Sospensione massima per grave condotta del legale: le Sezioni Unite sul giudizio disciplinare

A seguito di una sospensione di cinque anni per un avvocato a causa di gravi violazioni deontologiche, le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi sulla disciplina inerente ai giudizi disciplinari. In particolare, i Giudici hanno chiarito alcuni principi fondamentali relativamente alla prescrizione dell'azione disciplinare e al rapporto con il processo penale.

Le Sezioni Unite della Cassazione, chiamate a pronunciarsi relativamente ad una sanzione disciplinare inerente alla professione forense, hanno ribadito la disciplina vigente in materia di prescrizione dell'azione disciplinare. Nello specifico, l'avvocato che presentava ricorso per cassazione era stato accusato per il reato di cui all' articolo 346 c.p. perché millantando credito presso pubblici ufficiali ed, in particolare, affermando di avere contatti presso il Ministero degli Esteri, si faceva promettere dal padre di una bambina deceduta a causa di un incidente stradale, una somma pari al 10% del risarcimento del danno che il genitore avrebbe percepito dall'assicurazione a seguito del predetto incidente, quale prezzo per la mediazione svolta presso i pubblici ufficiali degli Enti citati, al fine di agevolare ed accelerare il rimpatrio della salma della bambina nel proprio Paese. Il CDD riteneva provata la contrarietà della condotta alle norme deontologiche, tenuto conto delle millanterie esposte ai clienti, delle modalità di acquisizione del contatto con i familiari della vittima e del mandato professionale, nonché dell'assenza di trasparenza e di corretta informazione in merito alla quantificazione degli onorari e del fatto che la sua nomina, sia quale difensore della madre della bambina per l'assistenza nella pratica di risarcimento del danno, sia quale avvocato del padre della bambina deceduta, indagato quale responsabile del sinistro in cui aveva perso la vita la propria figlia, erano evidentemente incompatibili a causa del conflitto degli interessi tra le citate parti. Il CDD irrogava, pertanto, la sanzione della sospensione massima per cinque anni che veniva, poi, confermata dal CNF, per il quale «la gravità della condotta, le circostanze soggettive e oggettive nel cui contesto erano avvenute le violazioni, l'intensità del dolo, la compromissione dell'immagine della professione forense, l'esistenza di precedenti disciplinari di cui la sentenza impugnata dava conto, l'esistenza di precedenti per reati gravi risultanti dal certificato del casellario giudiziale, acquisito nel fascicolo del procedimento penale, giustificavano, ai sensi dell'articolo 21 CDF, la sanzione aggravata di cinque anni di sospensione dall'esercizio della professione forense rispetto alla sanzione edittale di sospensione da uno a tre anni prevista per la fattispecie più grave di cui all'articolo 24 CDF.» Il legale adiva, dunque, la Cassazione contestando la pronuncia in particolar modo per non aver tenuto conto della prescrizione dell'azione disciplinare stante l'assenza di atti sospensivi nel corso del giudizio di primo grado e sino all'apertura del giudizio, l'azione si sarebbe prescritta prima dell'inizio del giudizio dinanzi al CNF, la cui sentenza doveva, pertanto, considerarsi illegittima, essendo stata emessa in violazione del dettato normativo di cui all'articolo 56, comma 3, l. 247/2012. Le Sezioni Unite hanno, preliminarmente, chiarito che l'omessa pronuncia del Consiglio Nazione Forense sull'eccezione di prescrizione sollevata dall'incolpato «non determina, di per sé, l'invalidazione della sentenza impugnata», in quanto si tratta di eccezione rilevabile anche in sede di legittimità. I Giudici - pronunciandosi sul ricorso in esame – hanno, poi, nuovamente chiarito in materia quanto segue per individuare la legge applicabile pro tempore sulla prescrizione dell'azione disciplinare, occorre considerare la data della commissione del fatto e non quella dell'incolpazione il giudizio disciplinare può procedere autonomamente rispetto a quello penale, per i fatti costituenti anche reato non essendoci una necessaria pregiudizialità del giudizio penale se è indispensabile acquisire atti e notizie appartenenti al processo penale, il procedimento disciplinare può essere a tale scopo sospeso a tempo determinato per non più di due anni il termine complessivo di prescrizione dell'azione disciplinare deve intendersi in sette anni e mezzo, esclusi i periodi di sospensione novità della nuova legge professionale, la quale segue criteri di natura penalistica .

