Collaborazione con la giustizia impossibile: quale disciplina applicare per i reati commessi prima della modifica normativa?

Le censure poste dal ricorrente impongono alla Suprema Corte di affrontare la questione relativa al criterio decisorio da applicare nel caso in cui sia stata dichiarata “impossibile” o “inesigibile” la collaborazione con la giustizia, con riferimento a un reato commesso prima dell’entrata in vigore della riforma di cui al d.l. numero 162/2022.

Il ricorrente, condannato per estorsione aggravata ex articolo 416 bis.1, commetteva il reato su sollecitazione del padre, soggetto di spicco di un clan mafioso, attualmente detenuto a Siracusa. La pena residua in esecuzione permetteva la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, previo riconoscimento della collaborazione impossibile e/o inesigibile, riconosciuta dal Tribunale di sorveglianza, il quale rigettava la richiesta rilevando collegamenti con la criminalità organizzata in quanto in contatto con il padre «il contesto ambientale non è mutato e quindi sarebbe opportuno procedere con gradualità, ad esempio con la fruizione di permessi premio, prima di procedere con la misura». Avverso il provvedimento, per mancata prova che siano venuti meno i contatti con la criminalità organizzata, presentava ricorso l'interessato. La Suprema Corte ritiene il ricorso fondato e coglie l'occasione per ripercorrere il quadro normativo di riferimento circa il criterio decisorio da applicare nel caso in cui la collaborazione con la giustizia sia stata dichiarata “impossibile” o “inesigibile”. L'articolo 4 bis, co. 1 ord. penumero , nella formulazione antecedente la sentenza numero 253 del 2019 della Corte Costituzionale, d'interesse nel caso in esame, prevedeva che i benefici penitenziari potessero essere concessi, per i delitti tassativamente, in esso, elencati, nel solo caso in cui questi avessero collaborato con la giustizia a norma dell'articolo 58 ter, ord. penumero . Tale presunzione assoluta di pericolosità, nell'ottica del legislatore, poteva quindi essere superata solo nel caso di rescissione radicale di collegamenti con la criminalità, attuabile con la collaborazione. Il co. 1 bis, dell'articolo 4 bis, ord. penumero , permetteva di estendere la concessione dei benefici ai casi di collaborazione c.d. impossibile o inesigibile, subordinandola all'acquisizione di «elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva», poiché da sola inidonea a garantire il distacco del detenuto dal contesto criminale di provenienza. La Corte Costituzionale, con sentenza 253 del 2019, dichiarava l'illegittimità costituzionale della previsione contenuta nel co. 1 dell'articolo 4 bis ord. penumero , così da permettere di ottenere la concessione dei permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia, purché acquisiti elementi tali da escludere l'attualità dei collegamenti e il pericolo di ripristino. La decisione quindi, ricorda la Corte, non ha riguardato le disposizioni contenute nell'articolo 4, comma 1 bis, ord.penumero che, sino alle modifiche apportate con il d.l. 162 del 2022, sono rimaste invariate. La differenza ontologica tra le due situazioni si rifletteva necessariamente sul diverso standard probatorio da soddisfare nei due casi per vincere la presunzione di pericolosità poiché «quando la collaborazione non può essere prestata l'atteggiamento del detenuto assume un significato del tutto neutro e quindi, ai fini del superamento del regime ostativo, il tema di prova restava unico ed era circoscritto all'esclusione di attualità di collegamenti». L'avvento dell'articolo 1 del d.l. 162 del 2022, ha modificato i commi 1 e 1 bis dell'articolo 4 bis ord. penumero , facendo venir veno la distinzione “normativa” tra la mancata collaborazione volontaria e la c.d. impossibile o inesigibile. La norma infatti, impone al giudice di fare riferimento a una griglia di criteri che complessivamente si compone in un unico, e particolarmente gravoso, standard probatorio nel quale, comunque, «si deve tener conto delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione». Inoltre, l'articolo 3 del d.l. 162 del 2022 prevede la disciplina applicabile ai detenuti e internati la cui collaborazione sia impossibile o inesigibile e che hanno commesso i reati ostativi prima dell'entrata in vigore della modifica normativa il giudice di sorveglianza deve verificare esclusivamente l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e non anche che non sussista il pericolo che tali collegamenti siano ripristinati. Il Supremo Consesso, alla luce di tali premesse, giunge ad affermare che nel caso di specie deve essere applicata la disciplina transitoria prevista dall'articolo 3, d.l. 162 del 2022 e non il rigoroso standard probatorio contenuto nell'articolo 4 bis, co. 1 bis, ord. penumero , vigente. Secondo il Collegio infatti, il Tribunale di Sorveglianza, dichiarata l'inesigibilità della condotta collaborativa, avrebbe dovuto circoscrivere il giudizio alla verifica e acquisizione di «elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e rendere un'adeguata e specifica motivazione in riferimento a tale parametro», «risultando – sottolineano del tutto inconferente o, comunque, priva di rilievo, ogni ulteriore e diversa considerazione circa il pericolo di ripristinare i medesimi collegamenti».

