La Suprema Corte, con la sentenza in esame, enuncia un importante principio di diritto in tema di revocazione, ai fini della configurabilità dell’errore di fatto di cui all’articolo 395, numero 4, c.p.c.
Con unico motivo di ricorso, il ricorrente lamentava l'errore di fatto ex articolo 395, numero 4, c.p.c., in cui la Corte di Cassazione sarebbe incorsa con l'impugnata ordinanza. Esponeva infatti che, dopo aver notificato il ricorso per cassazione in data 11.05.2021 e in data 14.05.2021 alle controparti, provvedeva all'iscrizione a ruolo in via telematica del ricorso per cassazione in data 31.05.2021. In particolare, il ricorso veniva iscritto mediante l'invio al sistema di numero 2 buste generate automaticamente dal portale PCT, la prima di numero 10 allegati comprensivi del ricorso per cassazione trasmessa alle ore 18 42 e la seconda di numero 8 allegati comprensivi del ricorso per cassazione trasmessa alle ore 18 51, contenenti tra i vari allegati i file “Ricorso per cassazione notificato alla signora x” e “Ricorso per cassazione notificato alla avvocato x”, entrambi con le attestazioni di conformità del procuratore speciale, come risultante dalla schermata della consolle del PCT del suo difensore. La ricezione da parte del sistema delle due buste in parola, segnalava il ricorrente, «è evidenziata dalla certificazione delle PEC di ricevuta di accettazione e consegna nonché di accettazione c.d. “scarico” da parte della Cancelleria della Suprema Corte, sia dell'invio delle ore 18 42, che dell'invio delle ore 18 51, entrambe in formato cartaceo ed informatico». Pertanto, risulterebbe documentalmente provato che il ricorrente aveva provveduto a trasmettere alla Corte di cassazione, al momento della iscrizione a ruolo, la prova della notifica del ricorso alle controparti. Il ricorso è stato infatti iscritto a ruolo a fronte della trasmissione delle due buste suddette, sicché, concludeva, «non vi è ragione di dubitare che le conclusioni cui è giunta la Suprema Corte nell'ordinanza impugnata siano frutto di una mera “svista”». Il Collegio adito, ammette il ricorso, stante l'esatta prospettazione di errore revocatorio, ex articolo 395, numero 4, codice di procedura civile, enunciando il seguente principio di diritto «in tema di revocazione, ai fini della configurabilità dell'errore di fatto di cui all'articolo 395, numero 4, c.p.c., tra gli ‘atti o documenti della causa', dai quali l'errore stesso deve risultare, vanno compresi – in attuazione dei principi del giusto processo e di effettività della difesa - gli atti e i documenti attinenti alla causa e ritualmente depositati dalla parte interessata, pur se, per mero disguido informatico non imputabile alla parte stessa, essi non risultino visibili nel fascicolo telematico. Ne deriva che è affetta da errore revocatorio la pronuncia della Corte di cassazione con la quale si dichiari inammissibile un ricorso per cassazione per mancanza di prova della sua notifica, allorché risulti che la relativa documentazione era stata ritualmente depositata ma, a causa di un disguido di cancelleria, non imputabile alla parte, non resa visibile».
Presidente Frasca - Relatore Saija Fatti di causa Nel 2019 F.B. convenne dinanzi al Giudice di pace di OMISSIS M. A. F. e la OMISSIS , chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale avvenuto il OMISSIS . Con sentenza del 27 giugno 2019 numero 106, il Giudice di pace di OMISSIS rigettò la domanda la sentenza fu appellata dal F.B. e il Tribunale di Bergamo, con sentenza 11 novembre 2020 numero 1584, rigettò il gravame. La sentenza d'appello venne impugnata per cassazione da F.B. con ricorso fondato su due motivi, illustrato da memoria e iscritto al numero 14196/21 R.G. Le intimate non svolsero difese. Con ordinanza numero 13958/2023 del 22.5.2023, questa Corte di cassazione dichiarò il ricorso inammissibile, per non aver il ricorrente dimostrato di aver notificato il ricorso alle controparti, rimaste intimate. Avverso detta ordinanza, F.B. propone ricorso per revocazione ex articolo 391-bis c.p.c., fondato su un unico motivo. Le intimate non hanno svolto difese. Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1.1 - Con l'unico motivo il ricorrente lamenta l'errore di fatto ex articolo 395, numero 4, c.p.c., in cui la Corte di cassazione sarebbe incorsa con l'impugnata ordinanza. Espone infatti che, dopo aver notificato il ricorso per cassazione in data 11.05.2021 all'avv. Marina Dalmazzo quale difensore domiciliatario della OMISSIS ed in data 14.05.2021 a M. A. F., esso ricorrente provvide all'iscrizione a ruolo in via telematica del ricorso per cassazione in data 31.05.2021. In particolare, prosegue il F.B., il ricorso venne iscritto mediante l'invio al sistema di numero 2 buste generate automaticamente dal portale PCT, la prima di numero 10 allegati comprensivi del ricorso per cassazione trasmessa alle ore 18 42 e la seconda di numero 8 allegati comprensivi del ricorso per cassazione trasmessa alle ore 18 51, contenenti tra i vari allegati i file “Ricorso per cassazione notificato alla signora M. A. F.” e “Ricorso per cassazione notificato alla avv. Dalmazzo”, entrambi con le attestazioni di conformità del procuratore speciale, come risultante dalla schermata della consolle del PCT del suo difensore. La ricezione da parte del sistema delle due buste in parola – prosegue il ricorrente - è evidenziata dalla certificazione delle pec di ricevuta di accettazione e consegna nonché di accettazione c.d. “scarico” da parte della Cancelleria della Suprema Corte, sia dell'invio delle ore 18 42, che dell'invio delle ore 18 51, entrambe in formato cartaceo ed informatico. Pertanto, risulterebbe documentalmente provato che il ricorrente aveva provveduto a trasmettere alla Corte di cassazione, al momento della iscrizione a ruolo, la prova della notifica del ricorso alle controparti. Il ricorso è stato infatti iscritto a ruolo a fronte della trasmissione delle due buste suddette, sicché non vi è ragione di dubitare che le conclusioni cui è giunta la Suprema Corte nell'ordinanza impugnata siano frutto di una mera “svista”. 2.1 – Va anzitutto affermata l'ammissibilità del ricorso, stante l'esatta prospettazione di errore revocatorio, ex articolo 395, numero 4, c.p.c. 2.2 – Con specifico riferimento alle sentenze o ordinanze della Suprema Corte, di cui si chiede la revocazione ex articolo 391-bis c.p.c., sono ampiamente ricevute le affermazioni secondo cui l'errore rilevante ai sensi dell'articolo 395, numero 4, c.p.c. a consiste nell'erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, sempre che il fatto oggetto dell'asserito errore non abbia costituito terreno di discussione tra le parti b non può concernere l'attività interpretativa e valutativa c deve possedere i caratteri della evidenza assoluta e della immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche d deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione erronea e la decisione revocanda deve esistere un nesso causale tale da affermare con certezza che, ove l'errore fosse mancato, la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso e deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte, poiché l'errore che inficia il contenuto della decisione impugnata in cassazione deve essere fatto valere con le impugnazioni esperibili contro la decisione stessa v. Cass. numero 12283/2004 Cass. numero 3652/2006 Cass. numero 10637/2007 Cass. numero 5075/2008 Cass. numero 22171/2010 Cass. numero 27094/2011 Cass. numero 4456/2015 Cass. numero 24355/2018 Cass. numero 26643/2018 Cass. numero 4678/2022 Cass., Sez. Unumero , numero 20013/2024 . Nella selezione degli atti interni al giudizio di legittimità, quanto alla mancata considerazione di un documento da parte della S.C., benché inserito nel fascicolo, è anche consolidato l'orientamento secondo cui “L'affermazione contenuta nella sentenza circa l'inesistenza, nei fascicoli processuali d'ufficio o di parte , di un documento che, invece, risulti esservi incontestabilmente inserito, non si concreta in un errore di giudizio, bensì in una mera svista di carattere materiale, costituente errore di fatto e, quindi, motivo di revocazione a norma dell'articolo 395, numero 4, c.p.c., e non di ricorso per cassazione” Cass. numero 9628/1994 Cass. numero 3074/1998 Cass. numero 11196/2007 Cass. numero 19174/2016 Cass. numero 1562/2021 . Sotto diverso, ma connesso profilo, è stato infine affermato che “In caso di revocazione proposta avverso la sentenza con cui la Suprema Corte abbia dichiarato improcedibile un ricorso per carenza della copia notificata della sentenza impugnata, la prova della sua presenza nel fascicolo di parte può essere fornita dimostrando l'espressa menzione dell'atto nel ricorso originario notificato alla controparte, ovvero sulla base di altri elementi, a condizione che essi non rientrino nella disponibilità materiale della parte che avrebbe interesse a fornire tale dimostrazione e, dunque, diversi dall'indice a suo tempo vistato dalla cancelleria e poi ritirato dalla parte” Cass. 10517/2015 e ancora che “In caso di revocazione proposta avverso la sentenza con cui la Suprema Corte abbia dichiarato improcedibile un ricorso per mancata