L’utilizzo di documentazione contraffatta a scopo fraudolento rappresenta una violazione grave degli obblighi contrattuali, giustificando il licenziamento senza preavviso.
Il caso La sentenza in commento si colloca nell'ambito dei licenziamenti disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, nel dettaglio, sulla legittimità del licenziamento di una dipendente dell'INPS per condotte fraudolente utilizzo di note di addebito contraffatte al fine di ottenere il rimborso di spese non giustificate , analizzando questioni come la tempestività delle contestazioni, la proporzionalità delle sanzioni e l'incidenza della violazione degli obblighi contrattuali sul vincolo fiduciario. Il Tribunale aveva confermato la validità del licenziamento, considerando la condotta una violazione grave degli obblighi contrattuali. Avendo la Corte d'Appello rigettato il ricorso della lavoratrice, confermando la tempestività delle contestazioni disciplinari, l'idoneità delle condotte a giustificare il licenziamento e la proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dei fatti, la ricorrente ha proposto ricorso in Cassazione articolando sette motivi. Violazione dei termini di tempestività Il primo motivo di ricorso è stato considerato infondato laddove la Corte ha ribadito che il termine per la contestazione decorre dalla data in cui l'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari UPD riceve una “notizia di infrazione” sufficiente ad avviare il procedimento articolo 55-bis d.lgs. numero 165/2001 . Nel caso specifico, il procedimento è stato avviato tempestivamente, poiché le contestazioni sono state emesse entro 120 giorni dalla trasmissione degli atti all'UPD, nel rispetto dei termini procedurali. Modalità della comunicazione delle contestazioni disciplinari Riguardo al secondo motivo di ricorso ritenuto inammissibile, la Corte ha escluso l'esistenza di disposizioni normative che richiedono l'obbligatorietà di modalità formali specifiche nella consegna degli atti disciplinari. Se è vero che, ai sensi dell'articolo 7 l. numero 300/1970 Statuto dei Lavoratori , il datore di lavoro è tenuto a specificare i fatti contestati in modo dettagliato, garantendo al lavoratore la possibilità di difendersi adeguatamente, nel caso di specie, la validità della comunicazione non è stata pregiudicata da tali aspetti, poiché la ricorrente ha comunque avuto piena conoscenza degli atti e la possibilità di difendersi. Insufficienza della motivazione del licenziamento Il terzo motivo è infondato, avendo la Corte considerato sufficienti le motivazioni fornite dall'INPS, con riferimento alla gravità della condotta motivando adeguatamente la decisione, considerando provata la contraffazione e la finalità fraudolenta della condotta stessa infatti, con specifico richiamo all'articolo 62, comma 9, numero 2, lett. b e f del CCNL, ha evidenziato la contraffazione delle note di addebito, la rilevanza penale della condotta, l'idoneità della stessa a ledere il vincolo fiduciario a tal punto, da non consentire la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro. Immutabilità della contestazione Sul quarto motivo di ricorso considerato inammissibile, la Corte ha rigettato la doglianza, chiarendo che il principio di immutabilità della contestazione si applica solo quando vi è una reale modifica degli addebiti rispetto a quelli originariamente formulati. Nel caso specifico, la Cassazione ha evidenziato che le due contestazioni disciplinari non rappresentavano una modifica o un ampliamento arbitrario degli addebiti, ma facevano riferimento a condotte simili di cui il datore di lavoro era venuto a conoscenza in tempi diversi. Inoltre, gli addebiti erano stati comunicati in maniera chiara e dettagliata in entrambi i casi, garantendo pienamente il diritto di difesa della lavoratrice. Apparenza della motivazione e violazione del principio di colpevolezza Anche il quinto motivo è inammissibile. La Corte ha escluso che la motivazione fosse apparente o insufficiente, confermando che la condotta fraudolenta era stata adeguatamente documentata e che la motivazione del licenziamento fosse congruente con i fatti accertati, ossia la falsificazione delle note di addebito che non costituivano promemoria ma erano contraffatte al solo scopo di ottenere i rimborsi dei costi, configurando artifizio e raggiro