La regolamentazione della somministrazione di alcolici ai minori in Italia rappresenta una delle principali espressioni della tutela pubblica nei confronti delle categorie vulnerabili. Il sistema normativo, articolato su più livelli, è progettato per prevenire condotte pericolose, punire le violazioni e salvaguardare la sicurezza pubblica nei luoghi di aggregazione sociale, come le discoteche.
Questo quadro normativo si sviluppa attraverso tre principali strumenti norme amministrative, che prevedono sanzioni pecuniarie e accessorie norme penali, che puniscono le condotte più gravi e strumenti di pubblica sicurezza, che consentono alle autorità di intervenire in via preventiva o repressiva per evitare pericoli per l'ordine pubblico. Disciplina amministrativa l'articolo 14-ter della legge numero 125/2001 L'articolo 14-ter della legge numero 125/2001 è stato introdotto con il decreto-legge 13 settembre 2012, numero 158, e rafforzato dal decreto-legge 20 febbraio 2017, numero 14. Questa norma si colloca all'interno della strategia di prevenzione e contrasto all'abuso di alcolici da parte dei minori e mira a responsabilizzare i gestori dei locali pubblici attraverso un sistema di sanzioni graduali e proporzionate. La norma stabilisce che chiunque somministri o venda alcolici a un minore di 18 anni sia soggetto a una sanzione pecuniaria compresa tra 250 e 1.000 euro. La disposizione colpisce in primo luogo i gestori dei locali, ma può essere estesa ai dipendenti o collaboratori che, in violazione delle regole, non verificano adeguatamente l'età del cliente. Si tratta di una norma di natura amministrativa, che non comporta conseguenze penali dirette ma mira a prevenire comportamenti lesivi per la salute dei giovani. Un aspetto rilevante della disciplina amministrativa riguarda la previsione di sanzioni accessorie in caso di recidiva specifica. Quando il gestore del locale è responsabile di violazioni ripetute, la norma prevede la sospensione dell'attività commerciale per un periodo che va da 15 giorni a 3 mesi. La recidiva si configura quando l'illecito è reiterato entro un arco temporale ravvicinato e accertato formalmente dalle autorità competenti. Questa misura rappresenta una risposta più incisiva, volta a colpire comportamenti persistenti che denotano un atteggiamento gravemente negligente o, peggio, consapevolmente illecito. La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che l'applicazione delle sanzioni accessorie deve rispettare il principio di proporzionalità, evitando provvedimenti che possano risultare eccessivamente penalizzanti per il gestore, soprattutto in assenza di una motivazione adeguata. Ad esempio, nella sentenza Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 2019, numero 3126, il Consiglio di Stato ha annullato una sospensione dell'attività perché l'autorità non aveva dimostrato un nesso diretto tra la recidiva e il rischio concreto per la sicurezza pubblica. L'articolo 689 del Codice penale L'articolo 689 c.p. introduce una tutela rafforzata per i minori di 16 anni, prevedendo sanzioni penali per chi somministra loro bevande alcoliche. Si tratta di una disposizione che integra la disciplina amministrativa, rivolgendosi a condotte particolarmente gravi o potenzialmente dannose per la salute e la sicurezza dei soggetti più vulnerabili. La norma configura il reato di somministrazione di alcolici a minori di 16 anni come una contravvenzione punibile con l'arresto fino a un anno. Questo tipo di reato è qualificato dalla giurisprudenza come reato di pericolo non è necessario dimostrare un danno concreto, ma è sufficiente l'atto della somministrazione, che implica un rischio per la salute del minore. Questa impostazione preventiva mira a scoraggiare qualsiasi condotta che possa esporre i minori al consumo precoce di alcool. In caso di recidiva, il quadro sanzionatorio si amplia, includendo una multa amministrativa da 1.000 a 25.000 euro e la sospensione dell'attività commerciale fino a tre mesi. Queste sanzioni accessorie sono concepite per integrare la risposta penale, colpendo direttamente l'attività economica del gestore e incentivando l'adozione di misure preventive più rigorose. La Corte di Cassazione Cass. Penumero , sez. III, 18 marzo 2018, numero 14291 ha sottolineato che il gestore è responsabile non solo delle proprie azioni, ma anche di quelle dei dipendenti, salvo dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per evitare la violazione. Gli strumenti di pubblica sicurezza il TULPS Il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza TULPS , poi, integra il sistema normativo con disposizioni che attribuiscono alle autorità amministrative e di pubblica sicurezza il potere di intervenire in via preventiva o repressiva per garantire l'ordine pubblico nei locali pubblici. L'articolo 9 del TULPS consente all'autorità di imporre prescrizioni aggiuntive ai titolari di licenze commerciali per garantire il rispetto delle norme di sicurezza. Queste prescrizioni possono includere, ad esempio, l'obbligo di adottare sistemi di controllo dell'età o misure organizzative per prevenire situazioni di rischio. L'articolo 10 prevede la sospensione o la revoca della licenza in caso di abuso o reiterata violazione delle condizioni autorizzative, mentre l'articolo 17 configura come reato la violazione delle prescrizioni imposte dalla licenza. Questi strumenti hanno una funzione essenzialmente preventiva e richiedono una valutazione accurata da parte delle autorità competenti, che devono bilanciare le esigenze di sicurezza pubblica con i diritti degli operatori economici. La giurisprudenza Cons. Stato, sez. VI, 6 aprile 2007, numero 1563 ha ribadito che le misure previste dal TULPS devono essere applicate con proporzionalità, evitando provvedimenti sproporzionati che possano limitare ingiustificatamente la libertà di impresa. Il caso recentemente affrontato dalla giurisprudenza amministrativa Così riassunto il quadro normativo sulla somministrazione di alcolici ai minori, diventa interessante esaminare una recente pronuncia del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, numero 8864/2024, avente ad oggetto il ricorso presentato da un Comune contro la decisione del TAR Veneto di annullare un'ordinanza sindacale che sospendeva l'attività di una discoteca per la violazione della normativa sulla somministrazione di alcolici a minori. Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione del TAR, respingendo l'appello del Comune. Vediamone le ragioni. La pronuncia evidenzia che il Comune nel sospendere l'attività della discoteca per violazione della normativa sulla somministrazione di alcolici a minori, avrebbe dovuto adottare gli strumenti ordinari previsti per la gestione delle attività commerciali, come indicato dal quadro normativo precedentemente esaminato e non adottare una ordinanza contingibile e urgente exarticolo 50 e 54 del TUEL che presuppone situazioni di grave emergenza e urgenza, come pericoli per la pubblica incolumità o la sicurezza urbana. Nel caso in esame, la violazione del divieto di somministrazione di alcolici a minori non rientrava in queste fattispecie e poteva essere affrontata con gli strumenti sanzionatori ordinari. Segnatamente, il Collegio ha evidenziato chiaramente il problema del ricorso improprio a uno strumento straordinario per finalità che avrebbero dovuto essere perseguite con mezzi ordinari e rispettando le garanzie procedurali «il provvedimento impugnato non è motivato in relazione ai presupposti che legittimano il potere di ordinanza extra ordinem del Sindaco, che non può essere utilizzato per irrogare sanzioni o misure cautelari espressamente previste dall'ordinamento al solo scopo di aggirarne la tempistica imposta dal legislatore a tutela delle garanzie di difesa del trasgressore/indagato, così individuando rimedi a specifici illeciti, amministrativi come nella specie o penali, al di fuori della tipicità degli atti amministrativi». Da questo punto di vista, dunque, la sentenza del Consiglio di Stato numero 8864/2024 offre un'importante chiave di lettura per affrontare eventuali provvedimenti amministrativi adottati sotto forma di ordinanze contingibili e urgenti, ma carenti nei presupposti di legge. Nel contestare atti di questo tipo davanti al TAR, è essenziale focalizzarsi su alcuni aspetti centrali verifica dei presupposti normativi analizzare attentamente se sussistono le condizioni di eccezionalità, imprevedibilità e urgenza che giustifichino l'adozione di un'ordinanza contingibile e urgente alternatività con strumenti ordinari evidenziare l'esistenza di strumenti amministrativi tipici es. sanzioni pecuniarie, sospensione delle licenze che avrebbero potuto essere utilizzati per affrontare la situazione carenza di motivazione valutare se sussiste una mancanza parziale o totale di una motivazione adeguata, soprattutto se il provvedimento non spiega in che modo i presupposti di urgenza o pericolo imminente siano applicabili al caso specifico.
Presidente Caputo – Relatore Manzione Fatto 1. Con atto notificato in data 22 gennaio 2021 e depositato il successivo 29 gennaio 2021 il Comune di Lazise ha interposto appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo per il Veneto, sez. III, 24 agosto 2020, numero 748, con cui è stato accolto il ricorso numero r.g. 1252/2018 proposto dalla Società -OMISSIS s.r.l. d'ora in avanti, solo la Società per l'annullamento dell'ordinanza prot. numero -OMISSIS del 3 agosto 2018, notificata in pari data. Con tale atto il Sindaco del Comune di Lazise aveva intimato alla Società, nella sua qualità di gestrice del locale ubicato alla via -OMISSIS-, all'insegna “-OMISSIS-”, la sospensione dell'attività di trattenimento danzante discoteca e di quella congiunta di somministrazione di alimenti e bevande, ivi esercitate in forza di regolari autorizzazioni, per quindici giorni. Quanto detto in dichiarata applicazione degli articolo 50 e 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, numero 267 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali , congiuntamente evocati, nonché degli articolo 14-ter della legge 30 marzo 2001, numero 125, 5, 9, 10 e 17 del r.d. 18 giugno 1931, numero 773 T.u.l.p.s. e 117 del relativo regolamento di esecuzione, r.d. 6 maggio 1940, numero 635. 1.1. Alla base dell'ordinanza si poneva un verbale di contestazione di illecito amministrativo prot. numero -OMISSIS del 29 luglio 2018, pure impugnato redatto dal personale della Stazione Carabinieri di Lazise per l'accertata violazione dell'articolo 14-ter della legge numero 125/2001, legge quadro in materia di alcol e di problemi alcol correlati, consistita nell'avere somministrato bevande alcoliche a persona di età compresa tra i sedici e i diciotto anni. 1.2. In ragione della non perspicua natura del provvedimento, la Società proponeva ricorso al Prefetto di Verona, e, congiuntamente, impugnativa innanzi al T.a.r. per il Veneto, lamentando innanzi tutto l'incompetenza del Sindaco che avrebbe sostanzialmente irrogato la sanzione accessoria della sospensione dell'attività prevista dal richiamato articolo 14-ter, comma 2, della l. 125/2001 per il caso di recidiva specifica. Lamentava altresì plurimi vizi ulteriori di violazione di legge e eccesso di potere. 2. Il Tribunale adito ha accolto il ricorso anche alla luce delle precisazioni fornite in corso di causa dalla difesa civica che ha inteso enfatizzare soltanto la natura contingibile e urgente dell'atto impugnato, insistendo nel rivendicare il potere in tal senso conferito al Sindaco per tutte le emergenze sanitarie e di igiene pubblica, tra le quali rientrerebbero pure quelle legate alla somministrazione di alcolici a minori. Il primo giudice ha dunque ritenuto che nella specie non siano state « […]minimamente indicate le ragioni in base alle quali l'evidenziata situazione nemmeno qualificata in termini di pericolo per l'incolumità pubblica non poteva essere affrontata e risolta in maniera efficace con gli ordinari strumenti previsti e messi a disposizione dall'Ordinamento [né] è specificato quali sarebbero gli elementi costituenti ipotesi di emergenza sanitaria o di igiene pubblica ovvero di pericolo per l'incolumità pubblica e per la sicurezza urbana ex articolo 50, comma 5 e 54, comma 4, del D.Lgs. numero 267/2000, che fondano il potere di cui si tratta, consentendo, alle condizioni ed in base ai presupposti ivi previsti, l'adozione di ordinanze contingibili e urgenti». Ove peraltro, sotto distinto ma connesso profilo, si fosse ritenuto diversamente da quanto sostenuto dalla difesa dell'Amministrazione comunale che l'ordinanza impugnata non fosse qualificabile quale provvedimento contingibile e urgente, riportandola nell'alveo delle scelte ordinarie, avrebbe dovuto dichiararsi l'incompetenza del Sindaco ad assumerla. 