La pronuncia in commento, intervenendo su una questione interpretativa controversa, esclude la qualifica di incaricato di pubblico servizio – e, quindi, il delitto “proprio” di peculato riqualificato nel reato “comune” di appropriazione indebita, frattanto prescrittosi – nei confronti di un impiegato postale appropriatosi di somme derivanti dalle spedizioni “in contrassegno”, nel rilievo che tale servizio non può qualificarsi come servizio pubblico perché non è più erogato da Poste Italiane in via esclusiva, ma è svolto liberamente sul mercato, da più corrieri in regime di concorrenza.
I fatti Un impiegato di Poste italiane s.p.a. con mansioni di responsabile del locale centro di distribuzione pacchi e corrispondenza veniva condannato, in primo e secondo grado, per il reato di peculato, perché, quale addetto alla regolarizzazione, mediante affrancatura, dei bollettini dei pacchi da restituire ai mittenti, si era appropriato, nel 2015, della somma di 570 euro corrispondente agli importi incassati a fronte di spedizioni con contrassegno, da rimborsare ai mittenti, ai quali, invece, non era stato restituito alcunché. Il ricorso per cassazione Avverso la sentenza della Corte d'appello, confermativa di quella di condanna del locale Tribunale, proponeva ricorso per cassazione la difesa dell'imputato articolando tre motivi, tra i quali, principalmente, la violazione di legge quanto all'affermato giudizio di responsabilità a titolo di reato “proprio” contro la pubblica amministrazione. L'imputato – secondo la difesa – non avrebbe potuto qualificarsi un pubblico ufficiale articolo 357 c.p. e neppure un incaricato di pubblico servizio articolo 358 c.p. perché avrebbe ricoperto funzioni meramente esecutive, con conseguente derubricazione della condotta contestata a titolo di peculato articolo 314 c.p. nel reato “comune” di appropriazione indebita articolo 646 c.p. , frattanto estintosi per prescrizione. Il dictum da peculato articolo 314 c.p. ad appropriazione indebita articolo 646 c.p. La sentenza in commento, accogliendo il ricorso dell'imputato, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, esclusa la configurabilità del reato di peculato e riqualificati i fatti contestati e ricondotti al delitto di appropriazione indebita, frattanto estintosi per prescrizione in considerazione del tempo trascorso dall'epoca del commesso reato. La Cassazione, in parte motiva, non si è limitata a recepire le doglianze del ricorrente che muoveva dalla natura meramente esecutiva delle funzioni svolte dall'impiegato postale – come tali escluse, in tesi difensiva, dalla nozione di “pubblico servizio”, stante il “limite inferiore” scolpito nell'articolo 358 c.p. vedi § 4 delle motivazioni – ma, in principalità § 3 del considerato in diirtto , ha escluso, in radice, che possa essere qualificato “pubblico servizio” agli effetti dello statuto penale contro la pubblica amministrazione quello concernente la consegna di lettere e pacchi “in contrassegno”, in cui – come noto – il destinatario paga al momento della ricezione al corriere una somma che poi deve essere ritrasferita al mittente. Tale attività – argomenta la Corte regolatrice a sostegno della divisata tesi “privatistica” – ormai, «non porta [più] l'effige della matrice pubblicistica di origine dirigistica, organizzativa », poiché «non si coglie nessuna forma di condizionamento pubblicistico non solo, soprattutto, nel regime regolatorio, ma anche di organizzazione e di operatività del modello gestorio» essa, infatti, «non rivela [più] l'esistenza di un soggetto erogatore che non risulta in concreto sul mercato nella medesima posizione degli altri ma al contrario, «si svolge liberamente sul mercato, da più soggetti, in regime di concorrenza». Dunque, la conclusione “tranciante” della Cassazione, enunciata in principalità, è che «non si tratta della erogazione di un servizio pubblico» perché, in effetti, il servizio postale di spedizione “in contrassegno” non è più svolto da Posta italiane in esclusiva ma «si tratta di un servizio svolto da diversi e numerosi corrieri in regime di concorrenza sul mercato». Esclusa la nozione residuale di incaricato di pubblico servizio In seconda battuta, la Corte aggiunge che, anche a volere “in astratto” che il servizio di consegna di posta “in contrassegno” costituisca un pubblico servizio, nella specie, come dedotto dalla difesa, l'imputato non rivestiva la qualifica di incaricato di pubblico § 4 del considerato in diritto . Ciò in quanto la norma definitoria di cui all'articolo 358 c.p., richiede un minimo di potere decisionale autonomo, corrispondente allo svolgimento di una funzione di concetto, cioè di una mansione lato sensu intellettiva, caratterizzata quanto al contenuto - argomenta la decisione in commento – «dallo svolgimento di compiti di rango intermedio tra le pubbliche funzioni e le mansioni di ordine o materiale» e tale da richiedere un bagaglio di nozioni tecniche e di esperienza e che comporti un livello di responsabilità superiore a quello richiesto per lo svolgimento di incombenti esclusivamente materiali o di ordine così già Cass. penumero , Sez. VI, 31 gennaio 2024, numero 22275 Puglisi, Rv. 286613-01, che richiama Cass. penumero , Sez. U, 27 marzo 1992, numero 7958, Delogu, Rv. 191197, a sua volta richiamata dall'odierna sentenza, come si desume dal “limite inferiore” che è individuato nelle semplici mansioni d'ordine o prestazioni d'opera meramente materiale ex multis Cass. penumero , Sez. 6, 7 marzo 2012, numero 30359, Ferrazzoli, Rv. 254337 . Nella giurisprudenza di legittimità questa qualifica è stata infatti riconosciuta nei riguardi di quei soggetti che, operando tanto nell'ambito di enti pubblici quanto di enti di diritto privato quale diretta conseguenza del criterio oggettivo-funzionale adottato dal legislatore del 1990 , siano risultati titolari di funzioni di rilevanza pubblicistica caratterizzate dall'esercizio del potere di adottare in autonomia provvedimenti conformativi dei comportamenti dei destinatari del servizio, con i quali l'agente instaura una relazione diretta così tra le molte Cass. penumero , Sez. VI, 14 dicembre 2021, dep. 2022, numero 3932, Signorile, Rv. 282755 Cass. penumero , Sez. III, 25 febbraio 2016, numero 26427, B., Rv. 267298 Cass. penumero , Sez. VI, 19 novembre 2013, dep. 2014, numero 6749, Gariti, Rv. 258995 di contro è stata invece negata in relazione alla posizione - come nel caso di specie – di quei soggetti che, privi di mansioni propriamente intellettive, siano chiamate a compiere, nel contesto di quelle strutture, generiche attività materiali in esecuzione di ordini di servizio ovvero di prescrizioni impartire dai superiori gerarchici. I precedenti contrari sui servizi “in contrassegno” La sentenza in esame si pone in difformità, quantomeno rispetto alla proposizione principale, rispetto a quegli arresti di legittimità, anche molto recenti cioè successivi al d.lgs. numero 261/1999 , secondo i quali riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio il dipendente di Poste Italiane s.p.a. addetto alla contabilizzazione degli importi riscossi dai portalettere a titolo di corrispettivo dei servizi di recapito pacchi in contrassegno, stante la natura pubblicistica del servizio postale universale v. già Cass. penumero , Sez. VI, numero 1653 del 23/11/1995, dep. 1996, numero 1653, Diana, Rv. 203734-01 e, da ultimo, Cass. penumero , Sez. VI, 28 maggio 2024, Pizzitola, numero 35366, non mass., che ha ritenuto corretta la qualificazione in termini di peculato dell'appropriazione degli importi riscossi dal portalettere a titolo di corrispettivo dei servizi di recapito pacchi in contrassegno . La tesi “privatistica” oggi affermata dalla Cassazione – per la prima volta con riguardo a servizi oggettivamente postali in senso stretto – nel valorizzare il principio della libera concorrenza e la caduta, anche rispetto ai servizi “in contrassegno”, del regime di monopolio o comunque di esclusiva in capo a Poste, sembra riprodurre argomenti che parte minoritaria della