Misure di prevenzione: il rapporto tra interdittiva antimafia e richiesta di controllo giudiziario

La richiesta di controllo giudiziario ex articolo 34 bis del d.lgs. numero 159 del 2011, avanzata dall’impresa attinta da interdittiva antimafia, non può essere respinta per insussistenza del prerequisito del pericolo di infiltrazioni mafiose già accertato in sede amministrativa, dovendosi preservare, in pendenza dell’impugnazione avverso la misura prefettizia, l’interesse della parte privata alla continuità dell’attività d’impresa.

La sentenza in commento trae origine dal decreto emesso dalla Corte di appello di Napoli, Sezione misure di prevenzione, con cui confermava il decreto di prevenzione del Tribunale di Napoli, con il quale veniva respinta la richiesta formulata dalla società di essere ammessa al controllo giudiziario ex articolo 34 bis, comma 6, d.lgs. numero 159 del 2011. Nel decreto la Corte territoriale sosteneva che l'istanza di applicazione della misura di prevenzione del controllo giudiziario, promossa da impresa raggiunta da interdittiva antimafia del Prefetto, impugnata innanzi al giudice amministrativo, implica necessariamente una valutazione positiva circa l'effettività del pericolo di infiltrazioni mafiose. Tale richiesta non può infatti, essere accolta qualora l'impresa richiedente risulti estranea ai tentativi di infiltrazione. Il legale rappresentate della società presentava dunque ricorso per cassazione poiché riteneva sussistenti i presupposti per l'applicazione della disciplina ex articolo 34 bis, d.lgs. numero 159/2011. La sesta sezione, in armonia con quanto già indicato nella pronuncia numero 27704/2021, ha ribadito che con riferimento al rapporto tra interdittiva antimafia del Prefetto e la misura di prevenzione del controllo giudiziario si esclude ogni automatismo. Il Tribunale della Prevenzione può accogliere l'istanza del titolare dell'impresa solo qualora reputi sussistenti i presupposti previsti per l'applicazione del controllo occasionalità dell'agevolazione mafiosa e impugnazione del provvedimento prefettizio innanzi al giudice amministrativo. Nel caso in cui ovviamente risulti che l'impresa è fortemente condizionata da ingerenze mafiose, non troverà accoglimento l'istanza. Quest'ultima però non può essere rigettata escludendo in radice il pericolo di infiltrazione mafiosa perché già oggetto di valutazione in sede amministrativa solo qualora il pericolo sia ritenuto più grave dal giudice della prevenzione si giustifica il rigetto. Cosicché, secondo il Collegio, il presupposto dell'occasionalità di infiltrazioni mafiose deve essere valutato come condizione ostativa solo se il pericolo di ingerenza sia maggiore e più grave, perché non rimediabile con il semplice controllo giudiziario, ma non quando tale pericolo sia considerato addirittura inesistente, quando è l'impresa a richiederlo. Il prerequisito dell'infiltrazione mafiosa deve quindi sempre essere valutato dal giudice e, nel caso di ipotetica insussistenza di ogni rischio, la richiesta della parte privata non può mai essere respinta.

