«Si intende per pergolato una struttura aperta sia nei lati esterni che nella parte superiore, realizzata con materiali leggeri, senza fondazioni, di modeste dimensioni e di facile rimozione, la cui finalità è quella di creare ombra mediante piante rampicanti o teli cui offrono sostegno».
Il pergolato, quale sostegno per piante rampicanti e teli, se viene “bullonato” al suolo deve qualificarsi come opera inamovibile e pertanto necessita del rilascio del permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica. Così la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, “attingendo” agli insegnamenti della giustizia amministrativa, definisce una specifica nozione architettonica e giuridica di tale manufatto che, secondo gli Ermellini, solo se strettamente amovibile può dirsi rientrante negli interventi di edilizia libera. I fatti L'imputato veniva dichiarato responsabile per reati in materia di edilizia ai sensi del D.P.R. 380/2001 per aver realizzato, in assenza di permesso di costruire, un manufatto composto da quattro colonne in legno, ancorate al suolo tramite bulloni, con una copertura a griglia lignea, per una superficie complessiva di 31 metri quadri. Il ricorrente sosteneva che l'opera doveva qualificarsi come pergolato , e dunque rientrante nell'ambito dell'edilizia libera e non soggetta al preventivo rilascio del permesso di costruire, in ragione della sua stessa amovibilità. E allo stesso modo, non poteva trovare applicazione la normativa antisismica ai fini degli articolo 85 e 95 D.P.R. 380/2001, poiché sono considerativi privi di rilevanza tutti quei manufatti leggeri non idonei a ledere la pubblica incolumità. La nozione di “pergolato” e quella di “tettoia” La Suprema Corte dichiarava inammissibile il ricorso, affermando che l'opera realizzata dall'imputato non poteva in alcun modo qualificarsi come pergolato, in ragione del fatto che «si trattava di una struttura composta da quattro colonne bullonata su base cementizia» e pertanto non rientrava tra le opere di c.d. “edilizia libera”. Al contrario, in presenza di una struttura più complessa, spesso ancorata stabilmente al suolo, con una copertura continua idonea a fornire riparo ed aumentare l'abitabilità dell'immobile deve ritenersi realizzata una “tettoia”, che impone il preventivo rilascio del permesso di costruire. Nozioni in prestito dalla Giustizia amministrativa La Cassazione ripercorre la giurisprudenza del Consiglio di Stato, e varie pronunce del T.A.R., per fornire un'unica e interdisciplinare nozione di “pergolato” ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al Testo Unico in Materia di edilizia. L'opera architettonica per rientrare in tale categoria deve essere una struttura leggera, priva di chiusure laterali e superiori, solitamente in legno o materiali di minimo peso, facilmente amovibile in quanto priva di fondamenta, destinata a sorreggere piante rampicanti o teli per realizzare riparo e ombreggiatura. Cons. Stato, Sez. 6, numero 306/2017 Cass., Sez. 3, numero 23183/2018 . Sull'applicabilità della normativa antisismica La Cassazione ripercorre il solco di una giurisprudenza ormai consolidata secondo cui, le disposizioni di cui agli articolo 83 e 95 del D.P.R. 380/2001 si applicano a tutte le tipologie di costruzioni che vengono realizzate in zona sismica, indipendentemente dai materiali utilizzati per la loro realizzazione e dalla natura precaria o permanente di un intervento. Per l'effetto, qualsiasi opera edile, ivi compreso il “pergolato fisso” realizzato dall'odierno imputato, doveva essere denunciato ai competenti uffici amministrativi «al fine di consentire i previsti controlli, configurandosi in difetto il reato di cui all'articolo 95 del citato decreto». Rilievi critici È di tutta evidenza che le interpretazioni fornite dalla Cassazione, apparentemente precise e dettagliate nella descrizione dell'opera abusiva, prestano il fianco a significativi rilievi. Se da un lato, secondo un consolidato indirizzo ermeneutico, l'amovibilità di un manufatto determina