Può essere efficace il licenziamento comunicato in violazione di una norma contrattuale?

Gli effetti previsti dalla l. numero 604/1966 non conseguono alla violazione di una norma contrattuale collettiva, atteso che le conseguenze stabilite dall'articolo 18 Stat. lav. sono esplicitamente connesse alla dichiarazione di inefficacia del licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della predetta legge o all'annullamento dello stesso perché intimato in difetto di giusta causa o giustificato motivo o, ancora, alla dichiarazione di nullità [ ].

[ ] Ne deriva che, quando si verta in casi di inefficacia previsti da una «norma» di natura contrattuale, il licenziamento è privo di effetto, sicché si ha la prosecuzione de iure del rapporto di lavoro e la permanenza, in capo al datore di lavoro, dell'obbligo retributivo fino all'effettiva reintegrazione del dipendente o al suo valido ed efficace licenziamento. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame. Di seguito, concentreremo la nostra narrazione sugli aspetti a nostro avviso maggiormente rilevanti tra quelli, pure fonte di notevoli spunti, affrontati dalla pronuncia. Per quanto qui rileva, la Corte di Appello di Milano – riformando la sentenza di primo grado – accoglieva l'appello di un giornalista licenziato ad nutum, poiché in possesso dei requisiti per il conseguimento della pensione di vecchiaia, da un primario editore nazionale in violazione dell'articolo 34 del CCNL di categoria a mente del quale «È compito del comitato di redazione [….] esprimere pareri preventivi e formulare proposte su [….] i licenziamenti con esclusione di quelli afferenti le qualifiche apicali [….] e di quelli determinati da giusta causa [….]» . Nell'avviso della Corte, infatti, era fondato il motivo di gravame relativo alla dedotta violazione della previsione contrattuale, non risultando condivisibile la tesi del Tribunale per cui essa sarebbe inapplicabile al licenziamento ad nutum, posto che il CCNL detta una procedura di informazione preventiva del Comitato di Redazione per consentire a tale organismo di rappresentanza sindacale un controllo preventivo al fine di scongiurare un uso distorto del potere di recesso, con effetti anche sulle posizioni dei singoli. Finalità questa riscontrabile anche nell'area della libera recedibilità, «anzi soprattutto in questa, proprio per non essere il datore di lavoro tenuto a comunicare i motivi del recesso». La conseguenza di tale violazione, nell'avviso dei medesimi Giudici di merito, era l'inefficacia di diritto comune del licenziamento. Infine, la Corte di Appello rigettava l'eccezione della società di portare in compensazione con le retribuzione maturate dal lavoratore le somme a quest'ultimo erogate a titolo di indennità sostitutiva del preavviso nonché l'aliunde perceptum ottenuto a seguito dell'avvio di una collaborazione con altra testata giornalistica. Contro tale pronuncia la società ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. È il CCNL a definire il perimetro dei beneficiari delle proprie tutele. Per quanto qui rileva, la ricorrente si doleva della violazione e falsa applicazione dell'articolo 34 del CCNL di categoria poiché, nel suo avviso, non applicabile nell'area di libera recedibilità. Motivo che non viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, lo rigetta. Ed infatti, nell'avviso della Corte, la norma contrattuale è posta «non soltanto a garanzia delle relazioni sindacali in azienda, ma anche a tutela del singolo giornalista, a prescindere dal regime legale di tutela che in ipotesi assista il suo rapporto di lavoro», come indirettamente si ricava dalla sua ampia portata che esclude dal proprio ambito applicativo «soltanto il licenziamento per giusta causa e quello delle figure apicali». La ragione di questa esclusione, secondo i Giudici, risiede nell'impossibilità di proseguire il rapporto di lavoro in presenza di una giusta causa e nella prevalente libertà datoriale di estinguere il rapporto di lavoro di figure apicali qualora la fiducia sia venuta meno, profili questi irrilevanti nel recesso ad nutum del dipendente in possesso dei requisiti pensionistici sicché «anche a quest'ultimo risulta applicabile la citata clausola di garanzia vista la sua ampia portata». L'aliunde perceptum non è eccezione in senso stretto. Con un ulteriore motivo, la ricorrente si doleva dell'errato giudizio operato dalla Corte di Appello circa l'omessa deduzione, dalle somme dovute al lavoratore, dell'indennità sostitutiva del preavviso e dei redditi da quest'ultimo conseguiti nello svolgimento