Fermo restando il divieto di diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute, occorre sempre bilanciare i diritti antagonisti della privacy e della trasparenza amministrativa. Lo ha ribadito la Cassazione pronunciandosi sulla legittimità di una selezione pubblica.
La controversia approdata in Cassazione nasceva dalla richiesta di risarcimento danni da parte di due lavoratrici che contestavano l'illegittimità della selezione pubblica operata dalla datrice di lavoro che, attraverso la pubblicazione della graduatoria, aveva reso noto il dato sensibile relativo al loro stato di salute. Nello specifico, la Corte territoriale, dopo aver evidenziato che il pubblico concorso, soggetto alla tutela costituzionale dell'articolo 97 Cost., rientra tra le attività di rilevante interesse pubblico che consente di trattare i dati sensibili, aveva escluso che il datore di lavoro avesse divulgato informazioni sullo stato di salute dei richiedenti e che tali dati fossero fondamentali per accertare lo svolgimento della selezione pubblica. Veniva, pertanto, adita la Suprema Corte in particolare, le lavoratrici denunciano la violazione dell'articolo 22 Codice Privacy. La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ha chiarito che il parere del Garante Privacy, invocato dalle ricorrenti con riferimento alla pubblicità degli esiti delle prove concorsuali e delle graduatorie di concorsi pubblici, stabilisce che non possono essere resi noti dati concernenti i recapiti degli interessati né quelli di salute degli interessati, quali condizioni di invalidità, disabilità o handicap fisici e/o psichici. Per i Giudici, la Corte d'Appello aveva, dunque, legittimamente escluso la violazione della suddetta norma, dal momento che la graduatoria contestata non conteneva alcuna indicazione sui dati sensibili dei partecipanti alla procedura concorsuale, ma solo il nome ed il punteggio ottenuto. Quest'ultimo - ha continuato la Suprema Corte – dev'essere condiviso per la trasparenza delle operazioni concorsuali e, quindi, per il perseguimento di finalità di interesse pubblico. Per concludere, la Cassazione ha, pertanto, stabilito che «la scelta della pubblicazione del solo punteggio unico non comportava uno sproporzionato sacrificio della protezione dei dati personali, integrando una soluzione idonea a bilanciare i diritti antagonisti, garantendo, assieme al diritto alla privacy, anche la tutela minima della trasparenza amministrativa».
Presidente Marotta - Relatore Buconi Fatto 1. La Corte di Appello di Roma ha rigettato il gravame proposto da C.M. e F.L. dipendenti dell' OMISSIS , di seguito Agenzia OMISSIS , risultate vincitrici della selezione pubblica per l'assegnazione del telelavoro avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva respinto il ricorso proposto dalle medesime, volto ad accertare l'illegittimità dell'operato dell'Agenzia OMISSIS e ad ottenere il risarcimento del danno. 2. Le lavoratrici avevano lamentato che attraverso la pubblicazione della graduatoria contenente la posizione, il nominativo ed il punteggio dei candidati sul sito internet dell'Agenzia OMISSIS , il datore di lavoro aveva reso pubblico il dato sensibile relativo al loro stato di salute. 3. Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale ha ritenuto che il pubblico concorso, sottoposto a tutela costituzionale ex articolo 97 Cost., rientri tra le attività di rilevante interesse pubblico rispetto alle quali è consentito il trattamento dei dati sensibili e che la finalità di rilevante interesse pubblico può comprendere la diffusione del dato qualora sia indispensabile per la trasparenza delle attività indicate, fermo restando il divieto di diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute. 4. Ha inoltre evidenziato che nella fattispecie dedotta in giudizio, il dato relativo alla salute era imprescindibile ai fini della verifica del corretto svolgimento della selezione pubblica, ha rilevato che le lavoratrici avevano superato il concorso in virtù del possesso del requisito della disabilità ed ha comunque escluso che il datore di lavoro avesse diffuso il dato relativo al loro stato di salute. 5. Ha in particolare escluso che l'ipotetico raffronto tra i punteggi previsti nel bando per i vari requisiti e il punteggio finale attribuito in graduatoria da cui poteva indirettamente inferirsi la presenza di uno stato di invalidità potesse giustificare l'oscuramento dei nominativi o l'utilizzo di tecniche di cifratura, queste ultime richieste solo per i dati sensibili contenuti in elenchi, registri o banche dati tenuti con l'ausilio di strumenti elettronici, e non per gli esiti di un pubblico concorso. 6. Ha infine ritenuto infondata la domanda risarcitoria ritenendo l'insussistenza di danni. 