La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, osserva che solo l’autenticazione, ad opera del difensore o di altro pubblico ufficiale abilitato, assicura l’identificazione del soggetto privato legittimato a formulare la richiesta di essere sottoposto a interrogatorio.
La Corte d'appello dell'Aquila riformava solo in punto di quantificazione del danno patito dalla parte civile, la sentenza emessa dal Tribunale di Vasco, con la quale l'imputato veniva condannato per i reati di rapina e lesione personale. Avverso la decisione della Corte territoriale, proponeva ricorso per cassazione l'imputato, articolando sette motivi di doglianza. Di particolare interesse, il primo motivo, con cui la Corte di Cassazione, nel ritenerlo inammissibile, ha enunciato un importante principio di diritto. Con il primo motivo infatti, il difensore deduceva inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento all'articolo 415 bis c.p.p. assumendo, in particolare che nonostante l'imputato, nel corso delle indagini preliminari, avesse chiesto di essere interrogato, tale richiesta non era stata accolta sul rilievo che non vi era certezza della sua provenienza poiché veniva trasmessa via fax, priva dell'autenticazione della sottoscrizione e di documento d'identità. Sottolineava però, che nessuna norma imponeva l'autenticazione della sottoscrizione dell'indagato, apposta in calce alla richiesta di essere sottoposto a interrogatorio. Per il Collegio, il suddetto motivo è inammissibile. In tema constano infatti, due pronunce della Suprema Corte con la prima Cass. penumero , sez. III, 2 dicembre 2008, numero 2109, Carenza, Rv. 2422273 – 01 si è ritenuto che la richiesta di interrogatorio fatta dall'indagato, il quale aveva ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini, poteva essere trasmessa al P.M. anche mediante telegramma o lettera raccomandata purché la sottoscrizione venisse autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiale abilitato con seconda pronuncia, intervenuta circa dieci anni dopo Cass. penumero , sez. VI, del 18 settembre 2018, numero 50087, D., Rv. 274506-02 , il principio è stato ribadito. Nel caso in esame, osservano i giudici, concernente la trasmissione della richiesta di interrogatorio a mezzo fax, vengono in rilievo, esattamente come nelle sentenze richiamate in cui l'invio della richiesta avveniva per mezzo di telegramma o di lettera raccomandata, «le medesime esigenze di assicurare, da un lato l'identificazione del soggetto sottoposto alle indagini, legittimato a effettuare la richiesta di essere interrogato e, dall'altro, la conoscenza della richiesta da parte dell'organo destinatario, il pubblico ministero». Tale esigenza, può essere soddisfatta esclusivamente con l'autenticazione della sottoscrizione della richiesta da parte del difensore o di altro pubblico ufficiale abilitato. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte, il Collegio ritiene necessario affermare il seguente principio di diritto «la richiesta di interrogatorio fatta dall'indagato, che ha ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, può essere trasmessa al P.M. anche mediante fax, purché la sottoscrizione sia autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiale abilitato». La Corte territoriale, per i giudici, ha quindi correttamente rigettato l'eccezione della difesa dell'imputato, rilevando che la richiesta di interrogatoria veniva inviata al Pubblico Ministero via fax, con sottoscrizione priva di autenticazione da parte del difensore o di altro pubblico ufficiale abilitato e osservando che, solo con autenticazione della sottoscrizione sarebbe stata assicurata l'identificazione del soggetto privato, legittimato a formulare la richiesta.
