In caso di vaccinazione non obbligatoria, la Suprema Corte ha chiarito che, se non sussiste un valido consenso informato dei pazienti, l'Asl deve essere condannata al risarcimento danni, dal momento che, se informati sui rischi, i soggetti coinvolti avrebbero potuto non procedere con la somministrazione.
La Cassazione, con la pronuncia in esame, ha confermato la legittimità della condanna di un'azienda sanitaria locale al risarcimento di 10mila euro per i parenti di un neonato sottoposto ad una vaccinazione non obbligatoria, stante l'assenza di consenso informato. In particolare, i genitori del bambino avevano richiesto il risarcimento danni sia per l'insussistenza di un valido consenso informato sia per gli evidenti gravi danni conseguenti alla somministrazione del vaccino. Dopo il rigetto in primo grado e il parziale accoglimento in appello, i genitori proponevano ricorso per cassazione lamentando che il giudice di secondo grado aveva accolto solo la domanda relativa al consenso informato e non anche quella relativo al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale a carico del minore, dei genitori e della sorella, in quanto, in seguito alla malattia, il normale assetto della vita familiare risultava completamente sconvolto. Il ricorso è stato complessivamente rigettato. Nello specifico, per i Giudici, la Corte d'Appello aveva correttamente riconosciuto il deficit informativo in capo alla Asl sui rischi di eventuali reazioni fisiche conseguenti all'esecuzione della vaccinazione, negando, tuttavia, l'esistenza della prova del nesso causale tra la somministrazione del vaccino e tutti i problemi fisici e psicofisici che dopo poco si sono manifestati a carico del minore. Infatti, sulla base delle più accreditate ricerche scientifiche – ha chiarito la Cassazione – non vi è alcuna connessione causale tra lo sviluppo dell'autismo e la somministrazione dei vaccini.
Presidente Travaglino - Relatore Rubino Fatti di causa 1.- A. M. F. M. e C. A., in proprio e numero q. di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul minore A. V., nonché A. F. M., sorella del minore, propongono ricorso per cassazione articolato in cinque motivi nei confronti della ASL OMISSIS per la cassazione della sentenza numero 1342\2020 emessa dalla Corte d'appello di Bari in data 22.7.2020. 2. - Resiste la ASL OMISSIS con controricorso. 3 - Sia i ricorrenti che la ASL hanno depositato memorie. Con la memoria, si è costituito in proprio A. V., divenuto maggiorenne nel corso del giudizio. 4. – Questa la vicenda, per quanto ancora di interesse - i signori A. nel 2013 convenivano in giudizio la ASL di OMISSIS , chiedendone al condanna del risarcimento dei danni causati dall'aver somministrato al minore A. V. di 13 mesi per la vaccinazione esavalente obbligatoria un farmaco Infarix hexa che gli provocava una elevata reazione febbrile, e poi a 35 giorni di distanza altro farmaco Morupar, successivamente ritirato dal commercio, per la vaccinazione non obbligatoria contro morbillo, rosolia e parotite, a seguito del quale nell'immediato si verificavano reazioni avverse e nell'arco di breve tempo il bimbo, nato sano, risultava colpito da una progressiva grave regressione psico fisica - i genitori dapprima intraprendevano una causa chiedendo l'indennizzo ex lege 210 del 1992 che veniva riconosciuto loro con sentenza del 2011 passata in giudicato in cui, nella ricostruzione dei ricorrenti, si accertava il nesso causale tra la vaccinazione e il danno alla salute consistente in una malattia neurologica permanente ed invalidante - agivano quindi in giudizio nei confronti della ASL chiedendo il risarcimento sia sotto il profilo della insussistenza di un valido consenso informato, sia per aver causato con le vaccinazioni, ad un bimbo nato sano, una progressiva regressione, che lo portava alla perdita del linguaggio, del controllo corporeo e a sviluppare una significativa aggressività con conseguente danno patrimoniale e non patrimoniale a carico del minore, dei genitori e della sorella, in quanto il normale assetto della vita familiare risultava completamente sconvolto dalla necessità di privilegiare le esigenze di cura, di accudimento e di sorveglianza del minore. 