la sua stessa qualifica di «intervento realizzabile in attività edilizia libera», dall'altro, pare possa dubitarsi che un'opera lignea ancorata a un terreno tramite dei bulloni, come nel caso di specie, può sicuramente dirsi di facile rimozione. Restringendo la nozione di amovibilità fino a quella fornita dalla Cassazione con la sentenza in commento si rischierebbe di venire incontro a un paradosso. L'impossibilità di assicurare al suolo un pergolato, nemmeno con l'ausilio di semplici bulloni certamente amovibili in qualsiasi momento, finirebbe per costringere il cittadino a realizzare strutture lignee o metalliche non fissate al suolo ed esposte alle intemperie determinando un serio rischio per la pubblica incolumità al manifestarsi degli agenti atmosferici. Sul principio di offensività nella normativa antisismica Secondariamente, i principi di diritto elaborati nel tempo in materia di edilizia e urbanistica non possono trovare la rigida e acritica applicazione nei diversi campi legislativi. Specie nel diritto penale l'analisi delle condotte delittuose impone al Giudice che «anche in concreto la offensività sia ravvisabile almeno in grado minimo, nella singola condotta dell'agente, in difetto di ciò venendo la fattispecie a rifluire nella figura del reato impossibile articolo 49 cod. penumero » Corte Cost., Sentenza numero 360 del 13-24 luglio 1995 . Anche la normativa antisismica e della tutela del paesaggio non può prescindere da questa necessaria valutazione, sfuggendo così a ogni aprioristica regola dettata dalla mera presenza di un'opera in determinate aree di intervento.
Presidente Ramacci - Estensore Andronio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14 febbraio 2023, il Tribunale di Vallo della Lucania ha condannato l'imputato, per la parte che qui interessa, alla pena - sospesa subordinatamente alla demolizione delle opere ed al ripristino dello stato dei luoghi entro 4 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza - di mesi 4 di arresto ed € 19.000,00 di ammenda, per i seguenti reati, unificati sotto il vincolo della continuazione ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, cod. penumero A articolo 110 cod. penumero e 44, comma 1, lettera c , del d.P.R. numero 380 del 2001, perché, agendo in concorso con altri, in qualità di proprietario-committente, realizzava, su terreno sottoposto a vincolo paesaggistico e ambientale ai sensi del d.lgs. numero 42 del 2004, rientrante nella perimetrazione del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e in zona sismica, in assenza del permesso di costruire, opere abusive nelle pertinenze di un preesistente immobile, consistenti in un manufatto ligneo, costituito da pilastri in legno con sovrastante grigliato ligneo, occupante una superficie di 31,00 mq, ed un manufatto ligneo, bullonato a terra, con copertura a due falde, con superficie di 11,00 mq, pari ad volume di 26,00 mc B articolo 110 cod. penumero , 93 e 95 del d.P.R. numero 380 del 2001, per avere eseguito, in concorso con altri, i lavori indicati nel capo A in zona sismica, senza averne dato preavviso scritto allo sportello unico, omettendo il contestuale deposito dei progetti presso tale ufficio ed omettendo di attenersi ai criteri tecnico-descrittivi prescritti per le predette zone C articolo 110 cod. penumero e 181, comma 1, del d.lgs. numero 42 del 2004, per avere eseguito, in concorso con altri, le opere di cui al capo A , in zona sottoposta a vincolo senza l'autorizzazione prescritta dall'articolo 146 del medesimo decreto D articolo 734 cod. penumero , perché, in concorso con altri, mediante la realizzazione delle opere di cui al primo titolo di reato, alterava le bellezze naturali di località soggetta alla speciale protezione dell'autorità E articolo 110 cod. penumero , 13 e 30 della legge numero 394 del 1991, per avere realizzato, in concorso con altri, le opere di cui al capo A , senza il preventivo nulla osta dell'Ente Parco. La Corte di appello di Salerno, con sentenza del 9 gennaio 2024, ha parzialmente riformato il provvedimento di primo grado, assolvendo l'imputato dal reato ascrittogli al capo D , perché il fatto non sussiste, e rideterminando la pena nei suoi confronti in mesi 3 e giorni 28 di arresto ed € 18.500,00 di ammenda. 