Presidente Cassano -  Relatore Iofrida Fatti di causa Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza numero R.D. 276/2023, depositata il 1/12/2023, ha respinto il ricorso presentato dall'Avv.to Ma.Gi. avverso la decisione numero 145 del 22/11/2021, depositata il 20/1/2022, con la quale il Consiglio Distrettuale di Disciplina di seguito CDD di Roma, ritenuta la responsabilità disciplinare del ricorrente per i fatti di cui al capo di incolpazione sub I, II, III e IV quattro degli originari cinque capi di incolpazione , gli aveva irrogato la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione forense per anni cinque. La vicenda che aveva dato luogo all'incolpazione era così descritta. In data 9 marzo 2017, la Procura della Repubblica di Firenze comunicava al Consiglio Ordine Avvocati di seguito, COA di Roma di aver esercitato l'azione penale nei confronti dell'avv. Ma.Gi., per il reato di cui all'articolo 346 c.p.  perché millantando credito presso pubblici ufficiali ed in particolare affermando di avere contatti presso il Ministero degli Esteri, varie ambasciate ed il Comune di Firenze, si faceva promettere da El.Lo., padre di una bambina ricoverata presso l'Ospedale Mayer e deceduta a causa di un incidente stradale, una somma pari al 10% del risarcimento del danno che El.Lo. avrebbe percepito dall'assicurazione a seguito del predetto incidente, quale prezzo per la mediazione svolta presso i pubblici ufficiali degli Enti sopra indicati al fine di agevolare ed accelerare il rimpatrio della salma della bambina in Albania. In F il 2 aprile 2015. Il CDD, cui era stati trasmessi gli atti, notiziato dell'esposto l'Avv.to Ma.Gi., acquisiti gli atti del procedimento penale e informazioni presso l'assicurazione che aveva liquidato i danni agli eredi Lo., approvava il capo d'incolpazione I. Per violazione dei doveri di cui all'articolo 9 cdf., del dovere di fedeltà di cui all'articolo 10 cdf, del rapporto di fiducia di cui all'articolo 11 cdf, con diffusione in modo diretto ed indiretto di informazioni non veritiere né corrette ma ingannevoli, con acquisizione di rapporti di clientela con modi non conformi a correttezza e decoro e con plurime violazioni dei canoni di cui all'articolo 37, commi 1,2,3,4, cdf. - poiché l'avv. Ma.Gi. ha dato incarico e compenso alla Sig.ra Ma.Jo. per contattare i familiari di El.Le. e presentarsi quale interprete, al fine di informare falsamente gli stessi che egli collaborava col Ministero degli Esteri e che era stato interessato dallo stesso Ministero per intervenire a tutela dei familiari El. dopo l'incidente stradale che era loro occorso quello stesso giorno ed in cui era rimasta gravemente ferita la loro congiunta El.Le. ricoverata presso l'Ospedale Meyer di Firenze, allo scopo di conseguire incarichi professionali dai familiari El. per l'assistenza legale nei procedimenti civili e penali originati dal sinistro stradale - poiché l'avv. Ma.Gi. ha personalmente riferito a El.Lo., padre di El.Le., le circostanze non vere di lavorare per conto del Consolato Albanese e di essere un avvocato contattato dal Ministero degli Esteri, sia nella telefonata del 2 aprile 2015, che nell'incontro del giorno successivo presso l'Ospedale Meyer di Firenze, sempre al fine di ottenere l'incarico per rappresentare lui e altri familiari nei procedimenti penali e civili che originavano dal sinistro mortale - poichè l'avv. Ma.Gi. ha autonomamente proposto prestazioni professionali al padre di El.Le. sin dal pomeriggio del 2 aprile 2015, quando l'uomo era provato dall'incidente e dalle gravissime condizioni della figlia, offrendo di occuparsi anche del trasferimento della salma di El.Le. in Albania quando il decesso della bambina ancora non era avvenuto - poichè l'avv. Ma.Gi. ha tenuto un incontro con El.Lo. e gli altri parenti della minore presso l'Ospedale Meyer di Firenze ove il 3 aprile 2015, poche ore dopo il verificarsi della morte della bambina El.Le., ha prestato loro prestazioni professionali, raccogliendo in Ospedale i mandati e la documentazione utile, anche in tale occasione senza alcuna considerazione della grave e penosa condizione psicologica in cui si trovavano i genitori e specialmente El.Lo. El.Lo., autore del sinistro di cui era rimasta vittima la figlia condotte contestate all'avvocato, per gli aspetti penalistici, nel corso del processo penale numero 6588/2015 RGNT Tribunale di Firenze. In Firenze, in data 2-3-4 aprile 2015 II. Per violazione degli articolo 9, 12, 27, co 1,2,3,4,5, cdf - poiché, poche ore dopo il decesso della piccola El.Le., l'avv. Ma.Gi. ha raccolto dalla