3. Il Comune di Lazise ha articolato un'unica censura. In primo luogo ha insistito sulla riconducibilità dell'atto al paradigma di cui agli articolo 50 e 54 del T.u.e.l., e segnatamente ai commi 4 e 5 del primo e 4 e 4-bis del secondo, ancorché non indicati espressamente nello stesso. Indi ne ha rimarcato le ragioni, desumibili per relationem anche dai presupposti accertamenti di polizia, ovvero l'esigenza di intervenire su un'attività che di anno in anno si era rivelata fonte di problematiche sul territorio, come dimostrato dal fatto che già nel 2017 era stata oggetto di diffida, titolare di autorizzazione limitata ai soli mesi di luglio e agosto, sicché per potere incidere efficacemente sulla stessa era necessario agire con tempestività, senza attendere le lungaggini del procedimento sanzionatorio di cui alla legge 24 novembre 1981, n, 689. La scelta, peraltro, della durata minima della sospensione dell'attività rispetto alle possibilità accordate dalla forbice edittale contenuta nel richiamato articolo 14-ter della l. 125 del 2001 che ne avrebbe consentito l'irrogazione fino a tre mesi dimostrerebbe l'avvenuta attenzione anche al rispetto del principio di proporzionalità. Infine, a copertura del provvedimento si porrebbe la totale discrezionalità sottesa all'apprezzamento della situazione di fatto e degli “eventi” che, ai sensi dell'articolo 2, lettera c , della legge 24 febbraio 1992, numero 225, possono determinare la dichiarazione dello stato d'emergenza, che legittima l'individuazione dei rimedi per fronteggiarla da parte del Sindaco cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 marzo 2006, nr. 1270 sez. IV, 19 aprile 2000, nr. 2361 . 4. Si è costituita in giudizio la Società -OMISSIS s.r.l. con memoria in controdeduzione. Dopo avere ricordato l'anomalia del procedimento, che avrebbe dovuto rispettare le scansioni di cui alla legge 24 novembre 1981, numero 689, dando seguito ai propri scritti difensivi e alla richiesta di audizione ex articolo 18 della stessa , ha in primo luogo eccepito la inammissibilità del gravame per genericità, non ravvisandovi alcuna specifica censura alla sentenza impugnata. Nel merito, ha ribadito la correttezza di quest'ultima laddove ha escluso la sussistenza dei presupposti per l'adozione di un'ordinanza contingibile e urgente, per giunta priva finanche del richiamo all'articolo preciso e al comma in forza del quale il Sindaco avrebbe agito. 4.1. Ha quindi riproposto le domande ed eccezioni non valutate in primo grado in quanto assorbite nella motivazione ritenuta dirimente ai fini dell'accoglimento del ricorso e segnatamente i violazione degli articoli 50 e 54 del d.lgs. numero 267/2000, incompetenza e carenza di potere in concreto anche in relazione all'articolo 14-ter, comma 2, del d.l. 20 febbraio 2017, numero 14 nullità e/o illegittimità del provvedimento impugnato per l'incompetenza e/o l'eccesso di potere del comune di Lazise ad emettere l'ordinanza di sospensione dell'attività di trattenimento danzante e di somministrazione di bevande, sanzione accessoria in relazione alla violazione contestata nel verbale d'accertamento, stante che il nuovo comma 7-bis dell'articolo 50 consente di incidere sugli orari di vendita e somministrazione di bevande alcoliche, ma non di far cessare l'attività, peraltro oggetto di diversa licenza, come il trattenimento danzante ii sviamento di potere e difetto dei presupposti di fatto in ordine al requisito dell'urgenza eccesso di potere violazione dell'articolo 3 della legge numero 241/1990 per omissione e/o carenza di motivazione difetto di istruttoria per violazione dell'articolo 18 della legge numero 689/81, illogicità manifesta e grave ingiustizia, stante che il verbale di contestazione dell'illecito principale sarebbe stato acquisito all'esito di accesso agli atti, non a seguito di regolare notifica. Il precedente che avrebbe fatto “scattare” la recidiva, inoltre, sarebbe stato impropriamente ravvisato in una risalente denuncia per il reato di cui all'articolo 689 c.p. cui non aveva fatto seguito al momento alcuna condanna iii-violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 14-ter della l. numero 125/2001 e 20 della l. numero 689/81 Nullità del provvedimento impugnato , stante che la disciplina delle sanzioni accessorie non ne consente l'irrogazione in pendenza del procedimento e nella specie la Società aveva presentato memorie e chiesto l'audizione , nonché sulla base di un precedente di natura diversa il reato di cui all'articolo 689 c.p. , privo del necessario requisito della definitività. 5. In data 21 dicembre 2023 il Comune di Lazise ha confermato il proprio interesse alla decisione della causa. 6. Si è costituito in giudizio con atto di stile il Ministero dell'Interno, chiedendo il rigetto del ricorso. 7. Con memoria in data 31 luglio 2024 la Società, nel ribadire le proprie argomentazioni, ha insistito in particolare sulla non configurabilità nel caso di specie di un'ipotesi di reiterazione della violazione, tale da giustificare l'applicazione della sanzione accessoria della sospensione dell'attività, giusta la diversa natura del precedente richiamato nel rapporto dei carabinieri denuncia per articolo 689 c.p. e la risalenza nel tempo dell'episodio ad esso sotteso. 8. La causa è stata trattenuta in decisione all'esito dell'udienza di smaltimento del 2 ottobre 2024. Diritto 9. Il Collegio ritiene l'appello infondato, con conseguente assorbimento nel merito dell'eccezione di inammissibilità sollevata dalla Società. 10. In via preliminare va disposta l'estromissione dal giudizio del Ministero dell'Interno, in quanto privo di legittimazione passiva. A prescindere, infatti, dall'esatta qualificazione dell'ordinanza impugnata che ove ricondotta all'articolo 50 del T.u.e.l. vedrebbe estranea l'amministrazione dello Stato, siccome sostenuto dalla difesa della stessa nel corso del giudizio di primo grado quand'anche la si voglia inquadrare nel paradigma di cui all'articolo 54 del medesimo d.lgs. numero 267/2000, va comunque ascritta al Sindaco del Comune. In pratica, l'imputazione giuridica allo Stato degli effetti dell'atto ha natura formale, restando l'organo monocratico incardinato nel complesso organizzativo dell'Ente locale, senza alcuna modifica del suo status Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2014, numero 2221 id., 3 marzo 2009, numero 1209, 7 settembre 2007, numero 4718 e 13 agosto 2007, numero 4448 sez. V, 17 settembre 2008, numero 4434 . 