La valutazione sull’esistenza di una colpa professionale deve essere compiuta, con un giudizio ex ante, sulla base di una valutazione prognostica della possibile utilità dell’iniziativa intrapresa o omessa, non potendo comunque l’avvocato garantirne l’esito favorevole.
La Cassazione si è occupata di un'azione di responsabilità promossa nei confronti di un avvocato per asserito comportamento “omissivo”. Decisivo il profilo della valutazione prognostica in questo caso negativa effettuata dal giudice di merito circa la possibile utilità dell'azione giudiziaria dichiarata inammissibile per fatto ricollegabile al professionista. Il fatto Due coniugi subivano un provvedimento di confisca di beni immobili provvedimento della Corte d'appello confisca a carico del marito avente ad oggetto beni immobili intestati alla moglie . Essi conferivano quindi mandato ad un avvocato di difenderli nel procedimento di prevenzione, impugnando con ricorso per cassazione il decreto di confisca della Corte d'Appello. Era accaduto, però, che il ricorso proposto dal marito era stato dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato, mentre quello proposto dalla moglie era stato dichiarato A seguito di tale asserito errore professionale, i motivi di ricorso proposti dall'avvocato nell'interesse della moglie non erano stati esaminati nel merito, con conseguente definitività del provvedimento di confisca peraltro, confermato nei confronti del marito . Su queste basi la moglie citava in giudizio l'avvocato chiedendo il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità professionale. L'avvocato si difendeva esponendo che, ove pure il ricorso proposto per conto dell'attrice fosse stato esaminato nel merito, lo stesso sarebbe stato certamente rigettato, in quanto basato sulle stesse argomentazioni sviluppate nel parallelo ricorso in favore del marito. Il Tribunale respingeva l'azione risarcitoria anche il successivo appello veniva rigettato valutazione negativa circa la sussistenza di un nesso di causalità . Seguiva il ricorso per Cassazione. Come deve essere compiuta la valutazione sull'esistenza di una colpa professionale? La Cassazione, anzitutto, ricorda che in tema di responsabilità professionale dell'avvocato, la valutazione sull'esistenza di una colpa professionale deve essere compiuta, con un giudizio ex ante, sulla base di una valutazione prognostica della possibile utilità dell'iniziativa intrapresa o omessa, non potendo comunque l'avvocato garantirne l'esito favorevole. Principio affermato per lo più in relazione alla responsabilità omissiva, cioè quando si deve valutare la conseguenza dannosa, per il cliente, derivante da un'attività processuale che poteva essere compiuta e, invece, non è stata compiuta. Il principio del “più probabile che non” Tale giudizio si svolge, seguendo le regole causali in materia di responsabilità civile, secondo il principio del più probabile che non, in base al quale può ritenersi, in assenza di fattori alternativi, che l'omissione da parte del difensore abbia avuto efficacia causale diretta nella determinazione del danno. Omissioni di condotte occorre un distinguo In questa materia occorre distinguere fra l'omissione di condotte che, se tenute, sarebbero valse ad evitare l'evento dannoso, dall'omissione di condotte che, viceversa, avrebbero prodotto un vantaggio. In entrambi i casi possono ricorrere gli estremi per la responsabilità civile, ma nella prima ipotesi l'evento dannoso si è effettivamente verificato, quale conseguenza dell'omissione nell'altra, il danno che, se patrimoniale, sarebbe da lucro cessante deve costituire oggetto di un accertamento prognostico, dato che il vantaggio patrimoniale che il danneggiato avrebbe tratto dalla condotta altrui, che invece è stata omessa, non si è realmente verificato e non può essere empiricamente accertato. Il giudizio prognostico e il nesso di causalità Il caso scrutinato dagli Ermellini rientra nella seconda delle due ipotesi tratteggiate, perché si discute di un ricorso per cassazione che l'avvocato ebbe a promuovere in favore della sua cliente e che fu dichiarato inammissibile per difetto di procura speciale, riguardo al quale non è ovviamente possibile stabilire con certezza quale esito avrebbe avuto. I Giudici ribadiscono quindi l'orientamento interpretativo in base al quale la valutazione prognostica compiuta dal giudice