In materia di reversibilità della pensione, è stato chiarito che si deve considerare il diritto pensionistico sussistente alla data del decesso anche se in quel momento il dante causa non aveva ancora presentato la relativa domanda. Così la Suprema Corte ha ribadito che la domanda amministrativa non è un requisito essenziale per il sorgere del diritto alla pensione, ma funge semplicemente da avvio del procedimento amministrativo.
La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito al diritto alla reversibilità della pensione. In particolare, nel caso in esame l'Inarcassa Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti negava alla richiedente la reversibilità della pensione di anzianità al posto di quella di invalidità del marito deceduto. La donna affermava che il proprio diritto dovesse essere parametrato al trattamento maggiormente favorevole per cui il dante causa al momento della morte aveva comunque raggiunto i requisiti. La Corte di Appello, in riforma della sentenza del Tribunale, accertava tale diritto, specificando che, secondo l'articolo 7 l. numero 6/1981, la pensione di reversibilità spetta al coniuge superstite anche se il defunto non l'avesse richiesta in vita la domanda amministrativa non è un requisito essenziale per il sorgere del diritto alla pensione, ma funge semplicemente da avvio del procedimento amministrativo. Avverso questa decisione, l'Inarcassa adiva la Suprema Corte che, tuttavia, ha riconosciuto il diritto della moglie del de cuius al miglior trattamento previdenziale maturato da quest'ultimo, anche se mai espressamente richiesto. I Giudici hanno chiarito che «premesso che quello alla reversibilità è diritto proprio del coniuge superstite che lo esercita nel momento in cui se ne verificano le condizioni, va rilevato che la disposizione che ne disciplina la misura l'articolo 7 della legge numero 6 del 1981 ha quale riferimento non solo la prestazione già in godimento da parte del defunto ma anche a quella “che sarebbe spettata al medesimo”. Con tale espressione deve intendersi perciò anche quel trattamento del quale l'assicurato avesse maturato i requisiti al momento del decesso pur non avendo presentato la relativa domanda cfr. Cass. numero 3745 del 2002 e numero 3247 del 1992 .» Nel caso di specie, era stato, quindi, correttamente riconosciuto il diritto all'anzianità del titolare per l'avvenuto raggiungimento dei requisiti per la pensione di anzianità trentacinque anni di contributi e per la presentazione della richiesta di riscatto della laurea, nonostante l'assenza della formale domanda per ottenerne l'erogazione unitamente alla rinuncia al trattamento per l'invalidità. Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.
Presidente Berrino - Relatore Garri Fatti di causa 1. La Corte di appello di Milano in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città ha accertato il diritto di Or.Is. a percepire, a decorrere dal 1 giugno 2008, la pensione di reversibilità del trattamento di anzianità già maturato dal marito, Ma.Co., ed ha condannato l'INARCASSA - Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti al pagamento dei ratei maturati della prestazione e delle conseguenti differenze tra i ratei percepiti a tale data a titolo di pensione di reversibilità della pensione di invalidità del coniuge ed i ratei spettanti per la reversibilità della pensione di anzianità, oltre agli accessori dal dovuto al saldo. 1.1. Il giudice di appello ha ritenuto che a norma dell'articolo 7 della legge numero 6 del 3 gennaio 1981 la pensione di reversibilità spetta al superstite anche quando il dante causa non l'aveva ancora chiesta osservando che la domanda amministrativa non è atto presupposto alla maturazione del diritto ma svolge la mera funzione di rendere possibile l'avvio del procedimento amministrativo. 1.2. Per l'effetto - avendo accertato che il marito della ricorrente era deceduto il 10.5.2008 quando aveva già maturato i requisiti per la pensione di anzianità il 28.2.2008 - ha ritenuto che la ricorrente fosse legittimata a chiedere la prestazione di reversibilità che le poteva essere riconosciuta. Ha escluso che il mancato esercizio, in vita, dell'opzione in favore della pensione di anzianità in luogo di quella di invalidità in godimento fosse di ostacolo al diritto della ricorrente a beneficiare della prestazione più favorevole. 