attestazione di conformità all'originale digitale della copia analogica del ricorso notificato per via telematica, ai fini della prova della sua presenza nel fascicolo di parte occorre verificare a se nella nota di deposito e iscrizione a ruolo del ricorso per cassazione fosse indicato, tra gli atti prodotti, il ricorso con la specificazione che si trattava di copia analogica dell'atto notificato telematicamente e che la produzione comprendeva anche relata, messaggi p.e.c. e attestazione di conformità b che, ove tale verifica abbia esito positivo, detta nota non risulti ritirata dalla parte e poi ridepositata c se, in difetto dell'una o dell'altra di tali condizioni, del successivo deposito sino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio risulti traccia alcuna in una qualche ulteriore nota di deposito o nel verbale di adunanza” Cass. numero 20345/2023 . 2.3 – Inoltre, questa Corte ha anche affrontato il caso inerente all'assenza di un atto nel fascicolo d'ufficio, perché – seppur tempestivamente e regolarmente depositato – inserito in altro fascicolo per un “disguido di cancelleria”. In proposito, superando il contrario precedente di Cass. numero 27508/2017, la successiva Cass. numero 29634/2019 ha così statuito “In tema di revocazione, ai fini della configurabilità dell'errore di fatto di cui all'articolo 395, numero 4, c.p.c. tra gli atti e documenti della causa dai quali l'errore stesso deve risultare, vanno compresi – in attuazione dei principi del giusto processo e di effettività della difesa – gli atti e i documenti attinenti alla causa e ritualmente depositati dalla parte interessata, pur se, per mero disguido della cancelleria non imputabile alla parte stessa, essi siano stati inseriti in diverso fascicolo d'ufficio. In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto affetta da errore revocatorio la pronuncia della Corte di cassazione la quale abbia dichiarato improcedibile un ricorso non presente in atti, allorché risulti che lo stesso fosse stato ritualmente depositato ma, a causa di un disguido di cancelleria, introdotto in un fascicolo d'ufficio non pertinente ” conf. Cass. numero 9786/2023 . Nell'affermare il suddetto principio, questa Corte – dopo aver evidenziato che, nella specie, nessun rimprovero poteva essere mosso all'operato del ricorrente, che aveva regolarmente depositato il ricorso per cassazione nel termine di legge – ha pure condivisibilmente sottolineato che la norma dettata dall'articolo 395, numero 4, c.p.c., laddove si attribuisce rilevanza, ai fini della revocazione, all'errore di fatto “risultante dagli atti o documenti della causa”, deve essere letta secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, alla luce dei fondamentali principi sanciti dagli articolo 24 e 111 Cost., nonché dall'articolo 6 CEDU, secondo cui “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile …”, inerenti, in definitiva, il “giusto processo” e l'effettività della tutela giurisdizionale. Si è infatti rilevato che la parte non può che fondatamente confidare nel fatto che la propria attività processuale, ove dispiegata nel rispetto dei canoni normativi, sia idonea a produrre gli effetti che devono derivarne id est, per stare a quanto qui interessa, la tempestiva produzione di un atto o documento nelle forme previste implica che legittimamente la parte che vi ha provveduto possa confidare che di tale produzione il giudice terrà conto, già a prescindere dall'esito della afferente valutazione . 2.4 – Ritiene la Corte che il superiore insegnamento – dettato in ambiente “analogico” o tradizionale – possa senz'altro replicarsi anche in relazione alle vicende del processo civile telematico di legittimità, là dove il ricorrente in revocazione alleghi e dimostri di aver regolarmente depositato nel fascicolo telematico un atto o un documento, rilevante ai fini della decisione, tuttavia non visibile o fruibile dal Collegio decidente al momento della statuizione dell'ordinanza o sentenza . Può quindi concludersi nel senso che, nell'espressione “atto o documento di causa”, per quel che qui interessa, va ricompreso non solo ciò che il giudice rinvenga materialmente nel fascicolo d'ufficio, ma anche ciò che avrebbe dovuto esservi rinvenuto per aver la parte diligentemente assolto il proprio onere di produzione , ma che invece, per fatto accidentale, non imputabile alla parte, non lo è stato. In tal guisa, l'errore di percezione del giudice non riguarda solo ciò che egli rinvenga, o non rinvenga, in senso fenomenico, nel fascicolo d'ufficio all'atto della decisione, ma si estende anche a quell'atto o documento attinente alla causa che, benché regolarmente prodotto dalla parte, non sia stato però dal giudice stesso apprezzato per causa ascrivibile all'ufficio giudiziario nel suo complesso, latamente inteso, e comunque per fatto non imputabile alla parte stessa. Del resto, è chiaramente inconcepibile addossare il disguido di cancelleria quand'anche sub specie di disguido informatico all'utente che, pur anelando giustizia, vede negarsela per un fatto assolutamente a lui non ascrivibile, né direttamente, né indirettamente. 