di merito è una valutazione che attiene al merito di quel giudizio e, come tale, non è sindacabile in sede di legittimità, essenzialmente perché è un giudizio che ha ad oggetto il nesso di causalità tra l'attività omessa e il possibile esito favorevole che sarebbe potuto derivare al cliente. Un esempio concreto e dichiaratamente assurdo I giudici di legittimità, per meglio chiarire il loro pensiero, formulano un esempio “volutamente assurdo, ma che può essere illuminante” ammettiamo che l'avvocato abbia proposto ricorso per cassazione ma che – proprio come nel caso di specie – abbia omesso di farsi firmare la procura speciale, per cui il ricorso venga dichiarato, ovviamente, inammissibile. Se il giudice di merito, chiamato a valutare la responsabilità del professionista per tale omissione, affermasse che essa non sussiste perché il ricorso – ove pure fosse stato corredato di procura speciale – sarebbe stato condannato all'inammissibilità per tardività, essendo stato proposto dieci giorni dopo il deposito della sentenza di merito termine palesemente errato , si tratterebbe di una conclusione talmente assurda e non conforme a diritto che non potrebbe essere ignorata. In altri termini, se la questione posta al giudice di merito è di puro diritto, l'errore di sussunzione potrà e dovrà essere considerato anche nel giudizio di cassazione, pur rimanendo la valutazione giuridica del giudice di merito tendenzialmente estranea al perimetro del giudizio di legittimità. La responsabilità civile non è uno strumento finalizzato a sanzionare i colpevoli La Corte territoriale doveva valutare se - pacifico essendo l'errore dell'avvocato, che non è discutibile -, da tale errore fosse realmente derivato un danno alla cliente ciò, peraltro, tenendo in considerazione un aspetto molto importante, per cui la responsabilità civile non è uno strumento finalizzato a sanzionare i colpevoli, quanto a risarcire i danni, ove essi siano sussistenti. La Corte di merito aveva evidenziato come non fosse stata oggetto di impugnazione la parte della sentenza del Tribunale nella quale era stato accertato che il ricorso per cassazione proposto nell'interesse della cliente/moglie era fondato sulle medesime argomentazioni proposte nell'altro ricorso del marito , elemento dal quale il Tribunale aveva tratto il conseguente convincimento che anche il “secondo” ricorso, ove ammissibile, sarebbe stato certamente rigettato dalla Corte di cassazione. Del resto, precisa sempre la Cassazione, non era stato neppure censurato il passaggio motivazionale del giudice di primo grado secondo cui la conferma della confisca, da parte della Suprema Corte, a carico del cliente “marito”, dimostrava ulteriormente che anche il ricorso dichiarato inammissibili per profili legati alla procura sarebbe stato rigettato. Un caso “di scuola” e l'inammissibilità di un riesame nel merito In altri termini, secondo i Giudici, il caso in esame potrebbe definirsi “di scuola”, nel senso che la valutazione prognostica da compiere non consisteva in un giudizio di puro diritto, bensì era un giudizio di fatto fondato su di una valutazione giuridica della vicenda processuale. Si trattava, in altre parole, di un giudizio nel quale il giudice di merito, esercitando la propria tipica discrezionalità, era chiamato a prevedere quale avrebbe potuto essere l'effetto positivo per la cliente, in ipotesi non ottenuto a causa dell'omissione della professionista. In questo quadro, in sede di legittimità, non è ammissibile insistere nell'affermare che il ricorso redatto dall'avvocato avrebbe potuto, se ammissibile, essere accolto, trattandosi di un tentativo di ottenere appunto, in sede di legittimità un diverso e non consentito esame del merito.
