Uno degli incidenti che si verificano più di frequente nel condominio è rappresentato dalla caduta sulle scale, nell'androne oppure in uno dei luoghi comuni. Raramente colui che subisce il danno ammette che il fatto è dipeso dalla propria scarsa attenzione. Spesso la responsabilità di quanto avvenuto viene addossata al condominio e, in conseguenza e con pervicacia, vengono avviate azioni risarcitorie nei confronti dello stesso. Nella maggioranza dei casi, la domanda viene respinta, difettando dei presupposti di legge previsti per il riconoscimento del danno provocato dalla cosa in custodia. Questo è nuovamente avvenuto per effetto di una recente sentenza di merito, che ha messo in luce come sia risolutivo, per l'esito favorevole dell'azione, che all'evento non abbiano contribuito anche fattori causali diversi da quelli legati alla violazione degli obblighi connessi al dovere di custodia.
L'oggetto della controversia era costituito da una richiesta risarcitoria avanzata da un soggetto, il quale aveva dichiarato di essere scivolato sugli scalini posti davanti al portone del palazzo, bagnati, privi di linee antiscivolo e di qualsiasi segnalazione di pericolo, con conseguente danno ricollegabile all'evento. L'attore, in particolare, aveva sostenuto che il fatto fosse addebitabile al convenuto condominio, il quale aveva omesso di provvedere alla messa in opera di quelle necessarie accortezze che avrebbero evitato il verificarsi di quanto accaduto. Dall'istruttoria, tuttavia, non erano emersi elementi tali da dimostrare che la caduta fosse riconducibile alle condizioni della scala, né utili a tal fine erano state le dichiarazioni di un solo testimone, il quale non aveva potuto riferire la dinamica dell'incidente limitandosi, tra l'altro, ad affermare che in quel momento non pioveva. Il Tribunale, a fronte dell'assenza di prova in merito ai difetti della scala, aveva ritenuto che l'evento dovesse essere attribuito esclusivamente alla disattenzione dell'attore, con conseguente rigetto della sua domanda. La controversia esaminata dal giudice monocratico ripropone un tema classico, ovvero quando il soggetto abbia diritto al risarcimento per i danni causati nell'uso di una parte comune dello stabile condominiale. La decisione si richiama al dettato normativo contenuto nell'articolo 2051 c.c. rispetto al quale il Tribunale etneo ha evidenziato come danneggiato e danneggiante si trovino, ai fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento danni determinati da cose in custodia, su fronti decisamente differenti il primo deve dimostrare che l'evento dannoso è diretta conseguenza della res, il secondo che il fatto si è verificato per un caso fortuito, in quanto non prevedibile e non riferibile alla propria sfera di volontà. Sulla base di tale pacifico presupposto, il giudicante, dal contenuto dell'atto di citazione oltre che dalle risultanze istruttorie, ha ritenuto non dimostrate le modalità del sinistro dalle quali trarsi la prova che la caduta fosse riconducibile ad un unico difetto dei gradini della scala, quale l'assenza della striscia antiscivolo, non avendo lo stesso attore riscontrato altre criticità della struttura. Il fatto, inoltre, che lo stesso attore avesse genericamente dichiarato che i gradini erano bagnati non provava nulla, tanto è vero che il teste aveva dichiarato che quel giorno non pioveva e che, comunque, si era reso conto dell'accaduto quando l'attore era già a terra. La conclusione cui è giunto il Tribunale, quindi, è stata quella di dichiarare che l'evento si era verificato per una disattenzione del danneggiato il quale, ove le scale fossero state effettivamente bagnate per la pioggia, avrebbe dovuto adottare un comportamento più accorto, anche in considerazione del fatto che l'evento si era verificato in pieno giorno ed in totale visibilità dello stato dei luoghi. La responsabilità ex articolo 2051 c.c. si caratterizza per due elementi da un lato, la natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità, che non si fonda sulla presunzione di colpa, essendo sufficiente che il danneggiato fornisca la prova del nesso eziologico tra la cosa in custodia ed il danno e, dall'altro, l'accertamento della sussistenza del caso fortuito che, quanto al comportamento del custode, può esercitare un effetto liberatorio, totale o parziale, del medesimo rispetto all'evento dannoso. In questo quadro, si va ad inserire - come nel caso in esame - il c.d. «fatto colposo del danneggiato», ossia il comportamento messo in atto dal danneggiato, il quale ha contribuito al verificarsi del fatto che ha determinato il danno ed è configurabile allorché non sia stata messa in atto alcuna condotta alternativa e tale da impedire o prevenire l'eventualità dell'accadimento dannoso. Sul punto, la giurisprudenza si è più volte espressa in modo costante, affermando che «in tema di