di altra attività lavorativa. Motivo che viene condiviso dalla Cassazione la quale, cassando con rinvio la sentenza impugnata, ritiene che «l'indennità sostitutiva del preavviso così come il TFR non è più dovuta qualora il rapporto venga dichiarato ancora in corso in quanto non efficacemente estinto dal licenziamento inefficace. Quindi certamente è una voce da detrarre in sede di compensazione c.d. atecnica o impropria». Inoltre, prosegue la Suprema Corte, «il c.d. aliunde perceptum non costituisce oggetto di eccezione in senso stretto ragion per cui se vi è stata la rituale allegazione dei fatti rilevanti e gli stessi possano ritenersi incontroversi o dimostrati per effetto di mezzi di prova legittimamente disposti, il giudice può trarne d'ufficio […] tutte le conseguenze cui essi sono idonei ai fini della quantificazione del danno lamentato dal lavoratore illegittimamente licenziato». Nella specie, la società aveva allegato una circostanza specifica per di più non contestata dal lavoratore , ossia la collaborazione del resistente con un competitor, formulando poi istanze istruttorie volte a dimostrare la percezione di redditi da tale attività lavorativa. Allegazioni, quindi, adeguatamente specifiche e circostanziate che rendono «non conforme a diritto la decisione impugnata nella parte in cui ha affermato che «le allegazioni in fatto a sostegno di detta eccezione di aliunde perceptum sono del tutto lacunose e la richiesta di assumere informazioni presso l'Inps meramente esplorativa».

Presidente Doronzo - Relatore Panariello Rilevato che 1.- Ca.Iv. era stato assunto da RCS Mediagroup Spa, editrice di varie testate giornalistiche fra cui il Omissis , dapprima come praticante giornalista nel 1989 e poi inquadrato come redattore ordinario. Nel 1999 era stato destinato all'ufficio di Bruxelles e nel 2002 aveva assunto l'incarico di responsabile giornalistico unico di quell'ufficio. Tale incarico, di durata biennale, si era rinnovato di biennio in biennio da ultimo nel luglio 2019, con conseguente scadenza a giugno 2021. Deduceva di aver reiteratamente sollecitato chiarimenti ed informazioni nel corso delle assemblee annuali degli azionisti, essendo egli azionista di RCS, e di aver sempre partecipato attivamente alla vita sindacale del Omissis . Assumeva che nel dicembre 2018 aveva inviato una lettera aperta al CdR, alla redazione e alla direzione del giornale che aveva avuto grande eco sulla stampa nazionale e nel mondo dell'informazione , con cui aveva chiesto di valutare il comportamento del direttore Fo.Lu. in occasione della trattativa fra l'UE e l'Italia circa la manovra di bilancio 2019. Aggiungeva che ulteriori motivi di contrasto con il direttore e l'editore del quotidiano erano sorti per le proposte da lui avanzate nel settembre 2019 di pubblicare notizie e informazioni relative al commissario italiano UE l'ex premier Ge.Pa. , che invece il direttore Fo.Lu. aveva marginalizzato. Deduceva di essere stato collocato in ferie con missiva di ottobre 2019 e fino alla fine di gennaio 2020, di aver contestato questa collocazione forzata e di aver informato di tutto ciò anche il CdR, chiedendo una tutela sindacale. Aggiungeva di aver manifestato la propria contrarietà alla richiesta della società di ottenere finanziamenti pubblici e nel contempo di ridurre il costo del lavoro, ma con erogazione di rilevanti dividendi agli azionisti ed elargizione di bonus ai dirigenti. Infine allegava di aver ricevuto in data 09/04/2020 missiva con cui gli era stato comunicato il recesso datoriale in tronco dal rapporto di lavoro, con pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso. Quindi adìva il Tribunale di Milano per ottenere l'accertamento della natura ritorsiva del licenziamento e la declaratoria di sua inefficacia per difetto di motivazione, nonché l'accertamento del suo diritto a proseguire l'incarico presso l'ufficio di Bruxelles fino alla sua scadenza di giugno 2021. Chiedeva altresì la declaratoria di illegittimità del licenziamento per violazione della procedura prevista dall'articolo 34 CCNLG, che prevede il necessario parere del CdR nella specie mancato. In subordine in caso di rigetto della domanda di reintegrazione nel posto di lavoro, chiedeva il pagamento della retribuzione di aprile 2020 e le ulteriori spettanze di fine rapporto. 2.