2. Avverso la sentenza, l'imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 2.1. Con un primo motivo di doglianza, si denunciano la violazione degli articolo 10 e 44 del d.P.R. numero 380 del 2001, del d.P.R. numero 31 del 2017, dell'articolo 146 del d.lgs. numero 42 del 2004, dell'articolo 13 della legge numero 34 del 1991 e del glossario dell'attività edilizia libera, allegato al d.m. del 2 marzo 2018, con connessi vizi motivazionali. Si sostiene che le opere in contestazione rientrino nel novero degli interventi realizzabili in attività edilizia libera, essendo a il casotto, adibito a ricovero attrezzi agricoli e/o deposito, privo dei requisiti di abitabilità perché di altezza ridotta, sfornito di autonomo valore di mercato, facilmente rimuovibile e di ridottissime dimensioni b il pergolato, costituito da un manufatto leggero di dimensioni limitate, amovibile - giacché non stabilmente infisso al suolo, in quanto ad esso semplicemente bullonato - privo di qualsiasi elemento in muratura e di copertura, anche frontale, con indispensabili elementi per sorreggere le piante. 2.2. Con un secondo motivo di ricorso, si denunciano la violazione degli articolo 93 e 95 del d.P.R. numero 380 del 2001, nonché la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione. Trattandosi di un casotto in legno di 11 metri quadrati, con altezza, alla gronda, pari a circa 2,00 m, ed al colmo, pari a circa a 2,70 m, e di un pergolato ligneo occupante una superficie di circa 31,00 mq, entrambi bullonati al suolo, la normativa antisismica sarebbe stata erroneamente invocata, tenuto conto che, da più parti, sono ormai considerati interventi privi di rilevanza per la regolamentazione sismica, ai fini della pubblica incolumità, i manufatti leggeri, autonomi ad uso servizi, quali garage, depositi, chioschi, gazebo, ricoveri animali e locali consimili, ad un solo piano, aventi superficie coperta compresa tra 5 e 20 mq, altezza all'intersezione tra pareti verticali ed intradosso di copertura inferiore a 2,50 m ed altezza massima o di colmo inferiore a 4,30 m, realizzati con strutture in legno, metalliche o in materiali assimilabili. 2.3. Con una terza censura, si lamentano l'erronea applicazione della legge penale, nonché vizi della motivazione, con riferimento alla mancata dichiarazione di prescrizione dei reati in contestazione. Secondo la prospettazione difensiva, i giudici di merito, nel ritenere che i lavori fossero stati appena ultimati sulla base della presenza di operai sul luogo in cui insistevano i manufatti abusivi, avrebbero erroneamente omesso di confrontarsi sia con la testimonianza del geometra R., il quale aveva collocato la realizzazione delle opere ad almeno un anno prima del suo accesso ai luoghi, sia con la deposizione del Maresciallo D., anch'essa non incompatibile con la retrodatazione prospettata dal R., sia, infine, con la circostanza che la presenza dei muratori sul luogo di costruzione dei manufatti non esclude che gli stessi fossero databili al 2017. Peraltro, rileva il ricorrente che la mancanza di elementi certi che possano inficiare la deposizione di altri testi, per il principio del favor rei, imporrebbe la collocazione temporale del presunto intervento abusivo - e l'inizio del connesso termine di prescrizione - se non al luglio 2017, al più alla fine dello stesso anno. 2.4. Con un quarto motivo di impugnazione, ci si duole della violazione dell'articolo 131-bis cod. penumero , dell'inosservanza di norme processuali, del travisamento dei fatti e della prova, di vizi della motivazione. I giudici di merito avrebbero erroneamente escluso la particolare tenuità del fatto, mancando di considerare che a le dimensioni e le caratteristiche costruttive di entrambe le opere sarebbero ben lontane da significativi