«Ai fini dell’applicazione della misura dell’ammonimento, non è necessario che si sia raggiunta la prova del reato, ma è sufficiente che sia fatto riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio che ha ingenerato nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura, atteso che il provvedimento di ammonimento assolve ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva, in quanto preordinato a che gli atti persecutori posti in essere contro la persona non siano più ripetuti e non cagionino esiti irreparabili».
In applicazione di tale principio il Consiglio di Stato, con sentenza numero 9211 pubblicata il 18 novembre 2024, ha accolto il ricorso proposto dal Ministero dell'Interno, e, per l'effetto, ha annullato l'impugnata sentenza. Il caso I fatti traggono origine, da un provvedimento di ammonimento ex articolo 8, d.l. numero 11 del 2009, conv. in l. numero 28 del 2009 emesso dal Questore della Provincia di Viterbo nei confronti dell'appellato. L'atto amministrativo scaturisce da quanto riferito dalla ex coniuge dell'odierno appellato. In particolare, quest'ultima, nel premettere di essersi separata legalmente, esponeva che il di lei coniuge, in più occasioni, aveva manifestato nei suoi confronti atteggiamenti ossessivi e aggressivi, asseritamente dovuti a motivi di gelosia, accusando la ex moglie di averlo ridotto in povertà. Il Questore aveva ritenuto non infondata la richiesta di ammonimento, tenuto conto «dell'attendibilità intrinseca delle dichiarazioni dell'istante e dei riscontri esterni forniti dalle persone informate sui fatti». Avverso il provvedimento, l'interessato aveva proposto ricorso per l'annullamento avanti al TAR Lazio, sede di Roma. Il Tribunale aveva accolto il ricorso, sull'assorbente motivo che il provvedimento si basava sul presupposto del rinvio a giudizio dell'interessato, il cui giudizio si è, peraltro, concluso con sentenza di assoluzione, “perché il fatto non sussiste”. Da questa considerazione il primo giudice ha tratto l'inferenza secondo cui è stata, acclarata, seppure ex post, l'insussistenza del presupposto su cui fonda la misura cautelare il gravame è fondato. Il Ministero dell'Interno ha proposto appello, impugnato la sentenza del TAR. Le soluzioni giuridiche La sentenza del Consiglio di Stato è di particolare interesse perché in tema di atti persecutoriex articolo 612 bis c.p. in dottrina per un'ampia disamina del reato ex articolo 612 bis. c.p. v. Mazzi – Lecce, in Codice Penale, Rassegna di Giurisprudenza e di Dottrina, a cura di Lattanzi – Lupo, 2022, 667 ss s'interroga sulla questione che attiene i rapporti tra l'assoluzione in sede penale e la sopravvenuta adozione del provvedimento amministrativo di ammonimento. Il Consiglio di Stato condivide la tesi fondata del ricorrente che ha lamentato l'erronea applicazione delle norme dettate in materia di «sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori» da parte del TAR Lazio. Invero la sentenza del TAR aveva ritenuto che, il quadro indiziario posto a base del provvedimento cautelare ex articolo 8, d.l. numero 11/2009, conv. in l. numero 28/2009, risultava fondato esclusivamente sul presupposto del rinvio a giudizio dell'appellato, per avere posto in essere atti persecutori in danno dell'ex coniuge. E da questa considerazione, il TAR aveva tratto l'inferenza secondo cui sarebbe venuto meno il presupposto fondante la misura contestata in primo grado dall'appellato. Ma tale impostazione non viene condivisa dalla III Sezione del Consiglio di Stato che ha ricordato come il provvedimento di ammonimento orale, disciplinato dall'articolo 8 del d.l. numero 11/2009, convertito con l. numero 28/2009, si caratterizza per la sua spiccata natura preventiva e cautelare, essendo essenzialmente finalizzato a dissuadere dal tenere comportamenti persecutori e prevenire la commissione di reati contro la persona sulla base di un giudizio prognostico formulato ex ante. Per tale via e sotto il profilo probatorio, non è necessaria - osserva il Consiglio di Stato - l'acquisizione di prove tali da poter resistere in un giudizio penale, né si richiede che le condotte poste alla base del provvedimento posseggano gli stringenti requisiti di cui all'articolo 612-bis c.p Quel che rileva è, dunque, la mera probabilità che gli atteggiamenti molesti o minacciosi oggetto dell'istanza di ammonimento possano sfociare e degenerare in condotte costituenti reato ai sensi dell'articolo 612-bis c.p. Sicché, il Consiglio di Stato, ha chiarito come l'Amministrazione gode di ampia discrezionalità nella conduzione dell'istruttoria procedimentale, dal momento che la norma afferma che il questore emana il provvedimento di ammonimento “assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti”. Infatti, la disposizione in commento, nella parte in cui subordina ad una valutazione di necessità “se necessario” l'acquisizione delle informazioni, evidentemente affida alla libera valutazione dell'autorità di pubblica sicurezza la modulazione degli strumenti di approfondimento istruttorio. È quindi rimessa al Questore non solo la scelta di emettere o meno la misura, ma anche quella di stabilire la tempistica della sua iniziativa e le modalità dell'indagine. Così applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, il Consiglio di Stato ha rilevato che l'impugnata sentenza non ha fatto buon governo delle norme applicabili in materia. In questo modo e in senso contrario a quanto aveva affermato il primo giudice, secondo il Consiglio di Stato, occorre anzitutto, rilevare che l'assoluzione in sede penale, sopravvenuta all'adozione del provvedimento amministrativo, non poteva, condurre all'annullamento della misura cautelare de qua. Per la Terza Sezione del Consiglio di Stato, dunque, altro è l'accertamento degli elementi essenziali del reato di atti persecutori, in sede penale della colpevolezza altro è invece l'accertamento che effettua la Questura per stabilire se sussistono i requisiti per l'adozione del provvedimento di ammonimento.
