Accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento: la Suprema Corte sul concetto di «decisorietà»

In tema di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, se il provvedimento si arresta alla fase dell’inammissibilità della proposta non si ha decisione su diritti contrapposti, e dunque non si è in presenza di un provvedimento avente il connotato di decisorietà necessario ai fini del ricorso straordinario se, invece, il provvedimento è relativo al reclamo sul diniego di omologazione, ovvero sull’avvenuta omologazione, allora la situazione cambia, dal momento che quel provvedimento integra una decisione su diritti soggettivi contrapposti resa nel contraddittorio, e diventa come tale suscettibile di stabilizzazione equipollente ad un giudicato cd. allo stato degli atti.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'importante pronuncia in analisi. In particolare, il ricorrente aveva inizialmente presentato reclamo contro il decreto d'inammissibilità della sua domanda di accordo per la composizione della crisi di sovraindebitamento emesso dal giudice delegato del Tribunale di Padova. Dopo il rigetto da parte del giudice di merito, veniva presentato ricorso per cassazione sulla base di tre motivi poiché una volta fissata l'udienza, il giudice non può dichiarare l'inammissibilità del ricorso per mancanza dei requisiti indicati ex articolo 7 l. numero 3/2012 per aver equiparato ai fini della percentuale minima di pagamento dei crediti l'accordo di ristrutturazione e il piano del consumatore in quanto gli atti compiuti dal debitore non potrebbero esser considerati «in frode» ai creditori nel senso indicato dalla norma.   La Suprema Corte, trattando il tema del ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111, comma 7, Cost. in relazione al piano del consumatore e ad altri strumenti di composizione debitoria, ha chiarito che inizialmente l'accesso a tale strumento veniva negato per tutti i decreti emessi in questa materia, a causa dell'assenza dei requisiti di definitività e decisorietà necessari per l'impugnazione. Con l'ordinanza in esame, i Giudici hanno illustrato la coordinazione dei seguenti orientamenti contrapposti sul tema un indirizzo che riconosce il diritto di presentare un nuovo piano o proposta in seguito al rifiuto iniziale, mentre un secondo approccio che limita questa possibilità alla decisione di respingere la dichiarazione di inammissibilità della proposta o del piano, considerati sempre riproponibili. In altre parole, il primo contestualizza l'idoneità della decisione al giudicato sostanziale e alla definitività, permettendo il ricorso in cassazione solo nel caso di provvedimenti decisi e definitivi che influenzano direttamente i diritti soggettivi delle parti coinvolte. Al contrario, il secondo indirizzo tende a ridurre l'accesso al ricorso in cassazione in situazioni dove il provvedimento non risulta decisivo, non impatta su diritti soggettivi e non è definitivo. Inoltre, la Cassazione ha sottolineato la moderna interpretazione del concetto di «decisorietà»  al fine di garantire uniformità nell'applicazione della legge attraverso decisioni giudiziali definitive, decisive e non soggette ad ulteriori impugnazioni. Gli approcci descritti mirano a conciliare la giurisdizione contenziosa con la tutela dei diritti soggettivi, conferendo importanza alla stabilità ed efficacia delle decisioni giudiziali.

Presidente Ferro - Relatore Terrusi Fatti di causa P.R. ha proposto reclamo avverso il decreto del giudice delegato del Tribunale di Padova che ne ha dichiarato inammissibile la domanda di accordo di composizione della crisi di sovraindebitamento depositata il 4-10-2021. L'adito tribunale ha respinto il reclamo. P.R. ha impugnato il decreto con ricorso per cassazione affidato a tre motivi i violazione o falsa applicazione degli articolo 7 e 10 della l. numero 3/2012, perché una volta adottato il decreto di fissazione dell'udienza di cui all'articolo 10 il giudice non può pronunciare l'inammissibilità del ricorso per carenza dei presupposti di cui all'articolo 7 ii violazione o falsa applicazione dell'articolo 7, 8 e 12 stessa legge, non potendo equipararsi l'accordo di ristrutturazione e il piano del consumatore ai fini della percentuale minima di pagamento dei crediti iii violazione o falsa applicazione dell'articolo 7, secondo comma, lett. d-quater della l. numero 3/2012, in quanto gli atti compiuti dal debitore non potrebbero esser considerati “in frode” ai creditori nel senso indicato dalla norma. Ha resistito l'Agenzia delle entrate. Il ricorrente ha depositato una memoria. Ragioni della decisione I. – In relazione a quanto sostenuto nelle premesse del ricorso è necessario osservare che questa Corte si è occupata del tema del ricorso straordinario sia a proposito del piano del consumatore, sia in relazione agli altri strumenti di composizione piani di