impatti con l'ambiente, trattandosi di un pergolato e di un casotto di 11,00 metri, entrambi in legno, senza l'uso di tecniche costruttive particolari b l'intervenuta assoluzione del ricorrente dal reato di cui all'articolo 734 cod. penumero , perché il fatto non sussiste, contrasterebbe, oltre che con la verificazione di un «danno, tutt'altro che trascurabile all'interesse protetto», con la «consistente alterazione del territorio», rilevata dai giudici di merito in base alla documentazione fotografica allegata al verbale di sequestro c sussisterebbero ulteriori condizioni, concomitanti con lo stato di incensuratezza, espressamente dedotte dal ricorrente nell'atto di appello e completamente pretermesse dall'analisi della Corte. Né, peraltro, potrebbe comprendersi, secondo il ricorrente, quale documentazione abbia visionato, nel caso di specie, il giudice di merito, considerato che i manufatti in esame non risultano mai essere stati sottoposti ad alcuna misura cautelare. 2.5. Con un quinto motivo di impugnazione, si denuncia l'inosservanza della legge penale, per avere i giudici di merito illegittimamente subordinato la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla rimozione delle opere abusive realizzate ed al ripristino dello stato dei luoghi. La difesa segnala, al riguardo, l'esistenza di un orientamento giurisprudenziale che, lungi dall'individuare qualsivoglia automatismo della subordinazione alla demolizione della sospensione della pena, obbliga invece il giudice a spiegare le ragioni della predetta subordinazione, alla luce del giudizio prognostico di cui all'articolo 164 cod. penumero e della funzione special-preventiva dell'istituto, posto che, diversamente ragionando, si finirebbe per elidere ogni differenza tra l'ipotesi facoltativa di cui all'articolo 165, primo comma, cod. penumero , e quella obbligatoria di cui al secondo comma della medesima norma. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1. Il primo motivo - con il quale si sostiene che le opere in contestazione rientrino nel novero degli interventi realizzabili in attività edilizia libera - è inammissibile, poiché diretto a sollecitare una rivalutazione di merito, come tale preclusa in questa sede. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l'epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una mirata rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili, o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata ex plurimis, Sez. 3, numero 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556 Sez. 6, numero 5465 del 04/11/2020, dep. 11/02/2021, Rv. 280601 . La sentenza di appello, sulla base dei rilievi fotografici e del verbale di sopralluogo, chiarisce che, in totale assenza di permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica, l'imputato ha realizzato i manufatti contestati in rubrica con dimensioni e caratteristiche strutturali tali da non poter essere annoverati negli interventi di edilizia libera - non assoggettabili, cioè, a permesso di costruire - correttamente effettuando una valutazione di fatto che non può costituire oggetto di sindacato di legittimità. 1.1.1. Più nello specifico, i giudici di merito hanno ritenuto, con motivazione logica e coerente, di escludere che il casotto in legno potesse costituire un manufatto pertinenziale, in considerazione, non solo dell'autonoma volumetria del manufatto, pari a circa 26,00 metri quadrati, tale da determinare un'incidenza sul carico urbanistico, ma anche dell'autonomia rispetto all'opera principale connotazioni strutturali, queste, che ne escludono, con evidenza, la riconducibilità al concetto di pertinenza, riferito dalla normativa urbanistica ad un'opera che abbia una propria individualità, sia oggettivamente preordinata a soddisfare le esigenze di un edificio principale legittimamente edificato e sia sfornita di autonomo valore di mercato, ma che sia altresì insuscettibile di destinazione autonoma e che abbia dimensioni tanto ridotte da non incidere sul carico urbanistico mediante la creazione di un nuovo volume ex plurimis, Sez. numero 12520 del 16/01/2020, non mass. Sez. 3, numero 52835 del 14/07/2016, Rv. 268552 Sez. 3, numero 25669 del 30/05/2012, Rv. 253064 . 