- Costituitosi il contraddittorio, all'esito della fase c.d. sommaria secondo il rito introdotto dalla legge numero 92/2012, il Tribunale, dichiarate inammissibili tutte le domande diverse dall'impugnativa di licenziamento in quanto non proponibili con quel rito, rigettava la predetta impugnazione. L'opposizione del Ca.Iv. veniva parimenti rigettata con sentenza dal Tribunale, secondo il quale - le circostanze addotte non erano idonee a dimostrare la volontà ritorsiva e, in ogni caso, questa non avrebbe invalidato il licenziamento, in quanto intimato nell'area di libera recedibilità ex articolo 4 L. numero 108/1990, trattandosi di licenziamento di lavoratore in possesso dei requisiti pensionistici, per il quale la norma fa espressamente salvo il licenziamento discriminatorio ma non anche quello ritorsivo - la causa di recesso è necessariamente lecita in quanto tipizzata raggiungimento dell'età pensionabile , sicché il motivo, quand'anche ritorsivo, resta necessariamente nella sfera interna e come tale irrilevante sul piano causale - essendo il recesso ad nutum, al datore di lavoro non può chiedersi neppure la motivazione, sicché non può essere neppure indagata la sussistenza di un motivo ritorsivo - l'articolo 22 CCNLG sulla stabilità dell'incarico all'estero presuppone la sussistenza del rapporto di lavoro e non contiene alcun divieto di licenziamento e quindi non introduce alcun regime di stabilità per il periodo di durata dell'incarico - la violazione dell'articolo 34 CCNLG sul necessario previo parere del CdR non determina l'illegittimità del licenziamento, posto che nel regime del recesso ad nutum le previsioni dell'articolo 18 L. numero 300/1970 non trovano applicazione. 3.- Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'Appello accoglieva parzialmente il gravame principale interposto dal Ca.Iv. e dichiarava assorbito quello incidentale condizionato proposto dalla società per l'effetto dichiarava inefficace il licenziamento, condannava la società a ricostituire la funzionalità del rapporto di lavoro e a corrispondere al lavoratore le retribuzioni maturate dal 04/05/2020 fino all'effettiva riammissione in servizio sulla base della retribuzione mensile lorda di Euro 17.100,85, detratto quanto percepito dal Ca.Iv. a titolo di t.f.r. e dell'ulteriore importo di Euro 5.956,55. Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava a contrariamente alla tesi del Tribunale, in astratto il motivo ritorsivo rileva anche nell'area della libera recedibilità, in quanto illecito, sicché determina la nullità del negozio ai sensi degli articolo 1418, co. 2, 1345 c.c. applicabile anche ai negozi unilaterali ex articolo 1324 c.c. b tali norme codicistiche hanno un ambito più ampio della disciplina limitativa dei licenziamenti, sicché si applicano anche ai licenziamenti ai quali quella disciplina limitativa non trova applicazione c è dunque irrilevante il fatto che l'articolo 4 L. numero 108/1990, nel prevedere la libera recedibilità nei confronti dei lavoratori in possesso dei requisiti pensionistici, faccia eccezione soltanto per il licenziamento discriminatorio e non anche per quello ritorsivo, atteso che le norme codicistiche sul motivo illecito trovano comunque applicazione d in concreto, tuttavia, effettivamente non è stata data prova del motivo illecito e il relativo onere gravava sul Ca.Iv. e quanto alla collocazione in ferie, trattasi di misura assunta dalla società sulla scorta degli accordi siglati con il CdR, che prevedevano la possibilità per l'impresa di definire piani di smaltimento obbligatorio delle ferie arretrate per i giornalisti con saldi superiori a 120 giorni doccomma 11 e 12 fascomma RCS f è incontestato che il Ca.Iv. avesse 463 giorni di ferie arretrate al 31/12/2018 e che in data 14/05/2019 la società avesse comunicato al giornalista la necessità di smaltire 154,8 giorni lordi di ferie pari a 129 giorni netti, ossia esclusi sabato e domenica, a partire da giugno 2019 docomma 13 fascomma RCS g quindi questa collocazione in ferie non è sintomatica di alcuna volontà punitiva nei confronti del lavoratore h in conclusione, i fatti allegati non integrano un quadro di indizi gravi, precisi e concordanti dai quali possa evincersi un disegno ritorsivo sotteso al licenziamento i quanto alla carenza di motivazione del licenziamento, l'articolo 2 L. numero 604/1966 sull'obbligo di motivazione non è applicabile al licenziamento per cui è causa, in forza dell'articolo 4, co. 2, L. numero 108/1990, che esclude nei confronti dei lavoratori in possesso dei requisiti pensionistici l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 18 L. numero 300/1970 nonché della legge numero 604/1966 in virtù del rinvio all'articolo 2 L. numero 108/1990, rinvio quest'ultimo di tipo formale e, quindi, idoneo a ricomprendervi anche le successive