consapevole e una condotta oggettivamente idonea ad indurre in errore l'Amministrazione, arrecando un pregiudizio economico. Per quanto riguarda il principio di non colpevolezza, la Consulta ha sottolineato che la responsabilità penale non era ancora definitiva, ma ha comunque ritenuto che la gravità dei fatti fosse sufficiente a giustificare la sanzione disciplinare, soprattutto considerando la gravità delle condotte contestate, che hanno compromesso irreparabilmente il rapporto fiduciario. Errata applicazione delle normative contrattuali e leggi applicabili Il sesto motivo è del pari inammissibile. Al di là della modalità di formulazione della censura, proposta ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c., non sono infatti configurabili i vizi di irriducibile contraddittorietà e di illogicità manifesta della motivazione, avendo la Corte territoriale ritenuto provata la contraffazione delle note di addebito, sulla base delle quali la ricorrente aveva chiesto il rimborso. La Corte ha, dunque, respinto l'argomentazione secondo cui le spese sostenute dalla lavoratrice fossero giustificate. Violazione del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare Il settimo motivo è infondato. La sanzione disciplinare deve essere proporzionata alla gravità della condotta del dipendente, tenendo conto del contesto lavorativo, dell'eventuale pregiudizio arrecato e dell'impatto sulla fiducia tra le parti articolo 55-quater del D.Lgs. numero 165/2001, articolo 62, comma 9, lett. b del CCNL . Nel caso di specie, la condotta della lavoratrice ha leso il rapporto fiduciario e arrecato potenziale danno economico all'ente. Conclusioni Il ricorso è stato quindi rigettato, e, di conseguenza, la Corte ha confermato il licenziamento, enfatizzando il rispetto dei principi di correttezza procedurale e la necessità di preservare il rapporto fiduciario nel pubblico impiego, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese legali e di un ulteriore contributo unificato.
Presidente Tria – Relatore Buconi Fatti di causa 1.La Corte di Appello di Lecce ha rigettato l'appello proposto da C.M.R. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto le sue domande, volte ad ottenere l'annullamento del licenziamento disciplinare intimatole dall'INPS con raccomandata del 22.1.2020 notificata in data 5.2.2020, la condanna dell'INPS a reintegrarla nel posto di lavoro e il pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto dalla data del licenziamento a quella di effettiva reintegra, oltre al versamento dei contributi previdenziali. 2. Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte territoriale ha ritenuto tempestive le contestazioni del 7.10.2019 e del 4.11.2019 ed ha rilevato che solo nel giudizio di appello era stato dedotto che le suddette date sono quelle di emissione dei provvedimenti di contestazione, e non quelle della consegna degli atti all'interessata ed ha considerato ininfluenti le circostanze che le comunicazioni di segnalazione di fatti disciplinarmente rilevanti e le contestazioni disciplinari fossero state consegnate a mani all'appellante da personale INPS interno alla segreteria. 3. In ordine alla doglianza riguardante la comunicazione del licenziamento a mezzo di lettera raccomandata anziché a mani, ha condiviso le statuizioni del primo giudice, secondo cui non sussiste l'obbligo di consegnare la lettera di licenziamento al lavoratore sul posto di lavoro, e secondo cui il lavoratore non può essere allontanato dal posto di lavoro fino a quando la lettera non giunge all'indirizzo del lavoratore. 4. Il giudice di appello ha inoltre escluso la formazione progressiva della contestazione disciplinare e l'idoneità delle contestazioni a ledere il diritto alla difesa ed ha condiviso la statuizione del primo giudice secondo cui le condotte contestate alla C.M.R. avevano integrato un'ipotesi di violazione intenzionale degli obblighi, anche nei confronti di terzi, di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto. 5. Ha in particolare evidenziato che i medesimi fatti costituiscono grave violazione del dovere di correttezza e buona fede, tale da non consentire la prosecuzione del rapporto, avendo la C.M.R. agito con artifizio e raggiro per indurre in errore l'Amministrazione datrice di lavoro ha aggiunto che l'appellante aveva posto in essere un grave fatto di rilevanza penale, tanto che era stata rinviata a giudizio e condannata con sentenza non definitiva per il reato di truffa aggravata e continuata. 