Presidente Pellegrino - Relatore Calvisi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa il 22 gennaio 2024 la Corte d'Appello di L'Aquila riformava solo in punto di quantificazione del danno patito dalla parte civile la sentenza emessa in data 14 aprile 2021 dal Tribunale di Vasto, con la quale S.A. era stato dichiarato colpevole dei reati di rapina e lesione personale ascrittigli e condannato alle pene di legge. 2. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l'imputato, per il tramite del suo difensore, chiedendone l'annullamento e articolando sette motivi di doglianza. 3. Con il primo motivo deduceva inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento all'articolo 415-bis cod. prod. penumero , assumendo in particolare che nonostante l'imputato, nel corso delle indagini preliminari, avesse chiesto di essere interrogato, tale richiesta non era stata accolta sul rilievo che non vi era certezza della sua provenienza, poiché la stessa era stata trasmessa via fax e priva dell'autenticazione della sottoscrizione e di allegato documento d'identità assumeva, al riguardo, che nessuna norma imponeva l'autenticazione della sottoscrizione dell'indagato apposta in calce alla richiesta di essere sottoposto a interrogatorio. 4. Con il secondo motivo deduceva inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento agli articolo 178 lett. c e 180 cod. proc. penumero , osservando che in data 14 aprile 2021 l'imputato aveva chiesto il rinvio dell'udienza fissata per la trattazione del processo facendo presente che proveniva dalla città di Firenze, all'epoca dichiarata zona rossa per ragioni legate alla pandemia da virus Covid 19, e che tale richiesta era stata rigettata dal giudice procedente che aveva rilevato che, nonostante la carta d'identità del S.A. risalente al 2012 indicasse che questi era residente a Firenze, lo stesso aveva trasferito la propria residenza a OMISSIS , circostanza che risultava dal mandato difensivo rilasciato dall'imputato all'Avv. Lapenna in data 29 giugno 2020, così che non vi era prova della sussistenza del legittimo impedimento invocato dal S.A 5. Assumeva anche, la difesa, che l'imputato aveva trasferito la propria residenza a Firenze a far data dal 26 dicembre 2020 e che, in ogni caso, per quanto di interesse, dove va farsi riferimento più che al concetto di formale residenza a quello di provenienza . 6. Con il terzo motivo deduceva vizio di motivazione e travisamento della prova in relazione alle dichiarazioni di M.P., assumendo in particolare che la Corte territoriale aveva travisato le prove testimoniali assunte e aveva omesso di valutare il video prodotto dalla parte offesa, che le lesioni patite dalla vittima non potevano ritenersi importanti, che quest'ultima non aveva riportato segni sul collo dovuti a un asserito tentativo di strangolamento, che il citato video non ritraeva alcun fatto significativo ai fini della prova dei reati contestati, che non vi era prova del fatto che l'imputato avesse sottratto alla persona offesa il telefono cellulare. 7. Con il quarto motivo deduceva inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 125 cod. proc. penumero , osservando che la teste M.P., sentita al dibattimento, aveva dichiarato di non aver visto la parte offesa zoppicare e che la Corte territoriale aveva omesso di valutare tale testimonianza. 8. Con il quinto motivo deduceva inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 582 cod. penumero , assumendo che nella specie i medici che avevano sottoposto a visita la persona offesa non avevano riscontrato alcuna compromissione dell'assetto funzionale dell'organismo, così che non poteva dirsi che la persona offesa avesse patito una malattia. 9. Con il sesto motivo deduceva la mancata assunzione di una prova decisiva, costituita da una perizia medico - legale avente ad oggetto le lesioni patite dalla vittima. 10. Con il settimo motivo deduceva inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all'articolo 628 cod. penumero , assumendo che il S.A. non aveva agito per trarre un profitto dall'impossessamento del telefono cellulare, bensì al fine di impedire che la vittima S.M.G., sua sorella, continuasse a filmarlo con il detto apparecchio. 