modifiche dell'articolo 2 L. numero 604/1966, come quella apportata dall'articolo 1, co. 37, L. numero 92/2012 j neppure è fondata la doglianza secondo cui la datrice di lavoro doveva comunque comunicare al Ca.Iv. il licenziamento per raggiungimento del requisito pensionistico, posto che questo non è la ragione del licenziamento, ma solo il presupposto della libera recedibilità del datore di lavoro k quanto all'articolo 22 CCNLG, la stabilità dell'incarico inerisce pur sempre al rapporto di lavoro presupposto come esistente e attiene alla garanzia di stabilità delle mansioni oggetto di quell'incarico, ma non introduce un regime di stabilità ad un rapporto di lavoro che ne è privo l fondato è invece il motivo di gravame relativo alla dedotta violazione dell'articolo 34 CCNLG, poiché non può essere condivisa la tesi del Tribunale, secondo cui tale clausola collettiva sarebbe inapplicabile al licenziamento ad nutum, poiché essa detta una procedura di informazione preventiva del CdR per consentire a tale organismo di rappresentanza sindacale un controllo preventivo al fine di scongiurare un uso distorto del potere di recesso ad esempio con licenziamenti discriminatori o ritorsivi , con effetti non solo sull'organizzazione dei servizi, ma anche sulle posizioni dei singoli m tale finalità è riscontrabile anche nell'area della libera recedibilità, anzi soprattutto in questa, proprio per non essere il datore di lavoro tenuto a comunicare i motivi del recesso n peraltro sul piano letterale l'articolo 34 CCNLG esclude soltanto i licenziamenti per giusta causa e quelli afferenti alle qualifiche apicali, sicché deve a contrario ritenersi applicabile a tutti gli altri licenziamenti, inclusi quelli ad nutum o è pacifico in fatto che la società non abbia rispettato l'articolo 34 cit. p circa le conseguenze di tale violazione, la Suprema Corte ha riconosciuto che la previa informazione al CdR costituisce un atto dovuto, a prescindere da ogni valutazione sul fatto che il successivo parere del CdR sia o meno obbligatorio, sicché della informativa costituisce condizione di efficacia del licenziamento e quindi la mancata osservanza della relativa procedura comporta l'inefficacia del licenziamento Cass. numero 13575/2015 , con le ulteriori conseguenze di diritto comune Cass. numero 10337/2008 q alla conseguente dichiarazione di inefficacia del licenziamento corrisponde la condanna della società a riammettere in servizio il Ca.Iv. e a pagargli le retribuzioni maturate dalla costituzione in mora del 04/05/2020, da calcolare sulla base dell'importo mensile di Euro 17.100,85 e non di quello maggiore di Euro 20.326,50, dedotto dal Ca.Iv. includendo nella base di calcolo la voce affitto riferita all'alloggio di cui fruiva in Bruxelles, che rappresenta un costo della società relativo alla contingente modalità di svolgimento della prestazione lavorativa presso la sede estera, sicché non costituisce una componente in natura della retribuzione né comunque una componente stabile, in quanto legata alle particolari condizioni di esecuzione della prestazione e quindi dovuta solo in presenza di tali condizioni r dalla prosecuzione del rapporto di lavoro discende l'obbligo del Ca.Iv. di restituire il t.f.r. ricevuto, come risultante dal cedolino di maggio 2020, sicché va effettuata la c.d. compensazione impropria fra il dare e l'avere fra il dare a carico del Ca.Iv. va altresì considerata la somma di Euro 5.956,55 vantato dalla società a titolo di rimborso dei premi di assicurazione, canone per l'utilizzo dell'autovettura aziendale e spese di telefonia, non contestata dal Ca.Iv. s va invece rigettata l'eccezione della società di aliunde perceptum, in quanto le allegazioni sono del tutto lacunose e la richiesta di informazioni all'INPS è meramente esplorativa t neppure è detraibile a titolo di aliunde perceptum l'indennità sostitutiva del preavviso, in quanto non è assimilabile ad un reddito percepito dal lavoratore successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro u il reclamo incidentale condizionato resta assorbito, anche perché la società non impugna alcun capo dispositivo della sentenza di primo grado ma meri passaggi argomentativi privi di portata decisoria. 4.- Avverso tale sentenza RCS Mediagroup Spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi. 5.- Ca.Iv. ha resistito con controricorso ed ha proposto a sua volta ricorso incidentale affidato ad un motivo e incidentale condizionato affidato a due motivi. 6.- RCS Mediagroup Spa ha resistito con controricorso al ricorso incidentale e a quello condizionato. 