7. Avverso tale sentenza C.M. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi, illustrato da memoria. 8. L'Agenzia OMISSIS si è costituita con mandato. Diritto 1. Con il primo motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 22 del Codice privacy, in relazione all'articolo 360, comma primo, numero 3 cod. proc. civ. Addebita alla Corte territoriale di avere ritenuto che l'Agenzia sia stata autorizzata da una previsione legislativa alla diffusione del dato sensibile, senza tuttavia richiamare ed indicare la norma autorizzatoria. Deduce che i dati sensibili che possono essere trattati sono quelli individuati dalla legge come di rilevante interesse pubblico, evidenziando che la ricorrente non aveva partecipato ad un concorso, ma ad una procedura selettiva per l'assegnazione del telelavoro riservata ai dipendenti Agenzia OMISSIS . Aggiunge che il Garante della Privacy, intervenendo sulla pubblicazione delle graduatorie di concorsi riservati a persone con disabilità sui siti istituzionali, ha escluso che possano formare oggetto di pubblicazione dati concernenti le condizioni di salute degli interessati, ivi compresi i riferimenti a condizioni di invalidità, disabilità o handicap fisici e/o psichici. Evidenzia che nel decreto numero 280/2014 che aveva reso pubblici gli esiti della procedura di selezione era stato richiamato il bando, nel quale erano stati indicati i criteri di valutazione delle domande di telelavoro ed i punteggi massimi ottenibili da ciascun candidato sostiene che il raffronto tra i punteggi previsti nel bando per i vari requisiti ed il punteggio attribuito in graduatoria non è ipotetico, ma reale, in quanto un punteggio più elevato di 62 era sicuramente dovuto ad uno stato di disabilità. Argomenta che la pubblicazione del nominativo associato al punteggio maggiore ottenuto dal candidato per effetto di una disabilità rende conoscibile lo stato di salute del medesimo. Assume che la graduatoria di una procedura di selezione costituisce un elenco di soggetti riconducibile all'articolo 22, comma 6, del Codice della privacy, e che non era stata prospettata la necessità di un oscuramento, ma la sufficienza di criptature che potevano consistere nella pubblicazione della graduatoria con i soli numeri di arrivo al Protocollo e che l'Agenzia OMISSIS aveva recentemente creato un sito intranet in cui aveva pubblicato gli esiti di un'altra selezione di personale, indicando il nominativo senza il punteggio, conoscibile previa richiesta al Responsabile del procedimento. 2. Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione dell'articolo 15 codice privacy, in relazione all'articolo 360, comma primo, numero 3 cod. proc. civ. Addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente escluso il diritto della lavoratrice al risarcimento del danno. Sostiene che il danno è in re ipsa richiama giurisprudenza di legittimità secondo cui in capo al datore di lavoro che abbia trattato i dati personali del dipendente in violazione delle norme a tutela della privacy scatta automaticamente l'obbligo di risarcire il danno non patrimoniale subito dal lavoratore. 3. Il primo motivo è infondato. La censura presenta profili di inammissibilità, in quanto non coglie il decisum e tende alla rivisitazione del fatto. La sentenza impugnata ha accertato che la graduatoria non conteneva alcun riferimento alle informazioni sensibili dei partecipanti alla procedura concorsuale, ma solo il nome ed il punteggio ottenuto, ed ha osservato che la pubblicazione in questi termini era funzionale alla garanzia della trasparenza delle operazioni concorsuali e di selezione, in quanto finalizzata a permettere agli altri partecipanti di controllare la legittimità e correttezza dello svolgimento della procedura. La Corte territoriale non ha affatto ritenuto legittima la diffusione del dato sensibile, ma ha escluso che l'Agenzia OMISSIS abbia posto in essere la diffusione del suddetto dato, in quanto la graduatoria non lo ha riportato direttamente, ed il dato stesso poteva emergere solo dall'ipotetico raffronto tra il bando e la graduatoria. La censura si limita a dedurre che il raffronto era reale e, nel prospettare la riproduzione del bando nel decreto numero 280/14 che aveva reso pubblico l'esito della procedura di selezione, sollecita un giudizio di merito. Ai sensi dell'articolo 4 del d.lgs. numero 196/2003, costituiscono “dati sensibili” i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, mentre il parere del Garante della privacy invocato dalla ricorrente e riportato in parte qua dalla sentenza impugnata, riguardo alla pubblicità degli esiti delle prove concorsuali e delle graduatorie finali di concorsi e selezioni pubbliche prevede che non possono formare oggetto di pubblicazione dati concernenti i recapiti