quando l'autore del delitto trovi soddisfacimento sessuale da fatto di assistere alla esecuzione di atti sessuali da parte della vittima.» La Suprema Corte ha, poi, continuato spiegando che per gli atti sessuali a distanza, oltre all'assenza di contatto, si prescinde anche dalla contestualità del compimento dell'atto e dalla circostanza che l'istinto sessuale venga effettivamente soddisfatto. Il giudice di merito deve, tuttavia, analizzare le specificità della situazione concreta, tener conto del contesto complessivo e spiegare adeguatamente che, qualora non sussista altra giustificazione, con riferimento all'induzione al denudamento di minore, tale condotta può assumere una chiara valenza sessuale e quindi, avere rilevanza penale, purchè la stessa, valutata sotto il profilo oggettivo, presenti i requisiti della idoneità e dell'univocità non bastando il mero fine di concupiscenza perseguito dall'agente . Nel caso in questione, la Cassazione ha evidenziato che «non può non rilevarsi come difetti, in particolare, una disamina della tematica relativa alla valutazione del contesto complessivo in cui l'atto di induzione al denudamento e alla esibizione di zone erogene da parte di una minore di anni dieci non possa aver assunto, nel caso concreto, valenza sessuale, in quanto univocamente idoneo e preordinato al successivo compimento di atti sessuali con la medesima minore.» Alla luce di queste precisazioni, ha rinviato la causa al Tribunale del riesame per un nuovo giudizio.
Presidente Sarno - Relatore Magro Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna ricorre per cassazione avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Bologna del 20/05/2024 con la quale il giudice di merito ha parzialmente accolto la richiesta formulata dal Pm di applicazione della misura cautelare custodiate da disporre nei confronti di G.P. con riferimento ai capi di imputazione provvisoria di cui alle lettere B , C e E , rigettando l'istanza in ordine ai capi D e F . Si precisa, in particolare, che la richiesta cautelare è stata accolta per quanto attiene al reato di cui all'articolo 600 quater cod. penumero , in relazione alla disponibilità di 674 files immagini e video dal contenuto pedopornografico capo B all'articolo 600 ter cod. penumero , in relazione alla produzione di materiale pornografico, utilizzando la nipote G.P.N., minore degli anni dieci, che veniva ritratta nel corso di una videochiamata con lo zio mentre assumeva atteggiamenti sessualmente espliciti capo C all'articolo 609 quater cod. penumero capo E , per aver compiuto atti sessuali con la nipote G.P.N., consistiti in un rapporto orale che veniva video ripreso, ai fini della condotta di cui al capo di imputazione sub C . La richiesta cautelare è stata invece respinta per i reati di cui agli articolo 609 quater cod. penumero , per aver compiuto atti sessuali con la già menzionata minore, consistiti nel far spogliare la bambina e nel farla esibire senza mutandine in modo da scoprire le parti intime, contestati sia nel capo di imputazione sub D e F . 2. Il ricorrente deduce, con un unico motivo di ricorso, violazione di legge e vizio della motivazione, in quanto il giudice a quo ha accolto solo parzialmente la richiesta di applicazione della misura cautelare custodiale, escludendo la misura con riferimento ai capi di imputazione concernenti la contestazione di atti sessuali con minore ai sensi dell'articolo 609 quater cod. penumero , per aver indotto la nipote, minore di età, a denudarsi e a mostrare le proprie parti intime in modo tale da provocare la concupiscenza dell'indagato. In particolare, evidenzia il ricorrente che la nozione di atto sessuale , non richiedendo un contatto fisico tra l'agente e la vittima, può essere integrata anche in caso di mera esibizione delle zone erogene senza il compimento di atti sessuali, neanche di autoerotismo, essendo la condotta animata dal fine di concupiscenza, e non solo dalla volontà di rappresentare immagini pedopornografiche, potendosi estendere così la suddetta nozione a comportamenti di mero denudamento. Nel caso di specie, si contesta all'indagato di aver effettuato delle fotografie riproducenti le immagini ritratte sul video, relativamente a esibizioni erotiche della nipotina, inducendola a mostrare le proprie parti intime durante una videochiamata, comportamento che integra - a detta del ricorrente - il reato di violenza sessuale, in quanto anche solo l'esibizione di parti erogene attinge alla sfera corporea della persona offesa e deve essere considerata come atto sessuale . Chiede quindi che la misura cautelare sia disposta anche in relazione ai capi di imputazione D ed E . 2. Il Procuratore generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato limitatamente ai capi D ed F , con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bologna. 