Presidente Santalucia Relatore Monaco Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Sorveglianza di Palermo, con ordinanza in data 15 febbraio 2024, depositata il 1° marzo 2024, ha dichiarato accertata la collaborazione impossibile con la giustizia e ha rigettato l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale proposta da C.F 2. C.F. è stato condannato per il reato di estorsione aggravata ex articolo 416 bis.1 commesso nel 2012. Prima dei fatti era incensurato. Il reato sarebbe stato commesso su sollecitazione del padre, soggetto di spicco in un clan mafioso che è attualmente detenuto a Siracusa. Nei dieci anni successivi alla commissione del reato, prima dell'esecuzione dell'attuale titolo, il condannato ha tenuto una condotta regolare e non ha commesso nessun reato. La pena residua ora in esecuzione è di anni quattro e mesi sei e il fine pena è previsto per il 7 giugno 2026. 3. Il condannato ha presentato richiesta di affidamento in prova al servizio sociale previo riconoscimento della collaborazione impossibile e/o inesigibile. Il Tribunale di sorveglianza ha riconosciuto che collaborazione è impossibile e ha dato conseguentemente atto che si deve procedere a valutare l'assenza di contatti con la criminalità organizzata. Nel provvedimento è riconosciuto che la condotta è stata regolare prima e dopo i fatti e che nessun reato è stato commesso e che non sono emersi altri elementi di segno negativo. I pareri della DDA fondano la conclusione in negativo, nella sostanza, sull'impossibilità di poter escludere che il condannato abbia contatti con criminalità organizzata e, comunque, sul pericolo che tali contatti possano essere ristabiliti. Nello specifico si segnala che il contesto criminale è sostanzialmente immutato. Il Tribunale ha evidenziato che il condannato ha contatti con la compagna e che, sporadicamente, ha sentito telefonicamente il padre detenuto a Siracusa. Il rigetto si fonda proprio su tale specifico elemento in quanto si evidenzia che sarebbe opportuno approfondire la natura dei rapporti con il padre al fine di escludere il pencolo di collegamenti con la criminalità organizzata. Sotto altro profilo, poi, si rileva che il reato commesso è grave e che il contesto ambientale non è mutato e che quindi sarebbe opportuno procedere con gradualità, ad esempio con la fruizione di permessi premio, prima di concedere la misura. 4. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l'interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto, anche con i motivi nuovi pervenuti il 4 giugno 2024, la violazione di legge e il vizio di motivazione. Nello specifico il ricorrente, da una parte, rileva che il riferimento alla necessità di approfondire la natura dei rapporti con il padre senza spiegare come e perché e soprattutto cosa potrebbe ricavarsene sarebbe illogico e, dall'altra, evidenzia che la conclusione sarebbe contraddittoria rispetto agli elementi in precedenza indicati, cioè la regolarità della condotta tenuta, sia prima di essere catturato dal 2012 il ricorrente ha tenuto una vita corretta e irreprensibile, tanto da non avere subito alcuna segnalazione , che durante la detenzione. Il Tribunale, poi, sempre secondo la difesa, non avrebbe adeguatamente considerato il fatto che il condannato ha inviato una lettera alla persona offesa con un risarcimento simbolico e che la vittima stessa ha riconosciuto la sincerità del ravvedimento. Elementi questi che sarebbero assolutamente incompatibili con l'esistenza di qualsivoglia contatto con la criminalità organizzata. 5. In data 2 agosto 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il Sost. Proc. Genumero Antonietta Picardi chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. In un unico motivo di ricorso, i cui argomenti sono stati ulteriormente approfonditi nei motivi nuovi successivamente pervenuti, la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al rigetto della richiesta di concessione della misura richiesta con riferimento alla mancata prova che siano venuti meno i contatti con la criminalità organizzata. La doglianza è fondata nei termini che seguono. Le censure poste dal ricorrente impongono di affrontare la questione relativa al criterio decisorio da applicare nel caso in cui si stata dichiarata impossibile o inesigibile la collaborazione con riferimento a un reato commesso prima dell'entrata in vigore della riforma di cui al D.L. 162 del 2022. Per questa ragione appare necessario ripercorrere il quadro normativo cui fare riferimento. 