11. In data 22 settembre 2024 la difesa dell'imputato depositava memoria di replica alle conclusioni del Procuratore Generale, con la quale quanto al primo motivo di ricorso, ribadiva il concetto secondo il quale nessuna norma imponeva l'autenticazione della sottoscrizione dell'indagato apposta in calce alla richiesta di essere sottoposto a interrogatorio e, per altro verso, osservava che nella specie tale richiesta era stata apposta in calce all'avviso di conclusione indagini quando i termini per l'avviso ex articolo 415-bis cod. proc. penumero non erano ancora scaduti quanto al secondo motivo, ribadiva che l'imputato aveva trasferito la propria residenza a Firenze dal 26 dicembre 2020, pertanto in data antecedente a quella dell'udienza della quale aveva chiesto il rinvio e successiva alla data di rilascio della procura del 29 giugno 2020 con la quale aveva eletto domicilio a OMISSIS deduceva altresì che, dalle trascrizioni di udienza, emergeva che l'imputato si era recato a OMISSIS da Firenze per passare al mare qualche giorno del mese di luglio quanto al terzo motivo, ribadiva che la Corte d'Appello non aveva valutato la deposizione di M.P., unica persona presente ai fatti, che non aveva valutato il contenuto del certificato medico prodotto dalla denunciante, che non aveva dato conto dell'esistenza di segni di lesioni sul collo della vittima, che non aveva valutato il video prodotto dalla difesa che contraddiceva le dichiarazioni rese da S.M.G., la quale era stata ritratta senza che mostrasse di aver patito delle lesioni, aveva i capelli in ordine e non mostrava di essere claudicante, che aveva valutato in maniera contraddittoria la deposizione del Maresciallo G.D. in merito all'assenza di lesioni sul collo della persona offesa, che aveva travisato le dichiarazioni rese da S.G. il quale non aveva riferito dell'esistenza di lesioni sulla gamba della vittima, che, infine, aveva omesso di valutare la deposizione di S.S. in merito alle ragioni dell'aggressione quanto al quarto motivo, ribadiva che la Corte territoriale aveva omesso di valutare la testimonianza di M.P., che doveva essere ritenuta una prova decisiva, avendo costei affermato che non si era verificata alcuna aggressione, bensì solo un'accesa discussione quanto al quinto motivo, ribadiva che la persona offesa non aveva subito una malattia , concetto nel quale doveva essere ricompresa ogni compromissione delle funzionalità di una o più parti del corpo quanto al sesto e al settimo motivo si riportava a quanto già dedotto con il ricorso. 12. In data 26 settembre 2024 la parte civile depositava conclusioni scritte e nota spese. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è inammissibile. 2. In tema constano due pronunce di questa Suprema Corte. 3. Con la prima Sez. 3, numero 2109 del 02/12/2008, Carenza, Rv. 242273 - 01 si è ritenuto che la richiesta di interrogatorio fatta dall'indagato, che avesse ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, potesse essere trasmessa al P.M. anche mediante telegramma o lettera raccomandata, purché la sottoscrizione fosse autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiale abilitato. 4. La Corte, con tale pronuncia, ha così motivato il principio enucleato nella massima È pacifico che il Carenza, dopo aver ricevuto dal Pubblico Ministero l'avviso della conclusione delle indagini preliminari, a norma dell'articolo 415 bis c.p.p., comma 3, ha chiesto tempestivamente di essere interrogato, con una lettera raccomandata dal medesimo sottoscritta e autenticata dal difensore, pervenuta al Pubblico Ministero in data 18.2.2005. Il Pubblico Ministero, anziché procedere agii adempimenti impostigli dal combinato disposto dall'articolo 415 bis c.p.p. e articolo 552 c.p.p., comma 2, e quindi invece di invitare l'indagato a rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375 c.p.p., comma 3, con provvedimento a margine dell'istanza, l'ha dichiarata irricevibile per violazione dell'articolo 153 c.p.p Investiti della relativa eccezione, i giudici di merito hanno ritenuto a loro volta la irritualità della istanza per violazione dell'articolo 121 c.p.p., atteso che questa norma impone il deposito in cancelleria per ogni presentazione di istanze o memorie. Contro questa impostazione, va osservato che il richiamo dell'articolo 121 c.p.p., non è pertinente, perché riguarda soltanto le memorie e le richieste da presentare al giudice che - appunto - vanno depositate in cancelleria. Più pertinente sembra la disposizione dell'articolo 153 c.p.p., che disciplina le notificazioni e le comunicazioni al Pubblico Ministero. Ma è agevole osservare che le comunicazioni , di cui al comma 2 