La vicenda esaminata dal Tribunale di Gorizia offre l’occasione per esaminare la disciplina della caparra confirmatoria in caso di mancato adempimento della controparte all'interno di un accordo preliminare per la compravendita di immobili.
Nel contesto dell'inadempimento contrattuale e dell'esercizio della facoltà di recesso prevista dall'articolo 1385 c.c., è compito di chi propone la richiesta allegare e poi fornire prova del titolo e del pagamento della caparra. È richiesto solo di allegare l'inadempimento della controparte, che deve essere attribuibile al debitore e di una certa rilevanza per giustificare la richiesta di risoluzione del contratto ex articolo 1453 c.c. È quanto stabilito dal Tribunale di Gorizia, che ha esaminato la pretesa del ricorrente rispetto all'inadempimento della controparte nel contesto di un contratto preliminare di compravendita immobiliare. Questa decisione offre lo spunto per alcune riflessioni sull'operatività della caparra. Innanzitutto, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, in caso di caparra confirmatoria, ai sensi dell'articolo 1385 c.c., la parte adempiente ha due rimedi alternativi per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall'inadempimento della controparte può recedere dal contratto e trattenere la caparra ricevuta o richiedere il doppio di essa , oppure chiedere la risoluzione giudiziale del contratto insieme al risarcimento dei danni, da dimostrare conformemente all'articolo 1223 c.c. È importante notare che i casi di risoluzione automatica del contratto non impediscono alla parte adempiente di esercitare il diritto di recesso e trattenere la caparra. In particolare, in caso di controversia sull'inadempimento contrattuale, è necessario valutare il comportamento di entrambe le parti per determinare il diritto di recesso. Nello specifico, nel caso in esame i giudici sottolineano che nel contesto della caparra confirmatoria, la forma accettata per la sua costituzione può essere rappresentata dalla consegna di un assegno bancario. L'efficacia di tale caparra si concretizza al momento dell'incasso della somma indicata sull'assegno. In tal caso, l'onere del destinatario dell'assegno è quello di incassarlo dopo averlo ricevuto il mancato incasso dell'assegno, unito alla sua trattenuta dal destinatario, in violazione del principio di correttezza, comporta comunque l'insorgenza degli obblighi derivanti dalla caparra. Infatti, chi riceve l'assegno ma non lo incassa e lo conserva non è autorizzato né a recedere dal contratto principale a meno che la controparte non abbia violato l'accordo sottostante , né a sollevare eccezioni di inadempimento da parte della controparte. Anche se l'obbligo relativo alla caparra è accessorio rispetto agli obblighi principali del contratto preliminare, se rilevante per la sostanza del contratto, può essere utilizzato per sostenere eccezioni in conformità all'articolo 1460 c.c. Infine, il rifiuto della controparte di adempiere alla sua parte del contratto, in maniera contraria alla buona fede di cui all'articolo 1460 c.c., non giustifica il mancato incasso dell'assegno e non permette all'altra parte di trarre vantaggio da questa situazione per motivare eccezioni di inadempimento. Insomma il comportamento corretto e in buona fede delle parti è fondamentale nell'esecuzione dei contratti e nell'uso della caparra nei rispettivi contesti contrattuali.
Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con ricorso ex articolo 281 decies e ss. c.p.c. depositato in data omissis conveniva in giudizio omissis e omissis allegando di aver concluso in qualità di promissaria acquirente un contratto di compravendita immobiliare con le convenute in qualità di promittenti venditrici e di aver versato 10.000 Euro mediante assegno bancario a titolo di caparra confirmatoria. Il contratto definitivo, tuttavia, non veniva stipulato entro il termine indicato in contratto preliminare a causa delle condotte delle convenute, determinando infine la ricorrente ad avvalersi della facoltà di recesso prevista dall'articolo 1385 c.c La ricorrente agiva quindi in giudizio per l'accertamento dell'inadempimento di controparte e per ottenere la condanna delle convenute al pagamento di una somma pari al doppio della caparra al netto della caparra nelle more già restituita . Si costituivano le resistenti contestando la ricostruzione avversaria, eccependo la risoluzione per mutuo dissenso del contratto preliminare di compravendita immobiliare, negando un proprio inadempimento in quanto il ritardo nella conclusione del contratto definitivo era dovuto a cause non imputabili alle promittenti venditrici e infine eccependo l'impossibilità di attivare il meccanismo di cui all'articolo 1385 c.c. in quanto la caparra era stata pagata mediante assegno bancario rimasto presso l'agenzia immobiliare e non incassato dalla resistenti. Istruita documentalmente la causa, le parti procedevano a