2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso affidato ad un unico articolato motivo al quale ha resistito con controricorso la signora Or.Is. Fissata per la decisione all'adunanza camerale del 28 settembre 2023, in vista della quale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative, la decisione è stata differita alla pubblica udienza odierna per la quale, di nuovo, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative. Ragioni della decisione 3. Con il ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli articolo 1, 3, 5 e 7 della legge numero 6 del 3 gennaio 1981 e degli articolo 26, 28 e 30 dello Statuto INARCASSA ante 2012 in relazione all'articolo 360 primo comma numero 3 c.p.c. Inoltre, con lo stesso motivo è denunciato l'omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell'articolo 360 primo comma numero 5 c.p.c. 3.1. La ricorrente sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di appello, in giudizio era stato contestato che il coniuge della Orfanini alla data del decesso avesse raggiunto i requisiti per la pensione di anzianità e si era evidenziato che alla data del decesso dell'iscritto non era stato ancora ultimato il pagamento delle rate del riscatto degli anni di laurea. Per l'effetto il requisito dei trentacinque anni di anzianità contributiva, previsto dall'articolo 26 dello Statuto per il riconoscimento della pensione di anzianità, sarebbe maturato solo dopo il decesso dell'iscritto occorso il 10 maggio 2008, nel momento in cui la moglie dell'assicurato aveva versato, il 26 agosto 2008, l'ultima rata del riscatto. 3.2. Deduce inoltre che il Ma.Co. - titolare di pensione di invalidità che aveva proseguito nell'esercizio dell'attività professionale - e, al compimento dell'età utile per il conseguimento della pensione di anzianità, non aveva presentato la relativa domanda amministrativa come avrebbe dovuto in base al disposto dell'articolo 5 della legge numero 6 del 1981. Al contrario aveva accettato il ricalcolo della pensione di invalidità in godimento. 3.3. In tale complessiva situazione di fatto la Cassa ricorrente ritiene che non sarebbe possibile ritenere che alla data del decesso il diritto alla pensione di anzianità fosse già entrato nel patrimonio del Ma.Co. Rammenta che, come affermato dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza numero 8433 del 04/05/2004, nell'ordinamento previdenziale non sarebbe configurabile un principio di immutabilità della prestazione ma neppure un diritto al suo mutamento. Conseguentemente, il Ma.Co. aveva sì la facoltà di chiedere il mutamento della prestazione di invalidità in prestazione di anzianità ma non l'aveva esercitata. Al contrario, nell' accettare la ricostruzione contributiva della pensione di invalidità e aderire al piano di riscatto degli anni di laurea, aveva trascurato di dedurre alcunché. 3.4. Ad avviso della ricorrente il riferimento contenuto nell'articolo 7 della legge numero 6 del 1981 al trattamento che sarebbe spettato diverrebbe privo di rilievo nella fattispecie atteso che il de cuius nulla aveva chiesto e la moglie, erede, non poteva avanzare la domanda di pensione di anzianità in suo luogo. Erroneamente la Corte di merito, basandosi su precedenti non pertinenti Cass. numero 2255 del 1994 e numero 22501 del 2008 avrebbe riconosciuto il diritto dell'erede alla reversibilità della pensione di anzianità in presenza di un dato letterale dell'articolo 7 della legge numero 6 del 1981 che non consentirebbe al coniuge superstite, che beneficia del trattamento di reversibilità della pensione di invalidità, di agire per ottenere la diversa prestazione. 4. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 4.1. La questione sottoposta all'attenzione del Collegio è se a norma degli articolo 7 della legge numero 6 del 1981, e dell'articolo 30 dello Statuto dell'INARCASSA vigente nel periodo antecedente il 2012 agli eredi dell'iscritto alla Cassa spetti il trattamento di cui, maturati i requisiti, non sia stato chiesto il riconoscimento dal de cuius con facoltà per gli eredi di avanzare la relativa domanda ed ottenerne così il riconoscimento. 4.2. È utile ricostruire il quadro normativo applicabile alla fattispecie. 