Morte per amianto e nesso eziologico: il principio di equivalenza delle condizioni

La Cassazione si esprime su una questione delicata il nesso di causa nel caso di malattia professionale, nella specie da esposizione ad amianto, e morte del lavoratore. Trattandosi di processi latenti che si manifestano a distanza di anni, si pone il problema di individuare il criterio per stabilire il nesso eziologico.

Il caso La vicenda riguarda una domanda risarcitoria proposta dal coniuge e dal genitore della vittima nei confronti del datore di lavoro per i danni conseguenti alla morte per patologia cancerogena contratta a seguito della esposizione all'amianto. La vittima era addetto alla manutenzione impianti di una nota area industriale dal 1980 fino al 1998, anno del suo pensionamento. Nel 2010, venivano diagnosticati prima un ampio versamento pleurico e poi una patologia tumorale a carico dei polmoni che lo conduceva in breve tempo alla morte, nel novembre 2010. L'INAIL riconosceva l'origine professionale della patologia qualificandola come «patologia asbesto correlata». I giudici di merito rigettavano la domanda, sulla base di risultanze di CTU. La questione La questione riguarda l'accertamento della responsabilità, sotto il profilo eziologico, nella causazione del danno, provocato dalla prolungata esposizione all'amianto del dipendente, senza alcuna adeguata protezione, per tutta la sua vita lavorativa. Le soluzioni La Corte d'appello aveva dato atto del decesso della vittima per un tumore al polmone, come pure aveva dato atto che lo stesso era stato soggetto per tutta la durata della sua attività lavorativa ad esposizione all'amianto. Il ragionamento della Corte d'appello muove dall'accertamento delle circostanze di fatto indicate, tutte rilevanti, ma esclude, sulla base del parere dell'ultimo esperto consultato, che la patologia contratta dalla vittima fosse qualificabile come mesotelioma pleurico, e sulla base di ciò nega che sia stata fornita la prova, seppur sulla base di un ragionamento probabilistico, del nesso di causalità, concludendo nel senso che l'evento lesivo sia dovuto a causa incerta. Il problema è che, essendo emersa la presenza di una causa astrattamente idonea alla contrazione del tumore, e non di altre, quali tabagismo, si poteva affermare la probabilità qualificata della derivazione causale della patologia dalla esposizione prolungata al rischio individuato durante tutta la vita professionale della vittima principale. Per la Cassazione il ricorso è fondato e va accolto L'accertamento della non riconducibilità della patologia per cui è morto il lavoratore alla tipologia del mesotelioma pleurico, la più frequente e caratteristica patologia derivante dall'esposizione all'amianto, qualificata pertanto come malattia professionale, non esclude che la morte per tumore ai polmoni sia stata causata da una malattia contratta in ambito lavorativo, e non esimeva dal dover verificare se, in presenza di quelle circostanze di fatto attestanti l'esposizione al rischio in ambito lavorativo, ed in assenza di altri fattori esterni di esposizione accentuata al rischio di patologia tumorale polmonare, si dovesse ritenere più probabile che non che la morte fosse da porre in rapporto causale con l'attività lavorativa svolta e con l'esposizione al contatto e all'ingerimento della polveri di amianto. La Corte d'Appello, infatti, ha erroneamente seguito il ragionamento dell'ausiliario nominato dal Tribunale, secondo cui l'unica diagnosi puntuale sarebbe stata quella fondata sull'esame istologico, nel caso concreto non eseguito. Orbene tale criterio valutativo è errato, perché incentrato sulla certezza causale, laddove il criterio da utilizzare è quello del “più probabile che non”, sicché il fattore causale è rilevante anche in termini di concausalità, in forza del principio di equivalenza delle cause posto dall'articolo 41 c.p. In particolare, questa Corte ha già affermato che, ai sensi dell'articolo 41 c.p., il rapporto causale tra l'evento e il danno è governato dal principio di equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, potendo escludersi l'esistenza nel nesso eziologico richiesto dalla legge solo se possa essere ravvisato con certezza l'intervento di un fattore estraneo all'attività lavorativa, di per sé sufficiente a produrre l'infermità e tale da far degradare altre evenienze a semplici occasioni Cassazione civile sez. lav., 24/10/2024, n.27572, ove si era riconosciuta la rilevanza concausale al tabagismo, ma non tale da interrompere il nesso concausale dell'esposizione sul luogo di lavoro a sostanze nocive Cassazione civile sez. lav., 31/10/2018, n.27952 Cassazione civile sez. lav., 26/03/2015, n.6105 . In applicazione di questo principio la Suprema Corte ha affermato che in tema di risarcimento del danno, il nesso causale tra l'esposizione ad amianto e il decesso intervenuto per tumore polmonare può ritenersi provato quando, sulla scorta delle risultanze scientifiche e delle evidenze già note al momento dei fatti e secondo il criterio del più probabile che non , possa desumersi che la non occasionale esposizione all'agente patogeno - in relazione alle modalità di esecuzione delle incombenze lavorative, alle mansioni svolte e all'assenza di strumenti di protezione individuale - abbia prodotto un effetto patogenico sull'insorgenza o sulla latenza della malattia Cassazione civile sez. III, 29/04/2022, n.13512 . Il nesso causale può sussistere anche rispetto ad un tumore polmonare di tipo diverso, purché ricorrano tutti gli altri elementi di valutazione causale sopra detti, in primo luogo la non occasionale esposizione all'agente patogeno, poi le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, l'assenza di strumenti di protezione individuale, l'assenza di fattori estranei all'attività lavorativa, di per sé sufficienti a produrre l'infermità e tale da far degradare gli altri fattori a semplici occasioni. Conclusioni Viene affermato il seguente principio di diritto «Accertata la presenza di uno di fattori di rischio nel caso di specie l'esposizione all'amianto , che scientificamente si pongono come idonei antecedenti causali della malattia, prima, e del decesso, poi, va affermata la sussistenza del nesso di causalità tra quel fattore di rischio e la malattia e quindi il decesso, anche eventualmente in termini di concausalità, in presenza di non occasionale esposizione all'agente patogeno, determinate modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, assenza di strumenti di protezione individuale, salvo che sussista altro fattore, estraneo all'attività lavorativa e/o all'ambiente lavorativo, da solo idoneo a determinare la malattia e/o, poi, il decesso».

Presidente Travaglino - Relatore Rubino Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve.