Punitive damages: il nuovo modello volto a tutelare i diritti fondamentali

Con l’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione numero 29690 del 2024, ricorda che è stata introdotta dal legislatore della Riforma, sulla base di un nuovo modello ispirato ai punitive damages, molto diffusi nei paesi di Common Law, la possibilità di adottare d’ufficio le c.d. astreintes nei procedimenti di famiglia a fronte delle possibili lesioni di diritti fondamentali utilità che di fatto era comunque già prevista, in generale, anche dall’articolo 614 bis c.p.c

Il fatto La Corte d'Appello di rinvio accoglieva il reclamo della madre avverso la decadenza della sua responsabilità genitoriale pronunciata con decreto dal Tribunale, il quale aveva altresì disposto il collocamento del minore in una casa famiglia. In particolare, i giudici del rinvio, richiamando il contenuto dell'ordinanza di Cassazione, disponevano il ripristino della responsabilità genitoriale della madre limitatamente alla gestione ordinaria, collocando il minore presso l'abitazione materna, con affidamento ai servizi sociali per tutte le decisioni di maggiore importanza. Nella sua motivazione la Corte d'Appello evidenziava infatti, che l'accertamento della violazione del diritto del padre alla bigenitorialità, nonché la conseguente necessità di garantire l'attuazione del diritto, non poteva comunque comportare automaticamente, ipso facto, la decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale, essendo quest'ultima una misura estrema che recide ineluttabilmente ogni rapporto giuridico, morale ed affettivo con il figlio. Il diritto alla bigenitorialità è, infatti, anzitutto un diritto del minore prima ancora dei genitori  deve essere necessariamente declinato attraverso criteri e modalità concrete che siano dirette a realizzare, in primis, il miglior interesse del minore. La Corte di Cassazione nella sua pronuncia di rinvio aveva quindi, cassato il decreto emesso in grado d'appello per il fatto che questi aveva confermato la decadenza della responsabilità genitoriale, senza aver valutato la possibilità che, qualora il minore fosse stato allontanato dall'ambiente e dagli affetti con cui era cresciuto, ciò avrebbe potuto provocargli anche un pregiudizio maggiore rispetto a quello che aveva già patito per la perdita del suo diritto alla bigenitorialità. Il Collegio aveva quindi indicato ai giudici d'appello la necessità di operare un giudizio di bilanciamento, che prima era stato omesso, e secondo il quale occorreva considerare se il pregiudizio patito dal figlio per l'avvenuta violazione del suo diritto alla bigenitorialità sarebbe stato più o meno grave di quello ulteriore che avrebbe patito se fosse stato sottratto alla madre, unica figura genitoriale di riferimento con cui era cresciuto sino a un'età preadolescenziale e quindi di presunta capacità di discernimento. Avverso la pronuncia in sede di rinvio della Corte di Appello, conforme ai principi espressi dalla Cassazione, proponeva ricorso, articolato in sei motivi, il padre. Tra questi, quello di maggior interesse e accolto dalla Cassazione nella sua ultima ordinanza è solo l'ultimo, ovvero quello relativo alla violazione dell'articolo 709 ter per la mancata adozione delle misure sanzionatorie previste dalla norma e in particolare della condanna al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria ai danni del genitore inadempiente. Applicazione 709 ter c.c. e adozione delle astreintes nel futuro Si premette che, nel caso di specie, risulta ancora operativo l'articolo 709 ter c.p.c., il quale stabilisce che il giudice, una volta verificata la sussistenza dei comportamenti descritti che incidono negativamente sul corretto svolgimento del programma di affidamento, ovvero in caso di gravi inadempienze di ordine economico, può intervenire a modificare il provvedimento vigente e, anche in assenza di istanza di parte, procedere a condannare le parti al pagamento delle sanzioni previste dalla norma. Nel caso di specie, il padre aveva chiesto una sanzione a carico della madre perché questa si era sottratta alle prescrizioni impartite dai giudici e aveva, di fatto, impedito l'esercizio della bigenitorialità. Tale ultimo comportamento era stato accertato incontrovertibilmente dalla Corte d'Appello, che infatti aveva affidato il figlio minore ai servizi sociali, e per tale ragione veniva richiamata dalla Corte di Cassazione a riesaminare nuovamente la possibilità di riconoscere la sanzione richiesta dal genitore sulla base dell'inadempimento passato e in merito alla quale la Corte aveva mancato di pronunciarsi in sede di rinvio. Nella sua pronuncia la Corte di Cassazione non mancava poi di sottolineare che, eventuali comportamenti ostativi potrebbero anche formare in futuro oggetto di valutazione ai sensi del nuovo articolo 473 bis 39 c.p.c., in combinato disposto con il 614 bis c.p.c., che prevede la possibilità per il giudice di adottare d'ufficio misure di coercizione indiretta. Pertanto, se con l'abrogato testo della previgente disposizione codicistica ex articolo 709 ter c.p.c. l'ammonimento, il risarcimento del danno e la sanzione amministrativa rispondevano a una funzione repressiva delle già avvenute violazioni o inattuazioni totale o parziale dei doveri familiari – tra i quali rientrano anche i comportamenti che ostacolano il corretto svolgimento delle modalità di affidamento e dell'esercizio della responsabilità genitoriale – l'attuale articolo 473 bis 39 c.p.c., relativo a tutti i provvedimenti che attengono ai profili della responsabilità genitoriale e al minore, oltre che al provvedimento della casa coniugale, è volto a evitare ex ante l'inadempimento futuro attraverso un sistema di garanzie preventive. Tra queste vi è infatti, la condanna al pagamento di una somma di denaro destinata ad accrescersi con il protrarsi della condotta indesiderata, con automatica efficacia esecutiva. Il giudice, quindi, con le astreintes, ispirate al modello di “punitive damages” della Common Law, che guardano al futuro e divengono esigibili se si verificherà una violazione, potrà quindi applicare misure di coercizione indiretta finalizzate a garantire il corretto adempimento dei provvedimenti emessi attinenti alla responsabilità genitoriale, diversi dall'adempimento economico, rendendo in tal modo indirettamente coercibili qualsivoglia ordine incoercibile di fare, tra cui, appunto, i provvedimenti che riguardano i figli.

Presidente Acierno - Relatore Iofrida Fatti di causa La Corte d'Appello di Roma, con decreto numero cronol. 369/2023, pubblicato il 10/10/2023, pronunciando in sede di rinvio a seguito di Cass. numero 9691/2022 sui riuniti ricorsi in riassunzione proposti, nel maggio 2022, da Ap.Gi. e Ma.La., ha accolto il reclamo di quest'ultima avverso il decreto del 4/6/2021, con il quale il Tribunale per i minorenni di Roma, in accoglimento del ricorso proposto da Ap.Gi. nel novembre 2015, ai sensi degli articolo 330, 333 e 336 c.c., all'esito di due CTU svolte nel corso del procedimento, aveva disposto la decadenza di Ma.La. dall'esercizio della responsabilità genitoriale sul figlio Ap.Lo., nato il 15/2/2010, ordinando che il minore fosse collocato in casa-famiglia e che fossero temporaneamente sospesi i suoi rapporti con la madre. In particolare, i giudici del rinvio, all'esito di istruttoria consistita nell'ascolto del minore nel febbraio 2023 e di nuova CTU psicologica, su parere del PG contrario all'accoglimento del reclamo, hanno - disposto il ripristino della responsabilità genitoriale di Ma.La., dichiarata decaduta dal Tribunale per i minorenni con il provvedimento depositato il 4.6.2021, sul figlio Ap.Lo., limitatamente alla sua gestione ordinaria, - revocato la nomina del tutore - disposto, fermo restando il collocamento del minore presso l'abitazione materna, l'affidamento ai Servizi Sociali territorialmente competenti,  che assumeranno nell'interesse di Ap.Lo. tutte le decisioni più importanti - incaricato i Servizi  di monitorare l'evoluzione psicofisica del minore effettuando colloqui periodici con la scuola, con l'ospedale … e con lo psicoterapeuta di Ap.Lo., relazionando al riguardo, a scadenza almeno semestrale, il Giudice Tutelare, nonché relazionando immediatamente al PMM, qualora ravvisino comportamenti pregiudizievoli all'interesse del minore, posti in essere da Laura Ma.La. - disposto che il TSMREE della Asl di competenza prenda in carico Ap.Lo. e si relazioni periodicamente con i Servizi affidatari - confermata la previsione di un contributo per il mantenimento del minore, a carico del padre, nell'importo già stabilito di € 500,00 mensili, fermo l'adeguamento secondo gli indici Istat, oltre al 50% delle relative spese straordinarie - respinto la domanda formulata la Ap.Gi. nei confronti di Ma.La. ex articolo 709-ter c.p.c. e compensato le spese di lite tra le parti. La Corte d'Appello ha, anzitutto, richiamato il contenuto dell'ordinanza numero 9691/2022 di questa Corte, con la quale era stato accolto per vizio di motivazione il ricorso di Ma.La. avverso pregressa decisione d'appello del luglio 2021, chiarendo che, se  nell'interesse superiore del minore, va assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi   come reiteratamente sostenuto anche dalla Corte Edu , d'altro canto, con riferimento al caso concreto,  l'accertamento della violazione del diritto del padre alla bigenitorialità, nonché la conseguente necessità di garantire l'attuazione del diritto, di per sé, non possono comportare automaticamente, ipso facto, la decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale, quale misura estrema che recide ineluttabilmente ogni rapporto, giuridico, morale ed affettivo, con il figlio  la Corte d'Appello avrebbe, inoltre, del tutto  omesso di considerare quali potrebbero essere le ripercussioni sull'assetto cognitivo del minore di una brusca e definitiva sottrazione dello stesso dalla relazione familiare con la madre, con la lacerazione di ogni consuetudine di vita. Al riguardo, occorre evidenziare che il diritto alla bigenitorialità disciplinato dalle norme codicistiche è, anzitutto, un diritto del minore prima ancora dei genitori, nel senso che esso deve essere necessariamente declinato attraverso criteri e modalità concrete che siano dirette a realizzare in primis il miglior interesse del minore il diritto del singolo genitore a realizzare e consolidare relazioni e rapporti continuativi e significativi con il figlio minore presuppone il suo perseguimento nel miglior interesse di quest'ultimo, e assume carattere recessivo se ciò non sia garantito nella fattispecie concreta . In conclusione, si afferma, nella sentenza qui impugnata del 2023, il provvedimento della Cassazione ha censurato il decreto impugnato per essere stato adottato senza aver preventivamente ascoltato il minore e per non aver valutato, operando il necessario bilanciamento tra il superiore interesse del bambino e il diritto del padre alla bigenitorialità, i  prevedibili traumi  e gli  esiti dannosi imprevedibili  che potrebbero derivare a Ap.Lo. per effetto del  brusco e definitivo abbandono della madre e per il collocamento in casa famiglia  nel caso concreto, la Corte di Cassazione ha rilevato che  la Corte d'Appello non ha effettuato una corretta ricognizione degli articolo 330 ss., c.c., per aver del tutto omesso tale bilanciamento, obliterando dunque la concreta eventualità che l'attuazione del diritto alla bigenitorialità attraverso la decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre possa tradursi, di fatto, in una immediata sofferenza per il bambino con le relative conseguenti ripercussioni sul suo futuro  e nella parte conclusiva ha evidenziato, da un lato, la possibile efficacia delle sanzioni di cui all'articolo 709-ter c.p.c. nei confronti del genitore che si sia sottratto alle prescrizioni del giudice e ha auspicato, dall'altro, l'avvio di una  paziente ripresa dell'opera di assistenza psicologica al minore e con l'auspicabile ausilio dei difensori delle parti … anche un'adeguata attività psicologica di sostegno alla ricorrente volta a persuaderla dell'inizio di una significativa relazione del padre con il figlio, nell'interesse di quest'ultimo . Secondo la Corte d'Appello quindi,  fermo restando l'incontrovertibile ormai già avvenuto accertamento, tanto dell'atteggiamento gravemente ostacolante la facilitazione dei rapporti padre-figlio, posto in essere da Ma.La., quanto della sua reiterata e volontaria mancata esecuzione dei provvedimenti già adottati dai giudici di merito, che per 10 lunghi anni hanno affrontato questo caso , questa Corte di Cassazione, nella pronuncia numero 9691, ha cassato il decreto emesso in grado di appello  per il solo fatto di aver confermato la sua decadenza dalla responsabilità genitoriale, senza aver valutato la possibilità che, qualora il minore fosse stato allontanato dall'ambiente e dagli affetti con cui è cresciuto, ciò avrebbe potuto provocargli un pregiudizio maggiore rispetto a quello che comunque ha già patito per la perdita del suo diritto alla bigenitorialità . Stante la natura chiusa del giudizio di rinvio, le condotte ostruzionistiche poste in essere dalla Ma.La. avendo la stessa impedito l'esecuzione di diversi provvedimenti adottati dal Tribunale o dalla Corte d'Appello , si è indicato ai giudici di appello la necessità di operare un giudizio di bilanciamento prima omesso   verificare, cioè, se il pregiudizio patito da Ap.Lo. per l'avvenuta violazione del suo diritto alla bigenitorialità sia più o meno grave di quello ulteriore che patirebbe ad essere sottratto alla madre, unica figura genitoriale di riferimento, con cui è cresciuto sino a 13 anni di età . Tanto premesso, la Corte territoriale ha esposto l'esito dell'attività istruttoria espletata in sede di rinvio ascolto del minore Ap.Lo. e nuova CTU al fine di accertare quali potessero essere  in concreto gli interventi ed i percorsi praticabili per entrambi i genitori e per il minore ai fini del progressivo recupero e rasserenamento delle relazioni tra Ap.Lo. ed entrambe le figure genitoriali , tenuto conto  dell'età del minore e delle possibili ripercussioni sull'assetto psico-evolutivo, affettivo e cognitivo delle diverse soluzioni ipotizzate   . Il ragazzo, sentito nel corso dell'udienza del 21/2/2023, di anni 13, nonché nuovamente ascoltato dal consulente tecnico d'ufficio, ha reiteratamente affermato la sua volontà ritenuta dalla Corte territoriale non più trascurabile anche in ragione dell'età raggiunta di non incontrare il padre, di continuare a vivere con la madre, di non sopportare più alcuna intromissione da parte di soggetti istituzionali e di non voler aderire ad alcun percorso di sostegno psicologico, di cui afferma di non aver bisogno. Quanto alle risultanze peritali respinta l'eccezione di nullità sollevata dal difensore dell'Ap.Gi. , il consulente, dopo essere confrontato con le parti malgrado il clima di accesa conflittualità , con la scuola frequentata dal minore e con il suo allenatore di pallacanestro, ha dovuto riscontrare il fermo e impenetrabile atteggiamento di chiusura di Ap.Lo. verso le istituzioni e tutti i possibili percorsi di cura vengono riportati i seguenti passaggi nell'argomentare del consulente   Nella mente e nella psiche di Ap.Lo. la visione del mondo è totalmente scissa in due polarità semantiche, da un lato abbiamo la madre salvifica e sacrificale che ha lottato e sta lottando in ogni modo contro il padre e contro le istituzioni per proteggerlo, dall'altra il padre vissuto come un nemico, una persona bugiarda, che si è accanito nell'intento di allontanarlo dalla madre. Le evoluzioni delle vicende processuali, rilette dalla signora Ma.La. e quindi anche da Ap.Lo. come l'esito dell'accanimento paterno, e tutti i tentativi volti al riavvicinamento hanno rinforzato nel ragazzo il vissuto di un padre persecutore da cui sfuggire per salvarsi e di fatto hanno confermato nella sua mente la veridicità della campana materna Ap.Lo. schiacciato tra i genitori, che completamente assorbiti nel conflitto, hanno perduto di vista i bisogni essenziali del minore ha dovuto ricavarsi la sua strategia mal adattativa al fine di mantenere un equilibrio mentale sufficientemente buono. Per cui, attraverso l'attivazione di strategie difensive di tipo ossessivo e meccanismi di razionalizzazione, è riuscito grazie anche alle sue brillanti doti cognitive, a mantenere coartato il suo mondo emotivo, evitando così di prenderne contatto e attivando strategie di coping per mantenere un funzionamento mentale, scolastico e sociale sufficientemente buono, almeno per ora Sono presenti in Ap.Lo. aspetti di coartazione emotiva, processi cognitivi rigidi con tendenza al controllo e al perfezionismo, e bassa autonomia. I livelli di ostilità, diffidenza e la proiezione di istanze malevole all'esterno appaiono già fin troppo rappresentati, poiché l'immersione per l'intero arco della vita in questa situazione ha favorito in Ap.Lo. la costruzione di processi di pensiero che distorcono la realtà oggettiva a servizio di una realtà ideale esclusiva e unica. È chiaro che un intervento psicoterapico correttivo immediato sarebbe grandemente auspicabile, per cui ci si augura che la signora Ma.La. si impegni a motivare il figlio ad intraprendere questo percorso, che non ha nulla a che vedere con un recupero del rapporto con il padre, ma è finalizzato a supportare Ap.Lo. nell'elaborazione della sofferenza accumulata in questi dieci anni, e prevenire che i tratti disfunzionali descritti evolvano verso forme psicopatologiche propriamente dette. Se la proposta sarà mediata con convinzione dalla madre certamente Ap.Lo. la accoglierà La scelta che ha fatto, mantenendo la sua lealtà alla madre, gli ha permesso di non frantumarsi sottraendosi alla sofferenza prodotta dalla dissonanza cognitiva che lo affliggeva, concedendosi un po' di respiro. È consapevole che reintrodurre la figura paterna nella sua vita, significherebbe una nuova impennata del suo conflitto di lealtà Allo stato attuale Ap.Lo. non appare pronto al reincontro col padre Rispetto al rapporto col paterno il bene per Ap.Lo. è poterlo vivere non più come un persecutore ma come un padre che accoglie il suo bisogno di distanza . La relazione affettiva tra il signor Ap.Gi. e il figlio è oggi gravemente danneggiata ed ogni intervento psicoterapeutico teso ad un ripristino, dovrebbe passare per una strategia coercitiva L'età raggiunta dal minore e la radicalizzazione del rifiuto fanno pensare che nell'attuarla si rischierebbe di arrecare un pregiudizio senza alcuna garanzia del risultato Il trascorrere del tempo e la strategia dilatoria l'attuazione delle prescrizioni del Tribunale, la mancanza di collaborazione e l'opposizione ad ogni livello attuata dalla signora Ma.La. ha reso così radicato il rifiuto di Ap.Lo. che oggi ci troviamo dinanzi ad una situazione relazionale non più trattabile . Un allontanamento ex abrupto in questa fase della vita, uno sradicamento dai suoi affetti, dalla sua rete amicale e dalle sue abitudini, rischierebbe di produrre un breakdown adolescenziale o crollo psicotico adolescenziale e non si è convinti che il rischio valga l'impresa . In questo momento per garantire a Ap.Lo. il suo diritto di accedere al padre, rischiamo non solo di creargli il trauma del distacco dalla madre, dal suo mondo e ambiente di vita, ma di creare ad un ragazzo con già delle vulnerabilità, una frattura difficilmente sanabile proprio a ridosso dell'ingresso nell'adolescenza. Senza la complicità di Ap.Lo. nessun intervento è attuabile, anzi dannoso. Se il signor Ap.Gi. saprà, come si auspica, comprendere che contribuire ad abbassare la tensione in cui il figlio è stritolato da anni corrisponde a dimostrare il suo affetto ed una sana e funzionale strategia genitoriale, permetterà a Ap.Lo. nel tempo di riprendere contatto con il suo mondo emotivo e permettersi di tornare a cercare suo padre La distanza e l'accettazione della volontà espressa dal figlio appare ad oggi il modo migliore di rapportarsi al figlio e di essere padre   . In sede di chiarimenti, il consulente ha rilevato che, pur essendo disfunzionale la dinamica dei rapporti con la madre, considerata l'età del minore e la radicalizzazione del suo rifiuto, non esistono  interventi trattamentali che possano dirsi efficaci e ancor meno risolutivi per un recupero della relazione padre-figlio  e l'unica speranza per il padre di riavvicinarsi al figlio e di poter ricostruire il rapporto con lui è  quella di attenderlo pazientemente, auspicando che, crescendo, Ap.Lo. possa comprendere come gli sforzi attuati dal genitore per incontrarlo fossero funzionali al benessere e a una sana crescita del minore, rinunciando, tuttavia, al proposito di ottenerne l'immediata collocazione presso di sé . In tale situazione, considerati i rischi evolutivi per l'equilibrio psichico di Ap.Lo., malgrado l'eccellente rendimento scolastico e il suo inserimento nello sporti e con i pari, avendo tuttavia lo stesso  ostentato un'ostilità verso l'autorità davvero impropria per un ragazzo della sua età, rendendo ben visibili tratti di rigidità ideativa e difficoltà di accedere a prospettive di reintrodurre la figura paterna nella sua vita , i necessari controlli dovrebbero avvenire  in modalità indiretta, per interferire il meno possibile sulla vita del minore, attraverso colloqui periodici con la scuola, con l'ospedale … che ha in carico il minore e con lo psicoterapeuta di Ap.Lo. , con presa in carico di Ap.Lo. da parte del TSMREE della Asl di competenza. In conclusione, la Corte d'Appello ha revocato la decadenza della madre, Ma.La., dalla responsabilità genitoriale, non già per una ritenuta idoneità genitoriale della madre, ma solo per evitare un possibile più grave pregiudizio per il minore e, tenuto conto dell'inequivocabile volontà manifestata da Ap.Lo., ha disposto il suo collocamento presso la stessa, con revoca del tutore. Tuttavia, la Corte d'Appello ha disposto l'affidamento del minore ai Servizi sociali, non potendo disporsi, pur in presenza di accesa conflittualità tra le parti, l'affidamento esclusivo alla madre, essendo incontrovertibili i  pervicaci comportamenti di Ma.La. accertati, nei diversi gradi di merito, anche tramite 4 diverse CTU, sostanzialmente convergenti nelle risultanze che, nell'ostacolare l'esecuzione dei diversi provvedimenti nel tempo adottati dal Tribunale per i minorenni e da questa Corte, ha reso impossibile - nonostante sarebbe stato, invece, suo preciso dovere facilitare - l'instaurazione di un sereno rapporto padre-figlio, con ciò privando non solo Ap.Gi., ma anche Ap.Lo. del diritto alla bigenitorialità  ed essendo stata accertata l'inidoneità della madre di gestire adeguatamente la responsabilità genitoriale,  in primis, per aver contribuito in modo assai significativo a radicalizzare il rifiuto del padre da parte del figlio, ma anche per avergli trasmesso l'esempio e la convinzione che la mancata ottemperanza ai provvedimenti giudiziali, di fatto, non comporta conseguenze . Di conseguenza, i Servizi Sociali, sentiti a scopo meramente consultivo i genitori, dovranno adottare nell'interesse del minore tutte le decisioni più importanti che lo riguardino ivi comprese, a titolo esemplificativo, quelle relative alla salute, allo studio ed al rilascio dei documenti , nonché dovranno monitorare, seppur indirettamente e senza creare nuove pressioni sul minore, il suo sviluppo psicologico, al fine di contenerne l'evidenziato rischio evolutivo e, auspicabilmente, prevenire l'insorgere di possibili disfunzioni, ed effettuare  colloqui periodici con la scuola, con l'ospedale … che ha in carico il minore e con lo psicoterapeuta di Ap.Lo.  e relazionare a scadenza almeno semestrale al Giudice Tutelare, nonché al PMM, qualora ravvisino comportamenti pregiudizievoli all'interesse del minore da parte del genitore collocatario. Al contempo, il minore doveva essere presso in carico presso il TSMREE della Asl di competenza, proprio per poter affrontare, in tempo ancora utile, il  rischio di scompenso particolarmente alto , evidenziato dal CTU. Al riguardo, poi, la Corte rivolgeva invito a Ma.La.  a dimostrare, per il bene di suo figlio, di aver finalmente compreso i danni che la prolungata triangolazione a cui il medesimo è stato sottoposto potrebbero avergli arrecato e a porre in essere un intervento positivo e propositivo che consenta a Ap.Lo. di comprendere l'utilità di un preventivo percorso psicoterapeutico individuale, che gli permetta di far fronte tempestivamente alle fragilità, che ben potrebbero essere scaturite dalla sua incolpevole esposizione al conflitto genitoriale . La Corte d'Appello confermava, in difetto di elementi nuovi, il provvedimento del Tribunale ordinario che fissava in € 500,00 mensili il contributo paterno al mantenimento di Ap.Lo. e respingeva la richiesta dell'Ap.Gi. di provvedimenti ex articolo 709-ter c.p.c.,  in difetto di prescrizioni cui la Ma.La. debba attualmente attenersi . Avverso la suddetta pronuncia, Ap.Gi. propone ricorso per cassazione, notificato il 15/3/2024, affidato a sei motivi, nei confronti di Laura Ma.La. e dell' Avv.to Ro.Enumero , quale Curatore speciale dl minore Ap.Lo., che resistono con separati controricorsi e dell' Avv.to Bianca Dama, quale tutore p.t. del minore, nonché del Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Roma, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Roma, Direzione Socio-educativa del Municipio X di Roma che non svolgono difese . Il ricorrente e la controricorrente Ma.La. hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente lamenta a con il primo motivo, la violazione del principio di diritto affermato nell'ordinanza della Corte di Cassazione numero 9691/2022 dell'articolo 337 ter, comma 4, c.c., dell'articolo  8 CEDU, dell'articolo 24 della CCFUE, dell'articolo 3 della Convenzione internazionale di New York sui diritti del fanciullo, per avere la Corte d'Appello nulla disposto in ordine ai diritti di visita del padre,  giammai ritenuto immeritevole di un rapporto con il figlio minore, invece che garantirli secondo le modalità ritenute possibili b con il secondo motivo, l'errore del giudice,  consistito nel fare proprie le argomentazioni illogiche e slegate dalle nozioni scientifiche, le contraddizioni del CTU e le sue valutazioni immotivate, nonché il mancato esame delle puntuali censure di parte, fonte di una nullità della sentenza ex articolo 132 numero 4 c.p.c., dell'omesso esame di un fatto decisivo ex articolo 360 numero 5 c.p.c., nonché della violazione dell'articolo 116 c.p.c., del principio di diritto affermato nell'ordinanza della Corte di Cassazione numero 9691/2022, dell'articolo 337-ter, comma 4, c.c., dell'articolo  8 CEDU, dell'articolo 24 della CFDUE, degli articolo 3 e 12 della Convenzione internazionale di New York sui diritti del fanciullo, dell'articolo 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, nonché degli articolo 315-bis, 336-bis e 330 c.c. c con il terzo motivo, la violazione degli articolo 315 bis e 336 bis c.c., dell'articolo  12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, dell'articolo 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996,  in relazione all'utilizzo degli esisti dell'audizione di un minore infradodicenne in acclarato stato di coartazione psicologica, nonché di turbamento e disagio, perduranti per tutte le fasi del processo, da ricondursi al comportamento possessivo ed escludente tenuto dal genitore d con il quarto motivo, la violazione dell'articolo 337-ter c.c. e dell'articolo  8CEDU per aver deciso il giudice del merito la collocazione del minore presso la madre,  in assenza di qualsiasi giudizio prognostico circa la capacità di ella di crescere ed educare il figlio, espresso sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui fino ad oggi ella ha svolto il proprio ruolo, tenendo in considerazione la sua personalità deviante e senza minimamente affrontare la comparazione fra le figure genitoriali nell'interesse alla crescita morale e materiale del minore e con il quinto motivo, la violazione degli articoli degli articolo 330, 333 e 336 c.c. per avere la Corte d'Appello, in sede di rinvio, omesso il giudizio di bilanciamento che era chiamata ad effettuare in base alla pronuncia della Corte di Cassazione, integrando le valutazioni formulate nel giudizio originariamente cassato, e così non giungendo, in base ad una rinnovata ed integrata motivazione, a stabilire comunque la decadenza dalla potestà genitoriale della madre, nel preminente interesse del minore, attesa tanto la sua condotta ostacolante i rapporti con il padre, quanto il suo comportamento deviante e gravemente incisivo, in senso negativo, nella crescita del minore f con il sesto motivo, la violazione dell'articolo 709 ter c.p.c. per la mancata adozione delle misure sanzionatorie previste dalla norma, in particolare, la condanna al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria ai danni del genitore inadempiente. 2. Il Curatore speciale, controricorrente, ha concluso nel senso dell'accoglimento del primo motivo del ricorso, con modifica del mero invio del minore al TSMREE e ammonizione della madre alla collaborazione, previsione di un meccanismo sanzionatorio nel caso di inadempimento, affidamento altresì al Servizio Sociale Territoriale, di concerto con il TSMREE, della disciplina della ripresa della frequentazione padre/figlio, tenuto conto dei risultati del percorso di sostegno e delle volontà del minore, nonché dell'accoglimento del quinto motivo del ricorso, con declaratoria di decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre. Il Curatore ha rilevato che, da una segnalazione dell'11 marzo 2024 del Servizio Sociale competente, emergeva che  a distanza di sei mesi dal decreto impugnato, il minore Ap.Lo. non ha iniziato il percorso di sostegno presso il Tsmree, la Signora Ma.La. afferma che il figlio non ne ha bisogno ed il Signor Ap.Gi. continua a vedere gli allenamenti sportivi del figlio, nonostante la contrarietà del ragazzo  e, da un lato, la madre riteneva che il figlio non avesse bisogno di sostegno psicologico e si mostrava indisponibile a prestare la dovuta collaborazione per motivare il ragazzo, mentre, dall'altro lato, anche il padre non aveva compiuto  quel passo indietro prefigurato dal CTU come indispensabile  per favorire il riavvicinamento al figlio sia in relazione al mancato consenso al rilascio del passaporto del figlio sia in riferimento alla sua presenza agli allenamenti del figlio, malgrado la contrarietà di quest'ultimo . La conflittualità genitoriale rimane sempre elevatissima. Il controricorrente Curatore sostiene poi che, pur non condividendo le critiche mosse dal ricorrente alle risultanze della CTU, le dichiarazioni del minore, poste a base della consulenza e della decisione impugnata, non possono essere utilizzate pienamente,  perché l'ascolto è stato comunque condizionato dall'incombente figura materna, in quanto Ap.Lo. ha parlato davanti ad un microfono ed era ben consapevole che le sue dichiarazioni sarebbero state ascoltate in diretta dalla madre, presente in una stanza attigua insieme alle parti ed ai difensori . E si ritiene insufficiente il disposto affidamento del minore al Servizio Sociale ed immotivata la decisione di reintegrare della responsabilità genitoriale materna e quella di non sanzionare le condotte inadempienti materne, mentre del tutto corretta appare, invece, la decisione di inviare il minore al TSMREE, anche se la Corte d'Appello avrebbe dovuto ammonire la madre a collaborare, prevedere sanzioni nel caso di mancata collaborazione, nonché disegnare un percorso rispetto ai tempi ed alle modalità della ripresa dei rapporti tra il figlio ed il padre. Stante le acclarate responsabilità materne rispetto al troncamento delle relazioni familiari tra Ap.Lo. ed il padre, ai pesanti condizionamenti esercitati sul minore per mantenerlo distante dal padre e gli ostacoli frapposti al riavvicinamento, che si mantengono inalterati da quando il figlio era in tenera età , sussistono, ad avviso del Curatore speciale, i presupposti per dichiarare la madre decaduta dalle responsabilità genitoriali. Deve poi, ad avviso del Curatore, essere colmata la lacuna del decreto impugnato rispetto alle visite padre/figlio, non essendosi conferito  alcun incarico al Servizio Sociale affidatario, eventualmente anche di concerto con il TSMREE, di disporre e di disciplinare la ripresa della frequentazione padre/figlio in itinere, tenuto conto dei risultati del percorso di sostegno e delle volontà del minore . Ma si riconosce che, di fronte alle valutazioni del consulente ed alla posizione di rifiuto del padre, assunta dal minore, non si poteva riavviare nell'immediato i rapporti padre/figlio. In ogni caso, la presa in carico del TSMREE doveva essere accompagnata da  precise indicazioni sul progetto di ripresa della relazione, pur tenendo conto delle attuali resistenze del minore  e da ammonimenti, previa introduzione di un meccanismo sanzionatorio a carico del genitore inadempiente. Il Curatore speciale contesta, invece, la fondatezza dei restanti motivi del ricorso del sig.Ap.Gi. 3. La prima censura è infondata, in parte, inammissibile, in altra parte. Il ricorrente lamenta che la Corte d'Appello abbia travisato i compiti affidatigli come giudice di rinvio, non prevedendo un percorso, anche graduale, di ripresa del rapporto padre-figlio, nell'ottica di un bilanciamento tra il diritto alla bigenitorialità e gli effetti negativi derivanti dall'allontanamento della madre. Ma la sentenza impugnata ha rispettato quanto richiesto da questa Corte nell'ordinanza numero 9691, secondo cui  l'accertamento della violazione del diritto del padre alla bigenitorialità, nonché la conseguente necessità di garantire l'attuazione del diritto, di per sé, non possono comportare automaticamente, ipso facto, la decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale, quale misura estrema che recide ineluttabilmente ogni rapporto, giuridico, morale ed affettivo, con il figlio , essendo necessario  considerare quali potrebbero essere le ripercussioni sull'assetto cognitivo del minore di una brusca e definitiva sottrazione dello stesso dalla relazione familiare con la madre, con la lacerazione di ogni consuetudine di vita . Le lamentate lacune motivazionali in ordine al ripristino dei rapporti padre/figlio e le violazioni di norme di diritto non sono ravvisabili nel provvedimento impugnato. In particolare, si è disposto l'affidamento del minore ai Servizi Sociali, i quali, sentiti a scopo meramente consultivo i genitori, dovranno adottare nell'interesse del minore tutte le decisioni più importanti che lo riguardino ivi comprese, a titolo esemplificativo, quelle relative alla salute, allo studio ed al rilascio dei documenti , nonché dovranno monitorare, seppur indirettamente e senza creare nuove pressioni sul minore, il suo sviluppo psicologico, al fine di contenerne l'evidenziato rischio evolutivo e, auspicabilmente, prevenire l'insorgere di possibili disfunzioni, ed effettuare  colloqui periodici con la scuola, con l'ospedale … che ha in carico il minore e con lo psicoterapeuta di Ap.Lo.  e relazionare a scadenza almeno semestrale al Giudice Tutelare, nonché al PMM, qualora ravvisino comportamenti pregiudizievoli all'interesse del minore da parte del genitore collocatario. Al contempo, il minore dovrà essere presso in carico presso il TSMREE della Asl di competenza, proprio per poter affrontare, in tempo ancora utile, il  rischio di scompenso particolarmente alto , evidenziato dal CTU. E quindi si è adottato un provvedimento comunque limitativo della responsabilità genitoriale. Si rammenta che questa Corte Cass. 322290/2023 , di recente, ha chiarito che  Nei procedimenti nei quali si discuta dell'affidamento della prole ai servizi sociali - anche prima dell'entrata in vigore dell'articolo 5-bis della L. numero 184 del 1983 - si distingue l'ipotesi che a questi ultimi siano attribuiti compiti di vigilanza, supporto e assistenza senza limitazione di responsabilità genitoriale da quella in cui l'affidamento sia conseguente a un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale nel primo caso - che è possibile definire mandato di vigilanza e supporto - l'affidamento, non incidendo per sottrazione sulla responsabilità genitoriale, non richiede, nella fase processuale che precede la sua adozione, la nomina di un curatore speciale, salvo che il giudice non ravvisi comunque, in concreto, un conflitto di interessi, e non esclude che i servizi possano attuare anche altri interventi di sostegno rientranti nei loro compiti istituzionali nel secondo caso, l'affidamento, giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente all'attuazione degli interessi morali e materiali del minore, necessita della nomina di un curatore speciale che ne curi gli interessi e il provvedimento deve evidenziare i compiti specifici attribuiti al predetto curatore e ai servizi sociali, i quali debbono svolgere la loro funzione nell'ambito esclusivo di quanto individuato nel provvedimento di nomina . In tale pronuncia, si è in particolare chiarito che un provvedimento limitativo anche provvisorio della responsabilità genitoriale costituisce una ingerenza nella vita privata e familiare e pertanto deve essere giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente alla attuazione degli interessi morali e materiali del minore, non avendo sortito effetto i programmi di supporto e sostegno già svolti in favore della genitorialità l'adozione di questo provvedimento presuppone la sua discussione nel contraddittorio, esteso anche al minore, i cui interessi devono essere imparzialmente rappresentati da un curatore speciale i contenuti del provvedimento devono essere conformati al principio di proporzionalità tra la misura adottata e l'obiettivo perseguito e il giudice deve esercitare una adeguata vigilanza sull'operato dei servizi. Pertanto, si è affermato, è necessario che i compiti dei servizi siano specificamente descritti nel provvedimento, in relazione a quelli che sono i doveri e i poteri sottratti dall'ambito della responsabilità genitoriale e distinti dai compiti che sono eventualmente demandati al soggetto collocatario se questi è persona diversa da i genitori i Servizi non possono svolgere funzioni e compiti propri della responsabilità genitoriale se non specificamente individuati nel provvedimento limitativo e deve essere necessariamente nominato, nella fase processuale che precede la sua adozione, un curatore speciale del minore, i cui compiti vanno pure precisati. Essendosi, nel caso in esame, rispettate tali prescrizioni, se il minore, ormai un adolescente di anni quindici, rifiuta il percorso di psicoterapia, dichiarandosi  stanco degli psicologi e delle valutazioni , ciò non può essere imputato alla decisione impugnata in questa sede di legittimità. 4. La seconda censura, in punto di nullità della CTU, è infondata. La Corte d'Appello ha chiesto al CTU di verificare le migliori modalità di recupero del rapporto e sul punto consulente ha ritenuto impraticabile la riattivazione forzata e immediata dei rapporti padre/figlio, suggerendo alcuni interventi mirati al sostegno del minore, nell'ottica di un riavvicinamento, che richiede un atteggiamento di apertura e collaborazione da parte di tutti i protagonisti della scena. Con ampia motivazione, la Corte d'Appello ha dato atto che il consulente, nella quarta relazione espletata in questo giudizio, ha correttamente dato il debito peso all'assenza di psicopatologie in capo al minore, all'assenza di urgenze cliniche, alla presenza di un quadro di mero  rischio evolutivo , all'attuale buon funzionamento adattivo di Ap.Lo., alla sua riconosciuta capacità di autodeterminarsi nonostante l'innegabile influenza materna , nonché all'opportunità di non stravolgere il suo mondo senza il suo assenso, anche perché non esisterebbero certezze di un possibile successo terapeutico. E si dà atto che anche la relazione del servizio Sociale ha confermato il buon andamento scolastico e il buon inserimento sociale del ragazzo, il che sconsiglia una modifica del collocamento presso la madre, la quale comunque si prende cura costantemente del figlio rispetto ai bisogni primari, all'educazione, alla scolarizzazione ed alle cure mediche. Rispetto all'ipotesi di un allontanamento dalla madre, il CTU, come evidenzia anche il Curatore speciale, ha paventato il rischio di un breakdown adolescenziale, aggiungendo le difficoltà logistiche legate ad un ragazzo, all'epoca, di 13 anni palesemente ostile, nonché le perplessità rispetto ad un eventuale collocamento presso il padre anche per le fragilità che potrebbe palesare il Signor Ap.Gi. ovvero in una casa famiglia ritenuto profondamente destabilizzante ed a rischio di fuga, per l'impatto emotivo e per la difficoltà nell'interazione con gli altri minori . E il consulente ha ritenuto, per converso, insensato e dannoso per il minore l'allontanamento del medesimo dal contesto materno. 5. Ilterzo motivo, in riferimento alla dedotta violazione e falsa applicazione delle leggi nazionali ed internazionali e alla particolare influenza che avrebbero avuto nel decreto impugnato le dichiarazioni del minore in sede di ascolto, è infondato. Si deve ricordare che la necessità dell'ascolto del minore, di anni tredici al momento della riassunzione del giudizio di appello, è stata rilevata da questa Corte nella ordinanza numero 9691/22 che ha dato luogo al giudizio di rinvio. Quindi tutte le considerazioni svolte dal ricorrente sulla non piena capacità di discernimento del minore, in quanto soggetto suggestionabile e non in grado di comprendere  l'afflittività, per lui stesso, di un allontanamento definitivo dal padre indotto dalle sue dichiarazioni , ai fine di togliere valore alla motivazione della sentenza impugnata laddove si è ritenuto, secondo il ricorrente, l'ascolto del minore  dirimente , non comportano la sussistenza della denunciata violazione dell'articolo 336-bis c.c. Peraltro, la motivazione del decreto impugnato non si fonda unicamente sulla volontà e sul rifiuto espresso dal minore di incontrare il padre, quanto sulla valutazione complessiva delle risultanze processuali, nell'ottica di quella verifica dell'interesse del minore che era stata specificamente affidata alla Corte d'Appello come giudice del rinvio. Neppure possono condividersi le criticità in ordine al  setting  dell'ascolto del minore, dedotte, a sostegno del motivo di ricorso, anche dal controricorrente Curatore speciale, perché l'audizione sarebbe avvenuta  in una stanza adiacente a quella di udienza , dove la madre, al pari di tutti gli altri presenti, ha potuto ascoltare  in presa diretta tutte le dichiarazioni rese dal figlio , in quanto, anche alla luce del nuovo disposto dell'articolo 473-bis.5 modalità dell'ascolto del minore , non può ritenersi che tale modalità non sia stata rispettosa della serenità e riservatezza prescritti. Le decisioni assunte dalla Corte d'Appello si sono basate sulle risultanze della CTU e hanno tenuto perfettamente conto della limitata ma non inesistente capacità di discernimento del minore, sia pure in presenza di condizionamenti materni, ampiamente descritti nel provvedimento impugnato. 6. Il quarto motivo, riferito alla dedotta violazione e falsa applicazione dell'articolo 337-ter cc e dell'articolo  8 CEDU, in relazione alla decisione assunta dalla Corte d'Appello di mantenere il collocamento materno, è del pari infondato. Orbene, pur essendo state accertate condotte disfunzionali materne e persistendo un clima di conflitto elevato tra i genitori, la Corte d'Appello, essendo evidentemente il suo giudizio indirizzato al perseguimento dell'interesse del minore, come richiesto dall'ordinanza numero 9691/2022 che aveva disposto il rinvio, non poteva operare scelte diverse, in presenza anche degli esiti della CTU, che non si era discostata dalla soluzione del collocamento presso la madre, come richiesto recisamente dallo stesso minore. 7. Il quinto motivo in punto di violazione e falsa applicazione dell'articolo 330,333 e 336 c.c., in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c., con riferimento alla mancata pronuncia di decadenza materna dalla responsabilità genitoriale, è infondato. Pur essendosi rilevate inadeguatezza materne, essenzialmente nelle interferenze nella gestione del rapporto padre/figlio, la Corte d'Appello ha rispettato quello che era il principio di diritto posto dalla ordinanza numero 9691/2022, secondo cui si doveva vagliare ed evitare, nell'ottica di necessario perseguimento dell'interesse superiore del minore nei provvedimenti che lo riguardano, il rischio di un trauma anche irreparabile allo sviluppo fisico-cognitivo del minore, all'epoca dodicenne - poi tredicenne all'epoca del giudizio di rinvio -  rappresentato dall'ablazione totale definitiva della figura materna dalla sua vita, conseguente alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della Ma.La. , essendo la decadenza una misura estrema. Questa Corte, nell'ordinanza numero 9691, ha evidenziato di non condividere la configurazione del diritto alla bigenitorialità, che  pur nella doverosa prospettiva di soddisfare il diritto-dovere del padre nei confronti del minore, induce a rimuovere la figura genitoriale della madre in quanto pericolosa per la salute fisio-psichica del minore , in quanto tale orientamento  postula il trionfo della formula astratta nell'assoluta indifferenza in ordine alle conseguenze sulla vita del minore, privato ex abrupto del riferimento alla figura materna con la quale, nel caso concreto, come emerge inequivocabilmente dagli atti, ha sempre convissuto felicemente, coltivando serenamente i propri interessi di bambino, e frequentando proficuamente la scuola , dovendosi, al contrario, considerare quali potrebbero essere le ripercussioni sull'assetto cognitivo del minore di una brusca e definitiva sottrazione dello stesso dalla relazione familiare con la madre, con la lacerazione di ogni consuetudine di vita. E si è chiarito che  il diritto alla bigenitorialità disciplinato dalle norme codicistiche è, anzitutto, un diritto del minore prima ancora dei genitori, nel senso che esso deve essere necessariamente declinato attraverso criteri e modalità concrete che siano dirette a realizzare in primis il miglior interesse del minore il diritto del singolo genitore a realizzare e consolidare relazioni e rapporti continuativi e significativi con il figlio minore presuppone il suo perseguimento nel miglior interesse di quest'ultimo, e assume carattere recessivo se cioè non sia garantito nella fattispecie concreta . E il rischio per il minore derivante dall'allontanamento dalla madre non poteva ritenersi recessivo, tanto che si è rimarcato come l'esecuzione coattiva del provvedimento di decadenza della madre e di allontanamento del minore dal luogo ove risiede con la madre, per collocarlo in una casa-famiglia  non appare misura conforme ai principi dello Stato di diritto in quanto prescinde del tutto dall'età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento, e potrebbe cagionare rilevanti e imprevedibili traumi per le modalità autoritative che il minore non può non introiettare, ponendo seri problemi, non sufficientemente approfonditi, anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona, sebbene ispirata dalla finalità di cura dello stesso minore . Questi erano i principi espressi nell'ordinanza di questa Corte che ha disposto il rinvio ed essi sono stati rispettati dalla Corte d'Appello. Peraltro, dalle stesse risultanze della CTU e delle Relazioni dei Servizi sociali non è stato mai messo in dubbio l'accudimento materno rispetto alle esigenze e bisogni primari del minore e tali risultanze non possono non rilevare ai fini della verifica dei presupposti del grave provvedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre del minore. 8. Il sesto motivo, riguardo alla dedotta violazione e falsa applicazione dell'articolo 709-ter cpc, in relazione all'articolo 360 numero 3 cpc, con riferimento al rigetto della domanda di condanna della Sig.ra Ma.La. al risarcimento del danno e alle misure ex articolo 614-bis c.p.c., è, invece, fondato. 8.1. Nell'ordinanza numero 9691/2022, questa Corte evidenziava come  tra le misure che le autorità debbono considerare - come richiesto dai principi CEDU in ordine all'effettività del principio di bigenitorialità - potrebbe semmai essere efficace l'utilizzo delle sanzioni economiche ex articolo 709-ter c.c. nei confronti di quel coniuge il quale dolosamente o colposamente si sottragga alle prescrizioni impartite dal giudice . Il motivo di ricorso, svolto alle pag. 98-99, è puntuale sul punto a era stato già denunciato che  il padre, da quando il minore aveva tre anni, ne ha perso tutti i contatti a causa dei comportamenti ostativi riconosciuti in capo alla ricorrente fermata decisa ad impedire immotivatamente la frequentazione tra il padre ed il figlio e il padre, disconoscendo a quest'ultimo qualsiasi ruolo e volendone azzerare la presenza nella vita della persona concepita insieme b nel caso di specie,  deve ritenersi comprovato, ed anzi coperto da un giudicato interno, un atteggiamento ostruzionistico della madre ed il condizionamento al corretto svolgimento delle modalità di vista del padre, nonché il disagio, le sofferenze ed i conflitti derivati al minore da tale atteggiamento . Il ricorrente aveva chiesto, in sede di riassunzione del giudizio di rinvio, quindi, anzitutto, ex articolo 709-ter c.p.c., che fosse sanzionato l'impedimento all'esercizio passato della bigenitorialità e tale inadempimento è stato riconosciuto dalla Corte d'Appello, cosicché si doveva provvedere. Va rilevato che nelle conclusioni del ricorso in riassunzione del maggio 2022 l'Ap.Gi. aveva anche chiesto pag. 66 del ricorso in riassunzione prodotto in atti e pag. 22 del ricorso per cassazione l'applicazione dell'articolo 614-bis c.p.c.,  nel caso in cui la madre continui a reiterare un comportamento ostativo ed impeditivo dei rapporti tra padre e figlio . 8.2. La norma richiamata, articolo 709-ter c.p.c., prescriveva che  I n caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente 1 ammonire il genitore inadempiente 2 disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore 3 disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell'altro 4 condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 Euro a un massimo di 5.000 Euro a favore della Cassa delle ammende . La disposizione è stata abrogata dal D.Lgs. 149/2022 e, nell'opera di razionalizzazione del legislatore della Riforma, trasferita nel nuovo articolo 473-bis. 39 c.p.c., con alcuni correttivi rivolti a potenziare l'efficacia concreta del rimedio già previsto dal legislatore. La nuova disposizione recita   In caso di gravi inadempienze, anche di natura economica, o di atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento e dell'esercizio della responsabilità genitoriale, il giudice può d'ufficio modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente a ammonire il genitore inadempiente b individuare ai sensi dell'articolo 614-bis la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento c condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 Euro a un massimo di 5.000 Euro a favore della Cassa delle ammende. Nei casi di cui al primo comma, il giudice può inoltre condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei danni a favore dell'altro genitore o, anche d'ufficio, del minore. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari . In relazione alle gravi inadempienze che minano il corretto svolgimento delle modalità di affidamento e agli atti volti a danneggiare il minore, corrisponde la possibilità di disporre d'ufficio, non solo su istanza di parte, alternativamente o cumulativamente, una serie di interventi che vanno dall'ammonimento alla condanna ad una sanzione pecuniaria o alla fissazione di una somma di denaro da doversi corrispondere ai sensi dell'articolo 614-bis c.p.c. per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento o per le violazioni successive nei casi più gravi di inerzia volontaria. È stata, infatti, introdotta, sul modello dei  punitive damages , molto diffusi nei paesi di Common law, previsti in relazione a comportamenti denotati dalla cd.  malice   assimilabile al dolo del nostro ordinamento relativi alla possibile lesione di diritti fondamentali, la possibilità di adottare d'ufficio le astreintes, già previste, in generale, dall' articolo 614-bis c.p.c. La previsione era già contemplata nel dettaglio dall'articolo 1 comma 33 della legge delega numero 206/2021  che ha sostituito nell'articolo 709-ter, secondo comma, del codice di procedura civile, il numero 3   3 disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro anche individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'articolo 614-bis   , entrato in vigore il 22 giugno 2022 articolo 1 comma 37, secondo cui le disposizioni dei commi da 27 a 36 si applicano  ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge   , incrementando i poteri di intervento e il ruolo di impulso del giudice in relazione ai comportamenti che possono pregiudicare il corretto svolgimento delle modalità di affidamento o creino comunque pregiudizio al minore, anche nei casi di gravi, perché ad esempio reiterate, sistematiche o strumentali inadempienze. La nuova disposizione, nella parte di immediata operatività ex L. 206/2021, si applica però non ai procedimenti pendenti ma solo, in forza del regime transitorio ben preciso, delineato dell'articolo 1 comma 37 della legge delega, ai soli procedimenti instaurati a decorrere dal 22.6.2022 cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 14104 del 2024 . E l'articolo 1, comma 380, della L. numero 197 del 2022  legge di approvazione del bilancio , nel modificare l'articolo 35 in esame in vari punti, soprattutto anticipando la data in cui la parte più rilevante della riforma acquistava efficacia, data che dal 30 giugno 2023 è stata anticipata al 28 febbraio 2023, non ha inciso sulla non applicabilità del nuovo articolo 473-bis.39 anche ai procedimenti pendenti. Deve pertanto ritenersi che nel giudizio di riassunzione, ex articolo 392 c.p.c., con ricorsi dell'Ap.Gi. e della Ma.La., poi riuniti, del maggio 2022, operasse il vecchio articolo 709-ter c.p.c. 8.3. Ci si deve comunque interrogare se potessero applicarsi, al presente giudizio, anche le cd. astreintes, comunque già contemplate dall'articolo 614 bis c.p.c., introdotto dalla legge numero 69/2009, poi modificato per effetto del D.L. numero 83/2015, conv in L. numero 232/2015. Si ricorda che le astreintes sono volte non tanto a sanzionare ex post violazioni già verificatesi ma ad evitare ex ante l'inadempimento futuro, mediante la condanna al pagamento di una somma di denaro, destinata ad accrescersi con il protrarsi della condotta indesiderata e ad acquistare automaticamente efficacia di titolo esecutivo. La misura compulsoria prevista dall'articolo 614-bis c.p.c. è, dunque, comminata dal giudice in via accessoria a una propria statuizione, quale strumento diretto a prevenire a priori l'inosservanza di  obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro  oggetto di riconoscimento giudiziale. Deve rilevarsi però che l'articolo 614-bis c.p.c. subordina la concessione della sanzione accessoria compulsiva a determinate condizioni l'istanza di parte, la non manifesta iniquità, l'estraneità alle controversie di lavoro . Ciò diversamente da quanto dispone il nuovo articolo 473-bis.39 c.p.c., non operante tuttavia, come sopra chiarito, nel presente giudizio. I rimedi tipici, prescritti dall'articolo 709-ter c.p.c., oggi abrogato, come l'ammonizione, il risarcimento del danno, la sanzione amministrativa pecuniaria, rispondono, invece, ad una funzione repressiva di già avvenute violazioni o inattuazioni totale o parziale dei doveri familiari, di maggiore gravità, tra i quali rientrano anche i comportamenti che, ad es., ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento e dell'esercizio della responsabilità genitoriale. Orbene, la giurisprudenza di merito ha già affermato, in varie pronunce, l'ammissibilità dell'articolo 614 bis c.p.c. nell'ambito di procedimento di famiglia, stante l'ampia dizione  condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme , che può ricomprendere qualsivoglia ordine incoercibile di fare, compresi, quindi, i provvedimenti che riguardano i figli, nonché considerando che la funzione preventiva delle astreintes che guardano al futuro e divengono esigibili se si verificherà una violazione, articolo 614-bis c.p.c., Misure di coercizione indiretta si distingue da quella prettamente sanzionatoria propria dell'articolo 709-ter c.p.c., che postula una violazione che si è già verificata, cosicché i due istituti possono coesistere, senza sovrapposizione, avendo finalità diverse. Va, poi, rilevato che l'applicazione della norma, in relazione all'obbligo di consegna dei figli e agli obblighi ad esso collegati, è affermata dalla dottrina maggioritaria, considerandosi l'istituto come imprescindibile strumento attuativo della Costituzione e della Convenzione europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali, soddisfacendo l'interesse del minore alla bigenitorialità ed il diritto di ciascun genitore di mantenere uno stabile rapporto con i figli, che altrimenti rischierebbero di rimanere privi di tutela esecutiva adeguata, in violazione del principio dell'effettività della tutela giurisdizionale. Vero che questa Corte Cass. 6471/ 2020  Cass. 7262/2022 ha affermato che  In tema di rapporti con la prole, il diritto dovere di visita del figlio minore spettante al genitore non collocatario, non è suscettibile di coercizione neppure nelle forme indirette previste dall'articolo 614 bis c.p.c., trattandosi di un potere-funzione che, non essendo sussumibile negli obblighi la cui violazione integra una grave inadempienza ex articolo 709 ter c.p.c., è destinato a rimanere libero nel suo esercizio, quale esito di autonome scelte che rispondono anche all'interesse superiore del minore ad una crescita sana ed equilibrata   questa