sovraindebitamento e, come nella specie, accordi ristrutturazione dei debiti . L'orientamento si è affinato in stretto legame con l'evoluzione del concetto di decisorietà del provvedimento impugnabile. II. - Un'iniziale tesi ha negato l'accesso al ricorso straordinario per tutti i decreti adottati nella materia che qui rileva. Questa tesi - espressa dal principio per cui “il decreto di annullamento, in sede di reclamo, dell'omologazione del piano del consumatore intervenuta ex articolo 12-bis della l. numero 3 del 2012, non preclude al debitore - ancorché nei limiti temporali previsti dall'articolo 7, comma 2, lett. b , della richiamata legge - di proporre altro e diverso accordo o piano di ristrutturazione dei suoi debiti, sicché, essendo privo dei caratteri della decisorietà e definitività, non è ricorribile per cassazione” Cass. Sez. 6-1 numero 19117-17 - si è mossa sul crinale di una esegesi restrittiva del concetto di decisorietà, in quanto limitata dall'attitudine al giudicato sostanziale del provvedimento che ne costituisce oggetto. III. – Con essa si è però coordinato un indirizzo di analogo segno, ma limitatamente al decreto di rigetto della declaratoria di inammissibilità della proposta o del piano, perché ritenuti la proposta e il piano sempre riproponibili. Si è detto - “il decreto reiettivo del reclamo avverso il provvedimento di rigetto dell'ammissibilità del piano del consumatore di cui agli articolo 6,7, comma 1 bis, ed 8 della l. numero 3 del 2012, non precludendo a quest'ultimo - benché nei limiti temporali previsti dall'articolo 7, comma 2, lett. b , della medesima legge - di presentare un altro e diverso piano di ristrutturazione dei suoi debiti, è privo dei caratteri della decisorietà e definitività, sicché non è ricorribile per cassazione” Cass. Sez. 1 numero 1869-16, cui adde Cass. Sez. 6-1 numero 20917-17 - “il decreto reiettivo del reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato che ha dichiarato inammissibile la proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento è privo dei caratteri della decisorietà e definitività, non decidendo nel contraddittorio tra le parti su diritti soggettivi, e non esclude, pertanto, la reiterabilità della proposta medesima, sicché non è ricorribile per cassazione” Cass. 6-1 numero 6516-17 - “il decreto reiettivo del reclamo avverso il provvedimento, successivo alla nomina del professionista ex articolo 15, comma 9, l. numero 3 del 2012, di archiviazione della procedura di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, non è un provvedimento avente carattere decisorio, sicché non è ricorribile per cassazione” Cass. Sez. 6-1 numero 4497-18 . IV. - A fronte di questo numericamente più cospicuo orientamento, altre decisioni hanno reso il principio per cui “è ammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto di rigetto del reclamo proposto nei confronti del provvedimento con cui il tribunale, in composizione monocratica, abbia respinto l'istanza di omologazione del piano proposto dal consumatore nell'ambito della procedura di sovraindebitamento disciplinata dalla legge numero 3 del 2012, come integrata dalla legge numero 221 del 2012, in quanto provvedimento dotato del requisito della definitività - non essendo revocabile in dubbio che lo stesso sia «non altrimenti impugnabile» - e di quello della decisorietà” Cass. Sez. 1 numero 4451-18, conf. Cass. Sez. 1 numero 10095-19, Cass. Sez. 1 numero 28013-22, Cass. Sez. 1 numero 22797-23 . V. – Occorre dire che le decisioni rappresentative di codesto ultimo indirizzo non sono catalogabili come difformi rispetto a quelle in precedenza menzionate, nelle quali si è puntualizzato l'iniziale asserto di contrarietà della Corte al ricorso straordinario. Per deduzione dalle fattispecie è da affermare che gli indirizzi sono tra loro conformi. E lo sono in ciò che ai fini del ricorso straordinario è, in questa materia, necessario distinguere il caso del rigetto del reclamo sull'omologazione dal caso del rigetto del reclamo contro i provvedimenti di mera inammissibilità della proposta di accordo o del piano. Al fondo è infatti collocabile una più moderna visione del concetto di “decisorietà”, via via affrancato dalla nozione identificativa originaria di attitudine al giudicato sostanziale. VI. – Simile più moderna visione ha trovato assonanza in quanto le Sezioni Unite di questa Corte hanno detto a proposito degli accordi di ristrutturazione disciplinati dalla legge fallimentare. E' stato convincentemente affermato che “il decreto con il quale la corte d'appello, decidendo sul reclamo ai sensi dell'articolo 183, comma 1, l.fall., richiamato dall'articolo 182-bis, comma 5, l.fall., provvede, in senso positivo o negativo, in ordine all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111, comma 7, Cost.” Cass. Sez. U numero 26989-16 . Si tratta di un provvedimento decisorio poiché emesso