1.1.2. In relazione al secondo manufatto, va osservato che il ricorrente ha omesso di confrontarsi con i puntuali rilievi spesi dal provvedimento in esame, il quale pag. 6 esclude la riconducibilità del manufatto in rubrica al novero degli interventi di edilizia libera, in ragione delle stesse caratteristiche costruttive dell'opera, trattandosi di struttura composta da quattro colonnine in legno con sovrastante grigliato ligneo, occupante una superficie di 31,00 mq, ancorata al suolo, giacché bullonata su base cementizia, così da escludere il carattere di amovibilità delle impalcature destinate a sorreggere piante rampicanti, proprie dell'invocata edilizia libera. Tale descrizione, secondo la valutazione della Corte d'appello, che deve essere qui condivisa, porta ad escludere che possa trattarsi, nella fattispecie, di un pergolato . Infatti la giurisprudenza di questa Corte ha preso in considerazione la nozione di pergolato per distinguerla dalla tettoia , osservando che la diversità strutturale delle due opere è rilevabile dal fatto che, mentre il pergolato costituisce una struttura aperta sia nei lati esterni che nella parte superiore ed è destinato a creare ombra, la tettoia può essere utilizzata anche come riparo ed aumenta l'abitabilità dell'immobile Sez. 3, numero 23183 del 29/03/2018, non mass. Sez. 3, numero 10534 del 25/2/2009, non mass. Sez. 3, numero 19973 del 16/4/2008, Rv. 240049 . Tali definizioni sono state peraltro ribadite prendendo in considerazione le nozioni di tettoia e pensilina , rilevandone la sostanziale identità ricavabile dalle medesime finalità di arredo, riparo o protezione anche dagli agenti atmosferici e riconoscendo la necessità del permesso di costruire nei casi in cui sia da escludere la natura precaria o pertinenziale dell'intervento Cass. Sez. F, numero 33267 del 15 luglio 2011, non mass. . Anche la giurisprudenza amministrativa si è interrogata, in più occasioni, sulla nozione di pergolato , dando atto della mancanza di una definizione normativa e affermando che tale opera si caratterizza come manufatto avente natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni Cons. Stato, Sez. 6, numero 306 del 25/01/2017 Cons. Stato, Sez. 6, numero 2134 del 27/04/2015 Cons. Stato, Sez. 4, numero 5409 del 29/09/2011 . Considerando tali caratteristiche, ha pure escluso che possa rientrare nella nozione di pergolato una struttura realizzata mediante pilastri e travi in legno di significative dimensioni, tali da renderla solida e robusta facendone presumere una permanenza prolungata nel tempo Cons. Stato, Sez. 4, numero 4793 del 02/10/2008 , diversamente da quanto ritenuto riguardo ad un manufatto precario, facilmente rimovibile, costituito da una intelaiatura in legno non infissa al pavimento né alla parete dell'immobile cui è solo addossata , non chiusa in alcun lato, compreso quello di copertura ex plurimis, Cons. Stato, Sez. 6, 29/03/2024, numero 2973 Cons. Stato, Sez. 6, 22/09/2023, numero 8475 Cons. Stato, Sez. 5, numero 6193 del 07/11/2005 . A conclusioni identiche sono pervenute altre decisioni, che hanno definito il pergolato come manufatto in struttura leggera di legno che funge da sostegno per piante rampicanti o per teli, senza comportare un aumento di volumetria e senza determinare trasformazione edilizia ed urbanistica ex plurimis, TAR Piemonte, Sez. 2, numero 974 del 05/12/2023 TAR Sardegna, Sez. 2, numero 355 del 19/05/2021 TAR Umbria, Sez. 1, numero 499 del 28/10/2010 , tale da realizzare un'ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni, destinate ad un uso del tutto momentaneo ex plurimis, TAR Campania, NA, Sez. 7, numero 3972 del 29/07/2013 TAR Lazio, LT, Sez. 1, numero 568 del 18/06/2013 TAR Campania, NA, Sez. 4, numero 1746 del 25/11/2011 . Dunque, la differenza tra pergolato e tettoia è stata individuata in