madre, Sig.ra El.Anumero , un incarico professionale nell'Ospedale Meyer di Firenze, in luogo e in circostanze che non consentivano un corretto e compiuto adempimento dei doveri di informazione, così omettendo, all'atto dell'assunzione dell'incarico, di informare chiaramente la cliente delle caratteristiche e dell'importanza dell'incarico e delle attività da espletare nonché della prevedibile durata del processo e degli oneri ipotizzabili, omettendo di indicare per iscritto, nonostante le reiterare richieste ricevute dagli El., il prevedibile costo della prestazione ed omettendo anche di rendere noti al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa. In Firenze, in data 3 aprile 2015 III. Per violazione degli articolo 9, 10, 12, e 63, 2 co, cdf - poiché l'avv. Ma.Gi. ha contattato a mezzo telefono l'Ispettore Capo De.Gi. della Polizia di Stato Sottosezione Polizia Stradale di Pontremoli per riferirgli di essere il legale di El.Lo. e per chiedergli di 'essere inserito come difensore di fiducia' nel procedimento penale promosso nei confronti dello stesso El.Lo. per omicidio colposo, senza documentare alcun atto di nomina del predetto El.Lo. ritualmente redatto, così da suscitare la negativa reazione dell'Ispettore che lo invitava ad agire secondo correttezza con condotta compromissiva della dignità della professione e dell'affidamento dei terzi. In Firenze, in data 3 aprile 2015 IV Per violazione degli articolo 9, 10, 12, e 24, 1 e 4 co, colf - poiché l'avv. Ma.Gi. ha tenuto una condotta in palese conflitto di interessi, avendo assunto contestualmente la difesa penale di El.Lo. e la difesa penale e civile di El.Anumero , il primo autore e responsabile del sinistro stradale del 2.4.2015 in cui aveva perso la vita la figlia El.Le. come da decisione numero 166/16 del Tribunale di Massa , la seconda madre di El.Le. e parte lesa dal sinistro mortale, senza aver comunicato loro l'esistenza di circostanze impeditive per la prestazione dell'attività richiesta. In Firenze, in data 3 aprile 2015 V Per violazione degli articolo 9, 10 e 29, 4 co., cdf - poiché l'avv. Ma.Gi. ha richiesto ed ottenuto dalla Compagnia Assicurativa Nationale Suisse - Gruppo Helvetia un compenso professionale di Euro 60.952,52 per l'attività stragiudiziale prestata in favore dei familiari di El.Le., deceduta in un sinistro stradale il 2.4.2015, compenso sproporzionato rispetto all'attività prestata ed al valore delle questioni trattate. in Firenze, in data 19 gennaio 2016 . Il CDD, dopo aver disposto l'esame del teste De.Gi., non ammessi gli altri quattro testimoni indicati, affermava la responsabilità disciplinare dell'avv. Ma.Gi. in riferimento ai capi d'incolpazione da I a IV, mentre lo proscioglieva per il capo V, basando la propria decisione sulle dichiarazioni dei testi sentiti nel parallelo procedimento penale, evidenziando che la pendenza del processo penale non impediva l'utilizzabilità degli atti nel procedimento disciplinare nonché sulle dichiarazioni dell'Isp. De.Gi. sentito nel corso del dibattimento. Il CDD riteneva provato che l'Avv.to Ma.Gi., dopo un primo contatto telefonico con la famiglia, da lei non conosciuta, durante la veglia di preghiera per la bambina in fin di vita, nel corso della quale il professionista aveva millantato un accreditamento presso il Ministero per giustificare l'intervento volto al rimpatrio della salma, si era fatto firmare l'incarico di assistenza, sia legale che penale, dai genitori della bambina, fuori della stanza della rianimazione dell'Ospedale Meyer. Valutava la condotta dell'avvocato contraria alle norme deontologiche contestate, tenuto conto delle millanterie esposte ai clienti, delle modalità di acquisizione del contatto con i familiari della vittima e del mandato professionale, nonché dell'assenza di trasparenza e di corretta informazione in merito alla quantificazione degli onorari e del fatto che la nomina dell'avv. Ma.Gi., sia quale difensore della madre della bambina per l'assistenza nella pratica di risarcimento del danno, sia quale difensore del padre della bambina deceduta, indagato quale responsabile del sinistro in cui aveva perso la vita la propria figlia, erano evidentemente incompatibili a causa del conflitto degli interessi tra le dette parti, con conseguente violazione dell'articolo 27 Codice deontologico forense, in tema di assunzione di incarichi in conflitto di interesse, e dell'articolo 37 Codice deontologico forense in tema di divieto di accaparramento di clientela, relativamente ai capi di incolpazione da I a IV. Il CDD riteneva la condotta di assoluta gravità