6. Ha altresì escluso che le note di addebito apparentemente provenienti dalla struttura alberghiera, accompagnate a note spese sottoscritte dalla lavoratrice e presentate al solo scopo di ottenere il rimborso dei costi in esse indicati costituissero meri pro memoria, ed ha evidenziato che solo dal 1.1.2019, in forza della legge di bilancio numero 205/2017, è divenuto obbligatorio il rilascio della fattura elettronica. 7. Ha infine ritenuto la proporzionalità della sanzione irrogata rispetto alla condotta della lavoratrice, valutata riguardo agli obblighi di diligenza e fedeltà, nonché alla luce del suo “disvalore ambientale”, evidenziando che la consapevole realizzazione di una condotta fraudolenta oggettivamente idonea ad indurre in errore il datore di lavoro non è scriminata dall'assenza di precedenti disciplinari, è in grado di arrecare pregiudizio economico all'ente e di scuotere il vincolo fiduciario. 8. Avverso tale sentenza C.M.R. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi, illustrati da memoria. 9. L'INPS ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1.Il primo motivo, che in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3 cod. proc. civ. denuncia violazione e falsa applicazione del principio di tempestività o immediatezza della contestazione disciplinare anche in relazione alle clausole generali di correttezza e buona fede di cui agli articolo 1175 e 1375 cod. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 55 bis comma 4 d.lgs. numero 165/2001, dell'articolo 55 comma 9-ter d.lgs. numero 165/2001, nonché dell'articolo 3, commi 3 e 4, del Regolamento di disciplina di INPS, violazione dell'articolo 1334 cod. civ. in materia di atto unilaterale recettizio, violazione delle norme e dei principi in materia di procedimento disciplinare, nonché motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, si articola in due sottocensure. Con la prima sottocensura deduce che la rilevanza disciplinare della condotta della C.M.R. era emersa già nel giugno 2009 lamenta che l'Ufficio Liquidazioni aveva operato al di fuori delle sue competenze, in quanto aveva avviato un'attività istruttoria di competenza dell'Ufficio disciplinare. Lamenta che la Corte territoriale ha erroneamente fatto decorrere il termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare dalla data di adozione delle lettere di contestazione, anziché dalla data della loro ricezione. Addebita alla Corte territoriale di avere ritenuto che il provvedimento espulsivo del 22.10.2020 fosse un atto non recettizio. Con la seconda sottocensura lamenta il carattere perplesso ed incomprensibile della motivazione nella parte in cui afferma che era stato dedotto per la prima volta in grado di appello che le date del 7.10.2019 e del 4.11.2019 erano quelle di emissione dei provvedimenti di contestazione e non di consegna dei medesimi. 2. Il secondo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., denuncia violazione delle norme e dei principi in materia di procedimento disciplinare motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile. Sostiene che la consegna materiale delle contestazioni del 7.10.2019 e del 4.11.2019, effettuata a mano ed in busta aperta, avrebbe dovuto essere effettuata da un dirigente o di un funzionario che avrebbe dovuto altresì provvedere alla lettura dei suddetti documenti , e non da parte del personale di segreteria. 3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia nullità della sentenza per motivazione solo apparente violazione dell'articolo 132, comma 2, numero 4, cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale omesso di esplicitare le ragioni del suo convincimento in base ai motivi di censura formulati dalla C.M.R., che aveva contestato la violazione dell'obbligo motivazionale del licenziamento anche con riferimento alle prescrizioni di cui agli articolo 51, comma 2, 55 ter, 55 quater e 2, comma 2, del d.lgs. numero 165/2001. Evidenzia che “i pochi righi” utilizzati dall'INPS per giustificare il licenziamento non costituiscono nemmeno una motivazione apparente, non avendo l'Istituto esplicitato le ragioni per le quali i fatti contestati alla C.M.R. siano idonei a giustificare la sanzione espulsiva. 