2.1. L'articolo 4 bis, comma 1, nella formulazione antecedente alla sentenza numero 253 del 2019 della Corte costituzionale, per quanto interessa ai fini dell'attuale ricorso, prevedeva che i benefici penitenziari potevano essere concessi ai detenuti e agli internati che avevano commesso uno dei delitti tassativamente indicati dalla medesima norma nel solo caso in cui questi collaborino con fa giustizia a norma dell'articolo 58 ter . La norma, pertanto, in tal modo, stabiliva una presunzione assoluta di pericolosità nei confronti di tutti i soggetti detenuti per uno dei reati espressamente elencati, in caso di non collaborazione Sez. 1, numero 39190 del 8/7/2022, Odiase, numero m. . Nella prospettiva del legislatore, infatti, solo la collaborazione, per la sua stessa natura, poteva garantire la rescissione radicale di collegamenti con la criminalità. Il successivo comma 1 bis, nella formulazione antecedente alla modifica di cui al D.L. 162 del 2022 così come convertito in L. 199 del 2022, estendeva la possibilità di concedere i benefici anche ai casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero l'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità, rendono comunque impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, nonché nei casi in cui, anche se la collaborazione viene offerta risulti oggettivamente irrilevante . In tali ipotesi, però, non essendo la collaborazione c.d. impossibile o inesigibile idonea a garantire il distacco del detenuto dal contesto criminale di provenienza, la concessione dei benefici era subordinata all'acquisizione di elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva . 2.2. La Corte costituzionale, con la sentenza 253 del 2019 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'intera previsione contenuta nel comma 1 dell'articolo 4 bis ord. penumero nella parte in cui non prevedeva la concessione dei permessi premio ai condannati dei delitti ivi previsti anche in assenza della collaborazione con la giustizia a norma dell'articolo 58 ter ord. penumero , allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti. Nello specifico la Corte costituzionale ha evidenziato che il carattere assoluto anziché relativo della pericolosità era lesivo dei principi di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena, poiché la sua assolutezza basata su una generalizzazione che può, invece, essere contraddetta, a determinate e rigorose condizioni, da allegazioni contrarie impedisce alla magistratura di sorveglianza di valutare in concreto e secondo criteri individualizzanti il percorso carcerario del condannato, ai fini dell'ammissione al permesso premio, che ha una peculiare funzione pedagogico propulsiva. Il dispositivo della sentenza numero 253, quindi, menziona espressamente le due proposizioni probatorie della attualità dei collegamenti e del pericolo del loro ripristino con portata additiva, tale da determinare la costruzione di un sistema differenziato quanto alle valutazioni giurisdizionali posteriori alla decisione di incostituzionalità. 2.3. La decisione della Corte costituzionale non ha riguardato le disposizioni contenute nell'articolo 4, comma 1 bis, ord. penumero che, sino alle modifiche apportate con il D.L. 162 del 2022, sono rimaste invariate. Come evidenziato da questa Corte in alcune pronunce immediatamente successive, infatti, «le disposizioni in tema di collaborazione impossibile o inesigibile tenute espressamente al di fuori dell'oggetto del giudizio che non solo restano vigenti ma che continuano ad avere una portata precettiva concreta, sia in ragione della diversità parziale delle regole dimostrative della assenza di pericolosità profilo strettamente normativo , sia in ragione di una percepibile differenza ontologica, posto che l'accertamento in positivo della impossibilità o inesigibilità della collaborazione consente di qualificare in termini univoci e non connotati da alcun minimo disvalore la scelta del detenuto di non fornire informazioni alla autorità giudiziaria», ciò in quanto «in presenza di simile accertamento positivo spettante ex lege al Tribunale la scelta di non prestare collaborazione assume un significato del tutto neutro, il che nella logica proposta dalla Corte costituzionale consente di circoscrivere la dimostrazione probatoria al parametro della esclusione di attualità dei collegamenti». Sez. 1, numero 5553 del 28/01/2020, Grasso, Rv. 279783 01 Sez. 5, numero 19536 del 28/02/2022, Barranca, Rv. 283096 01 . 