e aggravata dalla presenza di precedenti disciplinari, cosicché, malgrado la violazione deontologica più grave, sotto il profilo edittale, fosse quella prevista dall'articolo 24 CDF, che prevede la sospensione da uno a tre anni, irrogava la sanzione della sospensione massima per anni cinque, considerata la violazione dei principi fondamentali della professione forense. Il CNF, investito dell'appello del professionista, acquisite le prove raccolte nel procedimento penale, sospeso il procedimento ai sensi dell'articolo 54 L. 247/2012, a seguito della sentenza del Tribunale di Firenze depositata il 21 settembre 2023, di assoluzione dell'avv. Ma.Gi. per il reato di sostituzione di persona di cui all'articolo 494 c.p.  così essendo stato riformulato l'originario capo di imputazione nel procedimento penale per non aver commesso il fatto , riservava la decisione all'esito dell'udienza del 23/11/2023. Nella sentenza impugnata, il CNF riteneva di dovere confermare la sentenza del CDD, per la sanzione irrogata, con diversa motivazione, in considerazione del sopraggiunto esito del procedimento penale a carico dell'Avv.to Ma.Gi., la cui pronuncia di assoluzione spiegava efficacia vincolante nel procedimento disciplinare, con conseguente proscioglimento dell'incolpato in sede disciplinare limitatamente ai medesimi fatti oggetto del procedimento penale ex multis, Consiglio Nazionale Forense, sentenza numero 9 del 9 febbraio 2023 . Il CNF spiegava, al riguardo, che il procedimento penale, anche a seguito della riformulazione del capo di imputazione con la contestazione, in luogo dell'articolo 346 c.p., dell'articolo  494 c.p., aveva riguardato esclusivamente la circostanza che l'avv. Ma.Gi. avrebbe affermato di essere stato contattato dal Ministero degli Esteri e di lavorare per conto del consolato albanese, inducendo in errore El.Lo., al fine di essere remunerato per prestazioni professionali offerte per il rimpatrio della salma e per la possibile causa di risarcimento del danno. Tale circostanza, la cui esistenza era stata negata dalla sentenza assolutoria in sede penale, costituiva solo uno dei fatti di cui al primo capo di incolpazione che attiene anche alla offerta, non richiesta, da parte dell'avv. Ma.Gi. di prestazioni professionali fatta al padre della bambina e anche al raccoglimento dei mandati e della documentazione, solo poche ore dopo la morte della bambina, incurante della grave e penosa condizione psicologica in cui si trovavano i genitori e, in particolare, El.Lo., responsabile del sinistro mortale , sussistendo gli estremi delle incolpazioni II, III e IV, e degli altri fatti relativi alla omessa informazione, alla spendita della qualità non ancora assunta di difensore di El.Lo. e alla grave situazione di conflitto di interessi in relazione alla difesa del responsabile del sinistro e delle persone danneggiate . Di conseguenza, l'accertamento della rilevanza disciplinare di tali fatti era del tutto insensibile alla pronuncia assolutoria in sede penale, in quanto su di essi la sentenza del Tribunale di Firenze non esplicava alcuna funzione salvifica dell'incolpato . In conclusione, doveva essere confermata la decisione del CDD di Roma, in relazione ai fatti di cui al terzo e quarto capoverso del capo I di incolpazione e di cui ai capi di incolpazione II, III e IV, immune da censure. Invero, si evidenziava come a il comportamento dell'avvocato Ma.Gi. fosse stato particolarmente riprovevole in ordine alle circostanze di tempo e di luogo in cui i fatti contestati si sono verificati e all'approfittamento della grave situazione psicologica nella quale i genitori della bambina si trovavano sia prima che dopo la morte della stessa b l'avv. Ma.Gi., per motivi non perfettamente chiariti, venuto a conoscenza dell'incidente stradale occorso il 2 aprile 2015 alla famiglia Lo., nel quale era rimasta gravemente coinvolta la piccola El.Le., giunta all'ospedale Meyer di Firenze in condizioni disperate, trasportata dall'elisoccorso, dopo poche ore dall'incidente, quando la bambina versava in condizioni disperate, aveva contattato il padre della bambina, offrendosi di aiutarlo per il rimpatrio della salma c il giorno successivo, a poche ore dal decesso, l'avv. Ma.Gi. si era recato presso l'ospedale Meyer per intrattenersi con i parenti della vittima, al fine di ottenere i mandati sia penali del padre conducente del veicolo incidentato che civili della madre quale persona danneggiata , con atteggiamento che aveva destato il sospetto dei sanitari, i quali avevano chiesto l'intervento della Polizia, anche al fine di accertare