all'esito di un procedimento di natura contenziosa destinato a produrre il giudicato sull'omologazione o non omologazione dell'accordo, oltre che naturalmente definitivo in quanto non altrimenti impugnabile. VII. – La stessa più moderna visione ha trovato conferma nella successiva giurisprudenza delle medesime Sezioni Unite, allorché il concetto di decisorietà è stato evocato in correlazione col canone di compatibilità costituzionale, stante la sempre più estesa perimetrazione del processo contenzioso a rito camerale Cass. Sez. U numero 22048-23 . Come osservato dalle Sezioni Unite, la decisorietà è concetto tradizionalmente imperniato sulla idoneità del provvedimento al giudicato in ordine alla situazione soggettiva coinvolta, quale che sia la forma del provvedimento stesso, purché codesto sia altresì definitivo, vale a dire insuscettibile di distinta impugnazione e non destinato a essere assorbito in un provvedimento ulteriore a sua volta impugnabile. Ma nei limiti in cui il provvedimento sia stabilmente destinato a incidere su diritti non può essere affrancato dalla garanzia costituzionale di cui all'articolo 111 cost. Sicché in definitiva il senso stesso della decisorietà di un provvedimento va affinato in senso relativo, così da rendere la nozione coerente con le caratteristiche del modello processuale di volta in volta prescelto dal legislatore come modello di tutela dei diritti soggettivi. La garanzia costituzionale di cui all'articolo 111 cost. mira a contrastare il pericolo di applicazioni non uniformi della legge con provvedimenti suscettibili di passare in giudicato, cioè con provvedimenti tipici ed esclusivi della giurisdizione contenziosa, mediante i quali il giudice, per realizzare la volontà di legge nel caso concreto, riconosce o attribuisce un diritto soggettivo, oggetto di contestazione, anche solo eventuale, nel contraddittorio delle parti. Ciò conduce a ravvisare la caratteristica della decisorietà anche in distinte fattispecie non allineate al modello ordinario del processo, fino a indurre alla tesi che “la decisorietà, dunque, consiste nell'attitudine del provvedimento del giudice non solo ad incidere su diritti soggettivi delle parti, ma ad incidervi con la particolare efficacia del giudicato nel che risiede appunto la differenza tra il semplice incidere e il decidere “ il quale giudicato è un “effetto tipico della giurisdizione contenziosa”. È giurisdizione contenziosa non tanto quella che si realizza necessariamente nel processo ordinario o speciale di cognizione, quanto piuttosto quella “che si esprime su una controversia, anche solo potenziale, fra parti contrapposte, chiamate a confrontarsi in contraddittorio nel processo” v. Cass. Sez. U numero 26989-16 e Cass. Sez. U numero 27073-16, rispettivamente relative ai decreti conclusivi dei giudizi di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti e della proposta di concordato preventivo . Mentre, se il provvedimento al quale la fase procedimentale è preordinata non costituisce espressione del potere-dovere del giudice di decidere controversie tra parti contrapposte, in cui ciascuna tende all'accertamento di un proprio diritto soggettivo nei confronti dell'altra, esso non può avere contenuto sostanziale di sentenza, né carattere decisorio, finanche ove non sia suscettibile di alcuna forma di impugnazione. In questi casi si è dinanzi a provvedimenti ritenuti sempre in qualche misura revocabili. VIII. – All'interno del perimetro d'indagine che in questa sede rileva, deve essere - allora - mantenuta ferma la distinzione appena menzionata, così da dare continuità all'orientamento divenuto oggi del tutto prevalente. Va affermato il principio secondo cui, in tema di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, se il provvedimento si arresta alla fase dell'inammissibilità della proposta non si ha decisione nel senso appena detto su diritti contrapposti, e dunque non si è in presenza di un provvedimento avente il connotato di decisorietà necessario ai fini del ricorso straordinario di cui all'articolo 111 cost. invece, se il provvedimento riguarda il reclamo sul diniego di omologazione, ovvero sull'avvenuta omologazione, allora la situazione muta radicalmente, perché quel provvedimento integra una decisione su diritti soggettivi contrapposti resa nel contraddittorio, e diviene come tale suscettibile di tendenziale stabilizzazione equipollente a un giudicato cd. allo stato degli atti. IX. – Nella concreta fattispecie il provvedimento impugnato è del primo tipo, perché il tribunale si è limitato a dichiarare inammissibile la domanda di accordo. Dunque, non è connotabile in senso decisorio oltre che definitivo . Per tale ragione il ricorso straordinario non è ammissibile. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 7.000,00 EUR oltre le spese prenotate a debito. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.