4. Con il quarto mezzo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del principio di immutabilità della contestazione, nonché dell'articolo 7 della legge numero 300/1970, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3 cod. proc. civ. Evidenzia che ad una prima lettera di contestazione datata 7.10.2019, riguardante condotte poste in essere dal 19 marzo al 13 giugno 2019, aveva fatto seguito un'ulteriore lettera di contestazione, datata 4.11.2019 riguardante fatti diversi ed ulteriori e riferiti ad un arco temporale che copre l'intero anno 2018, e non contestati tempestivamente. Sostiene che l'INPS aveva posto in essere una “formazione progressiva” della contestazione disciplinare, introducendo fatti nuovi e diversi rispetto a quelli inizialmente contestati e lamenta che la C.M.R. non era stata posta in condizione di potersi difendere adeguatamente. 5. Con la quinta censura, il ricorso denuncia nullità della sentenza per motivazione solo apparente, violazione dell'articolo 132, comma 2, numero 4 cod. proc. civ., nonché dell'articolo 27, comma 2, Cost. e dell'articolo 6, comma 2, della CEDU. Addebita alla Corte territoriale di avere condiviso la pronuncia di primo grado senza procedere ad un esame critico delle argomentazioni del Tribunale di Lecce in base ai motivi di gravame, che avevano censurato la riconducibilità della condotta contestata all'articolo 62, comma 9, punto 2, lett. b e f del CCNL. Critica la sentenza impugnata per avere considerato provata la responsabilità penale della C.M.R. per truffa aggravata, in assenza di una condanna definitiva. 6. Con il sesto motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 36 e 3 Cost. motivazione complessa e oggettivamente incomprensibile, in relazione dell'articolo 62, comma 9, CCNL di comparto triennio 2016-2018 stipulato in data 12.2.2018. Lamenta che la motivazione della sentenza impugnata è affetta da irriducibile contraddittorietà ed illogicità manifesta addebita alla Corte territoriale di non avere valutato che la C.M.R. aveva effettivamente sostenuto le spese relative all'espletamento della sua attività lavorativa. Evidenzia che a fronte dell'imposizione di rendere la prestazione ad oltre 650 km di distanza dal luogo abituale di lavoro e di residenza, l'ente di appartenenza è tenuto a riconoscere una somma a titolo di alloggio, ancorché entro determinati limiti quantitativi richiama sul punto la nota DPC/ABI/62138 del 14.12.2015. 7. Con il settimo motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 3 Cost., dell'articolo 55 e dell'articolo 55 quater, comma 1, lett. d d.lgs. numero 165/2001, violazione del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare violazione degli articolo 2106 e 2119 cod. civ., dell'articolo 62, comma 9, CCNL di Comparto triennio 2016-2019 stipulato in data 12.2.2018 e dell'articolo 2, comma 9, lett. d , del Regolamento di disciplina INPS motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3 cod. proc. civ. Con la prima sottocensura deduce la violazione del principio di tassatività degli illeciti disciplinari puniti dalla contrattazione collettiva, nonché del principio di proporzionalità della sanzione. Lamenta che alla C.M.R. è stata applicata una sanzione più grave rispetto alle condotte individuate dal CCNL come giusta causa di licenziamento, evidenziando che il CCNL prevede la sanzione espulsiva per fattispecie differenti da quella esaminata. Con la seconda sottocensura lamenta l'omessa motivazione sugli elementi oggettivi della fattispecie sull'assenza di danno per l'INPS, sul fatto che i giustificativi non erano fatture elettroniche, sulla sottoscrizione delle note spese relative alle richieste di rimborso da parte del Direttore, sullo svolgimento della prestazione fino al 5.2.2020, sull'assenza di precedenti disciplinari da parte della C.M.R., sul mancato coinvolgimento, da parte dell'INPS della Direzione Centrale tecnologia, informatica e innovazione e sull'insuscettibilità di ripetizione dei fatti dopo la contestazione , sull'intenzionalità della condotta, sull'impatto sugli altri dipendenti dell'impresa. Evidenzia l'insufficienza della correlazione tra il fatto e la qualità di prestatore di lavoro e rimarca che il procedimento penale è sub iudice. 