1.1. Si premette che il giudice a quo ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere limitatamente ai capi di imputazione sub B , C e E . Ha, invece negato, l'applicazione della misura con riferimento ai reati contestati provvisoriamente nei capi D ed F . Ne segue che la richiesta di applicazione della suddetta misura da parte del ricorrente anche con riferimento al capo di imputazione E , relativo al reato di cui all'articolo 609 quater cod. penumero debba essere intesa con riferimento al capo di imputazione F , trattandosi di un evidente errore materiale. 1.2. Si precisa, altresì, con riferimento al capo di imputazione F , che si contesta al ricorrente il reato di cui all'articolo 609 quater cod. penumero , così come meglio descritto nel capo C , per aver, in data 28/11/2023, indotto la medesima nipote G.P.N., minore di anni dieci, a compiere atti sessuali, consistiti nell'aver indotto la bambina a denudarsi, a mostrare i genitali, e a praticare allo zio un rapporto orale che veniva video ripreso dall'indagato. Quindi, per quanto attiene al reato di cui al capo F , la contestazione è da ritenersi integrata, come testualmente specificato nell'imputazione, con i riferimenti fattuali enucleabili dall'addebito sub C . Se ne desume che nella circostanza contestata dal capo F vi è stato il compimento di un rapporto orale, come specificato al capo C . E', pertanto, evidente che il riferimento all'articolo 609 quater cod. penumero è correlato alla verificazione del già menzionato atto sessuale, onde nulla quaestio sulla ravvisabilità del già menzionato delitto e sull'applicabilità della misura custodiale. Il capo di imputazione sub F deve, infatti, essere interpretato come collegato sotto il profilo fattuale a quanto contestato nel capo C , ove si descrive il contestuale compimento di un atto sessuale. 1.3. Alla luce di tali precisazioni, la questione interpretativa che il ricorrente pone concerne, quindi, solo la condotta contestata nel capo di imputazione D . Viene in rilievo il quesito se una condotta consistente nell'indurre per via telematica una minore a spogliarsi, a mostrarsi senza mutandine e con il vestito sollevato in modo da scoprire le parti intime, costituisca o meno atto sessuale per via telematica, da ricondurre nell'ambito dei reati di cui all'articolo 609 bis cod. penumero o 609 quater cod. penumero Al riguardo, occorre prendere le mosse dal rilievo che atto sessuale è qualunque atto oggettivamente idoneo a soddisfare la libido del soggetto attivo, indipendentemente dalla finalità perseguita da quest'ultimo, che può anche esulare dalla sfera strettamente sessuale, come può avvenire laddove l'atto venga compiuto allo scopo di umiliare la persona offesa o di assoggettarla ai voleri dell'agente. In altri termini, è atto sessuale qualunque atto cui è riconnessa valenza erotica, secondo l'id quod plerumque accidit e conformemente al significato che all'atto è ordinariamente attribuito. Si afferma inoltre, con riferimento agli atti sessuali a distanza, che il reato di cui all'articolo 609 quater, cod. penumero non è necessariamente caratterizzato dal contatto fisico fra la vittima e l'agente, sussistendo anche quando l'autore del delitto trovi soddisfacimento sessuale dal fatto di assistere alla esecuzione di atti sessuali da parte della vittima. Fattispecie di condotta perfezionatasi mediante una comunicazione telematica, attraverso la quale il reo aveva indotto le vittime minorenni a compiere su se stesse atti sessuali di autoerotismo Sez. 3, numero 26809 del 04/04/2023, Rv. 285060 Sez. 3, numero 25822 del 09/05/2013, Rv. 257139 . Pertanto, gli atti sessuali, anche se commessi per via telematica, sono sempre legati ad un quid pluris coinvolgente la sfera della sessualità, come ad esempio il compimento di atti di autoerotismo da parte del minore o dell'autore della condotta che con il primo interagisca e che ne richieda il compimento. Si prescinde, infatti, qualora si tratti di atti sessuali a distanza, sia dalla necessità che vi sia un contatto fisico tra il soggetto attivo e il soggetto passivo, dovendo comunque essere realizzati atti di autoerotismo, sia dalla contestualità del compimento dell'atto sessuale, e ancor meno dalla circostanza che l'istinto sessuale venga effettivamente soddisfatto, posto che, ai fini dell'integrazione dell'elemento soggettivo del reato di violenza sessuale, non è necessario che la condotta sia finalizzata a soddisfare il piacere sessuale dell'agente, in quanto è sufficiente che questi sia consapevole della natura oggettivamente sessuale dell'atto posto in essere volontariamente, potendo l'eventuale concorrente finalità ingiuriosa o minacciosa dell'agente non escludere la connotazione sessuale dell'azione Sez. 3, numero 20459 del 24/01/2019, M., Rv. 275965 - 01 . Passando adesso all'esame della questione interpretativa, va altresì affermato che il mero denudamento e il compimento di atti di esibizionismo, di per sé, è atto neutro, che non assume, in via astratta e generale, una necessaria valenza sessuale, potendo essere animato da altre finalità, quali, per esempio di performance artistica. Ne deriva che anche lo spogliarsi o comunque l'esibire mostrare