giurisprudenza di legittimità Cass. penumero , Sez. VI, 30 ottobre 2014, dep. 2015, numero 18457, Romano, Rv. 263359 Cass. penumero , Sez. VI, 21 ottobre 2024, dep. 2015, numero 10124, De Vito, Rv. 262746 Cass. penumero , Sez. VI, 31 maggio 2018, numero 42657, Paolacci, Rv. 274289 propone con riguardo al diverso settore della raccolta del risparmio postale, ossia dei buoni fruttiferi postali e libretti postali collocati da Poste in nome e per conto di Cassa Depositi e Prestiti tesi peraltro contrastata dall'indirizzo maggioritario favorevole invece ad affermare la natura pubblicistica e, quindi, la qualifica di incaricato di pubblico servizio in capo all'operatore di Bancoposta Cass. penumero , Sez. VI, 22 giugno 2023, Agnoletti, numero 44146 Cass. penumero , Sez. VI, 22 giugno 2022, Frisullo, numero 28630 Cass. penumero , Sez. VI, 7 marzo 2022, numero 22280, Faso, Rv. 286614 Cass. penumero , Sez. VI, 20 novembre 2018, dep. 2019, numero 993, Consiglio, Rv. 274938 Cass. penumero , Sez. VI, 13 gennaio 2017, numero 14227, Spataro, Rv. 269481-01 Cass. penumero , Sez. VI, 23 novembre 2016, dep. 2017, numero 10875, Carloni, Rv. 272079-01 Cass. penumero , Sez. VI, 13 febbraio 2015, numero 31660, Barone, Rv. 265290 Cass. penumero , Sez. VI, 21 giugno 2010, numero 33610, Serva, Rv. 248271 Sez. 6, 9 dicembre 2008, numero 3897, Cappiello, Rv. 242520-01 Cass. penumero , Sez. VI, 7 marzo 2007, numero 34884, Incarbone, Rv. 237693 Cass. penumero , Sez. VI, 15 giugno 2004, numero 36007, Perrone, Rv. 229758 Cass. penumero , Sez. VI, 7 febbraio 2002, numero 28101, Mancuso, Rv. 222012 Cass. penumero , Sez. VI, 8 marzo 2001, numero 20118, Di Bartolo, Rv. 219003 . Del contrasto giurisprudenziale sono state investite le Sezioni Unite penali vedi Cass. penumero , Sez. VI, ord. interl. 29 maggio 2024, numero 31605, Prete che decideranno all'udienza del 30 gennaio 2025.
Presidente Fidelbo - Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza con cui Ca.Vi. è stato condannato per il reato di peculato, perché, nella qualità di impiegato di Poste Italiane, con mansioni di responsabile del centro primario di distribuzione di B, si sarebbe appropriato della somma di 570 euro corrispondente agli importi incassati a fronte di spedizioni con contrassegno e da rimborsare ai mittenti, ai quali, tuttavia, non sarebbe stato restituito alcunché. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato articolando tre motivi. 2.1. Con il primo si deduce violazione di legge per essere la motivazione della Corte di appello meramente apparente, essendosi i Giudici limitati a richiamare la sentenza di primo grado. 2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge quanto al giudizio di responsabilità. Ca.Vi. sarebbe stato addetto alla regolarizzazione, mediante affrancatura, dei bollettini dei pacchi da restituire al mittente e, dunque, non sarebbe stato né un pubblico ufficiale e neppure un incaricato di pubblico servizio egli avrebbe ricoperto funzioni meramente esecutive. La condotta dovrebbe essere, dunque, ricondotta al reato di appropriazione indebita, estinto per prescrizione. 2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge. Il tema attiene al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. La questione attiene ad un duplice profilo. Il primo attiene a se il servizio postale in contrassegno sia un servizio pubblico. Il secondo è se, posto che al primo quesito debba darsi risposta positiva, il ricorrente avesse in concreto la qualifica di incaricato di pubblico servizio. 3. Quanto primo tema, non è in contestazione che il servizio postale in contrassegno - in cui il destinatario paga al momento della consegna del pacco al corriere una somma che poi deve essere trasferita al mittente - non sia un servizio svolto da Posta italiane in esclusiva si tratta di un servizio svolto da diversi e numerosi corrieri in regime di concorrenza sul mercato. Dunque, un'attività che non porta l'effige della matrice pubblicistica di origine dirigistica, organizzativa , che non rivela l'esistenza di un soggetto erogatore che non risulta in concreto sul mercato nella medesima posizione egli altri un'attività rispetto alla quale non si coglie nessuna forma di condizionamento pubblicistico non solo – soprattutto - nel regime regolatorio, ma anche di organizzazione e di operatività del modello gestorio. Un'attività che si svolge liberamente sul mercato, da più soggetti, in regime di concorrenza. Dunque, nella specie, non si tratta della erogazione di un servizio pubblico. 