5. - Il tribunale rigettava la domanda. 6. - La Corte d'appello di Bari accoglieva solo in minima parte la domanda risarcitoria, in relazione alla sola mancanza di una adeguata informazione circa i rischi connessi alla vaccinazione non obbligatoria, ai fini della formazione del consenso informato, liquidando in favore dei ricorrenti numero q. di genitori del minore la somma di euro 10.000. 6.1. - Rigettava tutte le altre domande proposte, affermando che mancasse ogni prova del nesso causale tra la vaccinazione, sia pur effettuata con un farmaco poi ritirato dal commercio, e le patologie manifestate dopo poco tempo dal minore, riconducibili allo spettro autistico del quale le pubblicazioni scientifiche accreditate escludevano che potesse essere riconducibile causalmente alle vaccinazioni. Compensava le spese di lite nella misura della metà, ponendole per il residuo a carico della ASL appellata. 7. – La causa è stata avviata alla trattazione nell'adunanza camerale del 20 settembre 2024, all'esito della quale il Collegio ha riservato il deposito della decisione nei successivi sessanta giorni. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del principio del giudicato formale esterno sia in merito alla legittimazione passiva della Asl sia in merito all'esistenza del nesso causale tra la somministrazione vaccinale e i gravi disturbi autistici manifestatisi nel minore poco dopo nonché la violazione dell'articolo 324 c.c. Sostengono che la legittimazione passiva della ASL OMISSIS sarebbe stata già affermata, con sentenza del Tribunale di Trani tra le stesse parti del 2011, passata in giudicato, volta al riconoscimento del diritto all'indennizzo ma avente ad oggetto l'accertamento dei medesimi fatti, prodotta in allegato al ricorso. In disparte l'esame della fondatezza del motivo, in ordine alla quale comunque si rileva la diversità di causa petendi e di petitum, tra il giudizio avente ad oggetto l'indennizzo per le eventuali conseguenze pregiudizievoli delle vaccinazioni obbligatorie o raccomandate, in cui la sottoposizione del singolo alla vaccinazione integra un comportamento di utilità generale per ragioni di solidarietà sociale, bilanciato, nella ripartizione dei rischi da esso eventualmente derivanti, dalla previsione di un indennizzo a carico dello Stato, e il giudizio avente ad oggetto il risarcimento di tutti i danni eventualmente provocati dalla vaccinazione, deve ritenersi il motivo del tutto inammissibile, perché gli attuali ricorrenti non hanno formulato uno specifico motivo di appello sul punto della intervenuta formazione del giudicato interno, sulla base del precedente, definitivo riconoscimento del diritto all'indennizzo da vaccinazione, ex lege numero 210 del 1992 operato con sentenza del 2011 passata in giudicato. Neppure il giudicato si è formato successivamente alla definizione del giudizio di merito, e pertanto la relativa eccezione non può essere dedotta, per la prima volta, in sede di legittimità v. Cass. numero 5370 del 2024, secondo la quale “L'eccezione di giudicato esterno non può essere dedotta per la prima volta in cassazione se il giudicato si è formato nel corso del giudizio di merito, attesa la non deducibilità, in tale sede, di questioni nuove se, invece, il giudicato esterno si è formato dopo la conclusione del giudizio di merito e, cioè, dopo il termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello , la relativa eccezione è opponibile nel giudizio di legittimità” . La questione non è mai stata introdotta nel giudizio di merito e pertanto non può essere esaminata, per la prima volta, in sede di legittimità. I ricorrenti avrebbero caso mai avuto l'onere, per far valere la contraddittorietà della pronuncia con un precedente giudicato, di proporre la specifica ipotesi di revocazione di cui all'articolo 395 numero 5 c.p.c. 2. - Con il secondo motivo denunciano l'esistenza di una motivazione manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria e la violazione dell'articolo 132 secondo comma numero 4 c.p.c. nonché dell'articolo 115 c.p.c. Lamentano che la Corte d'appello abbia accolto solo il motivo di impugnazione relativo al consenso informato e non anche quello relativo al risarcimento dei danni da somministrazione del vaccino senza tener conto del fatto che se adeguatamente informati dei rischi i genitori non avrebbero fatto somministrare il vaccino al minore. Il motivo è del tutto infondato. La Corte d'appello ha riconosciuto un deficit informativo in capo alla Asl sui rischi di eventuali reazioni fisiche conseguenti all'esecuzione della vaccinazione, ma ha negato l'esistenza della prova di alcun nesso causale tra la somministrazione del vaccino e tutti i problemi fisici e psicofisici che di lì a poco si sono manifestati a carico del minore, che non pone in relazione di causalità con la somministrazione del vaccino in quanto riconducibili allo spettro dell'autismo, accertando che l'autismo debba ritenersi privo di alcuna connessione causale con la somministrazione di vaccini sulla base delle più accreditate ricerche scientifiche. 3. - Con il terzo motivo denunciano l'omesso esame di elementi istruttori aventi carattere decisivo. Lamentano in particolare che non siano state valutate le prove documentali prodotte, relative a una corretta quantificazione del danno, e neppure le prove orali richieste a supporto di essa. il motivo è del tutto inammissibile perché, come detto, la Corte d'appello ha escluso ogni nesso causale tra la vaccinazione e la sindrome di autismo riportata dal bambino e quindi, avendo negato radicalmente l'an del diritto al risarcimento, non ha poi - correttamente - sviluppato l'istruttoria sul quantum né preso in considerazione la documentazione relativa alla quantificazione del danno. 4. - Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano la sentenza impugnata in relazione al punto della regolamentazione delle spese di lite. La sentenza ha compensato le spese di lite al 50% ponendole per il restante 50% a carico della Asl soccombente. Il motivo di ricorso non sviluppa in effetti alcuna censura in termini di violazione di legge, e come tale può ritenersi inammissibile. I ricorrenti avrebbero auspicato che la ASL fosse stata integralmente condannata a sostenere le spese di lite. Giacché la domanda dei ricorrenti è stata accolta solamente in minima parte, la decisione di compensazione parziale da un lato è pienamente corretta dall'altro è anche ampiamente favorevole agli attuali ricorrenti, la cui domanda, per oltre un milione di euro, è stata accolta solamente per 10.000 euro la corte d'appello, nella sua discrezionalità, avrebbe potuto legittimamente compensare le spese di giudizio anche in misura più consistente e maggiormente proporzionale con la misura della effettiva soccombenza. Con il quinto motivo i ricorrenti, testualmente, affermano di riproporre le argomentazioni di diritto già esposte in primo e in secondo grado, che riportano. Il motivo è del tutto inammissibile. Nel ricorso per cassazione, che è una impugnazione a critica vincolata, le censure possono essere articolate solo all'interno di specifici motivi di ricorso, riconducibili all'una o all'altra delle ipotesi tassative di cui all'articolo 360 c.p.c. E' inammissibile quindi il motivo di ricorso che si risolva in una critica libera avverso il provvedimento impugnato e consti esclusivamente della esplicita riproposizione delle argomentazioni già oggetto di esame nel giudizio di merito, non ricondotte all'una o all'altra delle specifiche ipotesi di censura dettate dall'articolo 360 c.p.c. Cass. numero 1479 del 2018 Il ricorso va pertanto complessivamente rigettato. In considerazione della particolarità della vicenda, le spese del presente giudizio possono essere compensate. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell'articolo 13, comma 1 quater del d.P.R. numero 115 del 2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese di giudizio tra le parti. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.