3.1 – Ciò posto, la proposta revocazione è fondata e va accolta. Va anzitutto rilevato, in punto di fatto, che F.B. ha effettivamente depositato il ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo dell'11.11.2020, iscritto al numero 14196/2021 R.G., con gli allegati prima indicati tra cui le copie notificate del ricorso nei confronti di OMISSIS e M. A. F. , nella data del 31.5.2021, nel termine previsto dall'articolo 369, comma 1, c.p.c. Ciò si evince, inconfutabilmente, dalla attestazione della Cancelleria Centrale Civile di questa Corte, inviata via e-mail alla Cancelleria di questa Sezione in data 23.9.2024 su richiesta di chiarimenti avanzata con decreto del Presidente di questo Collegio giudicante in detta e-mail si attesta che “il deposito complementare del ricorso in oggetto effettuato in data 31/05/2021 , contenente i file ‘Ricorso per cassazione notificato alla avv. Dalmazzo' e ‘Ricorso per cassazione notificato alla signora M. A. F.', risultava bloccato nel sistema per un errore informatico. Il suddetto deposito complementare veniva sbloccato dai referenti del PCT in data 28/03/2023 a seguito di segnalazione del funzionario pubblicatore. Per mera svista di cancelleria, il deposito così sbloccato non veniva accetta[to]. L'accettazione è avvenuta in data odierna sotto il numero R.G. 14196/2021”. Quanto precede è del tutto coerente con l'allegazione di parte ricorrente, secondo cui, in relazione al deposito effettuato in due frangenti nella data del 31.5.2021, egli aveva ricevuto la c.d. “quarta pec” all. 3 e 4 del ricorso , benché poi la Cancelleria non avesse sbloccato il deposito stesso. È per questa ragione, dunque, che il Collegio giudicante, con l'impugnata ordinanza, ha preso atto dell'assenza tout court, nel fascicolo di parte ricorrente, della mancanza di prova della notifica del ricorso, e ha definito in rito il giudizio di legittimità. Risulta quindi in tutta evidenza che l'errore di percezione ut supra definito di quel Collegio circa l'assenza della prova della notifica, attività invece regolarmente espletata dal F.B. e tempestivamente dimostrata, è eziologicamente e univocamente collegato alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, statuizione che, senza quell'errore, non avrebbe potuto adottarsi. L'ordinanza impugnata è quindi revocata, potendo al riguardo formularsi il seguente principio di diritto “In tema di revocazione, ai fini della configurabilità dell'errore di fatto di cui all'articolo 395, numero 4, c.p.c., tra gli ‘atti o documenti della causa', dai quali l'errore stesso deve risultare, vanno compresi – in attuazione dei principi del giusto processo e di effettività della difesa - gli atti e i documenti attinenti alla causa e ritualmente depositati dalla parte interessata, pur se, per mero disguido informatico non imputabile alla parte stessa, essi non risultino visibili nel fascicolo telematico. Ne deriva che è affetta da errore revocatorio la pronuncia della Corte di cassazione con la quale si dichiari inammissibile un ricorso per cassazione per mancanza di prova della sua notifica, allorché risulti che la relativa documentazione era stata ritualmente depositata ma, a causa di un disguido di cancelleria, non imputabile alla parte, non resa visibile”. 4.1 – Passando al rescissorio, ex articolo 402 c.p.c., va dunque esaminato il ricorso originariamente proposto da F.B. avverso la decisione d'appello. Il Tribunale di Bergamo, con sentenza dell'11.11.2020, rigettò il gravame del F.B. avverso la prima decisione, con cui le domande attoree erano state respinte. Osservò il giudice d'appello che correttamente il primo giudice aveva ritenuto l'esclusiva responsabilità del F.B. nel sinistro occorso in data 21.8.2018, giacché – a prescindere dalla irregolarità del parcheggio della vettura della M. A. F. – lo stesso F.B. aveva tenuto una condotta imprudente allorché, col proprio mezzo, aveva superato la linea di mezzeria del Viale OMISSIS , in OMISSIS , onde superare l'ostacolo costituito da detta vettura, per poi sterzare subitaneamente verso la propria