2.4. A fronte della sentenza 253 del 2019 della Corte costituzionale, come evidenziato dalle pronunce citate e confermato dalla stessa Corte costituzionale nella successiva sentenza numero 20 del 2022, la disciplina, prima della successiva modifica normativa, poteva pertanto essere così sintetizzata. i. I permessi premio potevano essere concessi ai detenuti e agli internati che hanno commesso uno dei delitti indicati che avevano collaborato con la giustizia, costituendo la collaborazione una sorta di prova legale di avvenuta rescissione del legame con il contesto criminale di provenienza. ii. Per i detenuti e internati che non avevano collaborato la presunzione di pericolosità prevista dall'articolo 4 bis, comma 1, ord. penumero era di carattere relativo. La presunzione, infatti, poteva essere superata nel caso di mancata collaborazione volontaria allorché fossero acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti così la pronuncia additiva di cui alla sentenza numero 253 del 2019 nel caso in cui la collaborazione era impossibile o inesigibile se erano acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva così l'articolo 4 bis, comma 1 bis ord. penumero anteriforma D.L. 162 del 2022 . Come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità immediatamente successiva, pure confermata dalla Corte costituzionale, le due ipotesi di mancata collaborazione, d'altro canto, erano e sono apprezzabilmente diverse Corte cost. numero 20 del 2022 Sez. 1, numero 33743 del 1477/2021, Marazzotta, numero m. Sez. 1, numero 23862 del 5/3/2021, Santangelo, numero m. Sez. 1, numero 23859 del 5/3/2021, Inserra, numero m. Sez. 1, numero 5553 del 28/01/2020, Grasso, Rv. 279783 01 . Nella prima la collaborazione è oggettivamente ancora possibile e viene tuttavia rifiutata è questa la posizione di chi «oggettivamente può, ma soggettivamente non vuole ed è silente per sua scelta» Nella seconda la collaborazione è oggettivamente impossibile o inesigibile è questa la posizione di chi «soggettivamente vuole, ma oggettivamente non può» ed è quindi silente suo malgrado . La differenza ontologica tra le due situazioni, secondo la Corte costituzionale, si rifletteva necessariamente nel diverso standard probatorio da soddisfare nei due casi per vincere la presunzione di pericolosità. Il carattere volontario della scelta di non collaborare, infatti, costituisce secondo l'id quod plerumque accidit un sintomo di allarme, tale da esigere un regime rafforzato di verifica, esteso all'acquisizione anche di elementi idonei ad escludere il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata, per cui in questo caso si riteneva coerente che i temi di prova, diversi, fossero due Sez. 1, numero 33743 del 1477/2021, Marazzotta, numero m. . Il primo costituito dalla tradizionale prova di assenza di contatti perduranti il fatto positivo, rappresentato dal collegamento, integra la condizione ostativa fattuale tra il detenuto e il contesto associativo di provenienza. Il secondo costruito in termini di «negazione» di qualcosa che non c'è ma che potrebbe avverarsi, trattandosi di un pericolo di ripristino agevolato dal permesso, il che rende doverosa simile prognosi, secondo i contenuti della decisione di tali collegamenti. Quando invece la collaborazione non può comunque essere prestata l'atteggiamento del detenuto assume un significato del tutto neutro e quindi, ai fini del superamento del regime ostativo, il tema di prova restava unico ed era circoscritto all'esclusione di attualità dei collegamenti Sez. 1, numero 4012 del 28/5/2021, Di Piazza, numero m. . 