come mai l'avv. Ma.Gi., che non aveva mai avuto contatti con i familiari della vittima prima dell'incidente, fosse al corrente dell'accaduto così tempestivamente visto che nessuno dei familiari era stato in grado di dare spiegazioni al riguardo , spiegazioni che la difesa dell'avv. Ma.Gi. non aveva neppure offerto nel procedimento penale d in ogni caso, a prescindere dalle modalità con le quali l'avv. Ma.Gi. fosse venuto a conoscenza dell'incidente, la sua presenza in quel contesto, al fine di offrire con insistenza prestazioni professionali non richieste , non era rispettosa del dettato dell'articolo 37, primo comma, del Codice deontologico divieto di accaparramento di clientela , che non consente di acquisire rapporti di clientela in modi non conformi a correttezza e decoro l'offerta dei servizi per il trasferimento della salma della bambina ancor prima del decesso, quale mezzo per entrare in contatto con i familiari per procurarsi l'incarico per la pratica risarcitoria e la presenza presso l'ospedale poche ore dopo la morte della piccolina dimostravano una avidità non conforme a decoro e gettano discredito sull'intera categoria , discredito ben percepito dal personale sanitario in servizio presso l'ospedale pediatrico di Firenze e inoltre, il contesto nel quale era avvenuto l'incontro tra l'avv. Ma.Gi. e i genitori della piccola El.Le. lasciava intendere come non potesse essere stata fornita compiutamente l'informazione prevista dall'articolo 27 del CDF, in ordine alle caratteristiche e all'importanza dell'incarico, alle attività da espletare, alla prevedibile durata del processo, agli oneri ipotizzabili, agli estremi della polizza f più grave era la violazione dell'articolo 24 del CDF Conflitto di interessi, con conseguente dovere di astensione , per l'assunzione dell'incarico sia da parte del padre della vittima, autore del sinistro stradale, sia da parte della madre, quale parte lesa, parti tra loro in evidente e insanabile conflitto di interessi, essendo risultata smentita la giustificazione dell'avv. Ma.Gi. di non aver mai assunto la difesa di El.Lo. testimonianza dell'ispettore capo De.Gi., il quale aveva riferito che il Ma.Gi., nel corso di una telefonata, si era presentato come difensore dell'indagato, insistendo nella richiesta di essere inserito come difensore di fiducia nomina fatta in suo favore dal El.Lo., ex articolo 161 c.p.p. testimonianza della signora El.Anumero , moglie del El.Lo., la quale aveva riferito di aver saputo dal marito che era assistito dall'avv. Ma.Gi. g il comportamento dell'avv. Ma.Gi. risultava altresì in palese violazione dell'articolo 63 CDF Rapporti con i terzi , in quanto il suo comportamento non era stato corretto nei confronti del personale giudiziario, in occasione della telefonata all'ispettore capo De.Gi. Ad avviso del CNF, la gravità della condotta, le circostanze soggettive e oggettive nel cui contesto erano avvenute le violazioni, l'intensità del dolo, la compromissione dell'immagine della professione forense, l'esistenza di precedenti disciplinari di cui la sentenza impugnata dava conto, l'esistenza di precedenti per reati gravi risultanti dal certificato del casellario giudiziale, acquisito nel fascicolo del procedimento penale, giustificavano, ai sensi dell'articolo 21 CDF, la sanzione aggravata di cinque anni di sospensione dall'esercizio della professione forense rispetto alla sanzione edittale di sospensione da uno a tre anni prevista per la fattispecie più grave di cui all'articolo 24 CDF. Avverso la suddetta pronuncia, l'Avv.to Ma.Gi. propone ricorso per cassazione, notificato il 28/12/2023, affidato a cinque motivi, nei confronti del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma e del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione. Il PG ha depositato memoria scritta, chiedendo l'accoglimento del terzo motivo di ricorso, respinti gli altri, con cassazione della sentenza impugnata con rinvio. Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente lamenta a con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., dell'articolo  56L.247/2012, per non avere la sentenza impugnata ritenuta prescritta l'azione disciplinare b con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione , ex articolo 360 numero 3 c.p.c., del combinato disposto degli articolo 530,653 c.p.p., 54 e 55 L.247/2012 c con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., dell'articolo  24 Cost. e del principio del divieto di reformatio in peius ex articolo 597 c.p.p. d con il quarto motivo, il vizio di motivazione, ex articolo 360 nnumero 3,4 e 5 c.p.c., in violazione degli articolo 112 e 132 c.p.c. e 111 Cost., per non avere la sentenza impugnata deciso e motivato in relazione a tutte le censure del ricorso e con il quinto motivo, l'omesso esame, ex articolo 360 numero 5 c.p.c., di fatto decisivo che è stato oggetto di discussione. 