Presidente Scrima – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. Lo.Ma. convenne in giudizio l'avv. Flavia Pivano, davanti al Tribunale di Torino, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni in suo favore, a titolo di responsabilità professionale. A sostegno della domanda espose che, avendo la Corte d'Appello di Torino disposto a carico di suo marito, Ra.Br., con decreto 21 febbraio 2014, numero 58, la confisca di beni immobili a lei intestati, entrambi i coniugi avevano incaricato l'avvocatessa convenuta di difenderli nel procedimento di prevenzione, impugnando con ricorso per cassazione il citato decreto della Corte d'Appello. Era accaduto, però, che il ricorso proposto dal marito era stato dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato, mentre quello proposto dalla Lobono era stato dichiarato inammissibile perché l'avv. Pivano aveva omesso di farsi rilasciare la procura speciale da parte dell'attrice. A seguito di tale errore professionale, i motivi di ricorso proposti dalla professionista nell'interesse della Lobono non erano stati esaminati nel merito, con conseguente definitività del provvedimento di confisca. Si costituì in giudizio l'avv. Pivano, chiedendo il rigetto della domanda. Espose la professionista che, ove pure il ricorso da lei proposto per conto dell'attrice fosse stato esaminato nel merito, lo stesso sarebbe stato certamente rigettato, in quanto basato sulle stesse argomentazioni sviluppate nel parallelo ricorso in favore del Ra.Br. Il Tribunale rigetto la domanda e condanno l'attrice al pagamento delle spese di giudizio. 2. La pronuncia è stata impugnata dalla Lobono e la Corte d'Appello di Torino, con sentenza del 23 ottobre 2020, ha rigettato il gravame e ha condannato l'appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado. 2.1. Ha osservato la Corte territoriale, esaminando il primo motivo di appello, che il Tribunale aveva dato per scontato l'errore commesso dall'avv. Pivano ma che, trattandosi di un giudizio di responsabilità professionale, si era correttamente soffermato sugli aspetti oggettivamente controvertibili della causa, in particolare esaminando il profilo del nesso di causalità tra l'inadempimento ascritto e il danno lamentato. Occorreva pertanto valutare, con un giudizio prognostico, quale avrebbe potuto essere l'esito del ricorso per cassazione proposto per conto della Lobono ove non vi fosse stata la pacifica carenza della procura speciale. Tanto premesso, la Corte di merito ha rilevato che il Tribunale aveva deciso in modo corretto allorquando si era limitato ad esaminare solamente le argomentazioni addotte dai giudici che si sono espressi in favore della confisca , cioè la Corte d'Appello di Torino e la Corte di cassazione, senza tenere conto delle diverse argomentazioni con le quali il Tribunale di Torino, in primo grado, aveva deciso in senso favorevole alla Lobono e ciò in quanto tale ultima decisione era stata riformata nei successivi gradi di giudizio. D'altra parte, era da ritenere irrilevante il fatto che il Tribunale civile non avesse esaminato i documenti comprovanti la fondatezza nel merito della tesi di Lo.Ma. , per la semplice ragione che il ricorso per cassazione può essere proposto solo per motivi di legittimità nella specie, la violazione dell'articolo 16 del D.Lgs. numero 159 del 2011 . La Corte torinese ha anche aggiunto che non era stata oggetto di impugnazione, da parte dell'appellante, la parte della sentenza del Tribunale nella quale era stato accertato che il ricorso per cassazione proposto nell'interesse del Ra.Br. era fondato sulle medesime argomentazioni proposte da Lo.Ma., elemento dal quale il Tribunale aveva tratto il conseguente convincimento che anche il ricorso di Lo.Ma., ove ammissibile, sarebbe stato certamente rigettato dalla Corte di cassazione . La mancata censura di tale parte della motivazione della sentenza di primo grado - se non attraverso marginali rilievi nelle ultime pagine dell'appello - portava a ritenere che quel punto fosse ormai passato in giudicato d'altra parte, la motivazione resa dal Tribunale nel senso che i due ricorsi per cassazione erano fondati sui medesimi motivi è stata ritenuta dalla Corte d'Appello di per sé idonea a sorreggere la decisione impugnata . Né poteva essere dimenticato che la Lobono non aveva specificamente censurato neppure il passaggio della motivazione del Tribunale civile secondo cui la conferma della misura della confisca, da parte della Corte Suprema, a carico del Ra.Br. dimostrava ulteriormente che anche il ricorso della Lobono sarebbe stato rigettato. 2.2. In relazione al secondo motivo d'appello, la sentenza ha rilevato che le censure ivi prospettate erano irrilevanti, in quanto prive di carattere decisorio. Le doglianze relative alla mancanza di adeguata informazione da parte del difensore non erano esaminabili, in quanto nell'atto di citazione in primo grado non era stato contestato alla professionista un tale inadempimento. 