7.- Entrambe le parti hanno depositato memoria. 8.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge. Considerato che RICORSO PRINCIPALE 1.- Con il primo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 360, co. 1, nnumero 3 e 4 , c.p.c. la società ricorrente denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli articolo 112 c.p.c., 1, co. da 47 a 68, L. numero 92/2012, e 4 L. numero 108/1990, per avere la Corte territoriale omesso di considerare che le domande avanzate dal Ca.Iv. erano tutte fondate sulle tutele di cui all'articolo 18 L. numero 300/1970, che giammai potevano essere accolte sia perché si verte in tema di recesso ad nutum, sia perché in ogni caso la violazione dell'articolo 34 CCNLG, per ammissione della stessa Corte territoriale, non può determinare l'invalidità del licenziamento ex articolo 18 cit. Il motivo è infondato. La violazione dell'articolo 112 c.p.c. si verifica solo nel caso in cui il giudice pronunzi una decisione relativa a fatti non prospettati alterando la causa petendi oppure riconoscendo un bene della vita non richiesto alterando il petitum . Tale vizio non ricorre, invece, qualora la decisione emessa sia corrispondente al petitum oggetto anche implicito della domanda, restandone invariati i relativi fatti costitutivi. Ne consegue che nella specie il vizio non ricorre, atteso che la violazione della clausola procedurale prevista dal CCNLG determina comunque una situazione patologica del recesso datoriale, che la Corte territoriale ha qualificato in termini di inefficacia, da ritenersi comunque ricompresa, sul piano consequenziale, nell'ampio genus dell'illegittimità oggetto della domanda del Ca.Iv., da intendersi in senso lato come contrarietà a previsioni normative o contrattual-collettive. Altrettanto dicasi per le conseguenze tratte dai giudici del reclamo in termini di prosecuzione giuridica del rapporto di lavoro e, quindi, di inidoneità del licenziamento a produrre l'effetto estintivo del rapporto. Si tratta, infatti, di una conseguenza che deve ritenersi implicitamente domandata dal Ca.Iv., in quanto ricompresa nella più ampia domanda di reintegrazione ex articolo 18 L. numero 300/1970, quale tutela certamente più ampia, più efficace e più incisiva di quella civilistica di diritto comune in concreto accordata. 2.- Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 360, co. 1, nnumero 3 , 4 e 5 , c.p.c. la ricorrente denunzia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e/o falsa applicazione degli articolo 433 c.p.c., 1, co. da 47 a 68, L. numero 92/2012, 2099 c.comma e 324 c.p.c., nonché l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, per avere la Corte territoriale ritenuto proposto un motivo di gravame sull'applicabilità dell'articolo 34 CCNLG invece non proposto, rigettando l'eccezione di essa società, secondo cui il Ca.Iv. si era limitato a dolersi di un'omessa pronunzia, senza formulare idonea censura alla decisione di primo grado. Il motivo è infondato. A pagina 12 della sentenza impugnata la Corte d'Appello ha affermato Il Collegio condivide il rilievo del reclamante principale, secondo cui, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, il fatto che al rapporto di lavoro di cui è causa non si applichino le previsioni dell'articolo 18 legge 20 maggio 1970 numero 300 non significa che la violazione dell'articolo 34 CCNLG non possa determinare l'illegittimità del recesso . Questa statuizione non è stata adeguatamente censurata dalla ricorrente. Nell'interpretazione del motivo di gravame la Corte territoriale ha ritenuto che il Ca.Iv. si fosse lamentato dell'affermazione a monte del Tribunale, secondo cui nessuna rilevanza potesse avere la prospettata violazione dell'articolo 34 CCNLG sia perché essa non avrebbe trovato in radice applicazione nell'area della libera recedibilità, sia perché in ogni caso la sua violazione non avrebbe avuto alcuna incidenza invalidante sul licenziamento. Sicché effettivamente il Tribunale non aveva accertato in fatto se la violazione dell'articolo 34 CCNLG vi fosse stata oppure no. Nel suo convincimento il giudice di primo grado riteneva, infatti, questa violazione ed il relativo accertamento del tutto irrilevanti. E proprio questo punto della decisione di primo grado era stato investito dal gravame principale del Ca.Iv. Logica conseguenza dell'accoglimento di questo motivo di impugnazione era dunque l'esame della domanda fondata sulla predetta violazione, esame che pertanto è stato svolto dalla Corte territoriale in modo conforme a diritto e nel rispetto del tantum devolutum quantum appellatum. 