danno prodotto da cose in custodia, l'esclusiva condotta colpevole del danneggiato è equiparabile al caso fortuito ed esclude, pertanto, la responsabilità del proprietario della cosa, da cui il danno deriva, agli effetti sia dell'articolo 2051 c.c. che dell'articolo 2043 c.c.» così, ex multis, Cass. civ. sez. III, 26 marzo 2002, numero 4308 . Si tratta di principi di ordine generale che devono essere traslati nell'ambito dell'istituto del condominio nel quale quest'ultimo, custode dei beni e dei servizi comuni, deve adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, essendo chiamato, in caso contrario, a rispondere dei danni da queste cagionati ad altri siano essi condomini o terzi ai sensi dell'articolo 2051 c.c. La configurazione giuridica del condominio, tuttavia, non esclude che nel verificarsi di un evento dannoso classificabile ai sensi dell'articolo 2051 c.c. citato non vi possa essere una responsabilità personale dell'amministratore. Questi, infatti, ai sensi dell'articolo 1130 c.c., è titolare di una attività gestionale ad ampio spettro, nella quale «assicurare a ciascuno dei condomini il miglior godimento delle cose e dei servizi comuni» numero 2 può assumere un significato più ampio di quello testuale, estendendosi anche alla custodia delle stesse. Egli, tuttavia, è soggetto, ai sensi dell'articolo 1218 c. c., solo all'azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato ai terzi danneggiati Cass. civ., sez. III, 14 agosto 2014, numero 17983 . Interessante e degna di menzione la motivazione della Corte territoriale su questo particolare aspetto della questione, allorché ha posto in evidenza che per quanto l'attività dell'amministratore sia quella ora richiamata gestione, custodia, obbligo di vigilanza , la responsabilità extracontrattuale verso i terzi risulta praticabile - ex articolo 2051 c.c. - esclusivamente a carico del condominio, residuando per l'amministratore esclusivamente la possibilità di incorrere in responsabilità contrattuale, nel rapporto interno che lo lega al condominio. Ma la suddetta Corte non si è fermata qui, avendo evidenziato che la «custodia giuridica», posta a fondamento dell'articolo 2051 c.c., è altra cosa rispetto al compito di custodire i beni comuni che rientra negli obblighi contrattuali assunti dall'amministratore nei confronti dei condomini, talchè l'accertamento della violazione di questo si esaurisce nei rapporti interni al condominio senza, tuttavia, escludere o diminuire l'eventuale responsabilità del condominio medesimo nei confronti di altri soggetti. Tornando al sinistro identificabile come «caduta dalle scale condominiali», la mole delle sentenze di merito e di legittimità dà conto di come la questione sia particolarmente delicata al fine di accertare la responsabilità dell'evento. A titolo di esempio va citato il caso di una caduta asseritamente causata da una rottura di un gradino della scala per il quale, pur a fronte di un effettivo vizio dello stesso, è stato ritenuto App. Genova 18 ottobre 2021, numero 1048 Cass. civ. sez. III, 4 marzo 2024, numero 5708 che, anche ove provato che lo stesso fosse “sbeccato” già prima del verificarsi del sinistro, il danneggiato non poteva non avere notato lo stato della struttura avendola più volte utilizzata. Ergo, il medesimo avrebbe dovuto adottare una condotta consona allo stato dei luoghi, anche in considerazione delle dimensioni della profondità e lunghezza dello scalino, della presenza del corrimano nonché dell'orario in cui l'incidente si era verificato. Diverso, invece, il caso rappresentato dalla rottura improvvisa di un gradino verificatasi in conseguenza di un vizio dello stesso, rispetto al quale l'amministratore pur essendone a conoscenza non abbia provveduto ad intervenire Trib. La Spezia 27 settembre 2021, numero 512 . Ed ancora è stato affermato Trib. Ascoli Piceno 5 luglio 2024 , in via generale, che una rampa di scale non può essere considerata, di per sé, pericolosa per cui è chiaro che ciascun soggetto, nel percorrerla, debba adottare le cautele che appare ragionevole attendersi dall'uomo medio, tra cui certamente rientra la “normale” attenzione. Così come l'eventuale assenza del “corrimano” non è di per sé un elemento tale da configurare la responsabilità del condominio ex articolo 2051 c.c., quando l'edificio sia stato edificato prima del 1989, essendo il relativo obbligo riconducibile al d.m. numero 236/1989, ed applicabile solo agli immobili edificati successivamente a tale data. FONTE IUS/Condominio e locazione