destra al fine di evitare un impatto frontale con altro veicolo che sopraggiungeva in senso opposto, così collidendo con la stessa vettura della M. A. F Ciò tanto più che tra quest'ultima e la linea di mezzeria vi era uno spazio di m. 2,15, sufficiente a consentire il passaggio della vettura del F.B., senza invadere la corsia opposta pertanto, stante l'esclusiva responsabilità ascrivibile al F.B., risultava anche superata la presunzione di pari responsabilità ex articolo 2054, comma 2, c.c. 4.2 – Con il primo motivo, il F.B. ha censurato detta sentenza per violazione e falsa applicazione dell'articolo 157 C.d.s., là dove al comma 4 è stabilito che “nelle strade urbane a senso unico di marcia la sosta è consentita anche lungo il margine sinistro della carreggiata, purché rimanga spazio sufficiente al transito almeno di una fila di veicoli e comunque non inferiore a 3 m di larghezza”. Il ricorrente si duole dell'affermazione del Tribunale per cui era possibile superare l'ostacolo costituito dalla vettura malamente parcheggiata dalla M. A. F. senza oltrepassare la linea di mezzeria, senza considerare che in realtà non vi era spazio sufficiente neppure per una vettura di dimensioni più ridotte rispetto alla propria, residuando uno spazio di appena 2,25 m., inferiore alla larghezza di legge. 4.3 – Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la erronea e falsa applicazione dell'articolo 2054 c.c., per aver il Tribunale ritenuto applicabile il primo comma di detta disposizione che prevede che il conducente del veicolo “è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno” , anziché la presunzione di pari responsabilità di cui al comma 2 della disposizione stessa, riferibile anche all'ipotesi di scontro tra veicoli di cui uno in sosta. 5.1 – Il primo motivo è inammissibile. Invero, anzitutto il ricorrente invoca una norma non pertinente articolo 157, comma 4, C.d.s. , rispetto alla fattispecie, che concerne un incidente pacificamente avvenuto in una strada a doppio senso di circolazione il F.B. ha dovuto “stringere” improvvisamente sulla sua destra per evitare l'impatto con un veicolo che proveniva in senso opposto, così collidendo con la vettura della M. A. F., parcheggiata in modo sporgente la disposizione invocata, infatti, non impone una indefettibile larghezza di 3 m. per qualsiasi via urbana aperta al traffico veicolare, ma riguarda specificamente le strade urbane a senso unico e la connessa possibilità di parcheggiare, alle condizioni indicate, sul lato sinistro della carreggiata . Da tanto discende che il motivo si palesa – già per questa sola ragione – fuori centro, non potendo dalla suddetta disposizione ricavarsi le conseguenze anelate dall'odierno ricorrente. Inoltre, il mezzo è inammissibile anche perché non si censura adeguatamente e specificamente l'affermazione del giudice d'appello per cui la manovra posta in essere dal F.B. s'è rivelata imprudente. Invero – a parte la effettiva opinabilità sul piano logico del ragionamento, operato dal Tribunale orobico, per cui uno spazio di 2,25 m. sarebbe sufficiente a consentire senz'altro il regolare transito di un veicolo avente una larghezza di 2,15 m. – il ricorrente si è soffermato principalmente sulla natura “necessitata” del superamento della linea di mezzeria, senza però chiarire il perché tale superamento non poteva rivelarsi di per sé imprudente, rispetto alle condizioni esistenti al momento dell'impatto. In tal guisa, il mezzo si rivela dunque aspecifico e pertanto inammissibile. 6.1 – Infine, il secondo motivo è del pari inammissibile. La presunzione di pari responsabilità ex articolo 2054, comma 2, c.c., non può infatti operare allorché risulti dimostrata la responsabilità esclusiva di uno dei due conducenti nella causazione dell'evento, il che è quanto accertato dal giudice del merito. Con la censura in esame, il ricorrente non si confronta adeguatamente con la motivazione adottata dal Tribunale sul punto, donde l'inammissibilità del mezzo. 7.1 – In definitiva, quanto al giudizio rescissorio, il ricorso è inammissibile, seppur per ragione diversa rispetto a quella ritenuta con l'ordinanza revocata. Nulla va disposto sulle spese di lite, le intimate non avendo svolto difese. In relazione alla data di proposizione del ricorso successiva al 30 gennaio 2013 , può darsi atto dell'applicabilità dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, numero 228 . P. Q. M. la Corte accoglie il ricorso per revocazione, revoca l'ordinanza impugnata e, decidendo sul ricorso per cassazione iscritto al numero 14196/2021 R.G., lo dichiara inammissibile.