L’articolo 12 della legge numero 24 del 2017 consente al danneggiato di agire direttamente nei confronti dell’assicuratore, ma solo quando si tratti dell’impresa che assicura la struttura sanitaria o il medico libero professionista. Non, invece, nei confronti dell’assicuratore del medico “strutturato”, per l’ovvia ragione che la polizza che quest’ultimo è obbligato a stipulare copre debiti del medico legati ad azioni, quali quelle di rivalsa, che si collocano “a valle” dell’esperimento vittorioso dell’azione risarcitoria da parte del danneggiato.
I fatti di causa Il Tribunale ordinario di Palermo, sezione terza penale, in composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 83 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 8 marzo 2017, numero 24 “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” , l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato, denunciando la violazione degli articolo 3, primo comma, e 24 della Costituzione. Il giudice rimettente riferisce di essere investito del processo penale nei confronti di un medico in servizio presso una struttura ospedaliera, imputato del reato di cui agli articolo 589 e 589-sexies [recte 590- sexies] del codice penale secondo l'ipotesi accusatoria, egli avrebbe omesso, per negligenza, imprudenza e imperizia, di effettuare doverosi controlli e diagnosi nel periodo successivo all'esecuzione di un intervento chirurgico, con ciò causando la morte della paziente. Il giudice a quo riferisce, altresì, che il difensore dell'imputato, rilevato che il proprio assistito è tutelato nella sua attività da una polizza assicurativa «che prevede copertura anche per ipotesi di colpa grave e che in ipotesi di condanna [egli] intende avvalersi degli effetti di manleva della indicata polizza», ha chiesto di essere autorizzato a citare in giudizio, in qualità di responsabile civile, la compagnia assicurativa che, ai sensi dell'articolo 83 c.p.p., l'imputato non può, in via generale, chiedere la citazione del responsabile civile nel processo penale essendo tale facoltà attribuita unicamente alla parte civile e, nel caso previsto dall'articolo 77, comma 4, c.p.p., al pubblico ministero . Il giudice a quo ha sollevato le suddette questioni, mirando a ottenere – in relazione all'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge numero 24 del 2017 – una pronuncia analoga a quelle di cui alle sentenze numero 112 del 1998 e numero 159 del 2022 con le quali l'articolo 83 c.p.p. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che l'assicuratore possa essere citato, nel processo penale, a richiesta dell'imputato, nelle ipotesi di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 24 dicembre 1969, numero 990 Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti e dall'assicurazione obbligatoria prevista dall'articolo 12, comma 8, della legge 11 febbraio 1992, numero 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio . I profili di incostituzionalità della norma secondo il Giudice rimettente Secondo il giudice rimettente, la norma censurata si porrebbe in contrasto sia con l'articolo 3, primo comma, Cost., per l'irragionevole disparità di trattamento dell'imputato assoggettato all'azione di risarcimento del danno nel processo penale rispetto al convenuto con la stessa azione in sede civile, al quale è riconosciuto il diritto di chiamare in garanzia il proprio assicuratore sia con l'articolo 24 Cost., perché l'imputato, nei cui confronti è proposta nel processo penale una domanda di risarcimento dei danni causati nell'esercizio dell'attività sanitaria, sarebbe privato del diritto di difendersi con i medesimi strumenti e garanzie di cui dispone il convenuto in sede civile con identica azione. Ad avviso del giudice rimettente, sussisterebbero, d'altronde, i presupposti che avevano condotto il giudice delle leggi ad accogliere questioni analoghe con le citate sentenze numero 112 del 1998 e numero 159 del 2022, consentendo di qualificare l'assicuratore, anche nell'ipotesi in esame, come responsabile civile nei sensi indicati dall'articolo 185, secondo comma, c.p. soggetto tenuto per legge a risarcire il danno causato dal reato, in solido con l'imputato . Le difese dell'Avvocatura dello Stato L'Avvocatura generale dello Stato ha chiesto la declaratoria d'inammissibilità della questione. Un primo profilo d'inammissibilità sarebbe legato al difetto di rilevanza non risulterebbe in alcun modo, dall'ordinanza di rimessione, che i congiunti della persona offesa dal reato si siano costituiti parte civile nel processo penale, sicché l'imputato non avrebbe alcun interesse alla chiamata in causa del proprio assicuratore altra ragione d'inammissibilità risiederebbe nella carente illustrazione dei