discussione orale all'esito della quale la causa veniva trattenuta in decisione ex articolo 281 sexies c.p.c. La domanda è fondata e va quindi accolta. In tema di inadempimento contrattuale ed esercizio della facoltà di recesso prevista dall'articolo 1385 c.c., spetta a chi formula la domanda allegare e poi fornire prova del titolo e quindi della conclusione del contratto preliminare di compravendita e della corresponsione della caparra, limitandosi ad allegare l'inadempimento di controparte che, alla stregua dell'inadempimento che giustifica la domanda di risoluzione del contratto ex articolo 1453 c.c., deve essere imputabile al debitore articolo 1218 c.c. e di non scarsa importanza. La ricorrente ha dedotto di aver concluso con le ricorrenti un contratto preliminare di compravendita di un appartamento in omissis in data omissis e ne ha dato prova depositandone una copia doc. numero 2 ricorrente . Le resistenti nulla hanno eccepito sul punto. La ricorrente ha altresì dedotto di aver emesso un assegno bancario di 10.000 Euro a favore delle promittenti venditrici a titolo di caparra. Sul punto, le resistenti hanno contestato di aver mai ricevuto l'assegno bancario in quanto rimasto nella disponibilità dell'agenzia immobiliare che ha svolto da mediatrice nell'affare e che, quindi, non vi è mai stato un impoverimento della ricorrente a beneficio di un arricchimento delle resistenti, venendo meno la possibilità di avvalersi dell'istituto del recesso ex articolo 1385 c.c omissis delle convenute, tuttavia, non merita accoglimento. Dalle allegazioni delle parti e dalla documentazione prodotta dalla ricorrente emerge infatti che quest'ultima ha in effetti fatto tutto quanto era in suo dovere in virtù del contratto preliminare l'agenzia immobiliare era incaricata di svolgere le funzioni di intermediaria tra le parti ai fini della conclusione del contratto preliminare e così la promissaria acquirente, in sede di sottoscrizione della proposta d'acquisto, ha consegnato all'agenzia immobiliare l'assegno di 10.000 Euro intestato alle promittente venditrici a titolo di cauzione e a valere come caparra confirmatoria per il momento in cui la proponente avesse avuto notizia dell'accettazione della sua offerta. È pertanto evidente che, ancorché l'assegno non sia stato consegnato dalla ricorrente direttamente nelle mani delle resistenti, il pagamento inteso come adempimento della prestazione deve ritenersi comunque eseguito in quanto l'assegno è stato consegnato a un soggetto che era pienamente legittimato a operare al fine di favorire la conclusione del contratto preliminare e in tal senso, proprio perché la dazione della cauzione rappresentava un obbligo inserito nel contratto preliminare di compravendita, anche a ricevere in consegna l'assegno a titolo di cauzione articolo 1188 c.c. . A nulla rileva che le resistenti non abbiano poi materialmente ricevuto o incassato l'assegno. Infatti, una volta consegnato all'agenzia immobiliare, l'assegno era nella piena disponibilità delle resistenti, sulle quali gravava l'onere di attivarsi al fine di ottenerne il possesso materiale, anche in occasione della sottoscrizione dell'accettazione della proposta, quando l'assegno era già stato depositato presso l'agenzia immobiliare. omissis del creditore omissis non può riverberarsi negativamente sul debitore omissis che abbia posto in essere il comportamento a lui richiesto consegna di assegno intestato alle resistenti Corte di Cassazione ordinanza numero 10366/2022 . Accertato un tanto, non resta che stabilire se vi sia stato da parte delle resistenti un inadempimento imputabile di non scarsa importanza, ricordando che l'onere della prova su tale specifico punto grava sul debitore. Nel contratto preliminare era stato indicato come termine non essenziale per la stipulazione del definitivo il omissis . Le resistenti hanno riferito che non si è potuto rispettare tale termine a causa di problematiche catasto-tavolari che erano prima ignote alle stesse resistenti e che lo stesso notaio incaricato per la stipula del definitivo, dott. omissis aveva indicato come fosse indispensabile risolver omissis e previamente pp. 1 e 2 comparsa di costituzione . Il tutto si sarebbe risolto a maggio 2022 quando lo stesso notaio aveva redatto un atto di identificazione tavolare sulla base di un piano di condominio redatto dal geom. omissis A fronte di tali deduzioni, non è chiaro quali fossero i motivi che impedissero la conclusione del contratto definitivo si fa infatti riferimento, in maniera estremamente generica, a problematiche catasto-tavolari e alla necessità di un piano tavolare senza tuttavia esplicitare quali fossero queste problematiche catasto-tavolari e che ruolo avessero queste e il piano condominiale, nonché l'atto di identificazione tavolare, nella stipula del contratto definitivo di compravendita. Non solo, per quanto scarne siano le deduzioni sul punto, appare chiaro che si