8. Il primo motivo è infondato. La prima sottocensura è infondata, avendo questa Corte chiarito che il termine per la contestazione, sia prima che dopo le modifiche apportate all'articolo 55 bis del d.lgs. numero 165 del 2001 dal d.lgs. numero 75 del 2017 riforma c.d. Madia , va calcolato dal momento in cui l'UPD riceve gli atti dal responsabile della struttura, e cioè riceve una “notizia di infrazione” di contenuto tale da consentirgli di dare in modo corretto l'avvio al procedimento disciplinare, nelle sue tre fasi fondamentali della contestazione dell'addebito, dell'istruttoria e dell'adozione della sanzione, anche nell'ipotesi in cui il protrarsi nel tempo di singole mancanze, pur da sole disciplinarmente rilevanti, integri un'autonoma e più grave infrazione Cass. numero 11635/2021 Cass. numero 20730/2022 Cass. numero 10284/2023 e Cass. numero 20235/2023 . L'immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo quali il tempo necessario per l'accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell'impresa , con valutazione riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici Cass. numero 281/2016 Cass. numero 16841/2018 Cass. numero 23516/2019 Cass. numero 32542/2021 Cass. numero 14726/2024 . Questa Corte ha inoltre chiarito che in tema di illeciti disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. numero 75 del 2017 cd. legge Madia all'articolo 55 bis del d.lgs. numero 165 del 2001, il termine per la conclusione del procedimento da parte dell'Ufficio per i procedimenti disciplinari non decorre più dalla conoscenza dell'illecito in capo al responsabile della struttura di appartenenza, ma da quando l'Ufficio predetto abbia effettuato la contestazione di tale illecito, sicché a tal fine i tempi intercorsi prima della comunicazione dell'illecito all'UPD non hanno rilievo, se non quando ne risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente Cass. numero 10284/2023 . La sentenza impugnata è conforme a tali principi, in quanto la Corte territoriale ha ritenuto con statuizione incensurata che la mancata allegazione delle fatture elettroniche, accertata già dal giugno 2019, poteva dipendere da un'irregolarità fiscale della struttura alberghiera, ed ha accertato che la trasmissione degli atti all'UPD era avvenuta nelle date del 27.9.2019 e del 29.10.2019, all'esito delle comunicazioni pervenute dallo OMISSIS e dal OMISSIS , dalle quali aveva desunto che la documentazione allegata dalla C.M.R. per il rimborso delle spese di alloggio era contraffatta, e ha fatto decorrere il termine di 120 per la conclusione del procedimento dalle contestazioni dell'illecito, avvenute nelle date del 7.10.2019 e del 4.11.2019. E' stato dunque rispettato il termine di 120 giorni il licenziamento è stato intimato in data 22.1.2020 e comunicato in data 5.2.2020 . Inoltre la seconda sottocensura, nel prospettare che la mancata corrispondenza tra la data di emissione delle contestazioni e quelle di consegna delle medesime risultava documentalmente ed era incontestata, non si confronta con la sentenza impugnata, che in modo assolutamente chiaro, perfettamente comprensibile e affatto perplesso, ha rilevato la mancata proposizione di tale doglianza nel giudizio di primo grado. 9. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto nel prospettare apoditticamente che la consegna delle note e le contestazioni alla C.M.R. a mano ed in busta aperta avrebbe dovuto essere effettuata da un dirigente/funzionario, non si confronta con la sentenza impugnata, la quale ha dato atto dell'inesistenza di una disposizione di legge che imponga la consegna da parte di un superiore gerarchico o del Direttore della sede delle contestazioni disciplinari o di qualunque provvedimento afferente alla sfera disciplinare. 