Contributo unificato: la riduzione di 43 euro ottenuta grazie a una falsa attestazione non costituisce reato

Nel caso in esame la ricorrente, tramite una falsa attestazione dei propri redditi, ha ottenuto una riduzione di 43 euro sul contributo unificato da pagare per una controversia di lavoro. L'indebita riduzione, non superando la soglia di punibilità per configurare reato, ha comportato l'applicazione della sola sanzione amministrativa.

La Suprema Corte ribadisce che, l'indebita percezione di risorse pubbliche, assorbe il reato previsto e punito dall'articolo 483 c.p Inoltre, se il vantaggio economico non supera la soglia di punibilità è applicabile la sola sanzione amministrativa. Nella sentenza in commento, la Cassazione ha, in primo luogo, chiarito che la condotta di chi dichiara un reddito inferiore a quello reale, al fine di ricevere uno sconto sul contributo unificato configura il reato previsto e punito dall'articolo 316-ter c.p., senza la necessità di contestare anche la falsità ideologica ex articolo 483 c.p , poiché il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche richiede già, per la sua configurazione, l'utilizzo di un elemento di falsità necessario per ottenere indebiti vantaggi economici a spese dello Stato. Inoltre, ha rilevato che, nel caso di specie, l'indebita percezione, in quanto al di sotto della soglia di punibilità di 3.999,96 euro, non è penalmente rilevante, ma rientra nella previsione di cui al comma 2 dell'articolo 316-ter c.p., la quale prevede la sola applicazione della sanzione amministrativa. Ciò posto, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso senza rinvio, statuendo che la condotta della ricorrente, la quale ha beneficiato di un risparmio di meno di 50 euro sul contributo unificato grazie a una falsa attestazione, non costituisce reato.

