Con sentenza numero 179 del 2024, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 34, comma 2, c.p.p., nella parte in cui non prevede che non può partecipare al giudizio il giudice dell’udienza di comparizione predibattimentale nel caso previsto dall’articolo 554-ter, comma 3, c.p.p. e, in via consequenziale, anche nella parte in cui non prevede che non può partecipare al giudizio il giudice dell’udienza di comparizione predibattimentale nel caso previsto dall’articolo 554-quater, comma 3, c.p.p.
La questione Le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 34, comma 2, c.p.p., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al successivo giudizio dibattimentale il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale che ha fissato la data dell'udienza dibattimentale davanti ad un giudice diverso, per la prosecuzione del giudizio, sono state sollevate dal Tribunale di Siena, in composizione monocratica, in riferimento agli articolo 111, comma 2, 3,24, comma 2, 101 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e all'articolo 14, paragrafo 1, del Patto internazionale sui diritti civili e politici. La Corte costituzionale, dopo aver rigettato le eccezioni di inammissibilità formulate dall'Avvocatura generale dello Stato e ritenuto fondate le questioni sollevate dal giudice a quo, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 34, comma 2, c.p.p. nella parte in cui non prevede che non può partecipare al giudizio il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale nel caso previsto dall'articolo 554-ter, comma 3, c.p.p. e, in via consequenziale, anche nella parte in cui non prevede che non può partecipare al giudizio il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale nel caso previsto dall'articolo 554-quater, comma 3, c.p.p. La tesi del giudice a quo Il giudice rimettente ha precisato, innanzitutto, la vicenda processuale che lo ha condotto a proporre le questioni di illegittimità. Dopo essere stato incaricato, a seguito di decreto di citazione diretta, del giudizio in sede di udienza di comparizione predibattimentale - ove ha disposto che il giudizio stesso, in assenza di richieste di definizioni alternative, proseguisse davanti a un giudice diverso – successivamente - in ragione della temporanea assenza del diverso giudice designato per il dibattimento - è stato investito dello stesso processo, quale giudice dibattimentale, destinato a svolgere, per un semestre, compiti di supplenza sull'intero ruolo del diverso giudice già designato quale giudice del dibattimento, in ragione della sopravvenuta applicazione dello stesso presso altro ufficio giudiziario. Premesso che le funzioni del giudice dell'udienza dibattimentale determinano una decisione di merito, il giudice a quo ha sottolineato come «l'ordinamento non prevede, per il caso di specie, un'ipotesi di incompatibilità, pur essendo già stata svolta una attività atta a generare la cosiddetta ‘forza della prevenzione' perché di natura propriamente decisoria, non riguardante il semplice svolgimento del processo o un aspetto meramente formale del procedimento». A questo proposito ha rimarcato come «l'istituto della incompatibilità attiene a situazioni di pregiudizio per l'imparzialità del giudice che si verificano all'interno del medesimo procedimento ed è espressivo di valori cardine della giurisdizione, quali la terzietà e l'imparzialità, a loro volta collegati alla garanzia del giusto processo», richiamando l'ampia elaborazione giurisprudenziale della Corte europea sui diritti dell'uomo nonché quella della Corte costituzionale, che è giunta a precisare le condizioni secondo le quali la previsione di un caso integri una incompatibilità costituzionalmente necessaria, vale a dire la preesistenza di valutazioni che cadono sulla medesima res iudicanda . Alla luce della disciplina vigente, risultante a seguito della riforma introdotta con il d.lgs. numero 150 del 2022, il giudice a quo ha pertanto ritenuto che - in ragione della configurazione della udienza di comparizione predibattimentale come sede destinata alla valutazione dell'insieme dei dati probatori raccolti in sede di indagini preliminari e della loro capacità di offrire coerenti conferme all'ipotesi accusatoria