11. Ciò detto, occorre ora fornire, sia pure in maniera sintetica, una ricostruzione della cornice normativa sottesa al provvedimento impugnato, che in quanto interseca plurime disposizioni di legge pone problemi di rapporti tra le stesse, che l'Amministrazione procedente pare non avere considerato. 12. Va in primo luogo chiarito che la riconduzione dell'atto sindacale alla fattispecie disciplinata all'articolo 50 piuttosto che a quello di cui all'articolo 54 del Testo unico non è affatto neutra e non si risolve in una mera indicazione nominalistica, stante che il legislatore ha inteso diversificare il procedimento di adozione dell'atto, prevedendone l'esecutorietà solo nel secondo caso supportata dal Prefetto, quale organo preposto al coordinamento delle forze dell'ordine sul territorio provinciale . 13. L'articolo 50 disciplina i poteri di ordinanza del Sindaco quale capo dell'amministrazione locale, sia in forma contingibile e urgente, sia a livello ordinario. La prima ipotesi, che assume rilievo ai fini di causa, è correlata ad emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, ovvero e questa è una delle novità introdotte con il d.l. 20 febbraio 2017, numero 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, numero 48 «all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche» comma 5 . Il decreto legge numero 14 del 2017 ha altresì introdotto la novella di cui al comma 7-bis, successivamente integrato dal d.l. 4 ottobre 2018, numero 113, convertito, con modificazioni, dalla l. 1° dicembre 2018, numero 132, che consente, a condizioni date, di incidere sull'orario della vendita, anche per asporto, e della somministrazione di alimenti e bevande. Norma che, per un verso, ha esteso la platea dei destinatari includendovi le « attività artigianali di produzione e vendita di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato e di erogazione di alimenti e bevande attraverso distributori automatici» e, per l'altro, ha circoscritto il perimetro d'applicazione a «determinate aree delle città interessate da afflusso particolarmente rilevante di persone, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi, o […ad] altre aree comunque interessate da fenomeni di aggregazione notturna», e la durata della limitazione non può superare i trenta giorni. 13.1. I poteri di ordinanza del Sindaco quale ufficiale di governo sono, invece, disciplinati dall'articolo 54 del t.u.e.l. e in linea generale rispondono all'esigenza di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la «sicurezza urbana» comma 4 . In ragione del loro inserirsi nel sistema di sicurezza integrata che vuole la valorizzazione della partecipazione alla gestione della stessa anche dei governi locali, il legislatore ne prevede la previa comunicazione al Prefetto «anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione». 13.2. L'incerta linea di demarcazione tra ciò che costituisce tutela della vivibilità cittadina e ciò che invece afferisce, ad esempio, alla sicurezza urbana vera e propria, trova soluzione nel fatto che la seconda rientra nella sicurezza pubblica, ancorché “dell'urbe”, come da etimologia della parola v. al riguardo Corte cost., 7 aprile 2011, numero 115. In generale, la Corte Costituzionale, chiamata ad intervenire più volte sulla legittimità del potere di ordinanza, ha sempre salvaguardato l'esistenza delle norme primarie attributive della competenza, affrontando, oltre la questione dell'ammissibilità della deroga alla normativa primaria, anche quella dei limiti al suddetto potere . L'avvenuta legificazione del concetto di sicurezza urbana comma 4-bis , la cui declinazione era in passato rimessa ad apposito decreto ministeriale, la lega indissolubilmente alla sussistenza di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero a fenomeni di abusivismo, quali l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti. Circostanze queste non riscontrate, o comunque non evidenziate, quali presupposti dell'atto impugnato. Il legislatore, dunque, contrappone in una sorta di endiadi definitoria, la tutela dell'incolumità pubblica già “dei cittadini” a quella della sicurezza urbana non più della sicurezza pubblica , per integrare l'una nell'altra, sicché nella declinazione dei poteri del Sindaco quale ufficiale di governo, in quanto organo con competenza comunque territorialmente limitata al suo comune, la sicurezza pubblica è ontologicamente per lo più sicurezza urbana. 13.3. Anche nell'ambito della disciplina del potere di ordinanza del Sindaco quale ufficiale di governo viene prevista la possibilità di intervenire sulle attività commerciali, egualmente limitandone l'orario. L'articolo 54, infatti, consente tale evenienza «In casi di emergenza, connessi con il traffico o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza o per motivi di sicurezza urbana […]». 14. Diversamente da quanto affermato dalla Società, tuttavia, tali indicazioni costituiscono una mera esemplificazione delle possibilità contenutistiche dell'atto, a carattere evidentemente non tassativo, inserita peraltro, per quanto consta dai lavori preparatori della novella del 2017, al preciso scopo di rafforzare il potere del Sindaco disciplinando ex iure positivo un rimedio già in uso nella prassi, ma non sempre strutturato in modo tale da resistere ai contenziosi che ne sono conseguiti si pensi ai numerosi provvedimenti di limitazione degli orari di singoli pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande adottati per fronteggiare fenomeni di c.d. movida molesta, annullati in verità in quanto non motivati correttamente sotto il profilo della contingibilità e urgenza, ovvero formulati in modo da “ribaltare” sul gestore attività che il giudice ha reputato spettassero al Comune medesimo . In linea teorica, niente vieta che per le ragioni elencate nella norma si addivenga a soluzioni più drastiche nei confronti del pubblico esercizio o dell'attività commerciale in genere, quale la sospensione della stessa, sub specie di intimazione della sua chiusura temporanea. La limitazione degli orari, cioè, non può essere disposta in assenza dei presupposti di contingibilità e urgenza previsti dalle norme, in una con la ravvisata idoneità finalistica a risolvere i problemi di sicurezza pubblica articolo 54 o di vivibilità urbana articolo 50 così come, in senso diametralmente opposto, essa non costituisce l'unico rimedio accordato ai sindaci per fronteggiare problematiche di sicurezza, lato sensu intese, andando ad incidere su attività economiche. 