le parti intime, a prescindere dal soddisfacimento sessuale che il soggetto attivo ne tragga, non integra di per sé il compimento di un atto sessuale, a meno che, per le peculiarità del contesto complessivo in cui l'atto si colloca, debba ritenersi che l'atto assuma una univoca valenza sessuale. Pertanto, per stabilire se ci si trovi o meno in presenza di un atto sessuale, occorre scandagliare il contesto fattuale in cui l'atto si colloca e i concreti atteggiamenti, fisici e verbali, tenuti dai protagonisti, nonché le condotte successive all'atto da valutare. Può, infatti, accadere che per le specificità della situazione concreta in cui l'atto si inserisca risulti eliso ogni connotato sessuale dell'atto stesso, come per esempio, laddove ci si trovi nel contesto di attività di natura artistica, cinematografica e via dicendo. Viceversa, qualora non sussista altra giustificazione, con riferimento specifico alla induzione al denudamento di un minore di anni dieci, tale condotta può assumere una chiara valenza sessuale alla luce del contesto fattuale complessivo, e pertanto assumere rilevanza penale da qualificarsi più correttamente ai sensi dell'articolo 609 bis cod. penumero , purché tale condotta, valutata sotto il profilo oggettivo, presenti i requisiti della idoneità e dell'univocità di cui all'articolo 56 cod. penumero , non essendo sufficiente il mero fine di concupiscenza perseguito dall'agente. 1.4. Orbene, nel caso in esame, si contesta nel capo di imputazione sub D che l'indagato, in data 27/08/2023, nel corso di una video chiamata, indusse la bambina a spogliarsi, a mostrarsi priva di mutandine e a sollevare il vestito, scoprendo le parti intime. Si evidenzia che nel capo di imputazione sub E si contesta al ricorrente, in data prossima a quella indicata nel capo di imputazione sub D , ossia il 26/08/2023, di aver compiuto atti sessuali con la medesima minore, essendosi fatto praticare un rapporto orale. Anche nel capo F viene contestato al ricorrente di aver indotto la nipote a mostrarsi senza mutandine mentre realizzava una videoripresa, e di aver poi indotto la bambina all'effettivo compimento di un rapporto orale. Pertanto, il giudice a quo avrebbe dovuto analizzare le specificità di tale contesto fattuale e relazionale tra l'agente e la nipotina, e spiegare adeguatamente per quale motivo la condotta appena descritta, oggettivamente considerata sia nella sua materialità che nel quadro della situazione complessiva in cui i protagonisti della vicenda si trovavano, non abbia espresso una valenza sessuale e non fosse tipicamente prodromica e preordinata al successivo compimento di atti sessuali, alla stregua di un criterio prognostico ex ante e in concreto. Né dall'apparato argomentativo del provvedimento in esame è dato enucleare elementi che possano indurre a ritenere che il contesto fattuale appena delineato fosse preordinato a finalità diverse da quella di soddisfacimento dell'istinto sessuale e possa trovare un'altra giustificazione logica. In questa prospettiva, non può non rilevarsi come difetti, in particolare, una disamina della tematica relativa alla valutazione del contesto complessivo in cui l'atto di induzione al denudamento e alla esibizione di zone erogene da parte di una minore di anni dieci non possa aver assunto, nel caso concreto, valenza sessuale, in quanto univocamente idoneo e preordinato al successivo compimento di atti sessuali con la medesima minore. Infine, non può osservarsi, in senso contrario, sulla scorta di quanto argomentato dal giudice a quo, che laddove dovesse ravvisarsi la valenza sessuale dell'atto, si finirebbe per configurare sempre e comunque il concorso dei reati di produzione di materiale pedopornografico e di violenza sessuale. Il rilievo, infatti, non coglie l'alterità tra un contesto fattuale nel quale l'agente si limita a ritrarre il minore in posizioni erotiche funzionalmente alla produzione di materiale pornografico in via esclusiva e un contesto fattuale in cui invece l'agente agisce preordinatamente sia sia al compimento di atti sessuali al soddisfacimento della libido sia alla produzione di materiale pornografico. In tal caso i due reati concorrono in via di concorso formale. Si è infatti pacificamente affermato che è configurabile il concorso tra i delitti di pornografia minorile e di atti sessuali con minorenne, rispettivamente previsti dagli articolo 600-ter, primo comma, numero 1, e 609-quater cod. penumero , in quanto contemplanti condotte materialmente e cronologicamente distinte, ove l'agente induca la persona offesa minorenne dapprima a compiere su di sé atti sessuali e poi a registrare e ad inviargli filmati di contenuto pedopornografico Sez. 3, numero 31743 del 29/09/2020 Rv. 280041 . 2. L'ordinanza impugnata va dunque annullata limitatamente ai capi D ed F , con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bologna. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente ai capi D ed F , con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bologna.