3.- Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 360, co. 1, numero 3 , c.p.c. la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 34 CCNLG 24/06/2014, nonché degli articolo 1362,1363,1365,1367 e 1369 c.c., per avere la Corte d'Appello ritenuto applicabile quella clausola del contratto collettivo anche al licenziamento intimato in regime di recesso ad nutum, laddove esattamente interpretata la clausola collettiva si riferisce soltanto ai licenziamenti causali, se non altro per il principio di coerenza interna dell'ordinamento. Il motivo è infondato. Questa Corte ha già affermato in via generale che il licenziamento del giornalista per giustificato motivo oggettivo dovuto a ragioni aziendali è inefficace ove, in violazione dell'articolo 34, lett. d del c.c.numero l. dei giornalisti del 11 aprile 2001, non sia stato preventivamente richiesto il parere del comitato di redazione, mediante trasmissione di specifica informativa circa i provvedimenti che si intendono adottare, trattandosi di adempimento previsto come obbligatorio e posto a garanzia dei diritti dei lavoratori oltre che dei sindacati Cass. numero 13575/2015 . Sul piano delle conseguenze della predetta violazione, gli effetti previsti dalla legge numero 604/1966 non conseguono alla pretesa violazione di una norma contrattuale collettiva nella specie l'articolo 34 C.C.N.L. per i giornalisti , atteso che le conseguenze stabilite dai commi primo, quarto e quinto dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, numero 300, così come sostituito dall'articolo 1 della legge 11 maggio 1990, numero 108, sono esplicitamente connesse alla dichiarazione di inefficacia del licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della legge numero 604 cit. o all'annullamento dello stesso perché intimato in difetto di giusta causa o giustificato motivo o, ancora, alla dichiarazione di nullità. Ne deriva che, allorquando si verta in casi di inefficacia previsti da una norma di natura contrattuale, il negozio di licenziamento è privo di effetto, sicché si ha la prosecuzione de iure del rapporto di lavoro e la permanenza, in capo al datore di lavoro, dell'obbligo retributivo fino all'effettiva reintegrazione del dipendente o al suo valido ed efficace licenziamento Cass. numero 10337/2008 . Ciò precisato, va considerato che l'articolo 34 CCNLG è posto non soltanto a garanzia delle relazioni sindacali in azienda, ma anche a tutela del singolo giornalista, a prescindere dal regime legale di tutela che in ipotesi assista il suo rapporto di lavoro. Ciò si ricava chiaramente dall'ampia portata della citata clausola contrattual-collettiva, che esclude dal suo ambito applicativo - come già evidenziato dalla Corte territoriale - soltanto il licenziamento per giusta causa e quello delle figure apicali. Trattasi di esclusioni nelle quali rileva in modo particolare il profilo fiduciario, irrimediabilmente compromesso dalla giusta causa e rimesso all'insindacabile valutazione del datore di lavoro per le figure apicali. La ragione di queste esclusioni risiede dunque nell'impossibilità di proseguire il rapporto di lavoro in presenza di una giusta causa articolo 2119 c.c. e nella prevalente libertà datoriale di estinguere il rapporto di lavoro di figure apicali qualora la fiducia sia ritenuta venuta meno, con conseguente esonero del datore di lavoro da qualunque previa informazione al CdR, in quanto privo di competenza ad interloquire in merito, vista la peculiare conformazione di quelle due fattispecie di caducazione del profilo fiduciario. Nessun rilievo della fiducia sussiste, invece, nel recesso ad nutum del dipendente in possesso dei requisiti pensionistici, sicché anche a quest'ultimo risulta applicabile la citata clausola di garanzia vista la sua ampia portata desumibile anche dal carattere ristretto e tassativo delle esclusioni ivi espressamente previste. 4.- Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell'articolo 360, co. 1, nnumero 3 , 4 e 5 , c.p.c. la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli articolo 115 c.p.c., 34 CCNLG, 1362, 1363, 1365 e 1369 c.c., nonché l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, per avere la Corte territoriale ritenuto pacifico il fatto della mancata informazione al CdR. Il motivo è infondato. Dalla stessa prospettazione del motivo si evince che l'informazione sarebbe stata data al più verbalmente e contestualmente al recesso comunicato al Ca.Iv. Dunque la ricorrente ammette che è mancata l'informazione preventiva , invece prevista ed imposta dal CCNLG proprio per consentire un controllo sindacale preventivo sull'atto datoriale, che deve necessariamente essere prospettato come futuro e, quindi, preannunciato, ossia comunicato in anticipo rispetto alla sua adozione. 