L’articolo 581, commi 1-ter e 1-quater, c.p.p., come modificato con la Riforma Cartabia, continua ad essere oggetto di discussione per le sue implicazioni sulla disciplina delle notificazioni nel processo penale [ ].
[ ] La Suprema Corte di Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso relativo alla questione di legittimità costituzionale della norma, ha chiarito che si tratta di una previsione legislativa non manifestamente irragionevole che mira a limitare le impugnazioni che non derivano da una scelta personale e ponderata della parte. La Cassazione, con la pronuncia in esame, si è nuovamente espressa sulla questione di legittimità costituzionale relativa all'articolo 581, commi 1-ter e 1-quater, c.p.p., modificato con la Riforma Cartabia. In particolare, i Giudici hanno evidenziato la manifesta infondatezza della questione costituzionale in esame sollevata per presunta violazione del diritto di difesa e del giusto processo. Invero, le suddette disposizioni normative, laddove richiedono – a pena di inammissibilità - che siano depositati, unitamente all'atto di impugnazione anche la dichiarazione o l'elezione di domicilio e , nei casi di assenza dell'imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza, «non comportano alcuna limitazione all'esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all'imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge». Si tratta - ha spiegato la Suprema Corte – di una previsione legislativa non manifestamente irragionevole che mira a limitare le impugnazioni che non derivano da una scelta personale della parte, introducendo anche dei correttivi dell'ampliamento del termine per impugnare e dell'estensione della restituzione nel termine. Le norme tacciate d'incostituzionalità, infatti, hanno la finalità di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza da parte dell'imputato per evitare procedimenti nei confronti di imputati non consapevoli del processo. La Cassazione ha, quindi, dichiarato il ricorso inammissibile specificando che le suddette osservazioni devono intendersi riferite anche alle ipotesi di impugnante assistito da difensore d'ufficio come nel caso in esame .
Presidente Andreazza - Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 27/02/2024, la Corte di appello di Bologna dichiarava inammissibile - per difetto di specifico mandato ad impugnare contenente la dichiarazione o elezione di domicilio dell'imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio - l'appello proposto dal difensore degli imputati P.V. e K.R. avverso la sentenza emessa in data 22/06/2023 dal Tribunale di Forlì, con la quale gli imputati erano stati condannati in assenza, il primo per il reato di cui all'articolo 8 d.lgs 74/2000 e, il secondo, per il reato di cui all'articolo 452-quaterdecies cod.penumero 2. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore di ufficio, articolando un unico motivo, con il quale sollevano questione di legittimità costituzionale dell'articolo 581, commi 1-ter e 1-quater cod. proc. penumero Si argomenta che gli imputati risultano difesi da difensore di ufficio, con il quale non hanno mai avuto alcun rapporto o contatto la previsione normativa dell'articolo 581, commi 1 ter e quater risulta illegittima se applicata anche a imputato assistito da difensore di ufficio, con il quale non hanno mai avuto contatti, essendo evidente la lesione del diritto alla difesa ed al giusto processo e, quindi, la violazione degli articolo 27 e 111 Cost., anche in considerazione del fatto che i ricorrenti non potranno beneficiare di rimedi restitutori. Considerato in diritto 1. La questione di legittimità costituzionale sollevata dai ricorrenti è manifestamente infondata. 2. Questa Corte ha già affermato, in maniera condivisibile, che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. penumero , introdotti dagli articolo 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, numero 150, e dell'articolo 89, comma 3, del medesimo d.lgs., per contrasto con gli articolo 3,24,27,111 Cost. e articolo 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a pena di inammissibilità dell'appello, che, anche nel caso in cui si sia proceduto in assenza dell'imputato, unitamente all'atto di appello, sia depositata la dichiarazione o l'elezione di domicilio, ai fini della notificazione dell'atto di citazione, e lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, trattandosi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un'opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi in limine impugnationis ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell'ampliamento del termine per impugnare e dell'estensione della restituzione nel termine Sez.4, numero 43718 del 11/10/2023, Rv.285324 - 01, che si è pronunciata in fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame, nella quale la questione era stata sollevata dal difensore di ufficio dell'imputato . Tale affermazione è stata ribadita da Sez. 6, numero 3365 del 20/12/2023, dep. 26/01/2024, Rv.285900 - 01, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 581, cod. proc. penumero , introdotti dall'articolo 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, numero 150, per contrasto con gli articolo 24,27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all'atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l'elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell'imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all'esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all'imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge. Si è, inoltre, osservato che trattasi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un'opzione ponderata e personale della parte ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell'ampliamento del termine per impugnare e dell'estensione della restituzione nel termine conf., anche tra le non massimate., Sez. 4, numero 674 del 2024 Sez. 6, numero 223 del 2024 Sez. 4, numero 37 del 2024 . Da ultimo, Sez.3, numero 19384 del 2024, non massimata, ha osservato che le norme tacciate d'incostituzionalità non prevedono affatto un restringimento della facoltà di impugnazione, bensì perseguono il legittimo scopo di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell'imputato, per evitare la pendenza di procedimenti nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che far sì che l'impugnazione sia espressione del personale interesse dell'imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo. In particolare, l'articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. penumero trova la sua ratio, nell'esigenza di verificare l'effettiva e concreta volontà di impugnare del soggetto processato in assenza, nonché in quella, ulteriore, di accertare - in evidente ed insostituibile funzione di garanzia - l'effettiva validità della preesistente dichiarazione od elezione di domicilio e la persistente volontà dell'assente di riceverla in un domicilio nuovo, proprio alla luce del fatto che, nonostante la formale ritualità delle citazioni effettuate nel corso del giudizio di grado precedente, egli è rimasto assente, altresì considerando la volontà del legislatore di limitare le impugnazioni che non derivino da un'opzione ponderata e personale della parte Sez. 4, numero 43718 del 11 ottobre 2023, Rv. 285324-01 . Deve osservarsi, poi, che la norma dell'articolo 581, comma 1 ter, cod. proc. penumero trova applicazione anche in ipotesi di impugnate difeso d'ufficio, come evincibile dal dato letterale, che non distingue tra difensore di fiducia e difensore di ufficio inoltre, una esclusione della riferibilità della esclusione del difensore d'ufficio neppure può trarsi dal fatto che l'adempimento previsto dalla norma sia quello relativo al deposito della dichiarazione e della elezione del domicilio, posto che tale dichiarazione o elezione ben può provenire anche da chi sia assistito, oltre che dal difensore di fiducia, anche da un difensore di ufficio, come del resto dimostrato dal contenuto del vigente articolo 161, comma 1, cod. proc. penumero . Sicché la ratio della nuova norma non può che valere anche per le ipotesi di imputato impugnante difeso d'ufficio. In conclusione, pertanto, le ragioni per le quali questa Corte ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma in esame sotto il profilo della violazione del diritto di difesa e del giusto processo, ben possono intendersi riferite anche alla fattispecie di impugnante assistito da difensore di ufficio, come del resto desumibile dalla sentenza numero 43718/2023, cit., posto che quest'ultima riguardava proprio la fattispecie di imputato impugnante difeso d'ufficio. 3. Consegue, pertanto, alla luce delle suesposte considerazioni, la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi. 4. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell'articolo 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. numero 186 del 13.6.2000 , alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.