2. Con il primo motivo, si denuncia la violazione dell'articolo 56 L.247/2012, stante la prescrizione dell'azione disciplinare intervenuta in epoca precedente alla fissazione del giudizio dinanzi al giudice di secondo grado. 2.1. Ai sensi dell'articolo 56 della L. 247/2012 l'azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto, termine interrotto con la comunicazione all'iscritto della notizia dell'illecito e della sentenza pronunciata dal CNF su ricorso . La medesima norma prevede altresì che da ogni interruzione decorre un nuovo termine della durata di cinque anni. Se gli atti interruttivi sono più di uno, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi, ma in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato oltre un quarto . Si deduce, in ricorso, che, essendo stato l'Avv. Ma.Gi. informato tramite PEC in data 8 maggio 2017 dell'avvenuta trasmissione in data 9 marzo 2017 da parte della Procura della Repubblica di Firenze al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, della segnalazione relativa alla commissione del reato di cui al procedimento penale numero 6588/2015 RGNR, da cui scaturiva il procedimento disciplinare, da tale data decorre il nuovo termine di cinque anni di prescrizione richiamato dall'art 56, comma 3 L. 247/2012. Stante l'assenza di atti sospensivi nel corso del giudizio di primo grado e sino all'apertura del giudizio di secondo grado 22 settembre 2022, data della prima udienza e ordinanza di sospensione , l'azione disciplinare si sarebbe prescritta, secondo il ricorrente, il giorno 8 maggio 2022 e dunque prima dell'inizio del giudizio dinanzi al CNF, la cui sentenza è pertanto da considerarsi illegittima, essendo stata pronunciata in palese violazione del dettato normativo di cui all'articolo 56 comma 3 L. 247/2012. 2.2. L'articolo 56, legge 247/2012, sicuramente applicabile ratione temporis, prevede che 1. L'azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto. 2. Nel caso di condanna penale per reato non colposo, la prescrizione per la riapertura del giudizio disciplinare, ai sensi dell'articolo 55, è di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna. 3. Il termine della prescrizione è interrotto con la comunicazione all'iscritto della notizia dell'illecito. Il termine è interrotto anche dalla notifica della decisione del consiglio distrettuale di disciplina e della sentenza pronunciata dal CNF su ricorso. Da ogni interruzione decorre un nuovo termine della durata di cinque anni. Se gli atti interruttivi sono più di uno, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi, ma in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato di oltre un quarto. Non si computa il tempo delle eventuali sospensioni . Preliminarmente, queste Sezioni Unite hanno chiarito che l'omessa pronuncia del C.N.F. sull'eccezione di prescrizione sollevata dall'incolpato non determina, di per sé, l'invalidazione della sentenza impugnata , in quanto si tratta infatti di eccezione rilevabile anche in sede di legittimità Cass. SSUU numero 28159/2008 , alla quale comunque può e deve rimediarsi, in quest'ultima sede di legittimità, mediante l'applicazione - ad una fattispecie dagli estremi temporali pacifici - di un ormai consolidato orientamento di diritto così Cass. S.U. numero 20384/2021, par. 2.2. della motivazione  Cass. S.U. 12447/2022 . Si è da ultimo Cass. 36204/2023 precisato che La prescrizione dell'azione disciplinare nei confronti degli avvocati è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, qualora non comporti indagini fattuali che sarebbero precluse in sede di legittimità . Sempre in tema di prescrizione, va richiamato l'insegnamento univoco di queste Sezioni Unite per cui, allo scopo di individuare la legge applicabile pro tempore sulla prescrizione dell'azione disciplinare, occorre rapportarsi alla data della commissione del fatto e non a quella dell'incolpazione Cass. S.U. 23746/2020  Cass. 20383/2021 . Ciò se l'illecito disciplinare integra una violazione deontologica di carattere istantaneo che si consuma e si esaurisce nel momento in cui l'illecito viene realizzato. Se, invece, la violazione è caratterizzata dalla protrazione nel tempo la decorrenza del termine inizia dalla data di cessazione della condotta e dell'illecito fra le altre, Cass. S.U. numero 13379/2016, Cass. S.U. 8946/2023 . Vanno richiamati poi i primi due commi dell'articolo 54 L.247/2012  .Rapporto con il processo penale. 