La differenza da recesso, corrisposta a un socio uscente come liquidazione anticipata di utili latenti, è indeducibile ai fini fiscali per le società di capitali. Tale somma, qualificata come reddito da capitale, deve gravare sugli utili o sulle riserve disponibili, in linea con il Tuir e i principi contabili.
Lo ha chiarito la Cassazione, la quale ha evidenziato che il trattamento è diverso per le società di persone, dove assume natura di reddito di partecipazione. Nell'ordinanza numero 27460/2024 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha confermato il seguente principio di diritto «In tema di reddito di impresa, il componente negativo costituito dall'onere sopportato dalla società di capitali e relativo alla cosiddetta “differenza da recesso”, corrisposta al socio in occasione del recesso, deve qualificarsi come una remunerazione, un'anticipata liquidazione di redditi futuri o di utili latenti in bilancio, che pertanto rientra nella previsione di indeducibilità di cui all'articolo 109, comma 9, lett. a , Tuir, come desumibile dall'espresso richiamo che tale norma opera all'articolo 44 del Tuir, e confermato dall'articolo 47, comma 7, Tuir, ai sensi del quale le somme o valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate diverse risultando le valutazioni da operarsi con riferimento alle società di persone, in cui la differenza da recesso ha invece natura di reddito di partecipazione» cfr. Cass., sez. trib., 22 aprile 2024 ord. , numero 10815, in CED Cass., Rv. 671058 . In applicazione di tale principio di diritto sono disattese le contestazioni mosse da una società di capitali contro la ripresa a tassazione della differenza da recesso di un socio come onere pluriennale imputato a conto economico nel caso di specie, il socio recede dalla società di capitali e riceve una somma liquidata sommando al valore della quota di patrimonio oggetto di recesso una differenza avente la funzione di rapportare il patrimonio nominale al valore di mercato, differenza che la società ha ritenuto di poter qualificare come un costo, e che ha pertanto provveduto a dedurre nella dichiarazione dei redditi. La Suprema Corte ricorda che, ai sensi dell'articolo 2473, comma 3, c.c., la partecipazione del socio deve essere liquidata secondo il valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso e che tale importo risulta «di frequente superiore al valore della corrispondente quota del patrimonio netto contabile. Tale differenza - che può derivare dal valore dell'avviamento, da plusvalenze latenti sui beni dell'azienda sociale, dalla partecipazione agli utili inerenti alle operazioni in corso alla data del recesso - è comunemente denominata “differenza da recesso”. La somma corrisposta al socio uscente a seguito della liquidazione della sua quota si può quindi considerare costituita da due componenti a la prima, consistente nel rimborso della quota di capitale sociale versata dal socio e nelle eventuali riserve, sia di utili sia di capitale, a lui distribuite b la seconda, derivante dall'eventuale maggior valore economico della società al momento del recesso rispetto al valore contabile del patrimonio netto, ciò che rappresenta la cosiddetta “differenza da recesso”» Cass., sez. trib., 14 settembre 2021 ord. , numero 24671, in CED Cass., Rv. 662175 . Il quarto comma dell'articolo 2473 c.c. prevede che il rimborso delle partecipazioni per cui è stato esercitato il diritto di recesso possa avvenire anche mediante acquisto da parte degli altri soci e che, qualora ciò non avvenga, il rimborso sia effettuato utilizzando riserve disponibili o, in mancanza, corrispondentemente riducendo il capitale sociale in quest'ultimo caso si applica l'articolo 2482 c.c. e, qualora sulla base di esso non risulti possibile il rimborso della partecipazione del socio receduto, la società viene posta in liquidazione. Il Collegio osserva che, nel caso di specie, il rimborso delle quote corrisposte al socio receduto è avvenuto in parte utilizzando le riserva disponibili e in parte mediante ricostituzione del capitale sociale e ricorda che «la normativa civilistica non prevede che l'onere derivante dalla corresponsione della differenza da recesso possa essere fatta gravare sul conto economico della società, quando vi siano riserve disponibili». Secondo la Suprema Corte, tale condotta è coerente anche con il principio OIC numero 28, secondo cui «la riduzione del capitale per importo corrispondente alla quota posseduta dal socio uscente. In caso di rimborso superiore al valore nominale la differenza deve gravare sugli utili e sulle riserve