Presidente Fidelbo - Relatore Gallucci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Napoli, Sezione misure di prevenzione, con decreto del 5 marzo 2024 motivazione depositata il successivo 2 maggio ha confermato il decreto di prevenzione emesso dal Tribunale di Napoli con il quale era stata respinta la richiesta formulata dalla società di essere ammessa al controllo giudiziario ex articolo 34 bis, comma 6, d.lgs. numero 159 del 2011. Sul punto la Corte territoriale ha ritenuto che l'istanza di applicazione della misura di prevenzione del controllo giudiziario - avanzata ai sensi dell'articolo 34 bis, comma 6, del codice antimafia - dall'impresa raggiunta da interdittiva antimafia del Prefetto - che abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo tale interdittiva - implichi comunque necessariamente una valutazione positiva circa l'effettività del pericolo di infiltrazioni mafiose, non potendo tale richiesta essere accolta laddove l'impresa richiedente risulti estranea a tentativi di infiltrazione e non esposta a tale pericolo come accertato dal Tribunale di prima istanza . 2. Avverso il decreto di appello ricorre il legale rappresentante della società invocando violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione, richiamando al riguardo alcune sentenze della Cassazione in forza delle quali devono ritenersi sussistenti i presupposti per l'applicazione della disciplina sopra indicata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Questa Sezione ha già evidenziato come «in materia di misure di prevenzione, la richiesta di controllo giudiziario ex articolo 34-bis del d.lgs. 6 settembre 2011, numero 159 avanzata dalla impresa attinta da interdittiva antimafia non può essere respinta per insussistenza del prerequisito del pericolo di infiltrazioni mafiose, già accertato dall'organo amministrativo, dovendosi preservare, in pendenza dell'impugnazione avverso la misura prefettizia, l'interesse della parte privata alla continuità dell'attività di impresa attraverso la sospensione dell'efficacia dei divieti nei rapporti con la pubblica amministrazione e tra privati che discendono dalla interdittiva» Sez. 5, numero 27704 del 09/06/2021, Società coop. a.r.l. Gli Angeli , Rv. 281822 - 01 . 2.1. In questa pronuncia si è precisato che «con riferimento al rapporto tra interdittiva antimafia del prefetto e la misura di prevenzione del controllo giudiziario la questione è stata già affrontata in modo costante nella giurisprudenza di legittimità vedi anche Sez. U. numero 46898 del 26/09/2019, Ricchiuto, Rv. 277156 , nel senso di escludere ogni automatismo, ma di ritenere che il tribunale della prevenzione possa accogliere l'istanza del titolare dell'Impresa, solo se reputi sussistenti i presupposti previsti per l'applicazione della misura del controllo giudiziario, ovvero l'occasionalità dell'agevolazione mafiosa e la pendenza di una impugnazione davanti al giudice amministrativo del provvedimento prefettizio. Quindi, se l'impresa è fortemente condizionata da ingerenze mafiose, non può trovare accoglimento l'istanza, che presuppone una occasionalità del contatto mafioso. Ciò non significa, però, che l'istanza avanzata dalla stessa impresa possa essere rigettata escludendo in radice il pericolo di infiltrazione mafiosa, perchè tale pericolo è stato già oggetto di valutazione in sede amministrativa, ed è solo ove il pericolo di infiltrazione sia ritenuto più grave dal giudice della prevenzione che si può giustificare il rigetto, ma non certamente quando tale pericolo dovesse essere ritenuto addirittura inesistente, perché in tal caso e a maggior ragione si giustificherebbe l'accoglimento dell'istanza volta ad assicurare la continuità dell'impresa attraverso la sua sottoposizione a controllo giudiziario. In altri termini, il presupposto dell'occasionalità di infiltrazione mafiosa deve essere valutato come condizione ostativa solo se il pericolo di ingerenza mafiosa sia maggiore e più grave, perché non rimediabile con il semplice controllo giudiziario, ma non quando tale pericolo sia considerato addirittura inesistente, quando è l'impresa stessa che richiede di sottoporsi a tale messa alla prova proprio per dimostrare nei fatti di non essere mafiosa o comunque di essere capace di emendarsi , attesi i poteri di controllo che l'applicazione della misura di prevenzione comporta. In tal caso, negare il rimedio sollecitato dalla stessa impresa sottoposta ad interdittiva antimafia sarebbe privo di senso, atteso che se non si può prescindere dalla verifica della contiguità mafiosa e del suo grado di contaminazione quando la misura sia stata richiesta dalla parte pubblica, diversamente, quando la iniziativa è dell'impresa stessa, deve aversi riguardo solo ad una prospettiva di adeguatezza della misura rispetto alla finalità perseguita di emenda dell'azienda che giustifica la sospensione degli effetti dell'interdittiva antimafia finché l'impugnazione in sede amministrativa sia pendente. Si deve ribadire il principio già affermato da questa Corte in materia di misure di prevenzione, secondo cui