2.3. Quanto, infine, al terzo motivo di appello, la Corte torinese ha stabilito che lo stesso era manifestamente infondato nella parte in cui lamentava che il vizio di procura avesse precluso un esame del merito del ricorso per cassazione proposto dalla Lobono in via autonoma rispetto a quello del coniuge. A tale conclusione la sentenza è giunta precisando che il Tribunale civile era chiamato solo a stabilire se il ricorso avrebbe avuto una seria probabilità di essere accolto in sede di legittimità , cosa che il primo giudice aveva fatto, formulando una prognosi di certa soccombenza . 3. Contro la sentenza della Corte d'Appello di Torino propone ricorso Lo.Ma.con atto affidato a tre motivi. Resiste l'avv. Flavia Pivano con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria. Fissata la trattazione del ricorso nella camera di consiglio del 6 dicembre 2023, questa Corte ha disposto, con ordinanza interlocutoria del 6 febbraio 2024, numero 3438, che il ricorso venisse discusso alla pubblica udienza, attesa la rilevanza nomofilattica delle questioni. Le parti hanno depositato memorie. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni per iscritto, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o infondato. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 3 , cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli articolo 1176 e 2697 cod. civ., nonché degli articolo 115 e 116 cod. proc. civ., per avere la sentenza erroneamente escluso la sussistenza della responsabilità professionale. Osserva la ricorrente che la Corte d'Appello avrebbe compiuto un'erronea applicazione dei principi sul nesso di causalità nella responsabilità professionale dell'avvocato. Dopo aver premesso che la sentenza impugnata si era limitata ad un acritico recepimento delle argomentazioni svolte dal Tribunale, la ricorrente rileva che non sarebbe corretta l'affermazione della Corte d'Appello secondo cui i giudici di primo e secondo grado non erano tenuti ad esaminare il fondamento delle ragioni addotte dalla Lo.Ma. in sede di ricorso per cassazione penale quale terza interessata al provvedimento di confisca. Solo in quella sede, infatti, la ricorrente avrebbe potuto, per la prima volta, opporsi alla misura di prevenzione assunta dalla Corte d'Appello penale nei confronti del marito. Richiamato un precedente provvedimento, a sé favorevole, emesso dal Tribunale penale di Torino, la ricorrente osservata pubblicazione ricorso per cassazione proposto dall'avv. Pivano e poi dichiarato inammissibile per carenza della procura speciale era da ritenere pienamente fondato, posto che non vi poteva essere alcun collegamento tra l'attività criminosa svolta dal Ra.Br. a partire dagli anni 2000 e l'acquisto, da parte della Lo.Ma., dell'immobile confiscato, avvenuto negli anni ottanta del secolo scorso. Se solo il ricorso della Lo.Ma. fosse stato esaminato nel merito, si sarebbe potuta dimostrare la mancanza di un elemento decisivo ai fini della confisca, e cioè che il bene in questione fosse il frutto o il reimpiego di attività illecite del marito e la Corte di cassazione avrebbe potuto verificare che la fonte del patrimonio immobiliare della Lo.Ma. era chiaramente identificabile e legittima . Il motivo in esame rileva, inoltre, che nell'atto di appello erano state avanzate una serie di argomentazioni idonee a contrastare l'affermazione del Tribunale civile secondo cui il ricorso della Lo.Ma. era basato sulle stesse motivazioni di quello del marito. Sarebbe stato onere della controparte, osserva la ricorrente, dimostrare che quei motivi erano identici. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 5 , cod. proc. civ., omesso esame di alcuni fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione. Osserva la ricorrente che la sentenza in esame non avrebbe tenuto in considerazione alcuni decisivi elementi. In particolare, non avrebbe valutato che dalla lettura della sentenza della Cassazione penale numero 30448 del 2015 emergeva l'assoluta diversità dei motivi di ricorso proposti dalla ricorrente rispetto a quelli dedotti dal marito che il ricorso proposto in quel giudizio dal Ra.Br. non era stato mai prodotto e che la motivazione della citata sentenza numero 30448 avrebbe dovuto indurre a diverse conclusioni. In quella decisione, infatti, il ricorso del Ra.Br. era stato rigettato solo sulla base della valutazione di infondatezza del primo motivo, che aveva ad