disponibili, o in mancanza, deve essere convocata l'assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società». Oltre a ciò, si rileva che «la differenza da recesso, nell'ambito delle società di capitali, deve qualificarsi come una remunerazione, un reddito da capitale, che pertanto rientra nella previsione di indeducibilità di cui all'articolo 109, comma 9, lett a , del Tuir, come chiarito anche dall'espresso richiamo che tale norma opera all'articolo 44 del Tuir. Diversa è la situazione nella società di persone, in cui la differenza da recesso ha natura di reddito di partecipazione, ed è a questa differente circostanza che opera riferimento la risoluzione 25.2.2008, numero 64, dell'Agenzia delle Entrate».
Presidente Crucitti - Relatore Macagno Fatti di causa 1. In data 16/12/2004 Ga.Anumero e Ca.Ma., soci della Garico Box Srl, cedevano ciascuno al Trust Garico la quota del 16,55% della propria quota di partecipazione nella predetta società, per un valore dichiarato di complessivi Euro 500.000. Il successivo 20/12/2004 il Trust comunicava la propria volontà di recedere dalla società e, in data 21/12/2004 l'assemblea della società deliberava l'accettazione della proposta, determinando l'importo della liquidazione, che veniva posta in essere con l'assemblea straordinaria del 19/10/2005. In tale circostanza veniva liquidato al Trust l'importo di Euro 500.000,00, comprensivo della quota nominale di capitale sociale di Euro 3.432,00 e, contestualmente, si procedeva prima alla riduzione corrispondente del capitale sociale, poi alla sua ricostituzione ed aumento a Euro 110.000, utilizzando a tal fine le riserve straordinarie della società. 2. Per effetto dell'operazione, Garico Srl iscriveva integralmente al conto patrimoniale la differenza da recesso di Euro 496.568,00, pari alla differenza tra l'importo liquidato al Trust e il valore nominale del capitale sociale delle quote annullate di Euro 3.432,00, quale onere pluriennale ammortizzabile in due anni, imputando al conto economico la quota di Euro 248.284,00. 3. Ad esito di verifica fiscale effettuata dalla Agenzia delle entrate di Parma, conclusa con redazione di PVC in data 13/10/2009, l'Ufficio notificava in data 17/12/2009 alla Garico Box Srl l'avviso di accertamento numero Omissis-2009, relativo all'anno di imposta 2004, accertando a carico della società una maggiore Ires di Euro 81.933,00, una maggiore Irap di Euro 10.552,00 ed irrogando, contestualmente, le relative sanzioni amministrative. 4. L'Agenzia, invocando l'articolo 109 comma 9 del T.U.I.R., contestava alla società le richiamate operazioni, che avevano comportato l'iscrizione nello stato patrimoniale della differenza da recesso del socio, e recuperava a tassazione l'onere pluriennale imputato al conto economico. 5. La società impugnava l'avviso di accertamento, con ricorso che veniva rigettato dalla CTP di Parma. Nel corso del giudizio di appello, promosso dalla Garico Srl, il giudizio veniva interrotto a seguito della estinzione della società contribuente. Riassunto il giudizio ad opera dell'ex socio Ga.Anumero , l'appello veniva rigettato dalla CTR dell'Emilia-Romagna. 6. Avverso la sentenza della Commissione regionale, indicata in epigrafe, il contribuente ricorre con due motivi e resiste l'Amministrazione con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la Nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'articolo 109 comma 9 lett. a e 83 del D.P.R. 917/1986 . Afferma il ricorrente che, in considerazione della richiamata disposizione, l'onere sostenuto dalla società quale differenza da recesso risulterebbe deducibile. La censura deve ritenersi proposta ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3 cod. procomma civ., in quanto il ricorrente afferma che la ripresa a tassazione della differenza da recesso, da qualificarsi come un onere deducibile, non può, al contrario di quanto ritenuto dai giudici del merito, essere fondata sull'articolo 109 del Tuir, norma invocata dall'Amministrazione finanziaria a fondamento della propria pretesa. 2. A tale riguardo si rileva che, nel caso di specie, il Trust Garico è receduto dalla Garico Srl e che la società ha perciò corrisposto al socio quanto dovuto in conseguenza del recesso. La somma riconosciuta è stata calcolata sommando al valore della quota di patrimonio oggetto di recesso una differenza avente la funzione di rapportare il patrimonio nominale al valore di mercato, differenza che la società ha ritenuto di poter qualificare come un costo, e che ha pertanto provveduto a dedurre nella dichiarazione dei redditi. 