dell'articolo anzidetto, hanno per oggetto solo gli atti e i provvedimenti del giudice da portare a conoscenza del pubblico ministero. Mentre le notificazioni , da eseguirsi mediante consegna di copia dell'atto in segreteria” - come prescrive il comma 1 - ad avviso del collegio, non riguardano gli atti di parte direttamente indirizzati al Pubblico Ministero, dei quali non ha alcun senso fare copia per trasmetterli alla conoscenza della c.d. parte pubblica. Così, a nessuno può venire in mente che la richiesta della persona offesa di essere informata della eventuale richiesta di archiviazione a mente dell'articolo 408 c.p.p., non possa essere presentata al Pubblico Ministero anche contestualmente alla denuncia-querela, con sottoscrizione autenticata, spedita a mezzo posta con piego raccomandato come prevede l'articolo 337 c.p.p., comma 1 , ovvero successivamente alla denuncia-querela, con ulteriore scritto spedito per posta raccomandata. Analoga conclusione deve adottarsi per la richiesta di essere sottoposto a interrogatorio, che spetta all'indagato a mente dell'articolo 415 bis c.p.p., comma 3, atteso che sarebbe evidentemente assurdo che essa dovesse essere notificata ai sensi dell'articolo 153 c.p.p., mediante consegna di copia dell'atto in segreteria . Non v'è quindi alcuna ragione testuale o dommatica per cui la richiesta di interrogatorio di cui trattasi non possa essere trasmessa al Pubblico Ministero anche mediante telegramma o lettera raccomandata, purché la sottoscrizione dell'indagato sia autenticata dai difensore o da altro pubblico ufficiate abilitato, così come previsto per la proposizione dell'atto di impugnazione dall'articolo 583 c.p.p Evidentemente, l'ordinamento considera che anche in tal modo sia assicurata da una parte l'identificazione del soggetto privato legittimato all'atto di richiesta o di impugnazione , e dall'altra la conoscenza dell'atto stesso da parte dell'organo destinatario rispettivamente pubblico ministero o giudice emittente del provvedimento impugnato . 5. Con una seconda pronuncia, intervenuta circa dieci anni dopo, Sez. 6, numero 50087 del 18/09/2018, D., Rv. 274506 - 02 il principio è stato ribadito e la Corte così ha motivato, espressamente richiamando la precedente sentenza in tema Né, peraltro, si prevede, nella su citata disposizione di cui all'articolo 415-bis, comma 3, cod. proc. penumero l'utilizzo di particolari forme o modalità per l'esercizio della facoltà difensiva di chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio a seguito della notifica dell'avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari. Al riguardo, invero, questa Suprema Corte Sez. 3, numero 2109 del 02/12/2008, dep. 2009, Carenza, Rv, 242273 ha affermato che la richiesta di interrogatorio fatta dall'indagato, che ha ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, può essere trasmessa al P.M. anche mediante telegramma o lettera raccomandata, purché la sottoscrizione sia autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiate abilitato. Non v'è, dunque, alcuna ragione testuale o dommatica per cui la richiesta di interrogatorio non possa essere trasmessa al PM. Anche mediante telegramma o lettera raccomandata, purché la sottoscrizione dell'indagato, come già precisato da questa Corte nella su chiamata decisione, venga autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiate abilitato, così come previsto per la proposizione dell'atto di impugnazione dall'articolo 583 cod. proc. penumero Norma processuale, quest'ultima, il cui secondo comma fa espressamente riferimento, ai fini della rituale proposizione dell'atto di impugnazione, alla data di spedizione della raccomandata o del telegramma . L'ordinamento, infatti, ritiene che anche in tal modo sia assicurata, da una parte, l'identificazione del soggetto privato legittimato all'atto di richiesta o di impugnazione e, dall'altra, la conoscenza dell'atto stesso da parte dell'organo destinatario rispettivamente il P.M. ovvero il Giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ”. 