4.2.1. Ai sensi dell'articolo 1 della legge numero 6 del 1981 le prestazioni previste dalla norma pensioni di vecchiaia, anzianità, inabilità e invalidità e ai superstiti di reversibilità o indirette sono corrisposte a domanda degli aventi diritto e decorrono dal primo giorno del mese successivo alla data della sua presentazione con eccezione di quelle di vecchiaia e reversibilità che decorrono dal primo giorno del mese successivo al verificarsi dell'evento da cui nasce il diritto. 4.2.2. L'articolo 5 della citata legge regola poi la pensione di invalidità il trattamento di cui beneficiava in vita il dante causa dell'odierna parte controricorrente che è pari al 70% di quella di inabilità regolata dall' articolo 4 comma 2 della stessa legge e prevede che il pensionato che abbia proseguito l'esercizio della professione e maturato il diritto alla pensione di vecchiaia o di anzianità possa chiederne la liquidazione, ai sensi dell'articolo 2, in sostituzione della pensione di invalidità. 4.2.3. Per il conseguimento della pensione di anzianità è necessario il compimento di almeno 35 anni di effettiva iscrizione e di contribuzione alla Cassa. Inoltre, per la corresponsione della prestazione è necessario che l'interessato si sia cancellato dall' albo professionale o da altro elenco di lavoratori autonomi trattandosi di prestazione incompatibile con l'iscrizione in albi o elenchi e con qualsiasi attività di lavoro dipendente tanto che la prestazione concessa è revocata al verificarsi della causa di incompatibilità articolo 5 della legge numero 6 del 1981 . 4.2.4. L'articolo 7 della stessa legge detta poi le regole per la reversibilità ai superstiti delle pensioni di vecchiaia e anzianità i cui requisiti sono indicati agli articolo 2 e 3 sia con riguardo agli importi lett. a , sia con riguardo ai soggetti lett. b e così anche per le pensioni di inabilità e di invalidità di cui agli articoli 4 e 5. Lo stesso articolo 7 disciplina poi al comma 4 la pensione indiretta che è quella che spetta ai coniugi ed ai figli dell'iscritto defunto senza diritto a pensione, sempre che quest'ultimo abbia maturato dieci anni di iscrizione e contribuzione alla Cassa. 4.2.5. Al comma 5 del citato articolo 7 si prevede che la pensione di reversibilità ed indiretta spetta solo ai superstiti di chi sia stato iscritto alla Cassa con carattere di continuità a partire da data anteriore al compimento del quarantesimo anno di età, anche se la iscrizione era cessata al momento del decesso. Inoltre, al comma 6 si chiarisce che ai figli minori sono equiparati i figli che seguono corsi di studio, sino al compimento della durata minima legale del corso di studio seguito e comunque, nel caso di studi universitari, non oltre il compimento del ventiseiesimo anno di età. 4.3. In estrema sintesi, pertanto, la pensione di anzianità spetta all'assicurato che abbia versato 35 anni di contributi alla cassa. È un trattamento reversibile ai superstiti. È corrisposto a domanda dell'avente diritto e decorre dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda mentre la sua reversibilità decorre dal primo giorno del mese successivo al verificarsi dell'evento da cui nasce il diritto. 4.4. Occorre allora distinguere due momenti quello dell'insorgenza del diritto alla prestazione quello dell'insorgenza del diritto alla sua corresponsione. 4.5. È per la corresponsione della prestazione che occorre la domanda amministrativa dell'interessato. Nulla esclude però che prima della domanda sia maturato il diritto alla prestazione che pure non è stata ancora chiesta. 5. Orbene, nel caso in esame ciò di cui si discute è il diritto della signora Orfanini, vedova dell'ingegner Ma.Co., a conseguire la reversibilità del trattamento di anzianità spettante al coniuge che, tuttavia, pur avendone maturato i requisiti non lo aveva ancora chiesto. 5.1. A tale ultimo proposito va infatti ricordato che l'iscritto alla cassa proprio per poter raggiungere il requisito contributivo per conseguire la prestazione aveva chiesto ed ottenuto di riscattare gli anni universitari ed è incontestato che si era provveduto al pagamento delle rate l'ultima in scadenza al tempo del decesso e pagata materialmente dalla vedova . 5.2. Ciò posto appare corretta la lettura data alle disposizioni applicabili dalla Corte territoriale. 