5.- Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell'articolo 360, co. 1, nnumero 3 e 4 , c.p.c. la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli articolo 111, co. 6°, Cost., 133 rectius 132 , co. 2, numero 4 , c.p.c., 34 CCNLG, 1362, 1363, 1365 e 1369 c.comma per avere la Corte d'Appello ritenuto apoditticamente inefficace il licenziamento intimato in violazione della procedura prevista dall'articolo 34 CCNLG. Il motivo è infondato. La Corte territoriale ha espressamente richiamato ampi passi di pronunzie di questa Corte sulla sorte del licenziamento intimato in violazione della predetta clausola contrattual-collettiva, sopra pure richiamate. Tanto basta a ritenere sussistente la motivazione e soddisfatto il requisito del suo minimo costituzionale . Va ricordato che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione del preciso obbligo di legge costituzionalmente imposto articolo 116 Cost. e cioè dell'articolo 132, co. 2, numero 4, c.p.c. omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l'iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata. Quest'obbligo del giudice di specificare le ragioni del suo convincimento , quale elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte Cass. sez. unumero numero 1093/1947 . Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico ipotesi di scuola o quelle che presentano un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e che presentano una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile Cass. sez. unumero numero 8053/2014 , ma pure quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l'iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato Cass. numero 4448/2014 , venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo , logico e consequenziale, a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi Cass. sez. unumero numero 22232/2016  Cass. ord. numero 14297/2017 . La riformulazione dell'articolo 360, co. 1, numero 5, c.p.c., disposta dall'articolo 54 del D.L. numero 83/2012, conv. in legge numero 134/2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione Cass. sez. unumero numero 8053/2014  Cass. numero 13977/2019 . Nel caso di specie nessuna di tali anomalie sussiste nella sentenza impugnata. 6.- Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell'articolo 360, co. 1, nnumero 3 e 4 , c.p.c. il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli articolo 34 CCNLG, 1362 e 1363 c.c., nonché dell'articolo 81 c.p.comma per avere la Corte d'Appello ritenuto legittimato il singolo lavoratore a far valere la violazione della procedura prevista dall'articolo 34 cit. Il motivo è infondato. Alla luce della giurisprudenza di questa Corte, sopra richiamata, proprio le conseguenze ricollegabili alla violazione dell'articolo 34 CCNLG in termini di inefficacia del licenziamento radicano lo specifico interesse del lavoratore a farla valere e, quindi, consentono di ritenere sussistente la sua legittimazione ad agire. 7.- Con il settimo motivo, proposto ai sensi dell'articolo 360, co. 1, nnumero 3 , 4 e 5 , c.p.c. la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1332,1337, co. 2, 1175,1176,2056 e 2697 c.c., 112, 115 e 210 c.p.c., nonché l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti per avere la Corte territoriale rigettato l'eccezione di aliunde perceptum, rigettato l'istanza di informazioni all'INPS e omesso di pronunziarsi sull'istanza di esibizione delle dichiarazioni dei redditi e dei trattamenti pensionistici del Ca.Iv. dal licenziamento in poi, nonché per aver rigettato l'eccezione di detrazione dell'indennità sostitutiva del preavviso, idonea invece a neutralizzare il danno almeno fino a dicembre 2020. Il motivo è fondato. L'indennità sostitutiva del preavviso così come il t.f.r. non è più dovuta qualora il rapporto venga dichiarato ancora in corso in quanto non efficacemente estinto dal licenziamento inefficace. Quindi certamente è una voce da detrarre in sede di compensazione c.d. atecnica o impropria. Sul punto la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio trattasi di un emolumento e quindi di un lucro percepito dal lavoratore a causa di quello stesso fatto illegittimo il licenziamento dichiarato inefficace per violazione dell'articolo 34 CCNLG che ha prodotto il danno. Quindi opera il principio della compensatio lucri cum damno. Anche le altre censure