2.5. L'articolo 1 del D.L. 162 del 2022, così come convertito nella L. 192 del 2022, limitando l'analisi alle parti che rilevano per il presente ricorso, ha modificato i commi 1 e 1 bis dell'articolo 4 bis ord. penumero Il comma 1 ora, analogamente al passato, prevede che i benefici previsti dalla norma tutti non soltanto i permessi possono essere concessi ai detenuti e internati che hanno commesso i reati c.d. ostativi di prima fascia quando questi collaborano con la giustizia a norma dell'articolo 58 ter ord. penumero Il comma 1 bis prevede l'ipotesi della mancata collaborazione e, in ossequio alla sent. 259 del 2019 della Corte cost., stabilisce che la presunzione di pericolosità di cui al comma 1 ha natura relativa in quanto può essere superata se i detenuti e gli internati per i reati ostativi ivi elencati a dimostrino di avere adempiuto alle obbligazioni civili e agli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l'assoluta impossibilità di tale adempimento b alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall'organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere -b1 l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, -b2 il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile c pongano in essere iniziative a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitone che in quelle della giustizia riparativa. 2.6. A fronte dell'attuale formulazione la distinzione normativa tra la mancata collaborazione volontaria e quella c.d. impossibile o inesigibile risulta essere venuta meno tanto che il regime probatorio differenziato richiesto nei due casi per superare la presunzione relativa di pericolosità sembrerebbe a prima lettura avere perso ragione di essere. La norma, infatti, impone al giudice di fare riferimento a una griglia di criteri che complessivamente si compone in un unico, e particolarmente gravoso, standard probatorio nel quale, comunque, si deve tenere conto delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione . 2.7. L'articolo 3 D.L. 162 del 2022 prevede la disciplina applicabile ai detenuti e internati la cui collaborazione sia impossibile o inesigibile e che hanno commesso i reati ostativi prima dell'entrata in vigore della modifica normativa. Per questa specifica ipotesi la disposizione transitoria stabilisce che al fine della concessione dei benefici il giudice di sorveglianza, seguita la procedura di cui al comma 2 dell'articolo 4 bis ord. penumero , deve verificare esclusivamente l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e non anche che non sussista il pericolo che tali collegamenti siano ripristinati. In virtù del tenore letterale della norma i benefici di cui al comma 1 dell'articolo 4 bis della citata legge numero 354 del 1975 e la liberazione condizionale possono essere concessi, secondo la procedura di cui al comma 2 dell'articolo 4 bis della medesima legge numero 354 del 1975, purché siano acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva” , infatti, si deve ritenere che il tema di prova sul quale si deve pronunciare il Tribunale di sorveglianza sia quello relativo all'esistenza o meno di contatti perduranti tra il detenuto e il contesto associativo di provenienza e sia quindi circoscritto all'esclusione dell'attualità dei collegamenti Sez. 1, numero 4012 del 28/5/2021, Di Piazza, numero m. . 2.8. Nel caso di specie C.F. sta espiando la pena in relazione a un reato commesso prima dell'entrata in vigore del D.L. 162 del 2022. Al ricorrente, pertanto -prescindendo in questa sede da ogni approfondimento interpretativo circa il rilievo da attribuire alla collaborazione c.d. impossibile o inesigibile nell'attuale panorama normativo si deve applicare il criterio decisorio previsto dalla norma transitoria sopra citata e non il diverso e più gravoso standard probatorio contenuto nell'articolo 4 bis, comma 1 bis, ord. penumero ora vigente. In virtù di ciò il Tribunale di Sorveglianza, accertato e dichiarato che la condotta collaborativa era inesigibile, avrebbe dovuto circoscrivere il giudizio alla verifica in ordine all'acquisizione o meno di concreti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e rendere un'adeguata e specifica motivazione in riferimento a tale parametro, risultando, di contro, del tutto inconferente o, comunque, priva di effettivo rilievo, ogni ulteriore e diversa considerazione circa il pericolo di ripristinare i medesimi collegamenti. Sotto tale profilo, pertanto, la conclusione cui è pervenuto il giudice della sorveglianza, che ha articolato il rigetto sulla base del secondo parametro, ritenendo cioè di non poter escludere il pericolo che i collegamenti con il contesto criminale di riferimento siano ripristinati, risulta resa sulla base del presunto accertamento di un presupposto errato cfr. pag. 6 del provvedimento impugnato . 