descritta nell'imputazione, attraverso l'esercizio di intensi poteri di verifica sul merito stesso di quest'ultima – «l'omessa previsione dell'incompatibilità del giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale alla celebrazione dell'udienza dibattimentale si pone in aperto contrasto con i parametri costituzionale sopra evocati». Merita pure di essere segnalata la tesi – a dir vero poco condivisibile - della difesa statale, che si è pronunciata per l'inammissibilità delle questioni proposte, sulla scorta di queste argomentazioni da un lato, la locuzione giudice diverso utilizzata dall'articolo 554-ter, comma 3, c.p.p. risulterebbe sostanzialmente identica a quella utilizzata nell'articolo 623, comma 1, lettera d , c.p.p., sicché tale espressione potrebbe essere interpretata come vera e propria ipotesi di incompatibilità dall'altro, l'articolo 554-ter, comma 3, c.p.p. avrebbe introdotto una causa di incompatibilità speciale, disciplinata dagli articolo 35 e seguenti del codice di rito, la violazione della quale avrebbe dovuto imporre al giudice rimettente di investire il presidente del tribunale al fine di far rilevare l'erroneità dell'assegnazione, in quanto contraria alla legge oltre che alle previsioni tabellari attuative della legge , per ottenerne la revoca. Le argomentazioni della Corte In via preliminare, la Corte non ha accolto l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'avvocatura generale, sottolineando come Il rimettente, in modo non implausibile, avesse «ritenuto, di non potersi astenere dalla celebrazione del giudizio dibattimentale in virtù del disposto di cui all'articolo 36, comma 1, lettera g , c.p.p., che obbliga a ciò solo se il giudice si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli articoli 34 e 35 e dalle leggi di ordinamento giudiziario, nelle quali, appunto, non è ricompresa quella concernente il giudice dell'udienza predibattimentale chiamato ad essere anche il giudice del dibattimento». Di conseguenza, ha riconosciuto come rilevanti le questioni di legittimità formulate. La Corte è poi passata ad inquadrare nel sistema la nuova udienza predibattimentale evidenziando come con essa si obblighi «il giudice al vaglio preventivo della necessità della celebrazione del dibattimento, a garanzia del corretto esercizio da parte dell'organo requirente dell'esercizio dell'azione penale, così fungendo da ‘filtro' a dibattimenti ingiustificati e, comunque, perseguendo in tal modo finalità deflattive e di semplificazione». Ne consegue che «l'udienza predibattimentale, quale udienza camerale a partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell'imputato articolo 554-bis, comma 1, c.p.p. , è delineata, pertanto, come snodo obbligato tra le indagini preliminari e il dibattimento, con l'attribuzione al giudice dei poteri decisionali di cui agli articolo 554-bis e 554-ter c.p.p.». Entrando nel merito delle questioni sollevate, la Corte ha posto la sua attenzione sulla riforma introdotta con il comma 3 dell'articolo 554-ter c.p.p. in ordine alla regola secondo cui il giudice del dibattimento deve essere “diverso” rispetto al giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale «regola che, secondo il tenore letterale della stessa, non è quella della incompatibilità di cui all'articolo 34c.p.p., la cui formulazione è rimasta invariata. Il catalogo delle situazioni pregiudicanti, che determinano l'incompatibilità del giudice a partecipare al giudizio, non è stato arricchito della fattispecie di cui al comma 3 dell'articolo 554-ter c.p.p. quando tale disposizione è stata introdotta nel codice di rito». Il successivo richiamo alla pregressa elaborazione giurisprudenziale offerta dalla Corte ha consentito di ribadire la ragion d'essere della disciplina dell'incompatibilità del giudice nel sistema processuale penale la sua ratio è chiaramente individuabile «nella salvaguardia dei valori della terzietà e imparzialità del giudice, presidiati dall'articolo 111, secondo comma, Cost., mirando a escludere che questi possa pronunciarsi sull'accusa quando è condizionato dalla forza della prevenzione», cioè «dalla tendenza a confermare una decisione o a mantenere un atteggiamento già assunto, derivante da valutazioni che sia stato precedentemente chiamato a svolgere in ordine alla medesima res iudicanda» e ad assicurare «che le funzioni del giudicare siano assegnate a un soggetto “terzo”, scevro di interessi propri che possano far velo alla rigorosa applicazione del diritto e anche sgombro da convinzioni precostituite in ordine alla materia su cui pronunciarsi sentenza numero 172 del 2023 nello stesso senso, sentenze numero 64, numero 16 e numero 7 del 2022 e precedenti ivi citati ». In altre parole – come già sostenuto nella sentenza numero 91 del 2023 – si è evidenziato un sistema integrato volto a realizzare la necessaria tutela del principio del giusto processo in tutti i casi in cui sussista il rischio che possa risultare compromessa l'imparzialità del giudice. Una volta ribadito che la regola dell'imparzialità trova le sue radici anche nelle Carte europee, la Corte ha escluso che una efficace tutela sul punto potesse risultare affidata soltanto alla possibilità, per il giudice, di astenersi una volta ritenute esistenti le gravi ragioni di convenienza, ai sensi dell'articolo 36 c.p.p. quest'ultima disposizione, ha ribadito la Corte, «si riferisce infatti a situazioni, non tipizzate ex ante dal legislatore, in cui la terzietà e l'imparzialità del giudice risultino compromesse in concreto, mentre l'incompatibilità significa che nelle ipotesi tassativamente previste dall'articolo 34 c.p.p.l'imparzialità del giudice è compromessa ex se, in generale e in astratto». A questo punto la decisione della Corte è risultata scontata. Premesso il contenuto del “sapere giudiziale” e la conseguente attività decisionale, la Corte ha qualificato «tale udienza quale sede pregiudicante della successiva fase decisoria, in quanto il giudice predibattimentale esercita un vaglio penetrante del merito dell'accusa». Tanto un giudizio prognostico di tipo negativo sulla sostenibilità dell'accusa, quanto un giudizio sull'utilità del giudizio nella prospettiva di una sentenza di condanna al di là di ogni ragionevole dubbio, costituiscono «valutazione che, dunque, crea un evidente rischio di condizionamento nel successivo giudizio dibattimentale». In conclusione, la previsione della mera diversità del giudice dibattimentale rispetto a quello predibattimentale non è sufficiente ad assicurare la garanzia del giusto processo. «La mancata previsione della incompatibilità del giudice dell'udienza predibattimentale alla trattazione del giudizio dibattimentale del giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale si pone, pertanto, in contrasto con l'articolo 111, secondo comma, Cost. e, di riflesso, anche con l'articolo 24, secondo comma, Cost.». Anche la questione sollevata in riferimento all'articolo 3 Cost. è fondata «l'articolo 34, comma 2, c.p.p. detta una disciplina ingiustificatamente differenziata nella misura in cui prevede l'incompatibilità a partecipare al giudizio soltanto per ‘il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare' e non anche per il giudice dell'udienza predibattimentale». Al fine di neutralizzare interpretazioni costituzionalmente orientate che potessero identificare il giudice diverso nel giudice non incompatibile e, al contempo, di assicurare la garanzia del giusto processo e la connessa tutela dei valori della terzietà e della imparzialità, la Corte ha ritenuto che l'introduzione di una nuova situazione di incompatibilità dovesse avvenire con una pronuncia di illegittimità di tipo additivo, riguardante l'articolo 34, comma 2, c.p.p. «nella parte in cui non prevede che non può partecipare al giudizio il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale nel caso previsto dall'articolo 554-ter, comma 3, c.p.p.». Dall'ampliamento dei casi di incompatibilità di cui all'articolo 34 c.p.p. ne è conseguita l'esigenza di assicurare l'attuazione del principio del giusto processo anche con riferimento al giudizio di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell'articolo 554-quater, comma 3, c.p.p. ne è conseguita la declaratoria di illegittimità dell'articolo 34 c.p.p. pure «nella parte in cui non prevede che non può partecipare al giudizio il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale anche nel caso previsto dall'articolo 554-quater, comma 3, c.p.p.».