sono fondate. In via di principio questa Corte ha affermato che in tema di licenziamento illegittimo, il c.d. aliunde perceptum non costituisce oggetto di eccezione in senso stretto. Pertanto, se vi è stata la rituale allegazione dei fatti rilevanti e gli stessi possano ritenersi incontroversi o dimostrati per effetto di mezzi di prova legittimamente disposti, il giudice può trarne d'ufficio anche nel silenzio della parte interessata e se l'acquisizione possa ricondursi ad un comportamento della controparte tutte le conseguenze cui essi sono idonei ai fini della quantificazione del danno lamentato dal lavoratore illegittimamente licenziato Cass. ord. numero 19163/2022 . In tal senso, il datore di lavoro che invochi l'aliunde perceptum da detrarre dal risarcimento dovuto al lavoratore illegittimamente licenziato deve allegare circostanze di fatto specifiche e, ai fini dell'assolvimento del relativo onere della prova su di lui incombente, è tenuto a fornire indicazioni puntuali, rivelandosi inammissibili richieste probatorie generiche o con finalità meramente esplorative Cass. numero 2499/2017 . Nel caso di specie la società ricorrente aveva allegato una specifica circostanza, ossia la collaborazione del Ca.Iv. con Il Fatto Quotidiano ed ha dedotto questo fatto come non contestato v. ricorso per cassazione, pp. 56-57 . Ha formulato poi istanze istruttorie volte a dimostrare la percezione di redditi - anche assoggettati a contribuzione presso l'INPS - proprio in virtù di tale attività lavorativa. Ne consegue che non è conforme a diritto la decisione impugnata, in cui la Corte territoriale ha affermato che le allegazioni in fatto a sostegno di detta eccezione di aliunde perceputm sono del tutto lacunose e la richiesta di assumere informazioni presso l'Inps meramente esplorativa v. sentenza impugnata, p. 15, 2° cpv. . Anche sul punto la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio. RICORSO INCIDENTALE 1.- Con il primo motivo, senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a critica vincolata imposti dall'articolo 360, co. 1, c.p.c. il ricorrente incidentale lamenta la violazione degli articolo 2099,2120 e 2121 c.c. per avere la Corte territoriale utilizzato il parametro della retribuzione mensile di Euro 17.100,85, escludendo il valore dell'alloggio condotto in locazione a Bruxelles, invece da considerare quale forma di retribuzione in natura. Il motivo è infondato. A seguito dell'accertamento di fatto, adeguatamente motivato e comunque non censurato dal Ca.Iv., la Corte d'Appello ha ritenuto che quell'importo rappresentasse una spesa sostenuta direttamente dalla società datrice di lavoro. Sulla base di questo accertamento di fatto, la deduzione in diritto secondo cui si trattava di una spesa e, come tale, non computabile nella retribuzione parametro, è conforme a diritto. 2.- Con il secondo motivo, proposto in via condizionata senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a critica vincolata imposti dall'articolo 360, co. 1, c.p.c. il Ca.Iv. lamenta la violazione dell'articolo 2, co. 2, L. numero 604/1966 come modificato dall'articolo 1, co. 37, L. numero 92/2012 per avere la Corte territoriale ritenuto inapplicabile tale norma al licenziamento intimato nell'area della libera recedibilità per il possesso dei requisiti pensionistici. Assume che questa conclusione penalizza due volte il lavoratore, che non è messo neppure nella condizione di sapere il motivo per il quale è stato licenziato. Il motivo è assorbito dal mancato verificarsi della condizione accoglimento dei primi motivi del ricorso principale al quale è subordinato. 3.- Con il terzo motivo, proposto in via condizionata senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a critica vincolata imposti dall'articolo 360, co. 1, c.p.c., il ricorrente incidentale lamenta violazione e/o falsa applicazione degli articolo 22 CCNLG 24/06/2014, 1352 ss. c.comma per avere la Corte territoriale escluso che la stabilità dell'incarico all'estero come garantita dall'articolo 22 cit. costituisca un limite al recesso ad nutum. Anche questo motivo resta assorbito per il mancato verificarsi della condizione accoglimento dei primi motivi del ricorso principale al quale è subordinato. P.Q.M. La Corte rigetta i primi sei motivi del ricorso principale, accoglie il settimo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, per la decisione relativa al motivo accolto, nonché per la regolazione delle spese anche del giudizio di legittimità rigetta il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbiti il secondo ed il terzo.