Presidente Santoleri Relatore Marra Fatto e diritto 1. Il 23 agosto 2017 il Questore della Provincia di Viterbo ha notificato un provvedimento di ammonimento ex articolo 8, d.l. numero 11 del 2009, conv. in l. numero 28 del 2009, nei confronti dell'odierno appellato, signor -OMISSIS-. 1.1. L'atto amministrativo trae fondamento da quanto riferito dalla ex coniuge dell'odierno appellato, signora -OMISSIS-. In particolare, quest'ultima, nel premettere di essersi separata legalmente dal mese di luglio 2014, esponeva che il di lei coniuge, in più occasioni, aveva manifestato nei suoi confronti atteggiamenti ossessivi e aggressivi, asseritamente dovuti a motivi di gelosia, accusando la ex moglie …” di averlo ridotto in povertà”. 1.2. Il Questore ha ritenuto non infondata la richiesta di ammonimento, tenuto conto “dell'attendibilità intrinseca delle dichiarazioni dell'istante e dei riscontri esterni forniti dalle persone informate sui fatti”. 2. Avverso il sopra menzionato provvedimento, l'interessato ha proposto ricorso per l'annullamento avanti al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma. 3. Con sentenza numero 13108 del 26 maggio 2023 il Tribunale ha accolto il ricorso, sull'assorbente motivo che il provvedimento si basava sul presupposto del rinvio a giudizio dell'interessato, il cui giudizio si è, peraltro, concluso con sentenza di assoluzione, “perché il fatto non sussiste” da questa considerazione il primo giudice ha tratto l'inferenza secondo cui è stata acclarata, seppure ex post, l'insussistenza del presupposto su cui fonda la misura cautelare il gravame è fondato. 4. Il Ministero dell'Interno ha impugnato l'indicata sentenza con appello ritualmente, notificato il 24 febbraio 2024 e depositato il successivo 7 marzo. 4.1. Con un unico e articolato motivo d'impugnazione si deduce il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti posti a fondamento del provvedimento gravato. In particolare, in primo luogo l'Amministrazione appellante contesta il fatto -erroneamente affermato dalla sentenza impugnata che, il provvedimento questorile avesse trovato la sua giustificazione solo nel rinvio a giudizio del ricorrente per il reato di atti persecutori. In senso contrario a quanto ha affermato il primo giudice la Questura ha, sempre ad avviso dell'appellante Ministero, adottato il contestato atto svolgendo un'approfondita istruttoria, sentendo testimoni ed acquisendo documenti, in relazione ai fatti che si collocano temporalmente tra il 17 marzo e il 2 luglio 2017 , descritti dalla ex moglie dell'appellato, nell'istanza di ammonimento e, puntualmente richiamati nella motivazione del provvedimento impugnato. 4.2. Diversamente da quanto affermato dal signor -OMISSIS in primo grado, e condiviso dal primo giudice, i due capi infra indicati di imputazione relativi a due procedimenti penali poi riuniti, entrambi per il reato di atti persecutori in relazione ai quali il Giudice ordinario ha deciso, sono i seguenti e precisamente i. “perché sottoposto a provvedimento di ammonimento del Questore di Viterbo, emesso ai sensi dell'articolo 8 del d.l. numero 11 del 23.02.2009, notificatogli il 23 agosto 2017, con condotte vessatorie e reiterate nel tempo, molestava la coniuge separata -OMISSIS-…in -OMISSIS-, dal mese di luglio 2017 al 23.02.2018” b “perché mediante condotte reiterate e vessatorie, consistite nel … molestava la coniuge separata -OMISSIS-, …. Commesso in -OMISSIS-dal 19 al 23 aprile 2019.” 4.2.1. Da questa considerazione l'appellante ha tratto l'inferenza che, il primo capo d'imputazione, si sarebbe riferito, dunque, a condotte che l'imputato aveva commesso quando era già stato adottato il provvedimento di ammonimento misura cautelare che avrebbe riguardato condotte antecedenti all'arco temporale già sopra richiamato tra il 17 marzo e il 2 luglio 2017 . 4.3. Il controinteressato non si è costituito in giudizio. 4.4. All'udienza pubblica del 7 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione. 5. L'appello proposto dal Ministero dell'Interno, che con unico articolato motivo ha lamentato l'erronea applicazione delle norme dettate in materia di “sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori” da parte del primo giudice, è fondato. 