3. La CTR, nella sentenza impugnata p. 4 , ha osservato, per quanto qui rileva, che il recesso produce, dunque, i suoi effetti direttamente nella sfera patrimoniale della società e nei rapporti fra i soci, costituendo, quanto a quest'ultimi, l'anticipata liquidazione del valore della quota patrimoniale della società di cui sono titolari, ma ciò non comporta che l'operazione possa comportare riflessi sul conto economico della società stessa , e ha inoltre affermato che è del tutto logico ritenere, con riguardo alle quote di capitale utilizzate per far fronte al recesso è del tutto legittimo ritenere che esse trovino riferimento in utili non distribuiti o utili futuri, latenti in bilancio, incorrendo, perciò, nel divieto di imputazione al conto economico sancito dall'articolo 109, comma 9, lett a del TUIR 4. La società ricorso, p. 8 a tale riguardo deduce che Del tutto avulsa da ogni riferimento normativo È quindi la sentenza qui impugnata laddove tenta di ricondurre il corrispettivo erogato dalla società a responsabilità limitata al socio per il recesso, nella disciplina dettata dal citato articolo 109, comma 9, lett. a del TUIR, relativamente alle remunerazioni di titoli delle società In conclusione l'articolo 83 del T.u.i.r., che stabilisce il principio di derivazione civilistica del reddito imponibile dall'utile di bilancio, conferma che un costo imputato a conto economico è deducibile ai fini fiscali se non previsto quale indeducibile dalle norme contenute negli articoli successivi posto che l'articolo 109 comma 9 lett. a non qualifica in alcun modo la c.d. differenza da recesso , la somma di Euro 248.284,00 è stata correttamente iscritta come costo e portata in deduzione dal reddito fiscale. 5. Replica l'Amministrazione affermando che La statuizione, in questo senso, risulta fondata su un giudizio di piena condivisione, nell'interpretazione dell'articolo 109 comma 9 del T.U.I.R. dell'operato dell'Ufficio. Infatti, l'attribuzione al socio receduto della differenza di recesso attiene ad un'anticipata liquidazione di utili futuri, latenti in bilancio e quindi soggiace ai limiti previsti dall'articolo 109, comma 9 citato. Si richiama la portata della norma citata anche alla luce dell'interpretazione autentica contenuta nella Relazione di accompagnamento al decreto introduttivo della stessa non essendo meritevole di condivisione l'affermazione della controparte, secondo cui nessuna norma fiscale prevede la ripresa a tassazione della differenza da recesso, dopo che la stessa è stata correttamente allocata a costo nel conto economico ai sensi dell'articolo 83 del T.U.I.R. Semmai, al contrario, quest'ultima disposizione normativa osta all'inquadramento come costo di poste che rappresentano utili latenti. 6. È opportuno ricordare che l'importo da liquidarsi al socio receduto da una Srl deve calcolarsi, ai sensi dell'articolo 2473, terzo comma, cod. civ., in ragione del valore di mercato della sua quota di partecipazione al patrimonio sociale nel momento del recesso, e l'ammontare risulterà di frequente superiore al valore della corrispondente quota del patrimonio netto contabile. Tale differenza - che può derivare dal valore dell'avviamento, da plusvalenze latenti sui beni dell'azienda sociale, dalla partecipazione agli utili inerenti alle operazioni in corso alla data del recesso - è comunemente denominata differenza da recesso . La somma corrisposta al socio uscente a seguito della liquidazione della sua quota si può quindi considerare costituita da due componenti a la prima, consistente nel rimborso della quota di capitale sociale versata dal socio e nelle eventuali riserve, sia di utili sia di capitale, a lui distribuite b la seconda, derivante dall'eventuale maggior valore economico della società al momento del recesso rispetto al valore contabile del patrimonio netto, ciò che rappresenta la cosiddetta differenza da recesso Cass. sez. V, 14.9.2021, numero 24671 . 6.1. Occorre quindi osservare che, ancora ai sensi dell'articolo 2473 cod. civ., quarto comma, Il rimborso delle partecipazioni per cui è stato esercitato il diritto di recesso può avvenire anche mediante acquisto da parte degli altri soci Qualora ciò non avvenga, il rimborso è effettuato utilizzando riserve disponibili o, in mancanza, corrispondentemente riducendo il capitale sociale in quest'ultimo caso si applica l'articolo 2482 e, qualora sulla base di esso non risulti possibile il rimborso della partecipazione del socio receduto, la società viene posta in liquidazione . Nella fattispecie, al rimborso delle quote corrisposte al socio receduto la Garico Srl ha provveduto solo in parte mediante le riserve disponibili, deliberando la ricostituzione del capitale sociale sino ad Euro 110.000,00 secondo quanto affermato dalla stessa ricorrente. La normativa civilistica non prevede che l'onere derivante dalla corresponsione della differenza da recesso possa essere fatta gravare sul conto economico della società, quando vi siano riserve disponibili. 