15. Va ora ricordato che, come da costante e risalente giurisprudenza del Consiglio di Stato, dai cui principi non è ragione di discostarsi, i presupposti per l'adozione di un'ordinanza contingibile e urgente risiedono nella sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per il bene protetto dalla norma la pubblica incolumità, la sicurezza urbana, la vivibilità cittadina ovvero la quiete, quale valore considerato a parte, l'igiene pubblica, ecc. , ma purché lo stesso non sia altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall'ordinamento. A ciò si aggiunge la provvisorietà e temporaneità degli effetti, non essendo consentita l'adozione di ordinanze contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e/o permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile cfr., Cons. Stato, sez. V, 5 gennaio 2024, numero 190 sez. III, 29 maggio 2015, numero 2697 sez. II, 11 luglio 2020, numero 4474 . In altri termini, il potere di urgenza, di cui agli articolo 50 e 54 d.lgs. 18 agosto 2000, numero 267, può essere esercitato solo in presenza di circostanze di carattere eccezionale e imprevisto, costituenti un'effettiva minaccia per gli interessi pubblici tutelati dalle norme e unicamente in presenza di un preventivo accertamento delle condizioni concrete, fondato su prove empiriche e non su mere presunzioni. 15.1. Nondimeno, va precisato, le ordinanze sindacali possono essere adottate anche a fronte di un pericolo potenziale. Depone in tale senso il principio di precauzione, la cui applicazione esige l'intervento restrittivo da parte della pubblica amministrazione in presenza di un rilevante pericolo per interessi pubblici particolarmente sensibili anche in assenza di una evidenza scientifica del nesso di causalità, secondo lo standard del c.d. più probabile che non, tra la circostanza fattuale su cui si interviene e il pregiudizio che potrebbe arrecare. Il principio di derivazione comunitaria articolo 7, Regolamento numero 178 del 2002 impone che, nel concorso di situazioni di fatto fonti di ragionevole dubbio riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che sia previamente accertata l'effettiva esistenza della gravità del rischio occorso. Sicché, ancorché non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione dei pubblici poteri, non solo non è inibita, ma può essere esercitata ex ante al consolidamento delle conoscenze scientifiche cfr., Cons. di Stato, sez. III, 3 ottobre 2019, numero 6655 . 15.2.Viceversa, i presupposti di fatto e i parametri nomativi appena richiamati non ricorrono laddove il Sindaco può far fronte alla situazione con rimedi di carattere corrente nell'esercizio ordinario dei suoi poteri v., Cons. Stato, sez. V, 10 novembre 2022, numero 9846 . In tali ipotesi è il legislatore che ha, a monte, valutato gli effetti di una situazione data e ha individuato i rimedi avverso la sua pericolosità, effettiva o potenziale. Il che avviene tipicamente laddove esista un sistema punitivo comprensivo di sanzioni principali, sanzioni accessorie capaci ex se di cauterizzare l'attività pericolosa, appunto, e misure cautelari, finalizzate al medesimo obiettivo prescindendo finanche dall'accertamento in via definitiva della responsabilità. Il rapporto tra rimedio contenutisticamente atipico approntabile con le ordinanze sindacali e rimedio riveniente dall'atto sanzionatorio ontologicamente tipico, perché soggetto al principio di legalità che riguarda anche l'illecito amministrativo è di evidente alternatività, nel senso che ove operi il secondo non è possibile accedere al primo, salvo per colmare lacune di disciplina che si risolvano in motivati e circostanziati vuoti di tutela, non identificabili in alcun modo con la tempistica del procedimento, ove non ne venga evidenziata l'incidenza sulla situazione di pericolo. La forma dell'ordinanza contingibile e urgente non è fungibile con quella del provvedimento sanzionatorio, nel senso che non è possibile, né previsto dall'ordinamento, che la prima venga utilizzata per applicare sanzioni espressamente previste e pure richiamate in premessa. In sintesi, o si tratta di un'ordinanza contingibile e urgente, o si tratta di un provvedimento sanzionatorio tertium non datur. Diversamente opinando, le ordinanze contingibili e urgenti, anziché rimanere nell'ambito del rimedio extra ordinem e di chiusura del sistema, finirebbero per privare i destinatari dell'atto delle garanzie difensive e partecipative che connotano doverosamente l'applicazione di sanzioni. Solo laddove fosse dimostrata in concreto la pericolosità, anche potenziale, del differimento dell'irrogazione della misura sanzionatoria prevista, il Sindaco potrà di fatto anticiparne gli effetti ma la identità contenutistica della intimazione nella specie, a chiudere il locale, genericamente consegue alla ritenuta efficacia della stessa a risolvere il problema, non costituendo in alcun modo l'irrogazione di una sanzione, inammissibile al di fuori dei casi e delle modalità tipizzate dal legislatore. 16. Elementi tutti estranei al contenuto del provvedimento impugnato che individua la durata della sospensione non nel tempo necessario a risolvere la problematica, ma nel minimo edittale previsto dalla norma per i casi di accertamento della specifica violazione che ha determinato l'intervento, ritenendo sufficiente che ciò avvenga sotto l'egida dell'articolo 50 e/o 54 del T.u.e.l., indifferentemente. 