6. Osserva il Collegio che, nel caso di specie, concernente la trasmissione della richiesta di interrogatorio a mezzo fax, vengono in rilievo, esattamente come per l'invio della richiesta per mezzo di telegramma o di lettera raccomandata, le medesime esigenze di assicurare, da un lato, l'identificazione del soggetto privato la persona sottoposta alle indagini legittimato a effettuare la richiesta di essere interrogato, e, dall'altro, la conoscenza della richiesta da parte dell'organo destinatario il Pubblico Ministero . 7. Orbene, risulta del tutto evidente che tale esigenza può essere soddisfatta, come per i casi di invio della richiesta per mezzo di telegramma o con lettera raccomandata, esclusivamente con l'autenticazione della sottoscrizione della richiesta da parte del difensore o di altro pubblico ufficiale abilitato. 8. Può, dunque affermarsi il principio secondo il quale la richiesta di interrogatorio fatta dall'indagato, che ha ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, può essere trasmessa al P.M. anche mediante fax, purché la sottoscrizione sia autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiale abilitato. 9. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte deve ritenersi che la Corte territoriale abbia correttamente rigettato l'eccezione della difesa dell'imputato - che aveva avanzato richieste di declaratoria di nullità della sentenza di primo grado e della richiesta di rinvio a giudizio poiché non preceduta dall'interrogatorio dell'indagato ritualmente richiesto - rilevando che la richiesta di interrogatorio era stata inviata al Pubblico Ministero via fax con sottoscrizione priva di autenticazione da parte del difensore o di altro pubblico ufficiale abilitato e osservando che solo con l'autenticazione della sottoscrizione sarebbe stata assicurata l'identificazione del soggetto privato legittimato a formulare la richiesta. 10. Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso. 11. Ed invero, deve ritenersi che la Corte d'Appello abbia adeguatamente motivato in merito al rigetto della richiesta di emissione di declaratoria di nullità della sentenza di primo grado per non avere il Tribunale accolto la richiesta di rinvio dell'udienza dibattimentale in ragione del legittimo impedimento addotto dall'imputato, che aveva rappresentato che proveniva dalla città di Firenze, all'epoca dichiarata zona rossa per ragioni legate alla pandemia da virus Covid 19 ha osservato, in proposito, la Corte territoriale che il S.A. non aveva adeguatamente documentato tale impedimento, considerato che risultava dagli atti - in particolare dalla procura rilasciata al proprio difensore in data 29 giugno 2020 - che il ricorrente in realtà non era residente a Firenze, bensì a OMISSIS , in contrada OMISSIS . 12. Risulta, peraltro, meramente assertiva e del tutto indimostrata l'affermazione della difesa secondo la quale, a prescindere dalla residenza, l'imputato, per partecipare all'udienza di trattazione del processo, sarebbe dovuto comunque provenire da Firenze, città nella quale, nel periodo considerato, dimorava. 13. È inammissibile, in quanto manifestamente infondato, anche il terzo motivo di ricorso, con il quale la difesa in realtà propone una inammissibile rilettura nel merito degli elementi acquisiti al processo, a fronte di una motivazione resa dalla Corte territoriale che appare immune dai vizi denunciati dal ricorrente, e in particolare quanto alla testimonianza di M.P. riportata per stralci alle pagine 17 e 18 del ricorso , che aveva affermato che nell'occorso aveva visto la parte offesa camminare mantenendo un'andatura normale e non mostrando di zoppicare, la Corte di Appello ha ritenuto di non considerare tale dichiarazione ai fini della ricostruzione dei fatti, stante l'esistenza di elementi ritenuti ben più pregnanti, dimostrativi delle lesioni patite dalla persona offesa S.M.G., fra i quali, ma non solo, le risultanze del certificato medico prodotto agli atti, puntualmente richiamato dal giudice del provvedimento impugnato, il tutto con un ragionamento che appare immune da manifeste illogicità quanto al video prodotto dalla persona offesa, che mostra la stessa camminare senza manifestare zoppia, valgono le stesse considerazioni appena sopra svolte quanto all'entità delle lesioni patite dalla S.M.G., deve osservarsi che il rilievo del ricorrente circa il fatto