degli interessati utenze di telefonia fissa o mobile, indirizzo di residenza o di posta elettronica, codice fiscale, indicatore Isee, numero di figli disabili, risultati di test psicoattitudinali o titoli di studio , né quelli di salute degli interessati, ivi compresi i riferimenti a condizioni di invalidità, disabilità o handicap fisici e/o psichici. Nel caso in esame, come accertato dal giudice del merito, deve escludersi che sia stato violato l'articolo 22, comma 6, del d. lgs. numero 196/2003, in quanto l'elenco costituito dalla graduatoria non conteneva alcun dato relativo allo stato di salute della lavoratrice ricorrente. Quello che la graduatoria riportava punteggio complessivo riconosciuto senza alcun riferimento ai punteggi singoli attribuiti per ciascun requisito era indispensabile per la trasparenza delle operazioni concorsuali e dunque per il perseguimento di finalità di interesse pubblico articolo 97 . Come evidenziato dalla Corte territoriale, il principio di trasparenza, che si esprime anche nella conoscibilità dei documenti amministrativi, oltre a rappresentare il fondamento della democrazia amministrativa in uno Stato di diritto, costituisce anche un caposaldo del principio di buon funzionamento della pubblica amministrazione, quale “casa di vetro” improntata ad imparzialità, intesa non quale mera conoscibilità, garantita dalla pubblicità, ma anche come intelligibilità dei processi decisionali. Nello specifico, come evidenziato dalla Corte territoriale, il dato relativo allo stato di salute non era semplicemente indifferente rispetto alle finalità perseguite con il concorso, in quanto era previsto nel bando tra i requisiti per la partecipazione alla selezione trattandosi della particolare tipologia del telelavoro la priorità era, infatti, riconosciuta per le “situazioni di disabilità psico-fisiche tali da rendere disagevole il raggiungimento del luogo di lavoro” . L'essere, poi, inferibile lo stato di salute da un ‘ipotetico' confronto tra l'unico punteggio attribuito in graduatoria ed i punteggi partitari indicati nel bando non era elemento tale da giustificare l'oscuramento dei nominativi e l'utilizzo di cifrature come preteso dalla ricorrente ciò, infatti, avrebbe reso del tutto inintelligibile l'esito del concorso, così vanificando l'esigenza di trasparenza di cui si è detto. A fronte, dunque, di tale esigenza, la scelta della pubblicazione del solo punteggio unico non comportava uno sproporzionato sacrificio della protezione dei dati personali, integrando una soluzione idonea a bilanciare i diritti antagonisti, garantendo, assieme al diritto alla privacy, anche la tutela minima della trasparenza amministrativa. 4. Il secondo motivo, che denuncia il mancato accoglimento della domanda risarcitoria calibrata nel ricorso ex articolo 414 cod. proc. civ. esclusivamente in funzione dell'asserita esposizione pubblica dello stato di salute e disabilità con riferimento alla pubblicazione del bando di concorso - v. sentenza pag. 9 - , deve pertanto ritenersi assorbito. 5. Il ricorso va conclusivamente rigettato. 6. Non occorre provvedere sulle spese perché l'Agenzia OMISSIS non ha notificato tempestivamente alcun controricorso ed ha presentato solo atto di costituzione ai fini della discussione orale, cui ha fatto seguito memoria illustrativa. Questa Corte ha già affermato, ed il principio deve essere qui ribadito, che nel giudizio davanti la Corte di Cassazione, è irricevibile la memoria difensiva presentata in prossimità dell'udienza, con la quale la parte che non ha depositato il controricorso spiega, per la prima volta, le ragioni di resistenza al ricorso, perché, in assenza di controricorso, la parte intimata non può presentare memorie cfr. fra le tante Cass. 14 marzo 2017 numero 6563 Cass. 20 ottobre 2017, numero 24835 Cass. 15 novembre 2017, numero 27140 . 7. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, dell'obbligo, per parte ricorrente, di versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione integralmente rigettata, se dovuto. 8. A tutela dei diritti della ricorrente, che ha promosso una controversia attinente alla violazione della privacy attraverso la diffusione di dati riguardanti lo stato di salute, si deve disporre, in caso di riproduzione in qualsiasi forma della presente ordinanza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi della parte, ai sensi dell'articolo 52, comma 2, del d. lgs. numero 196/2003. Ciò, tenuto conto del fatto che la materia dei dati sensibili nei provvedimenti giurisdizionali ha una sua propria disciplina e risponde ad esigenze diverse da quelle della trasparenza delle operazioni concorsuali e di selezione, rappresentate al punto sub 3. che precede. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.