17. Con l'ordinanza impugnata, il Sindaco del Comune di Lazise ha inteso fronteggiare problematiche di sostanziale mala gestio del locale oggetto della stessa, astrattamente idonee a generare preoccupazioni in termini di vivibilità della zona ovvero finanche di pericolosità sociale del locale. Il provvedimento non fa alcun cenno ai fattori di rischio che ha inteso ravvisare nell'accertamento effettuato dai Carabinieri della violazione del divieto di vendita di alcolici a minore degli anni diciotto, alla luce dei precedenti evidenziati nel relativo rapporto degli stessi. Né tali fattori di rischio possono essere desunti, come preteso dall'appellante, dal mero richiamo in premessa alla nota prot. 56/2-2/2018 del 30 luglio 2018, recante in oggetto «Proposta di chiusura temporanea della discoteca -OMISSIS per violazione articolo 7 DL 158/2012», con la quale il Sindaco e gli uffici comunali sono stati resi edotti «Per l'adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza» dell'illecito accertato in data 29 luglio 2018. L'elencazione dei precedenti due violazione degli articolo 2, 7-bis e 9 del T.u.l.p.s. per aver consentito l'accesso in discoteca a minore degli anni 14 in violazione delle prescrizioni contenute nella licenza accertate rispettivamente il 19 agosto 2006 e il 3 agosto 2017 e due denunce ex articolo 689 c.p. in data 30 luglio 2015 e 3 agosto 2017 per somministrazione di alcolici a minori di anni 16 non è infatti sufficiente a spostare l'asse della decisione dalla punizione alla prevenzione, così come sembrerebbe voler fare l'atto impugnato. Nessuna indicazione, pertanto, è dato trarre, neppure per relationem, sull'urgenza di intervenire al di fuori del sistema sanzionatorio delineato dal legislatore per fronteggiare la condotta accertata, alla luce dei precedenti illeciti commessi. Né tale urgenza può conseguire alla semplice stagionalità del titolo di legittimazione, come preteso da parte appellante, tenuto conto che proprio la natura non permanente dello stesso ben avrebbe consentito al Comune di attivarsi negli anni individuando possibili rimedi nello strumentario giuridico fornito dall'ordinamento con riferimento alle autorizzazioni di polizia si pensi alle previsioni dell'articolo 9 del T.u.l.p.s. sulle prescrizioni aggiuntive per ragioni di pubblico interesse . 18. Va sottolineato che il legislatore – in un'ottica di tutela della salute del minore – è intervenuto più volte negli anni prevedendo strumenti utili a sanzionare, penalmente e amministrativamente, le varie condotte di somministrazione e vendita di bevande alcoliche a soggetti di età inferiore ai 18 e ai 16 anni, commisurando il trattamento sanzionatorio all'effettiva portata lesiva della condotta. 18.1. Per quanto qui di interesse, il decreto legge 13 settembre 2012, numero 158, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, numero 189, con l'aggiunta dell'articolo 14-ter al testo della vecchia legge numero 125 del 30 marzo 2001 esso pure modificato dal più volte ricordato d.l. numero 14/2017 , ha previsto una sanzione pecuniaria che va dai 250 ai 1.000 euro da comminare nei confronti di chiunque «venda o somministri» bevande alcoliche a soggetti minori di 18 anni, nonché la sanzione accessoria della sospensione dell'attività da quindici giorni a tre mesi «se il fatto è commesso più di una volta». 18.2. Sulla somministrazione di bevande alcoliche ai minorenni, il trattamento sanzionatorio più aspro – previsto dall'articolo 689 c.p. – è invece limitato ai casi in cui l'esercente un'osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o di bevande, somministri, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcoliche a un minore degli anni sedici o ad un soggetto infermo di mente . Trattandosi di una contravvenzione, la pena che la legge prevede per questa fattispecie di reato è l'arresto fino ad un anno, ma anche in questo caso, qualora il fatto venga commesso più di una volta, si aggiunge la sanzione amministrativa pecuniaria nell'importo che va dai 1.000 ai 25.000 euro e la sospensione dell'attività per tre mesi. Alla medesima pena soggiace l'esercente che effettui la somministrazione mediante distributori automatici «che non consentano la rilevazione dei dati anagrafici dell'utilizzatore mediante sistemi di lettura ottica dei documenti e in assenza di personale incaricato di effettuare il controllo dell'età degli utilizzatori». 19. Va da sé che oggetto della tutela penale è la salute dei minori e degli infermi di mente . Inoltre, trattandosi di un reato di pericolo, il legislatore non ha subordinato la punibilità dell'esercente all'effettiva consumazione della bevanda alcolica da parte del minore il reato è integrato dalla condotta attiva della somministrazione della bevanda. Analoghi criteri sono stati estesi all'accertamento dell'illecito amministrativo di cui alla legge numero 125 del 2001. 20. La mancata “saldatura” terminologica e, conseguentemente, definitoria, tra le due fattispecie di illecito, fa sì che la prima articolo 14-ter della l. numero 125 del 2001 operi in tutti i casi di vendita di alcolici a minorenne ipotesi estranea alla formulazione dell'articolo 689 c.p. nonché di somministrazione a maggiore degli anni sedici ma minore di anni diciotto stante che per il minore di anni sedici trova invece applicazione la norma penale, estensibile a qualunque tipologia di somministrazione ovunque effettuata, dovendo necessariamente essere attualizzati i riferimenti ai locali ivi indicati come osterie e spacci . 20.1. La evidenziata differenza tra i due illeciti, crea anche un ulteriore problema di configurabilità della c.d. recidiva, in quanto declinata peraltro in maniera autonoma rispetto al generale istituto della reiterazione delle violazioni amministrative di cui all'8-bis della l. numero 689 del 1981. Il richiamo, infatti, all'avvenuta commissione «più di una volta» del fatto, se da un lato consente di dare rilevanza anche ad accertamenti non ancora definiti con l'atto conclusivo del procedimento sanzionatorio, dall'altro parrebbe fare riferimento esclusivo all'illecito previsto nella medesima norma e non alla distinta ipotesi di reato di cui all'articolo 689 c.p. Quand'anche, poi, l'Amministrazione abbia inteso, al contrario, valorizzare l'omogeneità dell'oggetto della tutela la salute e la sicurezza del minorenne , avrebbe dovuto esplicitarlo nell'atto impugnato, evidenziando le ragioni di urgenza che lo hanno indotto a derogare dal procedimento sanzionatorio di cui all'articolo 14-ter della l. numero 125 del 2001, sia in termini di tempistica, sia, soprattutto, di ritenuta inadeguatezza a fronteggiare la specificità della situazione riscontrata, tale cioè da non essere risolvibile secondo il paradigma delineato dal legislatore. Essendosi al contrario limitato a intimare la sospensione dell'attività in sostanziale applicazione dell'articolo 14-ter della l. numero 125 del 2001, ne consegue anche l'inevitabile corollario che ad una riqualificazione dell'atto impugnato in senso sanzionatorio peraltro contrastata dalla difesa civica osta l'incompetenza del firmatario dello stesso in quanto organo politico di vertice del governo locale, trattandosi di normale atto gestionale. 