oggetto il giudizio di pericolosità sociale mentre era stato dichiarato inammissibile il motivo, proposto dal medesimo ricorrente, avente ad oggetto la restituzione dei beni confiscati alla Lo.Ma. Ne consegue, secondo la ricorrente, che la declaratoria di inammissibilità del ricorso da lei presentato, dovuta alla mancanza della procura speciale, aveva una portata determinante, perché la sentenza della Cassazione penale numero 30448 del 2015 non aveva assunto alcuna pronuncia sul merito della legittimità della confisca, contestata sia dalla Lo.Ma. che dal Ra.Br. Secondo la ricorrente, in altre parole, la sentenza oggi impugnata non avrebbe considerato che le ragioni della c.d. conferma della confisca esplicitate dalla citata sentenza numero 30448 potevano valere solo nei confronti del marito, in punto sua pericolosità sociale e non in punto misura patrimoniale . La definitività del provvedimento di confisca, in conclusione, sarebbe conseguente soltanto al difetto di procura speciale in capo dell'avv. Pivano, senza che possa assumere rilievo la successiva sentenza della Cassazione penale numero 44667 del 2016, avente ad oggetto il merito del processo penale a carico del Ra.Br. 3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 3 , cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'articolo 115 cod. proc. civ. sotto un diverso e ulteriore profilo. La ricorrente osserva che l'affermazione principale, e sostanzialmente unica, in base alla quale la sua domanda risarcitoria è stata rigettata dalla Corte d'Appello, sarebbe da ricollegare alla valutazione prognostica circa la sicura soccombenza della Lo.Ma. nel caso in cui il ricorso presentato dall'avv. Pivano fosse stato esaminabile nel merito. Tale giudizio si fonda, secondo la ricorrente, esclusivamente sulla condanna penale del marito della Lo.Ma. e si traduce in un rilevantissimo danno per la stessa, che aveva perso la proprietà dell'unica casa di abitazione per colpa dell'errore professionale dell'avv. Pivano. 4. La trattazione dei tre motivi avverrà congiuntamente, data l'evidente connessione che li unisce, ponendo in luce le argomentazioni che, di volta in volta, interesseranno specificamente l'uno o l'altro degli stessi. 4.1. Ai fini del completo esame delle censure proposte, il Collegio ritiene opportuno ricordare che in tema di responsabilità professionale dell'avvocato la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni ribadito, con un orientamento ormai consolidato, che la valutazione sull'esistenza di una colpa professionale deve essere compiuta, con un giudizio ex ante, sulla base di una valutazione prognostica della possibile utilità dell'iniziativa intrapresa o omessa, non potendo comunque l'avvocato garantirne l'esito favorevole viene di frequente richiamata, al riguardo, l'antica e ormai superata distinzione tra obbligazioni di mezzo e obbligazioni di risultato . Questo principio è stato affermato per lo più in relazione alla responsabilità omissiva, cioè quando si deve valutare la conseguenza dannosa, per il cliente, derivante da un'attività processuale che poteva essere compiuta e non è stata compiuta v., tra le altre, la sentenza 24 ottobre 2017, numero 25112, e le recenti ordinanze 19 gennaio 2024, numero 2109, e 6 settembre 2024, numero 24007 . Tale giudizio si svolge, seguendo le regole causali in materia di responsabilità civile, secondo il principio del più probabile che non, in base al quale può ritenersi, in assenza di fattori alternativi, che l'omissione da parte del difensore abbia avuto efficacia causale diretta nella determinazione del danno. Si è detto, in particolare, che in questa materia occorre distinguere fra l'omissione di condotte che, se tenute, sarebbero valse ad evitare l'evento dannoso, dall'omissione di condotte che, viceversa, avrebbero prodotto un vantaggio. In entrambi casi possono ricorrere gli estremi per la responsabilità civile, ma nella prima ipotesi l'evento dannoso si è effettivamente verificato, quale conseguenza dell'omissione nell'altra, il danno che, se patrimoniale, sarebbe da lucro cessante deve costituire oggetto di un accertamento prognostico, dato che il vantaggio patrimoniale che il danneggiato avrebbe tratto dalla condotta altrui, che invece è stata omessa, non si è realmente verificato e non può essere empiricamente accertato così la citata sentenza numero 25112 del 2017, testualmente ripresa dalla successiva ordinanza 30 aprile 2018, numero 10320 . Il caso odierno rientra nella seconda delle due ipotesi ora tratteggiate, perché si discute di un ricorso per cassazione che l'avv. Pivano ebbe a promuovere in favore dell'odierna ricorrente e che fu dichiarato inammissibile per difetto di procura speciale, riguardo al quale non è ovviamente possibile stabilire con certezza quale esito avrebbe avuto. 