fatti processuali rilevanti e nell'incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento da parte del giudice a quo, in quanto l'ordinanza ometterebbe di specificare quali rischi siano coperti dalla polizza assicurativa stipulata dall'imputato e come detta polizza si connetta agli obblighi assicurativi stabiliti nella legge numero 24 del 2017. Inoltre, la difesa statale mette in evidenza come, con la sentenza numero 182 del 2023, la Corte Costituzionale abbia già dichiarato l'inammissibilità di questioni analoghe a quelle in esame, proprio a causa dell'incompleta ricostruzione, da parte del giudice rimettente, della disciplina della responsabilità medica e degli obblighi assicurativi delle strutture sanitarie e degli operatori che ivi prestino attività professionale. La decisione della Corte Costituzionale La Consulta ritiene fondata l'eccezione sollevata dalla difesa statale d'inammissibilità delle questioni per l'incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento da parte del giudice a quo. Analoghe questioni sono state dichiarate inammissibili dalla Corte, in ragione del fatto che il giudice rimettente, nel ritenere che la fattispecie dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile connessa all'esercizio delle professioni sanitarie fosse omologabile a quelle dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti e dall'esercizio dell'attività venatoria, non aveva tenuto conto «della complessa articolazione degli obblighi assicurativi delineati dalla legge numero 24 del 2017, omettendo di incasellare in essa la fattispecie concreta di cui si discute nel giudizio principale» sentenza numero 182 del 2023 . Il Tribunale di Palermo mostra, infatti, di ritenere che l'imputato nel giudizio a quo – accusato di aver causato, per colpa, la morte di una paziente in qualità di «sanitario in servizio presso [un] ospedale» – sia obbligato dalla legge a stipulare una polizza assicurativa a copertura dei danni causati a terzi nell'esercizio dell'attività professionale, polizza in relazione alla quale sarebbe attribuito al danneggiato il diritto di agire direttamente nei confronti dell'impresa assicuratrice. Osserva la Consulta che il rimettente non si è avveduto che – diversamente dal medico che operi quale libero professionista articolo 10, comma 2, della legge numero 24 del 2017 – il medico cosiddetto “strutturato” non è affatto obbligato ad assicurarsi per i danni eventualmente arrecati nell'esercizio della professione, essendo i relativi rischi coperti dall'assicurazione, o analoga misura, imposta alla struttura sanitaria per cui il medico opera articolo 10, comma 1, terzo periodo, in relazione all'articolo 7, comma 3, della legge numero 24 del 2017 che l'obbligo assicurativo posto a carico dei medici “strutturati” dall'articolo 10, comma 3, della legge numero 24 del 2017, richiamato dal rimettente, ha invece un diverso oggetto tali professionisti devono, infatti, stipulare una polizza di assicurazione per colpa grave che garantisca l'efficacia della successiva azione di rivalsa esperita dalla struttura sanitaria che abbia già soddisfatto le pretese risarcitorie dei terzi, secondo quanto previsto dall'articolo 9 della medesima legge sentenza numero 182 del 2023 . Ed invero l'articolo 12 della legge numero 24 del 2017 consente, sì, al danneggiato di agire direttamente nei confronti dell'assicuratore, ma ciò solo quando si tratti dell'impresa che assicura la struttura sanitaria o il medico libero professionista non, invece, nei confronti dell'assicuratore del medico “strutturato”, per l'ovvia ragione che la polizza che quest'ultimo è obbligato a stipulare copre debiti del medico legati ad azioni, quali quelle di rivalsa, «che si collocano “a valle” dell'esperimento vittorioso dell'azione risarcitoria da parte del danneggiato» ancora, sentenza numero 182 del 2023 In questa cornice, - conclude il Giudice delle leggi - in nessun caso i dubbi di violazione degli articolo 3 e 24 Cost. adombrati dal rimettente potrebbero coinvolgere l'assicurazione obbligatoria prevista a carico del medico “strutturato” dal comma 3 dell'articolo 10 della legge numero 24 del 2017» nemmeno se convenuto in sede civile potrebbe, infatti, chiamare in garanzia la sua assicurazione, perché i danni per il cui risarcimento si chiede la manleva non sono coperti dalla polizza che tiene indenne il medico in caso di rivalsa così la già citata sentenza numero 182 del 2023 Conclusivamente, l'inadeguata ricostruzione del quadro normativo di riferimento compromette le valutazioni del rimettente, sia sulla rilevanza, sia sulla non manifesta infondatezza, determinando l'inammissibilità delle questioni sollevate sentenza numero 182 del 2023 e precedenti ivi richiamati .
