Sospensione per messaggi offensivi: la sanzione arriva a prescindere dal contesto

In un caso di trasmissione di messaggi offensivi ad un collega avvocato, il CNF ha ricordato che il Codice Deontologico Forense prevede norme chiare per comportamenti disciplinarmente rilevanti, applicabili per quanto possibile anche a situazioni private o comunque non perfettamente coincidenti con la fattispecie tipizzata.

La controversia giunta al CNF nasceva da un caso di sospensione dall'esercizio della professione per due anni di un legale al quale veniva addebitata, tra le altre, la condotta illecita di trasmissione di messaggi e audio ad un collega, recanti espressioni fortemente offensive e sconvenienti, lesive dell'onore e della reputazione dell'avvocato. Il legale contestava la gravità di tale provvedimento adottato nei suoi confronti dal CDD di Napoli, ricorrendo al Consiglio Nazionale Forense. Per il CNF, non è valida la tesi del ricorrente che evidenziava l'ambito in cui le minacce in questione erano state pronunciate, in quanto il nuovo Codice Deontologico Forense è informato al principio della tipizzazione «per quanto possibile» della condotta disciplinarmente rilevante e delle conseguenti sanzioni. Pertanto, l'assenza della descrizione di uno o più comportamenti e della rispettiva sanzione non genera l'immunità, dal momento che è comunque possibile contestare l'illecito anche sulla base della norma di chiusura, per cui «la professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale e della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza». Le espressioni gratuitamente offensive in analisi rivolte al collega devono essere valutate nell'ambito delle condotte censurate dall'articolo 52 del Codice Deontologico. Il Consiglio conferma, dunque, la decisione oggetto di impugnazione, ricordando che «Le espressioni sconvenienti ed offensive articolo 52 CDF  assumono rilievo di per sé, indipendentemente dal contesto in cui sono utilizzate e dalla attendibilità dei fatti che ne costituiscono oggetto, essendo il relativo divieto previsto a difesa della dignità e del decoro della professione, che, anche in presenza di condotte criticabili o perfino illecite dei colleghi o di terzi, impongono all'avvocato di manifestare la propria opinione o di formulare la propria denuncia in maniera riguardosa della personalità e della reputazione altrui indipendentemente dalla considerazione delle possibili conseguenze civilistiche o penalistiche della condotta». La valutazione della responsabilità dell'avvocato per i fatti contestati implica la determinazione delle sanzioni da applicare, secondo i diversi capi di accusa riconfermati nella decisione del CNF. Quest'ultimo, considerando il quadro generale delle violazioni e la gravità della condotta, ha suggerito una sanzione complessiva più mite, che deve comunque includere una sospensione professionale non superiore a un anno.

CNF n.166/2024