4.2. Tanto premesso, la Corte rileva che la questione giuridica sottesa all'odierno ricorso non è priva di complessità, posto che in proposito potrebbe sussistere - anche se solo in apparenza, come si vedrà - un contrasto all'interno della giurisprudenza di legittimità che è poi l'effettiva ragione per la quale si è ritenuto di fissare in pubblica udienza la decisione di un ricorso che era originariamente destinato alla trattazione col rito camerale. Giova ricordare che l'ormai non più recente sentenza 13 febbraio 2014, numero 55, affermò che nelle cause di responsabilità professionale nei confronti degli avvocati, la motivazione del giudice di merito in ordine alla valutazione prognostica circa il probabile esito dell'azione giudiziale che è stata malamente intrapresa o proseguita è una valutazione in diritto, fondata su di una previsione probabilistica di contenuto tecnico giuridico. Ma nel giudizio di cassazione tale valutazione, ancorché in diritto, assume i connotati di un giudizio di merito, il che esclude che questa Corte possa essere chiamata a controllarne l'esattezza in termini giuridici . Rispetto a questa sentenza si è posta, in motivato e consapevole dissenso, la suindicata ordinanza numero 10320 del 2018, la quale ha viceversa affermato che la valutazione compiuta dal giudice di merito in ordine al possibile effetto favorevole, per l'assistito, dell'attività omessa dall'avvocato, possa essere sindacata qualora in essa si ravvisi un errore di sussunzione ciò perché in quel caso l'accertamento demandato al Tribunale riguardava una questione di puro diritto . Si discuteva in quel giudizio - è bene ricordarlo per incidens -soltanto del se il coniuge, al quale era stato fissato, in sede di separazione, l'obbligo di versamento di un assegno all'altro coniuge, potesse o meno far valere le ragioni per sottrarsi al proprio obbligo di pagamento rimasto inevaso con lo strumento dell'opposizione all'esecuzione articolo 615 cod. proc. civ. o con quello del ricorso per la modifica delle condizioni della separazione articolo 710 cod. proc. civ. . L'ordinanza numero 10320 del 2018, ritenendo che lo strumento giuridico correttamente utilizzabile fosse solo il secondo, ha cassato la sentenza che aveva, viceversa, ritenuto esperibile il primo e per tale ragione aveva escluso la responsabilità professionale dell'avvocato che, nel proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza che aveva deciso il giudizio di opposizione all'esecuzione, era incorso nel vizio di improcedibilità del ricorso sanzione processuale ritenuta irrilevante ai fini della responsabilità professionale, perché quel ricorso non avrebbe avuto probabilità di accoglimento conclusione che questa Corte ha ritenuto giuridicamente errata . La giurisprudenza più recente ha dato continuità, in modo che può definirsi compatto, all'opzione interpretativa di cui alla sentenza numero 3355 del 2014 v. in tal senso le ordinanze 14 novembre 2022, numero 33466, 25 luglio 2023, e 27 luglio 2024 numero 21045 . Ritiene peraltro questo Collegio che non sia ravvisabile, in materia, un contrasto. Ed infatti, va ribadito l'orientamento maggioritario in base al quale la valutazione prognostica compiuta dal giudice di merito è una valutazione che attiene al merito di quel giudizio e, come tale, non è sindacabile in sede di legittimità, essenzialmente perché è un giudizio che ha ad oggetto il nesso di causalità tra l'attività omessa e il possibile esito favorevole che sarebbe potuto derivare al cliente. Non si può tuttavia escludere -dando continuità anche all'insegnamento contenuto nell'ordinanza numero 10320 del 2018 - che, quando la valutazione giuridica compiuta dal giudice di merito nello svolgimento del giudizio c.d. controfattuale si fonda su un presupposto manifestamente e totalmente errato, simile errore non potrà essere ignorato. Spieghiamo quest'affermazione con un esempio che è volutamente assurdo, ma che può