6.2. Questa impostazione risulta coerente anche con il principio OIC numero 28, ove si legge 3. Recesso del socio c la riduzione del capitale per importo corrispondente alla quota posseduta dal socio uscente. In caso di rimborso superiore al valore nominale la differenza deve gravare sugli utili e sulle riserve disponibili, o in mancanza, deve essere convocata l'assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società . 6.3. Inoltre, la differenza da recesso, nell'ambito delle società di capitali, deve qualificarsi come una remunerazione, un reddito da capitale, che pertanto rientra nella previsione di indeducibilità di cui all'articolo 109, comma 9, lett a , del Tuir, come chiarito anche dall'espresso richiamo che tale norma opera all'articolo 44 del Tuir. Diversa è la situazione nella società di persone, in cui la differenza da recesso ha natura di reddito di partecipazione, ed è a questa differente circostanza che opera riferimento la risoluzione 25.2.2008, numero 64, dell'Agenzia delle Entrate, richiamata dalla ricorrente. 6.4. Deve pertanto richiamarsi il principio di diritto secondo cui In tema di reddito di impresa, il componente negativo costituito dall'onere sopportato dalla società di capitali e relativo alla cosiddetta differenza da recesso , corrisposta al socio in occasione del recesso, deve qualificarsi come una remunerazione, un'anticipata liquidazione di redditi futuri o di utili latenti in bilancio, che pertanto rientra nella previsione di indeducibilità di cui all'articolo 109, comma 9, lett. a , del Tuir, come desumibile dall'espresso richiamo che tale norma opera all'articolo 44 del Tuir, e confermato dall'articolo 47, comma 7, del Tuir, ai sensi del quale le somme o valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate diverse risultando le valutazioni da operarsi con riferimento alle società di persone, in cui la differenza da recesso ha invece natura di reddito di partecipazione Cass. Sez. T., 22.04.2024, numero 10815 . 6.5. La Commissione regionale si è attenuta ai richiamati principi, e dunque il motivo di ricorso è infondato. 7. Con il secondo strumento di impugnazione il ricorrente lamenta In subordine, nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli articolo 8 del D.Lgs. 546/1992 e articolo 10 legge 27/07/2000 numero 212, articolo 6 del D.Lgs. 18/12/1997 numero 472 , assumendo che la decisione della CTR sarebbe comunque incorsa nella violazione del contesto normativo richiamato, non avendo riconosciuto l'invocata esimente delle sanzioni per obiettiva incertezza della norma de qua. 7.1. La censura è infondata, non sussistendo i presupposti per l'invocata esimente. 7.2. Questa Corte ha, infatti, di recente ribadito cfr. Cass. Sez. T. 29.01.2024, numero 2604 che In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il potere delle commissioni tributarie di dichiarare l'inapplicabilità delle sanzioni in caso di obiettive condizioni di incertezza su portata e ambito di applicazione delle norme cui la violazione si riferisce - potere riconosciuto dall'articolo 39 bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, numero 636 applicabile ratione temporis , tenuto fermo dall'articolo 8 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, numero 546, e ribadito, con più generale portata, dall'articolo 6, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, numero 472 - sussiste quando la disciplina normativa da applicare si articoli in una pluralità di prescrizioni, con un coordinamento concettualmente difficoltoso per equivocità di contenuto, derivante da elementi positivi di confusione, il cui onere di allegazione grava sul contribuente Cass., 24 luglio 2013, numero 18031 e che Sia nel vigore dell'articolo 39 bis del D.P.R. numero 636 del 1972, sia in forza dell'articolo 8 del decreto legislativo numero 546 del 1992, l'incertezza interpretativa che giustifica il provvedimento con il quale il giudice tributario dichiari non applicabili le sanzioni non penali deve essere oggettiva e non soggettiva, atteso che la norma espressamente richiede si verifichino obiettive condizioni di incertezza Cass., 8 agosto 2005, numero 16707 . 8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.