che le lesioni patite dalla vittima non sarebbero importanti appare del tutto generico, oltre che meramente assertivo, a fronte della presenza agli atti di un certificato medico che descrive nel dettaglio tali lesioni trauma contusivo al polpaccio destro e alla mano sinistra, giudicate guaribili in sette giorni quanto al fatto che la persona offesa non avesse riportato segni visibili sul collo, evidenziato dal ricorrente a sostegno della assunta inattendibilità delle dichiarazioni della vittima - che aveva affermato che l'imputato l'aveva afferrata per il collo - la Corte d'Appello ha, ancora una volta, reso una motivazione che appare immune dai denunciati vizi, ritenendo che seppure la dinamica descritta dalla S.M.G. potrebbe sembrare innaturale , la stessa non scalfisce il racconto della persona offesa, la quale evidentemente ha cercato di rendere l'idea della violenta aggressione subita, né mette in dubbio la sua credibilità, non essendovi incertezza sul fatto che la sottrazione del bene sia stata preceduta da atti violenti da parte del prevenuto che hanno provocato importanti lesioni alla vittima, comprovate dalla documentazione medica acquisita agii atti v. pag. 7 della sentenza impugnata quanto al rilievo difensivo secondo il quale non sarebbe stata raggiunta la prova della sottrazione del telefono della vittima da parte dell'imputato, deve osservarsi che la Corte d'Appello ha evidenziato che, in realtà, la circostanza, oltre che essere stata riferita dalla persona offesa, era anche stata confermata dal teste S.A., il quale aveva affermato di avere soccorso S.M.G. subito dopo l'aggressione e si era attivato immediatamente per bloccare la scheda SIM in uso alla persona offesa. 14. Si deve, più in generale, evidenziare come la Corte territoriale si sia espressamente confrontata con le fondamentali deduzioni difensive, così che l'omessa specifica valutazione degli altri dati richiamati nel ricorso non configura il vizio denunciato va ribadito, infatti, che il giudice di appello, in presenza di una doppia conforme è il caso di specie , nella motivazione della sentenza, non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che, in tal caso, debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata cfr., Sez. 2, numero 46261 del 18/09/2019, Cammi, Rv. 277593 Sez. 3, numero 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853 Sez. 1, numero 37588 del 18/06/2014, Amaniera, Rv. 260841 Sez. 2, numero 31920 del 04/06/2021, Alampi, Rv. 281811, non mass, sul punto . Inoltre, la presenza di una criticità su una delle molteplici valutazioni contenute nel provvedimento impugnato, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non può comportare l'annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all'esito di una verifica sulla completezza e globalità del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l'impianto della decisione cfr., Sez. 1, numero 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227 Sez. 6, numero 3724 del 25/11/2015, dep. 2016, Perna, Rv. 267723 Sez. 2, numero 37709 del 26/09/2012, Giarri, Rv. 253445 . Neppure la mancata enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo all'accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all'imputazione, determina la nullità della sentenza d'appello per mancanza di motivazione, se tali prove non risultano decisive e se il vaglio sulla loro attendibilità possa comunque essere ricavato per relationem dalla lettura della motivazione cfr., Sez. 3, numero 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853 da ultimo, cfr. Sez. 2, numero 26870 del 12/05/2022, Gioè, non mass. . 15. Ciò premesso, deve osservarsi che nel caso di specie la Corte territoriale ha dato conto, con motivazione che appare sufficiente, non contraddittoria e immune da manifeste illogicità, delle ragioni per le quali ha ritenuto intrinsecamente attendibile il racconto della parte offesa, evidenziando, inoltre, molteplici riscontri esterni a tale racconto, quali le di testimonianze del militare G.D., di S.S. e di S.A., i quali avevano prestato soccorso alla vittima nell'immediatezza del fatto, e ancora la documentazione medica agli atti, attestante le lesioni patite dalla persona offesa. 