essere illuminante. Ammettiamo che l'avvocato abbia proposto ricorso per cassazione ma che -proprio come nel caso odierno - abbia omesso di farsi firmare la procura speciale, per cui il ricorso venga dichiarato, ovviamente, inammissibile. Se il giudice di merito, chiamato a valutare la responsabilità del professionista per tale omissione, affermasse che essa non sussiste perché il ricorso - ove pure fosse stato corredato di procura speciale - sarebbe stato condannato all'inammissibilità per tardività, essendo stato proposto dieci giorni dopo il deposito della sentenza di merito termine palesemente errato , si tratterebbe di una conclusione talmente assurda e non conforme a diritto che non potrebbe essere ignorata. In altri termini, come l'ordinanza numero 10320 del 2018 ha affermato, se la questione posta al giudice di merito è di puro diritto, l'errore di sussunzione potrà e dovrà essere considerato anche nel giudizio di cassazione, pur rimanendo la valutazione giuridica del giudice di merito tendenzialmente estranea al perimetro del giudizio di legittimità. 5. Compiuta quest'ampia premessa per dare conto della complessa problematica che fa da sfondo al giudizio odierno, la Corte ritiene che i tre motivi di ricorso non superino il vaglio preliminare di ammissibilità. 5.1. La Corte d'Appello di Torino era chiamata a valutare se, dichiarato inammissibile, per mancanza della procura speciale, il ricorso per cassazione proposto dall'avv. Pivano nell'interesse della Lo.Ma. con la sentenza della Cassazione penale numero 30448 del 2015 , sussistesse o meno una responsabilità professionale della prima o, meglio, se, pacifico essendo l'errore della professionista, che non è discutibile, da tale errore fosse realmente derivato un danno alla cliente, tenendo a mente che la responsabilità civile non è uno strumento finalizzato a sanzionare i colpevoli, quanto a risarcire i danni, ove essi siano sussistenti. A questa domanda la Corte d'Appello ha dato risposta negativa, svolgendo con ampiezza di argomentazioni quella valutazione prognostica che essa era chiamata a compiere. Richiamando i passaggi già riportati nella precedente parte in fatto, il Collegio ricorda che la Corte di merito ha evidenziato come non fosse stata oggetto di impugnazione, da parte dell'appellante, la parte della sentenza del Tribunale nella quale era stato accertato che il ricorso per cassazione proposto nell'interesse del Ra.Br. era fondato sulle medesime argomentazioni proposte da Lo.Ma., elemento dal quale il Tribunale aveva tratto il conseguente convincimento che anche il ricorso di Lo.Ma., ove ammissibile, sarebbe stato certamente rigettato dalla Corte di cassazione . Come pure essa ha aggiunto che la Lo.Ma. non aveva specificamente censurato neppure il passaggio della motivazione del Tribunale civile secondo cui la conferma della misura della confisca, da parte della Corte Suprema, a carico del Ra.Br. dimostrava ulteriormente che anche il ricorso della Lo.Ma. sarebbe stato rigettato. Il caso odierno, in altri termini, si potrebbe definire di scuola, nel senso che la valutazione prognostica da compiere non consisteva in un giudizio di puro diritto, bensì era un giudizio di fatto fondato su di una valutazione giuridica della vicenda processuale si trattava, in altre parole, di un giudizio nel quale il giudice di merito, esercitando la propria tipica discrezionalità, era chiamato a prevedere quale avrebbe potuto essere l'effetto positivo per la cliente Lo.Ma., in ipotesi non ottenuto a causa dell'omissione della professionista. Nella specie, la motivazione resa dalla Corte d'Appello è solida e resiste alle proposte censure. Ed invero, il primo motivo di ricorso si risolve nell'evidente tentativo di ottenere in questa sede un diverso e non consentito esame del merito, perché insiste nell'affermare che il ricorso redatto dall'avv. Pivano avrebbe potuto, se ammissibile, essere accolto, posto che non c'era alcun collegamento tra l'attività criminosa svolta dal Ra.Br. a partire dagli anni 2000 e l'acquisto, da parte della Lo.Ma., dell'immobile confiscato, avvenuto negli anni ottanta del secolo scorso. Punto sul quale il Tribunale e la Corte d'Appello hanno esercitato il loro potere valutativo, pervenendo alla medesima conclusione. Il secondo motivo offre il fianco, da parte sua, ad un rilievo di inammissibilità, perché pone una censura