1. Il procedimento disciplinare si svolge ed è definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto al processo penale avente per oggetto i medesimi fatti. 2. Se, agli effetti della decisione, è indispensabile acquisire atti e notizie appartenenti al processo penale, il procedimento disciplinare può essere a tale scopo sospeso a tempo determinato. La durata della sospensione non può superare complessivamente i due anni durante il suo decorso è sospeso il termine di prescrizion . Inoltre, come rilevato da queste Sezioni Unite, nel nuovo ordinamento professionale forense, la prescrizione, al di là degli effetti della sospensione e dell'interruzione, non può comunque essere prolungata di oltre un quarto rispetto ai sei anni indicati nella L. numero 247 del 2012, articolo 56, comma 1 conseguentemente, il termine complessivo di prescrizione dell'azione disciplinare deve intendersi in sette anni e mezzo, esclusi i periodi di sospensione. È questa una novità della nuova legge professionale, la quale segue, per questo profilo, criteri di natura penalistica, laddove secondo la disciplina previgente, ispirata a un criterio di natura civilistica, la prescrizione, una volta interrotta, riprende a decorrere nuovamente per altri cinque anni Cass., S.U., 9 aprile 2020, numero 7761  Cass., S.U., 23 aprile 2021, numero 10852 . 2.3. Il P.G. ha concluso nel senso del rigetto del motivo. Nel caso di specie i fatti descritti nel capo di contestazione non sarebbero prescritti, atteso che la sentenza penale di assoluzione, emessa dal Tribunale di Firenze numero 5251/2023, è intervenuta nel 2023 tenendo conto di tale data per la decorrenza iniziale non risultando la data di passaggio in giudicato della sentenza , non è ancora trascorso il termine prescrizionale previsto dalla norma. Si richiama un precedente, concernente l'applicazione del vecchio termine di cui all'articolo 51 R.D. 1578/1933, secondo cui, qualora il procedimento disciplinare abbia luogo per fatti costituenti anche reato e per i quali sia stata iniziata l'azione penale, l'azione disciplinare è collegata alla pronuncia penale che non sia di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso , abbia come oggetto lo stesso fatto per il quale è stata formulata una imputazione, abbia natura obbligatoria e non possa essere iniziata prima che se ne sia verificato il presupposto, con la conseguenza che la prescrizione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale, salva l'ipotesi in cui il termine quinquennale sia già interamente decorso al momento dell'esercizio dell'azione penale Sez. unumero 14 settembre 2022, numero 26990 . 2.4. Nella specie, deve applicarsi senz'altro il nuovo articolo 56 L.247/2012, in vigore dal 2 febbraio 2013, essendo stati i fatti contestati, relativi ai capi da I a IV di incolpazione, che qui interessano per il V essendo intervenuto proscioglimento già in primo grado , commessi nell'anno 2015 3 aprile . Si deve ribadire che per le sanzioni disciplinari contenute nel codice deontologico forense non rileva lo ius superveniens e, quindi, il momento di riferimento per l'individuazione del regime della prescrizione applicabile rimane quella della commissione del fatto ovvero della cessazione della sua permanenza, non già quello della incolpazione cfr., Cass., S.U., numero 9543/2023 e numero 8558/2023 . Trattasi poi di illeciti vari, ma di carattere istantaneo. Attualmente, l'articolo 56 della vigente L. 31 dicembre 2012, numero 247 regola espressamente il profilo della decorrenza della prescrizione dell'azione disciplinare. Prevede, infatti, che il termine della prescrizione – sei anni - è interrotto con la comunicazione all'incolpato della notizia dell'illecito ed anche dalla notifica della decisione del Consiglio distrettuale di disciplina e della sentenza pronunciata dal CNF su ricorso, decorrendo da ogni interruzione un nuovo termine della durata di cinque anni. Se gli atti interruttivi sono più di uno, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi, ma in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato di oltre un quarto e non si computa il tempo delle eventuali sospensioni. La nuova norma dispone, quindi, la possibilità che il giudizio disciplinare possa procedere autonomamente rispetto a quello penale, per i fatti costituenti anche reato non essendoci una necessaria pregiudizialità del giudizio penale e che, in ogni caso, ove si attenda l'esito del processo