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto La domanda di risarcimento danni formulata da R.M. nei confronti del condominio di Catania via omissis e della società Reale Mutua Assicurazioni, appare infondata e va, di conseguenza, rigettata. A tal riguardo va premesso che la parte attrice deduce la responsabilità delle parti convenute qualificata ai sensi dell'articolo 2051 c.c. e, solo in subordine, ai sensi dell'articolo 2043 c.c. Orbene, va detto che la parte danneggiata, in applicazione degli ordinari criteri di riparto dell'onere probatorio, ha l'onere di provare il nesso di causalità tra l'evento dannoso e la res in custodia, tanto con riferimento alla responsabilità da cosa in custodia articolo 2051 c.c. , quanto con riferimento alla responsabilità da fatto illecito articolo 2043 c.c. . Nello specifico, la responsabilità di cui all'articolo 2051 c.c. richiede, per la sua configurazione, soltanto la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno gravando, viceversa, sul custode l'onere di fornire la prova liberatoria del caso fortuito in presenza di un fatto storico qualificabile come illecito ai sensi dell'articolo 2043 cod. civ., la parte danneggiata dovrà invece fornire prova del fatto, del nesso di causalità, del danno ingiusto e della imputabilità soggettiva al danneggiante, il quale avrà l'onere di dimostrare l'assenza di colpa, o il concorso di colpa del danneggiato o la presenza di un caso fortuito. Detto ciò, quanto all'elemento oggettivo, in tutte e due le ipotesi, nel caso di cadute o di altri eventi che si verificano in aree nella custodia di un determinato soggetto, non è sufficiente la mera prova che l'evento si sia semplicemente verificato in quel posto, essendo necessario dimostrare che lo stesso sia stato concretamente provocato proprio dalla cosa in custodia e non da altri diversi fattori causali. Indi, è sempre necessario che la parte attrice alleghi e provi la dinamica del fatto, e cioè la successione dei fatti e l'insieme dei fattori che determinano lo sviluppo di un evento, producendo determinati effetti cfr. in questo senso Cass. numero 35991/2023 . Nella specie manca la prova della stessa dinamica del fatto. Innanzitutto, nell'atto di citazione l'attore sostiene che quel 26 settembre 2016 “scendendo gli scalini posti davanti al portone d'ingresso, scivolava e rovinava per terra a causa del cattivo stato di manutenzione degli stessi scalini. Detti scalini, sprovvisti di linee antiscivolo e di qualsiasi segnalazione di pericolo, erano bagnati” cfr. citazione in atti . Indi, a suo dire, il difetto di manutenzione riguarderebbe la mancanza di antiscivolo sugli scalini, che quel giorno erano bagnati infatti, la parte attrice non indica altro difetto degli scalini. Queste modalità del sinistro non risultano per nulla dimostrate. Infatti, l'unico testimone C.M. riferisce di essersi accorto dell'accaduto “con la coda dell'occhio” e di essersi reso conto dell'accaduto quando l'attore era già a terra, ma di non poter dire nulla sulle condizioni degli scalini e sulle modalità della caduta aggiunge che quel giorno non pioveva poiché si trovava all'esterno per accordarsi su una compravendita. Queste dichiarazioni, di certo, non sono sufficienti per dimostrare che la caduta del R.M. sia in qualche modo causata dalle condizioni delle scale, di cui non si sa nulla. Indi, non si ha la prova delle modalità del fatto, considerato, peraltro, che, pur vero che in quel momento non pioveva, comunque, il fatto che avesse piovuto può ritenersi dimostrato non solo dalla documentazione prodotta dalla compagnia, ma soprattutto dalle stesse affermazioni dell'attore, il quale sostiene genericamente che le scale erano bagnate e, pertanto, la pioggia imponeva all'attore un'attenzione particolare nell'attraversare le scale del suo condominio anche in considerazione della buona visibilità ore 9.00 del mattino . Alla stregua delle superiori considerazioni, si può affermare, in assenza di prova su eventuali difetti della scala, che l'evento è da attribuire esclusivamente alla disattenzione dell'attore e la domanda attorea va rigettata. Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico dell'attore nella misura indicata in dispositivo tenuto conto del valore della controversia da euro 5.201,00 a euro 26.000,00 e dei parametri medi del D.M. 147/2022, ad eccezione della fase istruttoria per cui va applicato il parametro minimo attesa la non particolare complessità dell'attività espletata. P.Q.M. Il Presidente della Terza Sezione Civile del Tribunale di Catania, dott.ssa Grazia Longo, in funzione di Giudice unico, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al numero 10300/2019 R.G., rigetta la domanda formulata da R.M. nei confronti del condominio di Catania via omissis e della società Reale Mutua Assicurazioni condanna il R.M. al rimborso in favore delle parti convenute delle spese processuali, che liquida in favore di ciascuna di esse in complessivi euro 4.237,00 per compensi, di cui euro 919,00 per fase di studio, euro 777,00 per fase introduttiva del giudizio, euro 840,00 per fase istruttoria, euro 1.710,00 per fase decisoria, oltre alle spese generali, IVA e CPA come per legge.