Presidente Barbera - Relatore Modugno Ritenuto che Con ordinanza del 27 ottobre 2023, iscritta al numero 151 del registro ordinanze 2023, il Tribunale ordinario di Palermo, sezione terza penale, in composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 83 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 8 marzo 2017, numero 24 Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie , l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato, denunciando la violazione degli articolo 3, primo comma, e 24 della Costituzione che il giudice rimettente riferisce di essere investito del processo penale nei confronti di un medico in servizio presso una struttura ospedaliera, imputato del reato di cui agli articolo 589 e 589-sexies [recte 590-sexies] del codice penale secondo l'ipotesi accusatoria, egli avrebbe omesso, per negligenza, imprudenza e imperizia, di effettuare doverosi controlli e diagnosi nel periodo successivo all'esecuzione di un intervento chirurgico, con ciò causando la morte della paziente che il rimettente riferisce, altresì, che il difensore dell'imputato, rilevato che il proprio assistito è tutelato nella sua attività da una polizza assicurativa «che prevede copertura anche per ipotesi di colpa grave e che in ipotesi di condanna [egli] intende avvalersi degli effetti di manleva della indicata polizza», ha chiesto di essere autorizzato a citare in giudizio, in qualità di responsabile civile, la compagnia assicurativa che, ai sensi dell'articolo 83 cod. proc. penumero , l'imputato non può, in via generale, chiedere la citazione del responsabile civile nel processo penale essendo tale facoltà attribuita unicamente alla parte civile e, nel caso previsto dall'articolo 77, comma 4, cod. proc. penumero , al pubblico ministero , il giudice a quo ha sollevato le suddette questioni, mirando a ottenere – in relazione all'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge numero 24 del 2017 – una pronuncia analoga a quelle di cui alle sentenze numero 112 del 1998 e numero 159 del 2022 di questa Corte che, con tali sentenze, l'articolo 83 cod. proc. penumero è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che l'assicuratore possa essere citato, nel processo penale, a richiesta dell'imputato, nelle ipotesi di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 24 dicembre 1969, numero 990 Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti e dall'assicurazione obbligatoria prevista dall'articolo 12, comma 8, della legge 11 febbraio 1992, numero 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio che le questioni sarebbero rilevanti, in quanto dalla loro decisione dipenderebbe l'accoglimento, o no, della richiesta di citazione del responsabile civile avanzata dal difensore dell'imputato che le questioni sarebbero, inoltre, non manifestamente infondate la norma censurata si porrebbe, infatti, in contrasto, sia con l'articolo 3, primo comma, Cost., per l'irragionevole disparità di trattamento dell'imputato assoggettato all'azione di risarcimento del danno nel processo penale rispetto al convenuto con la stessa azione in sede civile, al quale è riconosciuto il diritto di chiamare in garanzia il proprio assicuratore sia con l'articolo 24 Cost., perché l'imputato, nei cui confronti è proposta nel processo penale una domanda di risarcimento dei danni causati nell'esercizio dell'attività sanitaria, sarebbe privato del diritto di difendersi con i medesimi strumenti e garanzie di cui dispone il convenuto in sede civile con identica azione che, ad avviso del giudice rimettente, sussisterebbero, d'altronde, i presupposti che hanno condotto questa Corte ad accogliere questioni analoghe con le citate sentenze numero 112 del 1998 e numero 159 del 2022, consentendo di qualificare l'assicuratore, anche nell'ipotesi in esame, come responsabile civile nei sensi indicati dall'articolo 185, secondo comma, cod. penumero soggetto tenuto per legge a risarcire il danno causato dal reato, in solido con l'imputato che, infatti, similmente a quanto avviene nei casi dell'assicurazione per la responsabilità civile automobilistica e per l'esercizio dell'attività venatoria, l'articolo 10 della legge numero 24 del 2017 prevederebbe per gli esercenti l'attività sanitaria un'ipotesi di assicurazione obbligatoria – in particolare, laddove, al comma 3, stabilisce che «[a]l fine di garantire efficacia alle azioni di cui all'articolo 9 e all'articolo 12, comma 3, ciascun esercente la professione sanitaria operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private provvede alla stipula, con oneri a proprio carico, di un'adeguata polizza di assicurazione per colpa grave» – mentre l'articolo 12 della stessa legge stabilirebbe il diritto