21. La Società lamenta altresì che l'applicazione della sanzione accessoria di cui all'articolo 14-ter della l. numero 125/2001 sarebbe stata irrogata anche in violazione dell'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, numero 689. Tale norma si occupa in generale delle c.d. sanzioni “accessorie”, appunto, diverse dalla confisca, prevedendone la possibile applicazione da parte dell'autorità amministrativa competente qualora esse già conseguissero al reato soggetto a depenalizzazione ad opera della medesima legge. Il dato letterale, dunque, al pari di quanto avviene per tutto il sistema della legge in questione, sembrerebbe legare la disciplina al contesto di generalizzata decriminalizzazione di precedenti illeciti operata dalla normativa del 1981 sulla base della tipologia di pena per gli stessi prevista. Sotto tale profilo, quindi, solo nel caso in cui un reato, divenuto illecito amministrativo, già prevedesse l'applicazione, in via accessoria, di sanzioni consistenti nella privazione o sospensione di diritti e facoltà derivanti da provvedimenti dell'amministrazione, esse possono facoltativamente essere applicate dall'amministrazione con l'ordinanza ingiunzione che commina anche la sanzione amministrativa pecuniaria. 21.1. La lacunosità di tale riferimento letterale spiega peraltro il tentativo di parte della dottrina di sottrarre dall'ambito sanzionatorio le misure consistenti nella privazione o nella sospensione di diritti e facoltà le sanzioni interdittive, appunto, quale quella di cui è causa che non siano accessorie rispetto ad un illecito amministrativo da depenalizzazione, individuandone la ratio nella protezione e realizzazione diretta degli interessi dell'Amministrazione in quanto permetterebbero l' “interdizione” di un soggetto o di una sua attività in ragione della ritenuta inidoneità a soddisfarli, avuto riguardo alla condotta preventivamente tenuta. La finalità di garanzia sottesa a tale opzione ermeneutica non consente comunque di astrarre dalla tipicità dei relativi presupposti, attraendole nella sfera delle ordinanze sindacali. 21.2. Senza addentrarsi nel merito della complessa questione della esatta portata dei principi di cui alla legge numero 689 del 1981 in relazione alla generalità degli illeciti amministrativi su cui si rinvia a Cons. Stato, sez. II, 4 giugno 2020, numero 3548 , certo è che anche gli interpreti più rigorosi hanno attinto alla stessa per individuare un codice, più o meno esteso, di garanzie sostanziali e procedurali a tutela del trasgressore. Ferma restando, dunque, la competenza ad irrogare la sanzione accessoria con l'ordinanza ingiunzione o con la sentenza di condanna – e dunque unitamente all'accertamento della responsabilità per l'illecito e alla conseguente applicazione della sanzione principale – quelle accessorie «non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione contro il provvedimento di condanna o, nel caso di connessione con un reato, fino a che il provvedimento stesso non sia divenuto esecutivo». Ciò, rileva ancora il Collegio, da un lato ne conferma la natura afflittiva e la funzione deterrente, dall'altro evidenzia l'attenzione del legislatore al principio -sebbene fortemente temperato di colpevolezza del destinatario del provvedimento. L'applicazione della sanzione accessoria, infatti, avviene, almeno di regola costituiscono una generalizzata eccezione le violazioni in materia di circolazione stradale, caratterizzate da una sorta di anticipazione immediata degli effetti della sanzione solo al momento in cui il soggetto è riconosciuto responsabile, a seguito di un giudizio a cognizione piena, della violazione amministrativa. 21.3. Anche sotto tale profilo, dunque, l'ordinanza si palesa illegittima in quanto ha di fatto anticipato l'irrogazione di una sanzione accessoria, senza motivare sull'esigenza di tale deroga al sistema. 22. Per completezza, il Collegio ricorda come la finalità, eterogenea rispetto alle esigenze di sicurezza eccezionali e imprevedibili da fronteggiare con atto contingibile e urgente, trova conferma anche negli ulteriori richiami normativi contenuti nell'epigrafe dell'atto 5, 9, 10 e 17 il richiamo all'articolo 117 del regolamento di esecuzione è addirittura errato, sia in quanto la norma è stata abrogata dal d.l. 8 agosto 2013, numero 91, convertito, con modificazioni, nella legge 7 ottobre 2013, numero 112, sia perché comunque aveva ad oggetto la disciplina delle sale cinematografiche . Se si eccettua, infatti, il contenuto dell'articolo 5, che afferisce alla esecuzione dei provvedimenti di polizia, esso attinge ancora una volta ad una cornice sanzionatoria che egualmente avrebbe consentito al Comune di intervenire nel solco della tipicità dei poteri conferitigli. L'articolo 10 del r.d. del 1931 consente infatti la sospensione oltre che la revoca della autorizzazione di polizia «nel caso di abuso della persona autorizzata», laddove ridetto abuso si ritiene sussista anche in caso di inosservanza delle prescrizioni aggiuntive «che l'autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli [al soggetto che ottenga un'autorizzazione di polizia, numero d.r.] nel pubblico interesse». Circa la natura giuridica del potere di cui all'articolo 10 del T.u.l.p.s. la giurisprudenza ha chiarito che si tratta di «un potere ampiamente discrezionale, che ha natura tipicamente preventiva e cautelare, a garanzia di interessi pubblici primari quali la sicurezza e l'ordine pubblico, di talché la sospensione della licenza deve ritenersi legittimamente adottata a prescindere dalla colpa del titolare dell'esercizio » cfr. T.a.r. per la Sicilia, 5 settembre 2023, numero 2697 Cons. Stato, sez. VI, 6 aprile 2007, numero 1563 id., 21 maggio 2007, numero 2534 . La relativa dizione «comprende ogni violazione di legge, di