termini analoghi a quelli indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, facendo ricorso al linguaggio comune ed evidenziando che la tettoia si caratterizza come struttura pensile, addossata al muro o interamente sorretta da pilastri, di possibile maggiore consistenza e impatto visivo rispetto al pergolato, il quale è normalmente costituito da una serie parallela di pali collegati da un'intelaiatura leggera, idonea a sostenere piante rampicanti o a costituire struttura ombreggiante, senza chiusure laterali Cons. Stato Sez. 6, numero 825, del 18/02/2015 . La convergenza tra la giurisprudenza di legittimità e quella amministrativa consente, dunque, di confermare il principio di diritto secondo il quale «si intende per pergolato una struttura aperta sia nei lati esterni che nella parte superiore, realizzata con materiali leggeri, senza fondazioni, di modeste dimensioni e di facile rimozione, la cui finalità è quella di creare ombra mediante piante rampicanti o teli cui offrono sostegno». Date tali premesse, risulta di tutta evidenza che la struttura realizzata dall'odierno ricorrente per come descritta nell'imputazione e sulla base delle caratteristiche costruttive accertate in fatto nel giudizio di merito, con apprezzamento non sindacabile in questa sede di legittimità, non poteva in alcun modo essere qualificata come pergolato, giacché - come visto - si trattava di una struttura composta da quattro colonne bullonata al suolo su base cementizia, che palesemente non rientra tra le opere di edilizia libera. 1.2. La seconda doglianza, riferita alla violazione degli articolo 93 e 95 del d.P.R. numero 380 del 2001, nonché a vizi della motivazione quanto all'applicabilità della normativa antisismica, è manifestamente infondata. Va ricordato che questa Corte ha affermato che le disposizioni previste dagli articolo 83 e 95 del d.P.R. numero 380 del 2001 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica - dunque, anche alle opere edili in legno - a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento Sez. 3, numero 4567 del 10/10/2017, dep. 2018, Rv. 273068 Sez. 3, numero 10205 del 18/01/2006, Rv. 233671 . Ciò sul rilievo che, ai fini della configurabilità dei reati previsti dalla disciplina in tema di costruzioni in zone sismiche, le norme dettate dagli articolo 93, 94 e 95, del d.P.R. numero 380 del 2001 si riferiscono a tutte le costruzioni, sopraelevazioni e riparazioni edili, senza considerazione del materiale con cui vengono realizzate Sez. 3, numero 9126 del 16/11/2016, Rv. 269303 Sez. 3, numero 48950 del 04/11/2015, Rv. 266033 Sez. 3, numero 34604 del 17/06/2010, Rv. 248330 . Del resto, qualsiasi opera edile, ad eccezione di quelle di semplice manutenzione ordinaria, ove eseguita in zona sismica, deve essere preventivamente denunciata al competente ufficio, al fine di consentire i previsti controlli, configurandosi in difetto il reato di cui all'articolo 95 del citato decreto Sez. 3, numero 45958 del 26/10/2005, Rv. 232649 Sez. 3, numero 28514 del 29/05/2007, Rv. 237656 il che, in altri termini, equivale a dire che sussiste la contravvenzione antisismica nel caso di opere realizzate nelle zone sismiche senza adempimento dell'obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico e senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione, a nulla rilevando la natura dei materiali e delle relative strutture, ovvero la natura precaria dell'intervento ex plurimis, Sez. 3, numero 30224 del 21/06/2011, Rv. 251284 . Correttamente, dunque, il ricorrente è stato ritenuto responsabile per reati in oggetto, in quanto, nella qualità di proprietario-committente dei lavori, eseguiva opere edilizie in zona sismica senza adempiere al preventivo obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti alle autorità competenti e senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale. 1.3. Il terzo motivo di ricorso, con il quale si lamentano l'erronea applicazione della legge penale sostanziale e processuale, nonché i relativi vizi della