penale, il termine per l'esercizio dell'azione disciplinare sia più breve di quello ordinario. Questa Corte, in relazione alla pregressa disciplina, aveva affermato Cass. S. U. civ. numero 21827/2015 e Cass. S. U. 22 luglio 2016, numero 15205 che, qualora l'addebito abbia ad oggetto gli stessi fatti contestati in sede penale, s'impone la sospensione del giudizio disciplinare in pendenza del procedimento penale, ai sensi dell'articolo 295 c.p.c., e tale sospensione si esaurisce con il passaggio in giudicato della sentenza che definisce il procedimento penale. Queste Sezioni Unite hanno poi affermato che la L. numero 247 del 2012, articolo 54, che disciplina in termini di reciproca autonomia i rapporti tra procedimento disciplinare nei confronti di avvocati e procedimento penale avente ad oggetto gli stessi fatti, nel senso di escludere la sospensione necessaria del primo giudizio in attesa della definizione del secondo, e di consentire, in via di eccezione, una sospensione facoltativa, limitata nel tempo massimo due anni , trova applicazione a far tempo dal 1 gennaio 2015, in forza della regola transitoria dettata dall'articolo 65, comma 1, della citata Legge Cass. Sez. Unite numero 7336 del 2021 . 2.5. Non merita l'accoglimento l'assunto del ricorrente secondo cui, stante l'assenza di atti sospensivi nel corso del giudizio di primo grado e sino all'apertura del giudizio di secondo grado 22 settembre 2022, data della prima udienza e ordinanza di sospensione , l'azione disciplinare si sarebbe prescritta già il giorno 8 maggio 2022, dunque prima dell'inizio del giudizio dinanzi al CNF, avuto riguardo al termine di decorrenza del primo periodo di cinque anni successivo alla comunicazione fatta all'incolpato nel marzo 2017. Nella specie, dall'8 maggio 2017, con la comunicazione all'incolpato della notizia dell'illecito penale pervenuta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze , da cui scaturiva il procedimento disciplinare, decorreva il nuovo termine di cinque anni di prescrizione richiamato dall'art 56, comma 3 L. 247/2012. Ma altro atto interruttivo è intervenuto con la comunicazione, in data 21/1/2022 vedasi ricorso al CNF all. 3 e 4 della decisione del CDD numero 145 del 22/11/2021, depositata il 20/1/2022. Dunque la prescrizione veniva validamente interrotta dalla comunicazione della sentenza di primo grado, in data 21/1/2022, epoca in cui non era trascorso il termine massimo prescrizionale di cui all'articolo 56 legge citata, pari a sette anni e mezzo dall'aprile 2015 . 2.6. Il giudizio disciplinare in appello è poi stato sospeso, giusta istanza dell'avvocato del settembre 2022, dal CNF con ordinanza del 22/9/2022, sino al 22/2/2023 all. to 17 ricorso per cassazione . Quindi, con altra ordinanza del 23/2/2023, è intervenuta, sempre su istanza dell'avvocato, una prima proroga della sospensione sino al 21/6/2023, fissandosi per la prosecuzione l'udienza del 22 giugno 2023 all.to 18 ricorso per cassazione . Altra proroga della sospensione del giudizio disciplinare è stata concessa, su istanza dell'avvocato, con successiva ordinanza all'esito dell'udienza del 22/6/2023 del CNF depositata il 28/6/2023, sino al 22/11/2023, con fissazione dell'udienza di prosecuzione al 23/11/2023 all. to 19 ricorso per cassazione . La sentenza del Tribunale di Firenze, nel procedimento penale, del 21/9/2023, è divenuta irrevocabile il 20/11/2023 all.to 20 ricorso per cassazione . All'udienza del 23/11/2023, il CNF si è riservata la decisione, depositata il 1/12/2023 e notificata in pari data. Il giudizio disciplinare risulta quindi essere stato sospeso dal 22/9/2022 sino al 22/11/2023. Il suddetto periodo di sospensione, ex articolo 56 cit., non si computa ai fini del decorso del termine di sospensione. In data 1/12/2023, è intervenuto l'ultimo degli atti interruttivi del decorso del termine di prescrizione dell'azione disciplinare. 2.7. Ne deriva, pronunciando sul ricorso, che comunque l'azione disciplinare si è prescritta dinanzi a questo giudice di legittimità, per decorso del termine massimo di sette anni e sei mesi, a partire dal 3 aprile 2015 data delle condotte illecite contestate , pur considerata la sospensione del termine prescrizionale dal 22/9/2022 al 22/11/2023. La sentenza impugnata va quindi cassata senza rinvio per prescrizione dell'azione disciplinare. La sopravvenuta maturazione della prescrizione durante la pendenza del giudizio di cassazione giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità Cass. S.U. 32634/2022 . P.Q.M. La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.