tratti di questioni attinenti alla regolarità della documentazione catasto-tavolare, circostanza questa che le riconduce entro l'alveo della sfera di controllabilità e quindi responsabilità delle promittenti venditrici con conseguente imputabilità alla stesse in caso di assenza entro il termine stabilito per la stipula del definitivo. Non è stato infatti addotto alcun motivo a giustificazione della non prevedibilità della necessità di tali incombenti. Si ritiene altresì che l'inadempimento sia di non scarsa importanza sia perché si sostanzia nella non conclusione del contratto definitivo, ossia l'obbligazione principale, sia perché il ritardo si è protratto ben oltre il tempo che poteva essere considerato tollerabile benché il termine non fosse indicato come essenziale, un ritardo di almeno nove mesi dal 31.8.2021 a maggio 2022 quando è stato redatto dal notaio l'atto di identificazione tavolare appare effettivamente essere eccessivo rispetto a quanto possa considerarsi ragionevole. Ciò anche considerando che la promissaria acquirente aveva dovuto chiedere la concessione di un mutuo al fine di provvedere al pagamento dell'intero prezzo, concessione che le era stata accordata a settembre 2021 ma con una valenza temporale ridotta di sei mesi che, a maggio 2022, erano quindi già scaduti doc. numero 4 ricorrente . Peraltro, dalla stessa documentazione prodotta dalle resistenti non è nemmeno certo che a maggio 2022 il contratto definitivo potesse essere stipulato tenuto conto del fatto che, da un lato, nella corrispondenza tra i rispettivi legali si dà atto dell'impossibilità sino a quel momento ossia luglio 2022 di concludere il definitivo e, dall'altro, che il piano condominiale cui si fa riferimento risulta intavolato solo ad aprile 2023. Peraltro, la possibilità riferita dalle resistenti con la memoria autorizzata d.d. 12.10.2023 di procedere alla conclusione del contratto definitivo a maggio 2022 e poi provvedere al completamento degli adempimenti previsti dal sistema tavolare, risulta, da un lato, meramente astratta, in quanto, si ribadisce, in nessun atto viene meglio precisato quale ruolo avessero i vari adempimenti catasto-tavolari rispetto alla conclusione del contratto definitivo e all'intavolazione del diritto di proprietà e, dall'altro, inconferente, in quanto la conclusione del contratto definitivo deve determinare il passaggio di proprietà tra il già promittente venditore e il già promissario acquirente, cosa che nel sistema tavolare non avviene se non con l'intavolazione del diritto di proprietà e non con la mera prenotazione pur suggerita dalle resistenti, prenotazione che quindi non avrebbe permesso di ritenerle adempienti . Infine, non può essere condivisa la tesi delle resistenti circa il verificarsi della risoluzione per mutuo dissenso. Invero, seppur a luglio 2022 le resistenti avevano proposto di risolvere consensualmente il contratto preliminare, nella missiva di agosto 2022 proveniente dal legale della ricorrente appare chiara la volontà di quest'ultima di non stipulare più il contratto definitivo a causa dell'inadempimento delle resistenti e così di avvalersi della facoltà di recesso concessa dall'articolo 1385 c.c Ciò in quanto, banalmente, tali circostanze vengono esplicitamente ed espressamente riportate nella missiva del 22 agosto 2022 diretta alle resistenti. Il dato letterale non può essere stravolto in virtù della mera successione cronologica delle due missive. In conclusione, la domanda della ricorrente volta alla restituzione del doppio della caparra deve essere accolta. Tenuto conto della restituzione dell'assegno bancario alla ricorrente, il debito residuo ammonta a 10.000 Euro. Trattandosi di debito di valuta, non può essere riconosciuta la rivalutazione monetaria Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza numero 14158 del 08/07/2020 . Devono invece essere riconosciuti gli interessi al tasso legale dal 23 agosto 2022 giorno successivo all'esercizio del diritto di recesso al saldo. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate ex DM 55/2014, aggiornato al DM 147/2022, come da dispositivo in base ai valori medi dello scaglione di riferimento da 5.200 Euro a 26.000 Euro per le fasi di studio e introduttiva mentre ai valori minimi per le fasi di istruttoria/trattazione e decisionale. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, così provvede 1. accoglie la domanda della ricorrente e per l'effetto accerta l'inadempimento delle ricorrenti per i motivi di cui in narrativa 2. condanna omissis e omissis a pagare a omissis per i motivi di cui in narrativa, la somma di 10.000 Euro oltre agli interessi al tasso legale dal 23.8.2022 al saldo 3. condanna omissis e omissis alla rifusione in favore di omissis delle spese del presente giudizio liquidate in 3.390 Euro per competenze professionali e 304,82 Euro per anticipazioni, oltre rimborso forfetario del 15%, IVA e c.p.a. se dovuti per legge.