4. E tuttavia, pur volendo ragionare diversamente e ritenere in astratto che il servizio di consegna di posta in contrassegno costituisca un servizio pubblico, nondimeno nella specie non è configurabile la qualifica di incaricato di pubblico servizio nei riguardi dell'imputato. Con la riformulazione degli articolo 357 e 358 cod. penumero ad opera della legge 26 aprile 1990, numero 86, è stato definitivamente positivizzato il superamento della concezione soggettiva delle nozioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio, che privilegiava il rapporto di dipendenza dallo Stato o da altro ente pubblico, con l'adozione di una prospettiva funzionale-oggettiva, secondo il criterio della disciplina pubblicistica dell'attività svolta e del suo contenuto. Ciò che è necessario accertare, ai fini dell'assunzione della qualifica di pubblico ufficiale, è l'esercizio di una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Tale ultima funzione è stata specificamente definita al secondo comma dell'articolo 357 cod. penumero , introdotto dalla legge 7 febbraio 1992, numero 181, attraverso specifici indici di carattere oggettivo che consentono di delimitare la funzione pubblica, verso l'esterno, da quella privata e, verso l'interno, dalla nozione di pubblico servizio. Si definisce, infatti, pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico Sez. U, numero 10086 del 13/07/1998, Citaristi, definisce tali quelle attinenti all'organizzazione generale dello Stato e da atti autoritativi e caratterizzata, nell'oggetto, dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o, nelle modalità di esercizio, dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi Sez. U, numero 7958 del 27/03/1992, Delogu . Come emerge dall'impiego nel testo della norma della disgiuntiva o , in luogo della congiunzione e , i suddetti criteri normativi di identificazione della pubblica funzione non sono tra loro cumulativi, ma alternativi. E' stato, inoltre, precisato che nel concetto di poteri autoritativi rientrano non soltanto i poteri coercitivi, ma tutte quelle attività che sono esplicazione di un potere pubblico discrezionale nei confronti di un soggetto che viene a trovarsi così su un piano non paritetico - di diritto privato - rispetto all'autorità che tale potere esercita rientrano, invece, nel concetto di poteri certificativi tutte quelle attività di documentazione cui l'ordinamento assegna efficacia probatoria, quale che ne sia il grado Sez. U, Delogu . La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, attribuito rilevanza anche all'esercizio di fatto della pubblica funzione, purché questo non sia usurpato, ma accompagnato dall'acquiescenza, dalla tolleranza o dal consenso, anche tacito, dell'amministrazione Sez. 6, numero 19217 del 13/01/2017, Como, Rv. 270151 . Non occorre, dunque, un'investitura formale se vi è, comunque, la prova che al soggetto sono state affidate effettivamente delle pubbliche funzioni. In senso conforme, si veda anche Sez. 6, numero 34086 del 26/07/2013, Bessone, Rv. 257035 con riferimento all'assunzione della qualifica di incaricato di pubblico servizio del soggetto che, di fatto, svolge delle attività diverse da quelle inerenti alle mansioni istituzionalmente affidategli . L'attività dell'incaricato di pubblico servizio, secondo la definizione contenuta al successivo articolo 358 cod. penumero , è ugualmente disciplinata da norme di diritto pubblico, ma presenta due requisiti negativi in quanto manca dei poteri autoritativi e certificativi propri