10. Il terzo motivo è infondato, in quanto la Corte territoriale ha esplicitato le ragioni del proprio convincimento in base ai motivi di censura ha infatti riportato la motivazione del licenziamento, riferita alla violazione dell'articolo 62, nono comma, numero 2, lett b e f del CCNL di settore, nonché le suddette disposizioni, rispettivamente riferite a gravi fatti illeciti di rilevanza penale e a violazioni intenzionali, non ricomprese specificamente nelle lettere precedenti, degli obblighi, anche nei confronti di terzi, di gravità tale, in relazione ai criteri di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro. 11. Il quarto motivo è inammissibile, in quanto non denuncia la mancata corrispondenza tra i fatti contestati e quelli posti a base del licenziamento, ma sostiene che l'Amministrazione ha posto in essere una formazione “progressiva” della contestazione disciplinare. Inoltre la censura non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha escluso la lamentata formazione progressiva della contestazione disciplinare evidenziando che le contestazioni avevano ad oggetto condotte simili di cui il datore di lavoro era venuto a conoscenza in tempi diversi e che i fatti erano stati specificati in forma dettagliata, così da consentire all'appellante di difendersi compiutamente. 12. Anche il quinto motivo è inammissibile. Non è configurabile l'apparenza della motivazione, né la violazione del principio di non colpevolezza, avendo la Corte territoriale ritenuto che le note di addebito non costituivano promemoria ed erano contraffatte, ed avendo rilevato che erano state presentate al solo scopo di ottenere i rimborsi dei costi ivi indicati da parte della lavoratrice, che senza ripensamenti aveva agito con artifizio e raggiro aveva posto in essere consapevolmente una condotta oggettivamente idonea ad indurre in errore l'Amministrazione si vedano la diciottesima e la ventunesima pagina della sentenza impugnata . La Corte territoriale, dopo avere accertato la contraffazione delle note di debito, ha dunque valorizzato l'idoneità della condotta posta in essere dalla C.M.R. ad arrecare un pregiudizio economico all'ente e a scuotere il vincolo fiduciario. 13. Il sesto motivo è del pari inammissibile. Al di là della modalità di formulazione della censura, proposta ai sensi dell'articolo 360, comma primo, numero 3 cod. proc. civ., non sono infatti configurabili i vizi di irriducibile contraddittorietà e di illogicità manifesta della motivazione, avendo la Corte territoriale ritenuto provata la contraffazione delle note di addebito, sulla base delle quali la C.M.R. aveva chiesto il rimborso. 14. Anche il settimo motivo è infondato. Infatti l'articolo 55 quater d. lgs. numero 165/2001 fa salve le ulteriori ipotesi previste dal CCNL, e che l'articolo 62, comma 9, lett. b del CCNL di Comparto triennio 2016-2018 stipulato in data 12.2.2018 prevede la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso per la commissione di gravi fatti illeciti di rilevanza penale, compresi quelli che possono dare luogo alla sospensione cautelare, secondo la disciplina dell'articolo 64, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 65, mentre la lett. f del medesimo CCNL prevede la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso per violazioni intenzionali degli obblighi ancorché non ricomprese specificamente nelle lettere precedenti e anche nei confronti di terzi , di gravità tale, in relazione ai criterio di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro. Ciò premesso, la sentenza impugnata ha dato atto della provata contraffazione, posta in essere senza ripensamenti allo scopo di ottenere il rimborso dei costi indicati nelle note l'ha inoltre ritenuta idonea ad indurre in errore il datore di lavoro, nonché a cagionare un danno patrimoniale e a scuotere il vincolo fiduciario, a prescindere dall'assenza di precedenti disciplinari. La seconda sottocensura, nel prospettare l'omessa motivazione sulla sottoscrizione delle note spese relative alle richieste di rimborso da parte del Direttore, sul mancato coinvolgimento, da parte dell'INPS della Direzione Centrale tecnologia, informatica e innovazione e sull'insuscettibilità di ripetizione dei fatti dopo la contestazione, non indica né localizza gli atti dei gradi di merito in cui ha dedotto tali circostanze, mentre rispetto alla posizione professionale rivestita e all'impatto sugli altri dipendenti la censura si traduce nell'inammissibile denuncia di insufficienza della motivazione. 15. Il ricorso va pertanto rigettato. 16. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. 17. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, dell'obbligo, per la parte ricorrente, di versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione integralmente rigettata, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 4000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge Ai sensi del d.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.