4. La sentenza qui impugnata ha ritenuto che, il quadro indiziario posto a base del provvedimento cautelare ex articolo 8, d.l. numero 11/2009, conv. in l. numero 28/2009, risulti fondato esclusivamente sul presupposto del rinvio a giudizio dell'appellato, per avere posto in essere atti persecutori in danno dell'ex coniuge. 4.1. Da questa considerazione il primo giudice ha tratto l'inferenza secondo cui sarebbe venuto meno il presupposto fondante la misura contestata in primo grado dall'odierno appellato. 4.2. Detto ordine di idee non è condiviso dal Collegio. 4.3. Anzitutto va ricordato che il provvedimento di ammonimento orale, disciplinato dall'articolo 8 del d.l. numero 11/2009, convertito con l. numero 28/2009, si caratterizza per la sua spiccata natura preventiva e cautelare, essendo essenzialmente finalizzato a dissuadere dal tenere comportamenti persecutori e prevenire la commissione di reati contro la persona sulla base di un giudizio prognostico formulato ex ante. 4.4. Coerentemente con tale premessa, sotto il profilo probatorio, non è necessaria l'acquisizione di prove tali da poter resistere in un giudizio penale, né si richiede che le condotte poste alla base del provvedimento posseggano gli stringenti requisiti di cui all'articolo 612-bis c.p. cfr. Consiglio di Stato, III sezione, numero 4422/2022 2545/2020 . Quel che rileva è, dunque, la mera probabilità che gli atteggiamenti molesti o minacciosi oggetto dell'istanza di ammonimento possano sfociare e degenerare in condotte costituenti reato ai sensi dell'articolo 612-bis c.p. 4.5. A questo scopo, l'Amministrazione gode di ampia discrezionalità nella conduzione dell'istruttoria procedimentale, dal momento che la norma afferma che il questore emana il provvedimento di ammonimento “assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti”. Infatti la disposizione in commento, nella parte in cui subordina ad una valutazione di necessità “se necessario” l'acquisizione delle informazioni, evidentemente affida alla libera valutazione dell'autorità di pubblica sicurezza la modulazione degli strumenti di approfondimento istruttorio. È quindi rimessa al Questore non solo la scelta di emettere o meno la misura, ma anche quella di stabilire la tempistica della sua iniziativa e le modalità dell'indagine cfr. Consiglio di Stato, III sezione, numero 2620/2020 . 5. Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, deve rilevarsi che la sentenza impugnata non ha fatto buon governo delle norme applicabili in materia, secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato da ultimo, Cons. St., sez. III, sent. numero 3588/2024 . 5.1 In senso contrario a quanto ha affermato il primo giudice si deve, anzitutto, rilevare che l'assoluzione in sede penale, sopravvenuta all'adozione del provvedimento amministrativo, non poteva, in ogni caso, condurre all'annullamento della misura cautelare de qua, dovendosi in proposito osservare che, altro è l'accertamento degli elementi essenziali del reato di atti persecutori, in sede penale della colpevolezza altro è invece l'accertamento che effettua la Questura per stabilire se sussistono i requisiti per l'adozione del provvedimento di ammonimento. 5.2. Conferma tale conclusione la giurisprudenza di questo Consiglio di stato là dove ha chiarito che per l'applicazione della misura dell'ammonimento “non è necessario che si sia raggiunta la prova del reato, ma è sufficiente che sia fatto riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio che ha ingenerato nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura, atteso che il provvedimento di ammonimento assolve ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva, in quanto preordinato a che gli atti persecutori posti in essere contro la persona non siano più ripetuti e non cagionino esiti irreparabili” sez. III, sent. 25 maggio 2015, numero 2599 . 5.3. Ne deriva che non sussiste alcun automatismo tra sentenza di assoluzione penale e declaratoria di illegittimità del provvedimento di ammonimento. 6. In esito alle ragioni esposte, l'appello deve essere accolto, con conseguente annullamento della sentenza impugnata. 7. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio, attesa la costituzione meramente formale dell'Amministrazione resistente. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla la sentenza impugnata. Spese compensate.