del danneggiato di agire direttamente nei confronti dell'impresa di assicurazione del medico che il medesimo articolo 12, al comma 4, prevederebbe, inoltre, nel caso di esercizio dell'azione diretta, un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra il soggetto danneggiato, l'esercente la professione sanitaria e la compagnia di assicurazione, analogamente a quanto stabilito dalla normativa sull'assicurazione della responsabilità civile automobilistica che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che sia dichiarata l'inammissibilità delle questioni che un primo profilo d'inammissibilità sarebbe legato al difetto di rilevanza non risulterebbe in alcun modo, dall'ordinanza di rimessione, che i congiunti della persona offesa dal reato si siano costituiti parte civile nel processo penale, sicché l'imputato non avrebbe alcun interesse alla chiamata in causa del proprio assicuratore che altra ragione d'inammissibilità risiederebbe nella carente illustrazione dei fatti processuali rilevanti e nell'incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento da parte del giudice a quo, in quanto l'ordinanza ometterebbe di specificare quali rischi siano coperti dalla polizza assicurativa stipulata dall'imputato e come detta polizza si connetta agli obblighi assicurativi stabiliti nella legge numero 24 del 2017 che la difesa statale mette in evidenza come questa Corte, con la sentenza numero 182 del 2023, abbia già dichiarato l'inammissibilità di questioni analoghe a quelle in esame, proprio a causa dell'incompleta ricostruzione, da parte del giudice rimettente, della disciplina della responsabilità medica e degli obblighi assicurativi delle strutture sanitarie e degli operatori che ivi prestino attività professionale che, ad ogni modo, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, l'inadeguata ricostruzione della cornice normativa di riferimento comprometterebbe l'iter logico-argomentativo posto a fondamento delle valutazioni del rimettente, sia sulla rilevanza, sia sulla non manifesta infondatezza, determinando l'inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate. Considerato che il Tribunale di Palermo, sezione terza penale, in composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 83 cod. proc. penumero , nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dalla legge numero 24 del 2017, l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato che la mancata previsione di tale possibilità, ad avviso del giudice a quo, comporterebbe la violazione dell'articolo 3, primo comma, Cost., determinando un'irragionevole disparità di trattamento dell'imputato assoggettato all'azione di risarcimento del danno nel processo penale rispetto al convenuto, con la stessa azione, in sede civile, al quale è riconosciuto il diritto di chiamare in garanzia il proprio assicuratore che la norma censurata violerebbe, altresì, l'articolo 24 Cost., perché priverebbe l'imputato, nei cui confronti è proposta nel processo penale una domanda di risarcimento dei danni causati nell'esercizio dell'attività sanitaria, del diritto di difendersi con i medesimi strumenti e garanzie di cui dispone il convenuto in sede civile con identica azione che, secondo il rimettente, sussisterebbero i presupposti che hanno condotto questa Corte ad accogliere questioni analoghe con le sentenze numero 112 del 1998 e numero 159 del 2022, poiché, come nella disciplina delle assicurazioni per la responsabilità civile automobilistica e per l'esercizio dell'attività venatoria, l'articolo 10 della legge numero 24 del 2017 prevederebbe per gli esercenti l'attività sanitaria un'assicurazione obbligatoria e l'articolo 12 della medesima legge riconoscerebbe al danneggiato il diritto ad agire direttamente nei confronti dell'impresa di assicurazione che l'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito il difetto di rilevanza delle questioni, poiché dall'ordinanza di rimessione non emergerebbe che i congiunti della persona offesa si siano costituiti parte civile nel processo penale di talché, l'imputato non avrebbe interesse alla chiamata in causa del proprio assicuratore e le questioni sarebbero ininfluenti nel giudizio principale che l'eccezione non è fondata, risultando in realtà chiaro, dal tenore complessivo dell'ordinanza di rimessione, che nel giudizio a quo vi è stata la costituzione della parte civile tale circostanza appare, infatti, implicita, dato che il giudice rimettente riferisce che il difensore dell'imputato – rilevato che il proprio assistito ha stipulato una polizza assicurativa «che prevede copertura anche per ipotesi di colpa grave e che in ipotesi di condanna [egli] intende avvalersi degli effetti di manleva della indicata polizza» – ha