motivazione, con riferimento alla mancata dichiarazione della prescrizione dei reati in contestazione, è inammissibile, giacché teso a sovrapporre un'arbitraria interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dai giudici di merito, come tale preclusa al sindacato di legittimità. Contrariamente a quanto sostenuto dalla prospettazione difensiva, la Corte di merito ha fornito una motivazione lineare e coerente in ordine agli elementi probatori relativi alla collocazione temporale della realizzazione delle opere abusive in data antecedente e prossima al 5 luglio 2018, giorno del sopralluogo, evidenziando come il geometra A. R., lungi dall'aver affermato - come pure sostenuto dal ricorrente - che l'ultimazione delle opere dovesse farsi risalire al luglio 2017, avesse, all'opposto, indicato come epoca della realizzazione la data del 30 giugno 2018, per la presenza di operai all'atto del sopralluogo, ritenendo soltanto plausibile che tali opere fossero state realizzate nel corso dell'ultimo anno, sulla base della totale assenza di segni di usura. Peraltro, come già correttamente rilevato dalla Corte territoriale, in tema di cause di estinzione del reato, il principio del favor rei, in base al quale, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento inziale deve essere fissato in modo che risulti più favorevole all'imputato, opera solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull'inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche attraverso deduzioni logiche ex multis, Sez. 3, numero 7245 del 12/01/2024, Rv. 285953 Sez. 3, numero 4139 del 13/12/2017, dep. 2018, Rv. 272076 di talché, nel caso di specie, correttamente i giudici di merito hanno escluso l'invocata retrodatazione, perché la presenza di operai sul luogo in cui insistevano i manufatti abusivi consentiva di ritenere, sul piano logico, che all'atto del sopralluogo i lavori fossero stati appena ultimati. 1.4. La quarta doglianza, riferita alla violazione dell'articolo 131-bis cod. penumero , nonché ai connessi vizi di motivazione, è anch'essa inammissibile. La Corte territoriale ha correttamente rilevato la consistente alterazione del territorio, in zona sismica e di valore paesaggistico, determinata dalla realizzazione di entrambe le opere in contestazione, aventi dimensioni e caratteristiche costruttive tali da comportare un danno che non consente di rinvenire la particolare tenuità dell'offesa. La motivazione, sul punto, è pienamente logica, come tale non censurabile nel giudizio di legittimità, avendo i giudici di merito specificamente indicato le ragioni per le quali il pericolo per l'ambiente e la sua compromissione sono stati considerati non esigui, valorizzando, nello specifico, la pluralità di vincoli violati con i manufatti in contestazione e l'assenza di qualsivoglia condotta riparatoria. 1.5. Il quinto motivo di ricorso, con il quale si lamenta l'illegittima subordinazione della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla rimozione delle opere abusive realizzate ed al ripristino dello stato dei luoghi, è inammissibile. La difesa, dietro l'apparenza di una violazione di legge, mira, in realtà, a far valere un vizio motivazionale. Comunque, nel caso di specie, i giudici di merito, nel formulare il giudizio prognostico di cui all'articolo 164, primo comma, cod. penumero , hanno indicato le ragioni per le quali ritenere necessario porre l'esecuzione dell'ordine di demolizione come condizione per la fruizione del beneficio di cui all'articolo 163 cod. penumero A pag. 9 della sentenza si evidenzia, infatti, come il ricorrente non si fosse ancora attivato per demolire i manufatti abusivi, nonostante la loro asserita facile amovibilità comportamento, questo, che giustifica logicamente la disposta subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena. 2. Per questi motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, numero 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. penumero , l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.