5.3. Premesso che quello alla reversibilità è diritto proprio del coniuge superstite che lo esercita nel momento in cui se ne verificano le condizioni, va rilevato che la disposizione che ne disciplina la misura l'articolo 7 della legge numero 6 del 1981 ha quale riferimento non solo la prestazione già in godimento da parte del defunto ma anche a quella che sarebbe spettata al medesimo . Con tale espressione deve intendersi perciò anche quel trattamento del quale l'assicurato avesse maturato i requisiti al momento del decesso pur non avendo presentato la relativa domanda cfr. Cass. numero 3745 del 2002 e numero 3247 del 1992 . 6. Quanto all'omesso esame di fatto decisivo, ravvisato nel godimento da parte del Ma.Co. della pensione di invalidità, e con riguardo alla pretesa violazione dell'articolo 5 della legge numero 6 del 1981 e dell'articolo 28 dello Statuto dell'INARCASSA ante 2012 va rilevato in primo luogo che la Corte non ha affatto omesso l'esame della circostanza ed anzi ha chiarito che si tratta di fatto che non è di ostacolo al conseguimento, nel ricorso dei requisiti di legge, della reversibilità su pensione Data anzianità più favorevole della quale con accertamento di fatto a lei riservato ha verificato che sussistevano i presupposti contributivi per ottenerla . 6.1. Né si può sostenere che la percezione da parte del de cuius di una prestazione nella specie quella di invalidità sia d'ostacolo al diritto a conseguirne una più favorevole nel ricorso dei requisiti di legge e dunque per l'erede di pretendere la reversibilità di tale prestazione . Diversamente non si comprenderebbe come e perché si sia potuto autorizzare il riscatto degli anni universitari proprio per il conseguimento del più elevato requisito contributivo necessario per il riconoscimento della più favorevole pensione di anzianità. 6.2. Si aggiunga poi che - ritenuta corretta è l'affermazione della Corte che ha escluso rilievo, ai fini dell'articolo 7 comma 2 della legge numero 6 del 1981, alla domanda amministrativa del defunto - resta da esaminare il profilo attinente all'articolo 5 comma 5 della stessa legge. 6.3. Con tale norma si dispone che Il pensionato per invalidità che abbia proseguito l'esercizio della professione e maturato il diritto alla pensione di vecchiaia o di anzianità può chiedere la liquidazione di quest'ultima, ai sensi dell'articolo 2, in sostituzione della pensione di invalidità. 6.4. Anche in tale caso si deve ritenere che maturato il diritto questo entra nel patrimonio dell'assicurato e la presentazione della domanda di sostituzione costituisce esercizio della facoltà di un diritto già maturato nel patrimonio del de cuius per effetto del raggiungimento dei requisiti anagrafici e contributivi con riguardo al quale ben può il superstite -titolare iure proprio della pensione di reversibilità costituita da una quota della pensione liquidata al defunto, se era già pensionato, o della pensione che sarebbe spettata al lavoratore defunto - chiedere la liquidazione. 6.5. Va rilevato che, da un punto di vista sistematico, tale conclusione è sorretta dalla considerazione che nell'ipotesi, analoga, di conversione del trattamento di invalidità in pensione di vecchiaia, l'articolo 1 comma 10 della legge numero 222 del 1984 dispone la trasformazione per effetto della sola maturazione dei requisiti anagrafici e di anzianità contributiva e assicurativa. I presupposti di fatto della sostituzione dei trattamenti sono i medesimi e appare al Collegio distonica ed ingiustificata sotto un profilo sistematico una differenziazione tra le due fattispecie tale da rendere la presentazione della domanda requisito costitutivo del diritto alla prestazione come Cass. numero 7146 del 2008 e non piuttosto atto di impulso del procedimento per il suo riconoscimento cfr. Cass. numero 3745 del 2002 e numero 2255 del 1994 in motivazione . 7. In conclusione la sentenza deve essere confermata. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'articolo 13 comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1-quater del D.P.R. numero 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulterior importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'articolo 13 comma 1-bis del citato D.P.R., se dovuto.