chiesto di poter citare in giudizio, in qualità di responsabile civile, la compagnia assicurativa e che l'accoglimento, o no, di tale richiesta dipenderebbe dall'esito delle questioni sollevate che la difesa statale eccepisce, altresì, l'inammissibilità delle questioni per l'incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento da parte del giudice a quo che tale eccezione è fondata che, come rilevato dall'Avvocatura dello Stato, questa Corte ha già dichiarato inammissibili analoghe questioni, in ragione del fatto che il giudice rimettente, nel ritenere che la fattispecie dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile connessa all'esercizio delle professioni sanitarie fosse omologabile a quelle dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti e dall'esercizio dell'attività venatoria, non aveva tenuto conto «della complessa articolazione degli obblighi assicurativi delineati dalla legge numero 24 del 2017, omettendo di incasellare in essa la fattispecie concreta di cui si discute nel giudizio principale» sentenza numero 182 del 2023 che il medesimo rilievo è riferibile anche all'odierna ordinanza di rimessione che il Tribunale di Palermo mostra, infatti, di ritenere che l'imputato nel giudizio a quo – accusato di aver causato, per colpa, la morte di una paziente in qualità di «sanitario in servizio presso [un o]spedale» – sia obbligato dalla legge a stipulare una polizza assicurativa a copertura dei danni causati a terzi nell'esercizio dell'attività professionale, polizza in relazione alla quale sarebbe attribuito al danneggiato il diritto di agire direttamente nei confronti dell'impresa assicuratrice che il rimettente, quindi, non si è avveduto che – diversamente dal medico che operi quale libero professionista articolo 10, comma 2, della legge numero 24 del 2017 – il medico cosiddetto “strutturato” non è affatto obbligato ad assicurarsi per i danni eventualmente arrecati nell'esercizio della professione, essendo i relativi rischi coperti dall'assicurazione, o analoga misura, imposta alla struttura sanitaria per cui il medico opera articolo 10, comma 1, terzo periodo, in relazione all'articolo 7, comma 3, della legge numero 24 del 2017 che l'obbligo assicurativo posto a carico dei medici “strutturati” dall'articolo 10, comma 3, della legge numero 24 del 2017, richiamato dal rimettente, ha invece un diverso oggetto tali professionisti devono, infatti, stipulare una polizza di assicurazione per colpa grave che garantisca l'efficacia della successiva azione di rivalsa esperita dalla struttura sanitaria che abbia già soddisfatto le pretese risarcitorie dei terzi, secondo quanto previsto dall'articolo 9 della medesima legge sentenza numero 182 del 2023 che l'articolo 12 della legge numero 24 del 2017 consente, sì, al danneggiato di agire direttamente nei confronti dell'assicuratore, ma ciò solo quando si tratti dell'impresa che assicura la struttura sanitaria o il medico libero professionista non, invece, nei confronti dell'assicuratore del medico “strutturato”, per l'ovvia ragione che la polizza che quest'ultimo è obbligato a stipulare copre debiti del medico legati ad azioni, quali quelle di rivalsa, «che si collocano “a valle” dell'esperimento vittorioso dell'azione risarcitoria da parte del danneggiato» ancora, sentenza numero 182 del 2023 che, in questa cornice, «[i]n nessun caso […] i dubbi di violazione degli articolo 3 […] e 24 Cost. adombrati dal rimettente potrebbero coinvolgere l'assicurazione obbligatoria prevista a carico del medico “strutturato” dal comma 3 dell'articolo 10 della legge numero 24 del 2017» nemmeno se convenuto in sede civile potrebbe, infatti, chiamare in garanzia la sua assicurazione, perché i danni per il cui risarcimento si chiede la manleva non sono coperti dalla polizza che tiene indenne il medico in caso di rivalsa così la già citata sentenza numero 182 del 2023 che, conclusivamente, anche nel caso odierno, l'inadeguata ricostruzione del quadro normativo di riferimento compromette le valutazioni del rimettente, sia sulla rilevanza, sia sulla non manifesta infondatezza, determinando, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'inammissibilità delle questioni sollevate sentenza numero 182 del 2023 e precedenti ivi richiamati che le questioni, pertanto, vanno dichiarate manifestamente inammissibili. Visti gli articolo 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, numero 87, e 11, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 83 del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli articolo 3, primo comma, e 24 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Palermo, sezione terza penale, in composizione monocratica, con l'ordinanza indicata in epigrafe.