Corte ha cassato il provvedimento del giudice di merito, che aveva condannato il genitore non collocatario al pagamento di una somma in favore dell'altro genitore, per ogni inadempimento all'obbligo di visitare il figlio minore . Si è affermato, in motivazione, che i poteri di intervento del giudice, previsti dall'articolo 709 ter cit., siano circoscritti al presente e quanto alle conseguenze future di un possibile successivo protrarsi del comportamento sanzionato si limitino al potere di ammonimento. Ma il tutto è stato affermato in relazione al  diritto-dovere di visita del figlio minore  che spetta al genitore non collocatario ritenuto, in quanto non fungibile, non coercibile neppure nella forma indiretta, essendo rimesso solo alla sua spontanea attuazione. E la giurisprudenza di legittimità successiva ha ammesso il ricorso a misure di coercizione indiretta nell'ambito della famiglia e dei provvedimenti, di carattere non economico, riguardanti i figli Cass. 21970/2022, in relazione a misura di coercizione indiretta di cui all'articolo 614-bis c.p.c. applicata nei confronti del coniuge collocatario, essendosi ritenuta tale misura coercitiva cumulabile con i provvedimenti previsti dall'articolo 709-ter c.p.c., in funzione sussidiaria  Cass. 23800/2023, in relazione all'applicazione, unitamente a sanzioni ex articolo 709-ter c.p.c., alla madre di una astreinte commisurata per ogni giorno di ritardo nella rimozione di alcuni  post  pubblicati su tutti i social network contenenti immagini e notizie della vita dei figli minori . Va evidenziato che l'applicazione combinata dell'articolo 709-ter c.p.c. e dell'articolo  614-bis c.p.c. può rivelarsi efficace e necessaria proprio in relazione all'attuazione del principio di bigenitorialità, secondo cui va preservata, nell'interesse del minore, la presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea ad assicurargli una stabile consuetudine di vita e di relazioni affettive con entrambi i genitori, unitamente al dovere di questi di cooperare nell'assistenza, educazione e istruzione del figlio, Cass. numero 9764/2019 . E il testo utilizzato dall'articolo 614-bis cod. proc. civ. nella sua apertura  Con il provvedimento di condanna …  che funge da presupposto per applicare la misura coercitiva indiretta, va inteso in senso lato, ossia inclusivo di ogni provvedimento che pur non riportando formalmente una condanna, impone l'osservanza delle previsioni degli obblighi infungibili adottate nell'interesse del figlio, tra cui sono insite le modalità in cui si esplica l'affidamento. Tale interpretazione consente di responsabilizzare maggiormente il genitore all'osservanza delle prescrizioni in tema di affidamento stabilite nell'interesse esclusivo del minore, evitando così che il genitore ponga in essere per il futuro condotte illegittime al solo fine di sottrarsi ai propri obblighi. In definitiva, quindi, si deve affermare che anche la disciplina dettata dall'articolo 709-ter c.p.c., in materia di famiglia, non precludeva la possibilità di fare ricorso ad altri istituti generali dell'ordinamento processuale, non trattandosi di un sistema chiuso ed avendo i provvedimenti ex articolo 614-bis c.p.c. e quelli ex articolo 709-ter c.p.c. diversa natura e funzione, ben potendo, quindi, concorrere ed essere cumulati. Deve peraltro ribadirsi che la misura di coercizione indiretta nella materia della famiglia, ex articolo 614-bis c.p.c., ha aveva in considerazione della Riforma operata con il D.Lgs. 149/2022 e l'introduzione del nuovo articolo 473-bis. 39 operane per i nuovi giudizi un ambito di applicazione relativo a tutti i provvedimenti che attengono ai profili della responsabilità genitoriale e al minore affidamento, collocamento, regolamentazione dei rapporti genitore e figlio, statuizioni relative agli interventi disposti a tutela del percorso di crescita del minore e al provvedimento di assegnazione della casa coniugale, mentre non può applicarsi alla violazione delle statuizioni economiche che godono già di loro pregnante sistema di garanzie successive all'inadempimento. 8.4. Tanto premesso, si deve, tuttavia, rilevare che il sesto motivo di ricorso denuncia soltanto la violazione dell'articolo 709-ter c.p.c., in punto di mancata applicazione dei rimedi sanzionatori da tale disposizione - da ritenersi ancora operante per quanto sopra detto nel presente giudizio - previsti. Alcuna doglianza vi è, invece, in relazione alla mancata pronuncia sulla richiesta di applicazione anche dell'articolo 614-bis c.p.c., pure originariamente formulata dall'Ap.Gi. nelle sue conclusioni del ricorso in riassunzione. E, come chiarito, il disposto dell'articolo 709-ter c.p.c. non contemplava espressamente l'applicazione delle c.d. astreintes, come invece è consentito dal nuovo articolo 473-bis.39 c.p.c., potendo ora il giudice applicare tali misure coercitive indirette specifiche anche d'ufficio. Di conseguenza, questo giudice di legittimità non può vagliare la decisione impugnata con riguardo alla mancata applicazione dell'articolo 614-bis c.p.c. 8.5. Il giudice, quindi, in forza dell'articolo 709-ter c.p.c., una volta verificata la sussistenza dei descritti comportamenti incidenti negativamente sul corretto svolgimento del programma di affidamento, ovvero anche per gravi inadempienze di ordine economico, può intervenire a modificare il provvedimento vigente e, anche in assenza di istanze di parte, procedere a condannare le parti al pagamento delle sanzioni descritte dalla norma. Nel presente giudizio, il padre aveva chiesto pag. 5 decreto impugnato una sanzione a carico della Ma.La., perché la madre di Ap.Lo.  si era sottratta alle prescrizioni impartite dai giudici , cioè aveva impedito l'esercizio della bigenitorialità. E questo è stato accertato incontrovertibilmente lo riconosce la stessa Corte d'Appello che motiva correttamente, nel senso della necessaria scelta, in una situazione critica, della soluzione che arreca minor pregiudizio al minore ormai quindicenne, dovendo il rapporto con il padre, allo stato in situazione di  stallo  a causa del rifiuto del minore, essere ripristinato con una graduale opera, da parte del padre, di riconquista del figlio e non attraverso imposizioni, stante la necessità di  preminente tutela della salute psico-fisica del minore   cfr. comma 5 nuovo articolo 473-bis.38 c.p.c. . Ma resta fermo lo stigma sui comportamenti materni di mancata collaborazione all'attuazione della ricostituzione di un rapporto padre-figlio, cosicché risulta del tutto incongrua la motivazione della Corte territoriale in risposta alla richiesta dell'Ap.Gi.   in difetto di prescrizioni cui Ma.La. debba attualmente attenersi   . La sanzione richiesta era rivolta sull'inadempimento passato, ormai accertato in modo incontestato e anzi rimarcato dalla Corte d'Appello che ha disposto l'affidamento ai Servizi sociali e indicato la madre come collocataria solo perché ciò rappresentava il  male minore  per il ragazzo. La Corte d'Appello dovrà quindi riesaminare la possibilità di riconoscere la sanzione sulla base dell'inadempimento passato. Si evidenzia in ogni caso, quanto alla misura delle astreintes ed alla loro adozione possibile in futuro, che alle prescrizioni, disposte nell'ambito dell'affidamento del minore ai Servizi Sociali ed all'attività anche di monitoraggio, si dovrà attenere in primis proprio la signora Ma.La., cui già la Corte di merito ha rivolto l'invito a prestare la necessaria collaborazione e ad abbandonare i  pervicaci comportamenti accertati, nei diversi gradi di merito, anche tramite 4 diverse CTU, sostanzialmente convergenti nelle risultanze  consistiti  nell'ostacolare l'esecuzione dei diversi provvedimenti nel tempo adottati dal Tribunale per i minorenni e da questa Corte . Eventuali futuri comportamenti ostativi formeranno oggetto di valutazione anche ai sensi del nuovo disposto normativo, sopra richiamato, con possibilità per il giudice di adottare d'ufficio le misure di coercizione indiretta. 9. Per quanto sopra esposto, va accolto il sesto motivo di ricorso, respinti gli altri, e va cassata la pronuncia impugnata nei limiti del motivo accolto, con rinvio alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, respinti gli altri, cassa il decreto impugnato con rinvio alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.