Presidente Catena - Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Napoli confermava la pronuncia di assoluzione dell'imputata per particolare tenuità del fatto. La D.L.G. era stata chiamata a rispondere del delitto di cui all'articolo 483 cod. penumero , in relazione agli articolo 75 e 76 del d.P.R. numero 445 del 2000, in quanto, al fine di ottenere la riduzione del contributo unificato previsto per le controversie di lavoro in un giudizio che aveva promosso dinanzi al Tribunale di Avellino, nella dichiarazione sostitutiva di certificazione presentata il 30 marzo 2018, aveva indicato un reddito per l'anno di imposta 2016 inferiore all'importo di euro 34.585,23, mentre il reddito complessivo della stessa era stato successivamente accertato nel superiore importo di euro 44.885,00. 2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Napoli l'imputata ha proposto ricorso per cassazione, a firma del difensore di fiducia avv. Gerardo Forte, deducendo, nell'unico motivo proposto, inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 316-ter e 483 cod. penumero A fondamento delle spiegate doglianze, la ricorrente ha evidenziato che la decisione impugnata, nonostante il motivo di gravame formulato, aveva erroneamente qualificato sul piano giuridico la sua condotta, che doveva essere ascritta a quella punita dall'articolo 316-ter cod. penumero , che, come chiarito dalle Sezioni Unite nella sentenza C. , assorbe il delitto di cui all'articolo 483 del medesimo codice. Secondo la ricostruzione propugnata dall'imputata, infatti, una condotta volta ad ottenere, dichiarando un reddito inferiore, un provvedimento di esenzione dal pagamento di una somma in favore dello Stato sarebbe equivalente al conferimento di una somma di denaro a titolo di contributo, poiché, anche in detta ipotesi, il richiedente ottiene un indebito vantaggio a carico della collettività. Di qui, tuttavia, avendo ottenuto un risparmio di 43,00 euro - pari all'importo del contributo unificato che avrebbe dovuto corrispondere ove avesse dichiarato il proprio reale reddito - non sarebbe stata superata la soglia di punibilità del delitto di indebita percezione di erogazioni pubbliche, individuata nella somma di euro 3.999,96, bensì integrata una mera violazione amministrativa ai sensi dell'articolo 316-ter, comma secondo, cod. penumero Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Occorre premettere che, come chiarito in motivazione da Sez. U, numero 16568 del 19/04/2007, C., Rv. 235962 - 01, un fatto astrattamente riconducibile al delitto di cui all'articolo 483 cod. penumero è assorbito in quello di cui all'articolo 316-ter del medesimo codice quando la dichiarazione falsa è finalizzata ad ottenere un'indebita erogazione pubblica. Ciò in quanto «solo la falsa dichiarazione rilevante ai sensi dell'articolo 483 c.p. ovvero l'uso di un atto falso costituiscono modalità tipiche di consumazione del delitto di cui all'articolo 316 ter c.p., mentre è solo eventuale che l'utilizzatore degli atti o documenti falsi sia anche autore della falsificazione. Deve perciò ritenersi che solo i delitti di cui all'articolo 483 c.p. e all'articolo 489 c.p. rimangono assorbiti ai sensi dell'articolo 84 c.p. nel delitto previsto dall'articolo 316 ter c.p., che concorre invece con gli altri delitti di falso eventualmente commessi al fine di ottenere le indebite erogazioni». D'altra parte, nella successiva sentenza P. , le stesse Sezioni Unite, così risolvendo il precedente contrasto che si era formato nella giurisprudenza di legittimità, hanno chiarito che integra il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato la falsa attestazione circa le condizioni reddituali per l'esenzione dal pagamento del ticket per prestazioni sanitarie e ospedaliere che determini al provvedimento di esenzione sulla base della corretta rappresentazione dell'esistenza dell'attestazione stessa. Tale pronuncia, in particolare, ha precisato che si realizza un'erogazione in danno dello Stato, anche in assenza di un'elargizione, quando il richiedente ottiene un vantaggio economico che viene posto a carico della comunità Sez. U, numero 7537 del 16/12/2010, P., Rv. 249104 - 01 . Nel solco delle indicazioni delle Sezioni Unite si è, ad esempio ritenuto, nella giurisprudenza successiva, che integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, ex articolo 316-ter cod. penumero , la condotta del datore di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto somme a titolo di indennità per maternità, ottenga dall'I.N.P.S. il conguaglio di tali somme con quelle da lui dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, così percependo indebitamente dallo stesso istituto, in forma di risparmio di spesa, le corrispondenti erogazioni ex aliis, Sez. 6, numero 7963 del 26/11/2019, dep. 2020, Rv. 278455 - 01 . Di conseguenza deve affermarsi, per eadem ratio, il principio per il quale si configura il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato di cui all'articolo 316-ter cod. penumero e non quello di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico ex articolo 483 cod. penumero , anche quando la falsa attestazione sulle condizioni reddituali è volta ad ottenere l'esenzione dal pagamento del contributo unificato, poiché detta esenzione consente, parimenti, al soggetto dichiarante di beneficiare, in conseguenza della propria condotta, di un indebito vantaggio economico in danno della collettività. Il che è coerente con il più generale assunto per il quale l'articolo 316-ter cod. penumero tutela la libera formazione della volontà della Pubblica Amministrazione o dell'Unione Europea in ordine all'erogazione di risorse pubbliche e, quindi, l'integrità e l'efficiente collocazione delle risorse patrimoniali a favore soltanto dei soggetti che ne abbiano diritto Sez. 2, numero 4284 del 20/12/2011, dep. 2012, Landi, Rv. 252200 - 01 . 2. Senonché nella fattispecie concreta, come ha dedotto la ricorrente, tale vantaggio economico è pari all'importo di euro 43,00, inferiore alla soglia di punibilità del delitto di cui all'articolo 316-ter cod. penumero , in forza di quanto previsto dal secondo comma della stessa norma. Anche in questa ipotesi, nonostante il fatto dia luogo solo ad una violazione amministrativa il reato di falso previsto dall'articolo 483 cod. penumero resta assorbito in quello di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato Sez. 2, numero 17300 del 24/01/2013, Corona, Rv. 255195 - 01 Sez. 5, numero 35105 del 14/05/2010, Hamzoui, Rv. 248393 - 01 . 2. La sentenza impugnata deve dunque essere cassata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Dispone la trasmissione degli atti al Prefetto di Avellino per quanto di competenza.