regolamenti o di ordini dell'Autorità, indipendentemente dalla qualificazione come reato del comportamento sanzionato» Cons. Stato, sez. IV, 27 settembre 1997, numero 772, richiamata in Cons. Stato, sez. III, 6 settembre 2018, numero 5263 . Pertanto «È legittima la sospensione della licenza, ai sensi dell'articolo 10 t.u.l. p.s. r.d. numero 773 del 1931 , non solo nel caso di abuso del titolo ma anche per la mera violazione delle modalità di svolgimento del servizio. Infatti l'autorizzazione di polizia va utilizzata conformemente alle prescrizioni contenute nelle leggi e nelle altre varie fonti sub-primarie e la loro violazione costituisce un uso anomalo e quindi un abuso del titolo, da sanzionare alla stregua dell'articolo 10 richiamato» Cons. Stato, sez. VI, 29 settembre 2010, numero 7185 . In linea di massima, si tende ad incidere sul titolo specificamente “abusato”, in quanto si ritiene venuto meno il rapporto fiduciario che aveva giustificato la sua adozione, il che tipicamente accade con il venir meno delle condizioni che ne avevano consentito il rilascio. 22.1. Qualora, tuttavia, il Comune abbia inteso ravvisare nella commissione dell'illecito accertato dai Carabinieri, congiuntamente peraltro agli altri commessi nel corso degli anni, una figura sintomatica di “abuso” della licenza, ben avrebbe potuto attivarsi dando applicazione a tali norme, che egualmente gli avrebbero consentito di far cessare l'attività, addirittura in via definitiva, senza attendere l'esito del procedimento sanzionatorio. La discrezionalità di cui gode l'Amministrazione in merito consente di valutare la complessiva personalità del richiedente, apprezzando se lo stesso possieda la specifica attitudine e dia sicura affidabilità nell'attività autorizzata in relazione ai riflessi che tale attività viene ad avere ai fini di una efficace protezione dei due beni giuridici di primario interesse pubblico, quali l'ordine e la sicurezza pubblica così Cons. Stato, sez. III, 27 luglio 2012, numero 4278 C.G.A.R.S. sez. I, 21 febbraio 2019, numero 167 . In tali casi, neppure può attribuirsi carattere inficiante dell'apparato motivazionale e dell'attività istruttoria ivi riflessa alla circostanza che le vicende penali alla base della scelta non siano sfociate in pronunce sul «merito» della contestata reità. Non vi è dubbio infatti che sia l'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande, per altri aspetti oggetto di autonoma disciplina di settore, anche regionale, sia quella per l'attività di trattenimento, sono ancora oggi riconducibili al mai soppresso genus delle autorizzazioni di polizia per le quali tali norme, inserite nel Capo III del Titolo I del r.d. del 1931, trovano applicazione. 22.2. La violazione delle prescrizioni contenute nella prima, in quanto comunque riconducibile al genus dei pubblici esercizi di cui all'articolo 86 del T.u.l.p.s. è sanzionata amministrativamente dall'articolo 17-bis, comma 2 quella relativa alle attività di trattenimento, come le discoteche, oggetto di autorizzazione ex articolo 68, rientrano invece nell'ipotesi di reato a carattere residuale di cui all'articolo 17 del T.u.l.p.s. evidentemente per tale ragione richiamata essa pure in epigrafe . Nella specie, tuttavia, manca qualsiasi riferimento all'illecito presupposto, non risultando in atti né un verbale di accertamento riferibile alla fattispecie di cui all'articolo 17-bis, comma 2 del T.u.l.p.s., né, men che meno, l'inoltro di una comunicazione di notizia di reato ex articolo 17 del medesimo Testo unico. Anzi, a ben guardare, non risulta allegata o dichiarata la specifica prescrizione inclusa nel titolo, sicché essa va desunta dalle previsioni della legge numero 125 del 2001 ma anche seguendo tale percorso ricostruttivo, la sospensione, per giunta per un tempo prestabilito, non avrebbe potuto essere contenuta in un'ordinanza contingibile e urgente. 23. Del tutto inconferente, infine, si palesa il richiamo alla normativa sulla protezione civile e segnatamente sui presupposti che legittimano la dichiarazione dello stato di emergenza anche a tacere del fatto che il richiamato articolo 2, lett. c della legge 24 febbraio 1992, numero 225 era già stato abrogato al momento dell'adozione dell'atto impugnato dal d.lgs. 2 gennaio 2018, numero 1, trattasi di situazioni del tutto diverse e non sovrapponibili. Nel sistema della protezione civile, infatti, nella quale tale dichiarazione ancora oggi si inserisce, la contingenza eccezionale che legittima l'esercizio di poteri eccezionali consegue ad un evento – quale una catastrofe naturale, ma anche una situazione che comunque genera un massiccio afflusso di persone in un determinato luogo – individuato come tale attraverso un procedimento ad hoc dal quale discende a cascata la possibilità di agire, anche in deroga al regime ordinario nel sistema delle autonomie locali, invece, l'ordinanza del sindaco presuppone una precisa istruttoria ma poi delinea autonomamente il rimedio, trovando legittimazione non nella dichiarazione formale che ci si trovi di fronte ad una situazione eccezionale, ma nella descrizione della stessa e nell'individuazione del rimedio per fronteggiarla, una volta escluso che ve ne siano di diversi e tipici già previsti dall'ordinamento. 24. In sintesi, il provvedimento impugnato non è motivato in relazione ai presupposti che legittimano il potere di ordinanza extra ordinem del Sindaco, che non può essere utilizzato per irrogare sanzioni o misure cautelari espressamente previste dall'ordinamento al solo scopo di aggirarne la tempistica imposta dal legislatore a tutela delle garanzie di difesa del trasgressore/indagato, così individuando rimedi a specifici illeciti, amministrativi come nella specie o penali, al di fuori della tipicità degli atti amministrativi e segnatamente di quelli afferenti il diritto punitivo. 25. Per quanto sopra detto l'appello deve essere respinto e, per l'effetto, deve essere confermata la sentenza impugnata. 26. La particolarità della vicenda dedotta in causa giustifica la compensazione delle spese del grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese del grado compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, numero 196, e all'articolo 10 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il legale rappresentante della Società appellante.