di omesso esame di un fatto decisivo in relazione al mancato esame di due documenti, costituiti dalle sentenze della Cassazione penale numero 30448 del 2015 e numero 44667 del 2016. Costituisce approdo pacifico della giurisprudenza di questa Corte - nella scia della nota pronuncia delle Sezioni Unite 7 aprile 2014, numero 8053 - il principio in base al quale l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. In realtà, i fatti storici di cui sarebbe stata omessa la valutazione e che vengono individuati espressamente dalla ricorrente sono altri e sono, precisamente, quelli indicati alle pagine 17, 19 e 20 del ricorso i quali, come evidenziato dal Procuratore generale nelle sue conclusioni scritte, non sono fatti nel senso precisato dalla giurisprudenza di questa Corte accadimento fenomenico il cui omesso esame possa essere lamentato ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 5 , del codice di rito. Tuttavia, pur a voler desumere, dal complesso delle doglianze proposte con il secondo motivo, che il fatto storico omesso sia costituito dall'esistenza di una complessa vicenda penale che vedeva il Ra.Br. imputato di reati gravi, in sede sia di misura di prevenzione che di processo penale vero e proprio, sfociato poi nelle due suindicate decisioni della Cassazione penale, si tratta comunque di fatti che sono stati esaminati dalla Corte di merito, il che già di per sé dovrebbe tradursi nell'inammissibilità della censura. 5.2. La Corte ritiene opportuno, a questo proposito, aggiungere due ulteriori considerazioni. È vero che la sentenza numero 30448 del 2015 della Cassazione penale ha affermato, in uno dei passaggi conclusivi, che il Ra.Br. difettava di interesse a dolersi della mancata restituzione alla Lo.Ma. dei beni immobili confiscati, di sua proprietà, non essendo legittimato all'impugnazione il soggetto sottoposto a misura di prevenzione personale che non contesti la titolarità del bene intestato al terzo e non accampi quindi un proprio diritto su quel bene, in quanto, in tal caso, la legittimazione all'impugnazione spetta al terzo . Questo singolo passaggio, però, non potrebbe, di per sé, condurre ad affermare che il ricorso della Lo.Ma., se esaminato, sarebbe stato accolto rimane insuperata, infatti, l'affermazione della Corte torinese nel punto in cui ha rilevato che l'odierna ricorrente non aveva contestato la sentenza del Tribunale là dove aveva stabilito che il ricorso per cassazione proposto nell'interesse del Ra.Br. era fondato sulle medesime argomentazioni proposte dalla Lo.Ma. La seconda considerazione è che la definitiva sentenza emessa dalla Cassazione penale nei confronti del Ra.Br., che è la citata numero 44667 del 2016, della quale la ricorrente lamenta il mancato esame, contiene alcuni passaggi specifici dedicati all'acquisto del bene immobile da parte della Lo.Ma. punto 29.2, pp. 178-179 della motivazione , nei quali questa Corte ha rilevato, tra l'altro, che la separazione tra il Ra.Br. e la Lo.Ma. era fittizia e che la situazione patrimoniale dei due coniugi non avrebbe in alcun modo consentito loro, per evidente ragioni, di acquistare il compendio immobiliare intestato alla moglie. Si tratta, com'è ovvio, di considerazioni compiute dalla Cassazione penale in relazione ad un contesto processuale affatto diverso da quello oggetto della presente causa, intentata dalla Lo.Ma. contro l'avv. Pivano e tuttavia ne risulta corroborata la tesi della Corte torinese nella parte in cui ha osservato che il ricorso per cassazione redatto dall'avv. Pivano e sfociato nella pronuncia di inammissibilità di cui alla sentenza numero 30448 del 2015 non aveva, in effetti, alcuna possibilità di essere accolto. Il che è un ulteriore elemento decisivo ai fini di escludere che l'errore professionale si sia tradotto in un danno effettivo per la parte assistita. Si osserva, infine, che il terzo motivo di ricorso non è altro che una sostanziale ripetizione dei precedenti, sicché è da ritenere anch'esso inammissibile. 6. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile. A tale esito segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 13 agosto 2022, numero 147, sopravvenuto a regolare i compensi professionali. Sussistono inoltre i presupposti processuali di cui all'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 6.300, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.