16. Anche il quarto motivo, che ripropone la questione relativa alla omessa valutazione della testimonianza di M.P., è inammissibile per le ragioni su illustrate. 17. è inammissibile, in quanto manifestamente infondato, anche il quinto motivo di ricorso. Si deve, invero, ritenere, in uno con la consolidata opinione di questa Suprema Corte, che il concetto di malattia , ai fini dell'integrazione del reato di lesione personale, non sia di necessità collegato a una limitazione funzionale dell'organismo, poiché è sufficiente, perché possa ritenersi l'esistenza di una malattia , l'accertamento di un significativo processo patologico cfr., fra le altre, Sez. 5, numero 33492 del 14/05/2019, Gattuso, Rv. 276930 - 01, secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali, la nozione di malattia non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono anche mancare, bensì solo quelle da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l'aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa , nel caso di specie sussistente in ragione del contenuto del certificato medico agli atti, attestante la presenza di plurimi traumi contusivi. 18. Anche il sesto motivo di ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato, non potendo essere considerata una prova decisiva l'invocata perizia medico legale avente ad oggetto le lesioni patite dalla persona offesa, peraltro, come più volte già osservato, fatte oggetto di referto medico. 19. Deve, al riguardo, essere richiamato l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite Penali di questa Corte, secondo il quale la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. d , cod. proc. penumero , in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova neutro , sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l'articolo citato, attraverso il richiamo all'articolo 495, comma 2, cod. proc. penumero , si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività Sez. U, numero 39746 del 23/03/2017, A. e altri, Rv. 270936 - 01 . È, infine, inammissibile anche il settimo motivo di ricorso, dovendosi ricomprendere nel concetto di ingiusto profitto del delitto di rapina qualunque vantaggio, anche di natura non patrimoniale, perseguito dall'autore v., tra le altre, Sez. 2, numero 23177 del 16/04/2019, Gelik, Rv. 276104 - 01, secondo cui, nel delitto di rapina, l'ingiusto profitto non deve necessariamente concretarsi in un'utilità materiale, potendo consistere anche in un vantaggio di natura morale o sentimentale che l'agente si riproponga di conseguire, sia pure in via mediata, dalla condotta di sottrazione ed impossessamento, con violenza o minaccia, della cosa mobile altrui nella specie, la Corte ha ritenuto che integrasse il dolo specifico del reato il fine perseguito dall'imputato di indurre la ex fidanzata, mediante la sottrazione violenta della borsa, a riprendere la cessata relazione di convivenza nello stesso senso Sez. 2, numero 37861 del 09/06/2023, Contaldo, Rv. 285190 - 01 v. anche, in tema di furto, Sez. U, numero 41570 del 25/05/2023, Caradonna, Rv. 285145 - 01, che così ha statuito Nel delitto di furto, il fine di profitto che integra il dolo specifico del reato va inteso come qualunque vantaggio anche di natura non patrimoniale perseguito dall'autore . 20. Alla stregua dei rilievi fin qui rassegnati il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile. 21. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , al pagamento delle spese del procedimento. 22. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, numero 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende. 23. L'imputato deve, altresì, essere condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile S.M.G. ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di Appello di L'Aquila con separato decreto di pagamento ai sensi degli articolo 82 e 83 d.p.r. 115/2002, dovendosi disporre il pagamento in favore dello Stato. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile S.M.G. ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di Appello di L'Aquila con separato decreto di pagamento ai sensi degli articolo 82 e 83 d.p.r. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.