Ai fini della concessione della detenzione domiciliare speciale alla madre di prole affetta da disabilità, indipendentemente dall’età di questa, l’handicap deve essere definito grave ai sensi dell’articolo 3, co. 3, legge numero 104/1992 e deve essere ritualmente accertato in base alla medesima legge.
La vicenda trae origine dalla dichiarazione di inammissibilità, da parte del Tribunale di sorveglianza di Brescia, dell'istanza di detenzione domiciliare speciale, ai sensi dell'articolo 47 quinquies, ord. penumero , avanzata da una detenuta, L'istanza, si legge, veniva motivata dalla necessità di assistere il figlio quattordicenne, affetto da un disturbo dello spettro autistico, il quale viveva in una struttura per minori. L'inammissibilità, si fondava sulla classificazione “non grave” della disabilità, ai sensi dell'articolo 3 della l. numero 104/1992 e sull'assunto per cui la Corte Costituzionale, nel dichiarare con la sentenza numero 18/2020 l'incostituzionalità della norma nella parte in cui non prevedeva la concessione della detenzione domiciliare speciale anche in favore della madre di un figlio affetto da handicap, ha stabilito che deve trattarsi di un handicap “grave”, ritualmente accertato. Veniva dunque, depositato ricorso per cassazione, ritenuto infondato e rigettato. I giudici di legittimità, hanno sottolineato come la sentenza numero 18/2020 della Corte Costituzionale ha individuato con estrema chiarezza i limiti del requisito richiesto per la concessione della misura alternativa alla detenzione «la disabilità del figlio deve essere definita grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, legge numero 104/1992 e deve essere ritualmente accertata in base alla medesima legge». Per il Collegio, il testo citato è «chiaro e non suscettibile di interpretazioni analogiche o estensive» l'handicap deve essere grave, anche se non totalmente invalidante, ma richiede espressamente che esso sia ritualmente accertato in base alla legge numero 104/1992. La finalità di tale previsione infatti, permette di limitare la discrezionalità del giudice nel definire la “gravità” dell'handicap così da poter concedere il beneficio solo sulla base di una certificazione ufficiale, rilasciata dall'organo a cui la legge numero 104/1992 attribuisce la competenza per tale accertamento cosicché il giudice possa fondarsi su una decisione equa, effettuata da personale specializzato ed emessa applicando criteri generali. Ciò premesso dunque, viene ritenuta in errore la ricorrente, la quale richiedeva che il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto ritenere grave l'handicap sulla base delle sole certificazioni depositate e, al più, disporre una perizia per accertarne la gravità. Precisa dunque, la Corte che «il giudice penale o un perito non possono sostituirsi alla commissione medica prevista dalla legge numero 104/1992. Il loro intervento, peraltro, potrebbe persino portare a risultati contrari agli interessi e ai diritti del disabile, in quanto una valutazione di mancanza di gravità dell'handicap non sarebbe impugnabile, diversamente dall'accertamento condotto ai sensi della legge numero 104/1992, che è sempre impugnabile, anche in ordina alla valutazione di gravità dell'handicap, con ricorso al giudice ordinario».
Presidente Siani - Relatore Masi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 07 maggio 2024 il Tribunale di sorveglianza di Brescia ha dichiarato inammissibile l'istanza di detenzione domiciliare speciale, ai sensi dell'articolo 47 quinquies Ord.penumero , avanzata da D.M Il Tribunale ha valutato che l'istanza è motivata dalla necessità di assistere il figlio minore, quattordicenne, affetto da un disturbo dello spettro autistico ed attualmente ospite di una struttura per minori, ma l'ha ritenuta inammissibile in quanto la disabilità del figlio è espressamente classificata come non grave , ai sensi dell'articolo 3 della legge numero 104/1992, mentre la Corte costituzionale, nel dichiarare con la sentenza numero 18/2020 l'incostituzionalità della norma nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche in favore della madre di un figlio affetto da handicap, ha stabilito che deve trattarsi di un handicap grave , ritualmente accertato in base a detta norma. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso D.M., per mezzo del suo difensore avv. Ennio Buffoli, articolando un unico motivo, con il qua e deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione. Il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto sufficiente, per dichiarare che la disabilità del figlio della ricorrente non è grave, la valutazione effettuata in data 12/06/2019 ai sensi dell'articolo 3, comma 3, legge numero 104/1992. All'epoca, però, al minore era stato diagnosticato solo un disturbo dell'attenzione e una iperattività, mentre nel settembre 2023 un neuropsichiatra infantile ha accertato che egli è affetto da un disturbo dello spettro autistico. Sarebbe stata necessaria, pertanto, una nuova valutazione ai sensi della legge numero 104/1992, mediante apposita perizia, al fine di verificare se la sua patologia, come recentemente diagnosticata, sia da ritenere grave o meno. 3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato. 2. La sentenza numero 18 emessa dalla Corte costituzionale in data 15 gennaio 2020 ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell'articolo 47-quinquies, comma 1, Ord.penumero , «nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche alle condannate madri di figli affetti da handicap grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 05 febbraio 1992 numero 104 . ritualmente accertato in base alla medesima legge». La detenzione domiciliare speciale, perciò, deve essere ritenuta concedibile alla madre di prole affetta da disabilità grave, indipendentemente dall'età di questa. Detta sentenza, però, ha individuato con estrema chiarezza i limiti del requisito richiesto per la concessione della misura alternativa alla detenzione, in quanto ha stabilito che la disabilità del figlio deve essere definita grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, legge numero 104/1992, e che deve essere «ritualmente accertata in base alla medesima legge». Il testo della decisione della Corte costituzionale è chiaro e non suscettibile di interpretazioni analogiche o estensive diversamente dalla sentenza numero 350/2003, con cui è stata dichiarata incostituzionale l'omessa previsione della concedibilità della detenzione domiciliare ordinaria al genitore di prole «portatore di handicap totalmente invalidante», la sentenza numero 18/2020 individua un presupposto meno stringente, ritenendo sufficiente che l'handicap sia grave, anche se non totalmente invalidante, ma richiede espressamente che esso sia «ritualmente» accertato in base alla legge numero 104/1992. La finalità di tale previsione appare essere quella di limitare la discrezionalità del giudice nel definire la gravità dell'handicap, che potrebbe portare a decisioni in contrasto tra loro o fortemente difformi, in danno dei detenuti istanti la prescrizione di concedere il beneficio solo sulla base di una certificazione ufficiale dell'handicap e della sua gravità, rilasciata dall'organo a cui la legge numero 104/1992, che regolamenta l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, attribuisce la competenza per tale accertamento, consente al giudice di fondarsi su una valutazione sicuramente equa, effettuata da personale specializzato, ed emessa applicando criteri generali. 3. La misura alternativa richiesta, pertanto, può essere concessa solo se la prole della persona condannata sia affetta da una disabilità accertata come grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, legge numero 104/1992. La prescrizione stabilita dalla sentenza numero 18/2020 non può essere aggirata, essendo stata la norma dell'articolo 47-quinquies, comma 1, Ord.penumero dichiarata contraria alla Costituzionale solo nella parte in cui non consente il beneficio in caso di presenza di un handicap specificamente accertato nelle rituali forme della legge numero 104/1992. La ricorrente, pertanto, erra quando afferma che il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto ritenere grave l'handicap del figlio sulla base delle certificazioni depositate, ovvero disporre una perizia per accertare tale gravità un accertamento svolto in forme e con modalità diverse da quelle stabilite dalla legge numero 104/1992 non soddisferebbe il requisito richiesto dalla citata sentenza costituzionale per rendere concedibile la misura alternativa, mancando la sua ritualità . Il giudice penale o un perito non possono sostituirsi alla commissione medica prevista dalla legge numero 104/1992 il loro intervento, peraltro, potrebbe persino portare a risultati contrari agli interessi e ai diritti del disabile, in quanto una valutazione di mancanza di gravità dell'handicap non sarebbe impugnabile, diversamente dall'accertamento condotto ai sensi della legge numero 104/1992, che è sempre impugnabile, anche in ordine alla valutazione di gravità dell'handicap, con ricorso al giudice ordinario. 4. L'ordinanza impugnata si è conformata, pertanto, al dettato della sentenza numero 18/2020 della Corte costituzionale, dichiarando l'istanza inammissibile per la mancanza di un accertamento, condotto ai sensi dell'articolo 3 della legge numero 104/1992, della esistenza di un handicap grave del minore. Essa non presenta, quindi, alcuno dei vizi dedotti dalla ricorrente. Il ricorso da lei proposto deve perciò essere rigettato, ed ella deve essere condannata al pagamento delle spese processuali. L'oggetto del ricorso, relativo alle condizioni di salute di un minore, impone l'oscuramento dei dati, a tutela del suo diritto alla riservatezza. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.