quando sia formulata richiesta di controllo giudiziario, ex articolo 34-bis, comma 1, del d.lgs. 6 settembre 2011, numero 159, su iniziativa della 3 parte pubblica, la valutazione del prerequisito del pericolo concreto di infiltrazioni mafiose, idonee a condizionare le attività economiche e le aziende, è riservata in via esclusiva al giudice della prevenzione, mentre nel caso di istanza della parte privata, ai sensi del comma 6 del medesimo articolo, tale valutazione deve tener conto dell'accertamento di quello stesso prerequisito effettuato dall'organo amministrativo con l'informazione antimafia interdittiva, che rappresenta, pertanto, il substrato della decisione del giudice ordinario al fine di garantire il contemperamento fra i diritti costituzionalmente garantiti della tutela dell'ordine pubblico e della libertà di iniziativa economica attraverso l'esercizio dell'impresa Sez. 2, numero 9122 del 28/01/2021, Gandolfi, Rv. 280906 . Ciò significa che il prerequisito dell'inquinamento mafioso dell'impresa deve essere sempre valutato anche quando sia l'impresa a chiedere l'applicazione della misura di prevenzione, ma ai soli fini del necessario vaglio della bonificabilità dell'impresa e quindi del carattere non irreversibile della contaminazione ed infiltrazione mafiosa. Nel caso di ipotetica insussistenza di ogni rischio di infiltrazione mafiosa, invece, la richiesta della parte privata non potrebbe mai essere respinta, essendo evidente che l'interesse tutelato dalla norma di assicurare, in pendenza dell'impugnazione davanti al giudice amministrativo, la continuità dell'attività di impresa attraverso la sospensione dell'efficacia dei divieti di qualunque attività nei rapporti d'impresa con la pubblica amministrazione contratti, concessioni o sovvenzioni pubblici , e anche quelli tra privati autorizzazioni che discendono dalla interdittiva antimafia, assume doverosa precedenza rispetto all'interesse di tutela del mercato dall'inquinamento mafioso, proprio quando gli elementi di contaminazione mafiosa risultino più sfuggenti e meno concreti. Diversamente, tenuto conto che l'ammissione al controllo giudiziario sospende gli effetti della interdittiva prefettizia, si introdurrebbe una irragionevole disparità di trattamento a sfavore delle imprese più sane, comunque colpite dall'interdittiva antimafia, che non potrebbero mai avvalersi di tale istituto, rispetto a quelle che, presentando più evidenti sintomi di infiltrazione mafiosa, potrebbero invece beneficiare della sospensione dei divieti correlati alla misura interdittiva, ove tali elementi di collegamento con la criminalità organizzata fossero ritenuti superabili ed emendabili attraverso il controllo giudiziario. Giova qui richiamare quanto affermato con incisiva chiarezza nella sentenza delle Sezioni Unite numero 46898 del 26/09/2019, Ricchiuto, Rv. 277156 «Non vi è alcun dubbio che con riferimento all'istituto di cui all'articolo 34 d.lgs. numero 159 del 2011 e a quello del controllo giudiziario a richiesta della parte pubblica o disposto di ufficio sia doveroso il preliminare accertamento da parte del giudice delle condizioni oggettive descritte nelle norme di riferimento e cioè il grado di assoggettamento dell' attività economica alle descritte condizioni di intimidazione mafiosa e la attitudine di esse alla agevolazione di persone pericolose pure indicate nelle fattispecie. Con riferimento, poi, alla domanda della parte privata, che sia raggiunta da interdittiva antimafia, di accedere al controllo giudiziario, tale accertamento non scolora del tutto, dovendo pur sempre il tribunale adito accertare i presupposti della misura, necessariamente comprensivi della occasionalità della agevolazione dei soggetti pericolosi, come si desume dal rilievo che l'accertamento della insussistenza di tale presupposto ed eventualmente di una situazione più compromessa possono comportare il rigetto della domanda e magari l'accoglimento di quella, di parte avversa, relativa alla più gravosa misura della amministrazione giudiziaria o di altra ablativa. La peculiarità dell'accertamento del giudice, sia con riferimento alla amministrazione giudiziaria che al controllo giudiziario, ed a maggior ragione in relazione al controllo volontario, sta però nel fatto che il fuoco della attenzione e quindi del risultato di analisi deve essere posto non solo su tale pre-requisito, quanto piuttosto, valorizzando le caratteristiche strutturali del presupposto verificato, sulle concrete possibilità che la singola realtà aziendale ha o meno di compiere fruttuosamente il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano, anche avvalendosi dei controlli e delle sollecitazioni nel caso della amministrazione, anche vere intromissioni che il giudice delegato può rivolgere nel guidare la impresa infiltrata». 2.2. A tali principi - che il Collegio condivide e che devono essere qui ribaditi - la Corte di appello non si è attenuta e pertanto si impone l'annullamento del decreto impugnato con rinvio per nuovo giudizio sul punto. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.