della pubblica funzione, con la quale è in rapporto di accessorietà e complementarietà, e non ricomprende le attività che si risolvono nello svolgimento di mansioni di ordine o in prestazioni d'opera meramente materiale. Si tratta, dunque, di un un'attività di carattere intellettivo, caratterizzata, quanto al contenuto, dallo svolgimento di compiti di rango intermedio tra le pubbliche funzioni e le mansioni di ordine o materiale. Quale diretta conseguenza del criterio oggettivo-funzionale adottato dal legislatore, la qualifica pubblicistica dell'attività prescinde dalla natura dell'ente in cui è inserito il soggetto e dalla natura pubblica dell'impiego. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, da tempo affermato che anche i soggetti inseriti nella struttura organizzativa di una società per azioni possono essere qualificati come pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l'attività della società sia disciplinata da norme di diritto pubblico e persegua delle finalità pubbliche sia pure con strumenti privatistici cfr., Sez. 6, numero 19484 del 23/01/2018, Bellinazzo, Rv. 273781 . Rileva l'attività dell'ente e, posto che questa abbia caratteri pubblicistici, quale sia in concreto l'attività compiuta dal soggetto. 5. In tale contesto, mentre la sussistenza della qualifica di incaricato di pubblico servizio è stata riconosciuta nei riguardi di quei soggetti che, operando tanto nell'ambito di enti pubblici quanto di enti di diritto privato, siano risultati titolari di funzioni di rilevanza pubblicistica caratterizzate dall'esercizio del potere di adottare in autonomia provvedimenti conformativi dei comportamenti dei destinatari del servizio, con i quali l'agente instaura una relazione diretta cosi, tra le molte, Sez. 6, numero 3932 del 14/12/2021, dep. 2022, Signorile, Rv. 282755 Sez. 3, numero 26427 del 25/02/2016, B., Rv. 267298 Sez. 6, numero 6749 del 19/11/2013, dep. 2014, Gariti, Rv. 258995 , quella qualifica è stata invece negata in relazione alla posizione, come nel caso di specie, di quei soggetti che, privi di mansioni propriamente intellettive, siano chiamate a compiere, nel contesto di quelle strutture, generiche attività materiali in esecuzione di ordini di servizio ovvero di prescrizioni impartire dai superiori gerarchici. 6. In tale contesto, secondo la Corte di appello, la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio sarebbe nella specie sussistente in quanto a l'imputato era incaricato di ricevere le somme incassate dai portalettere b detto passaggio di denaro era annotato su un registro c sul registro era apposta per ricezione la sottoscrizione dell'impiegato incaricato a ricevere la somma. 7. Si tratta di un ragionamento viziato e di una errata applicazione della legge penale. Nel caso di specie, l'attività di documentazione compiuta dal ricorrente - relativa alla annotazione delle somme ricevute - valorizzata dalla Corte di appello al fine di ritenere sussistente la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio, non attiene al servizio , non riguarda l'attività propriamente amministrativa, non ha ad oggetto un'attività intellettiva, ma riguarda la verifica interna della regolare esecuzione dell'ordine di servizio e delle prescrizioni impartire dai superiori gerarchici una documentazione del dipendente inerente al rapporto di lavoro e che non riguarda manifestazioni dichiarative o di volontà riferibili alla Pubblica amministrazione cfr., Sez. U, numero 15983 del 11/04/2006, Sepe, Rv. 233423 . Ne consegue, anche sotto tale profilo, che, esclusa la configurabilità del reato di peculato, i fatti devono essere riqualificati e ricondotti al delitto di appropriazione indebita, che, tuttavia, in ragione del tempo di commissione del reato 28.5.2015 deve essere considerato estinto per prescrizione. La sentenza deve dunque essere annullata senza rinvio. P.Q.M. Riqualificato il fatto nel delitto di appropriazione indebita articolo 646 cod. penumero , annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.