2.9. La motivazione sul punto, proprio per il riferimento a tale errato presupposto, d'altro canto, è manifestamente illogica e carente. Il Tribunale, infatti, pure avendo dato atto del positivo percorso intrapreso dal ricorrente ampiamente compendiato nella relazione di sintesi della C.C. di Trapani, cfr. pag. 5 del provvedimento impugnato , dell'assenza di altre condanne e di altri procedimenti penali pendenti, nonché di tutti gli altri elementi dai quali risulta il ruolo marginale rivestito nella commissione del reato che sembrano deporre per un quadro di assenza di collegamenti attuali del soggetto con la criminalità organizzata cfr. pag. 6 del provvedimento impugnato , ha fondato il diniego sulla presunta sussistenza di un pericolo di recidiva che è, a ben vedere, nella sostanza parametrato sulla sola considerazione che il ritorno nel contesto ambientale di provenienza potrebbe comportare il pericolo di contatti con la criminalità organizzata. Sul punto, d'altro canto, non appaiono decisive le considerazioni contenute nei pareri e nelle relazioni rese dalla Procura della Repubblica di Messina che attribuisce significativo rilievo alla mancata collaborazione, elemento del tutto ininfluente , dal Comitato Provinciale dell'Ordine e della Sicurezza Pubblica della Prefettura di Trapani, dalla D.N.A., dalla D.D.A. di Messina e dalla Squadra Mobile di Messina Tali pareri e relazioni -che pure sono autorevoli ma che non sono vincolanti e non esimono il giudice dal dovere di procedere a un attento vaglio critico di quanto in questo evidenziato e ritenuto Sez. 1, numero 11208 dell'8/2/2024, Del Vivo, numero m. Sez. 1, numero 41361 del 29/10/2021, sorrentino, numero m. Sez. 1, numero 40823 del 05/06/2013, Lombardi, Rv. 257532 01 non sono, infatti, soddisfacenti quanto all'accertamento dell'attualità dei collegamenti del ricorrente con la criminalità. Ciò in quanto questi atti, preso atto dell'assenza di ulteriori condanne e di procedimenti penali pendenti, si esprimono tutti esclusivamente in merito al pericolo che il ricorrente ripristini collegamenti con il contesto criminale di riferimento, senza evidenziare nulla di effettivo in ordine all'attualità, ora e in concreto, di tali collegamenti. Né, inoltre, quanto meno allo stato e in assenza di elementi o riferimenti concreti, può avere rilievo la sola circostanza che il condannato ha avuto degli sporadici e limitati contatti telefonici con il padre detenuto. Sotto altro profilo, comunque, il Tribunale, anche omettendo di confrontarsi con gli elementi di segno contrario pure acquisiti, non ha evidenziato alcun dato concreto dal quale poter inferire l'attualità dei collegamenti con la criminalità. Al di là dell'astratto pericolo ritenuto sulla base del ritorno nel contesto di provenienza e all'avere avuto degli sporadici contatti telefonici con il padre detenuto, infatti, la motivazione del provvedimento impugnato è carente quanto al tempo trascorso dal reato all'emissione dell'ordine di esecuzione e circa l'assenza in tale lungo periodo di qualsivoglia segnalazione a carico del ricorrente, sia essa relativa a comportamenti penalmente rilevanti che a contatti con contesti criminali. Nella motivazione dell'ordinanza, inoltre, escluso il rinvio incidentale contenuto a pag. 5, non risulta alcuna concreta va lutazione del contenuto della relazione Uepe, dalla quale sembra risultare che il condannato nel corso del tempo ha intrapreso un diverso percorso di vita, che la sua condotta intramuraria è positiva e che ha inviato una lettera di scuse alla persona offesa, alla quale ha anche offerto una somma simbolica a titolo di risarcimento danni, che questa ha accettato. La motivazione, infine, sempre in termini di attualità dei collegamenti, è carente anche in ordine alla parte resa in relazione alla situazione patrimoniale del ricorrente per come questa è risultata dagli accertamenti economico-patrimoniali eseguiti dallo Scico della Guardia di Finanza, dai quali pure, sempre per quanto incidentalmente citato a pag. 5 del provvedimento impugnato, risulta che le dichiarazioni dei redditi derivanti da rapporto di lavoro sono regolari, così come le modalità di acquisto di un immobile, effettuato congiuntamente alla moglie con l'accensione di un mutuo. 3. Alla luce delle ragioni esposte l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio affinché il Tribunale di Sorveglianza di Palermo, applicato il criterio decisorio corretto, libero nel merito, proceda a un nuovo giudizio sul punto. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza di Palermo.