Detenuta con quattordici mesi ancora da scontare: le esigenze di assistenza non legittimano i domiciliari

Negata la concessione dei domiciliari per la detenuta che evidenzia la necessità di stare a casa per badare ai genitori anziani e ammalati, stante la sua ancora attuale pericolosità sociale.

Riflettori puntati in Cassazione sull'istanza con cui una donna, che ha da espiare ancora una pena pari a quattordici mesi di reclusione, chiede la concessione dell'affidamento in prova ai servizi sociali o la detenzione domiciliare. Per il Tribunale di sorveglianza non ci sono i presupposti per valutare l'istanza. Ciò a fronte delle condanne da lei riportate per reati di appropriazione indebita e delle denunce sporte nei suoi confronti – anche nell'anno 2023 – per reati di truffa, tanto che vi è un procedimento penale ancora pendente per reati analoghi, nonché dell'assenza di un'attività lavorativa. Tirando le somme, il Tribunale di sorveglianza ritiene ancora attuale la pericolosità sociale della donna, con conseguente impossibilità di formulare una prognosi favorevole rispetto al pericolo di recidiva, pericolo non escluso neppure dall'applicazione della detenzione domiciliare, potendo i reati analoghi a quelli già commessi essere perpetrati anche attraverso strumenti telefonici o telematici. Identica posizione assume la Cassazione, respingendo le obiezioni sollevate dal legale della donna. In primo luogo, viene richiamato il casellario giudiziale, che riporta due condanne definitive a carico della donna per il delitto di appropriazione indebita, in un caso commesso con più azioni esecutive. In aggiunta, poi, i carabinieri hanno segnalato la pendenza di numerose indagini a carico della donna per i delitti di truffa o di appropriazione indebita, avendo ella riportato, sino all'inizio del 2024, almeno dodici denunce da parte di altrettante persone offese, in relazione alle quali sono pendenti almeno due procedimenti penali, giunti alla fase dibattimentale. Legittimamente, quindi, la donna condannata viene descritta come «una persona pluripregiudicata per condotte di appropriazione indebita e gravata da plurime pendenze per i reati di truffa, commessi sino a data estremamente recente». Logica, quindi, la conseguente valutazione di una sua «pericolosità sociale ancora concreta e attuale, e fondata su elementi oggettivi». Corretta, quindi, anche secondo i Giudici, l'esclusione di «una prognosi favorevole in ordine alla inesistenza del pericolo di recidiva e alla affidabilità della condannata», vista anche «Ia mancanza di elementi valutabili positivamente». Ragionando sempre in questa ottica, poi, la Cassazione condivide la linea di pensiero del Tribunale di sorveglianza, che «nel valutare la pericolosità sociale della donna per la possibilità che ella commetta altri reati analoghi, ha legittimamente valutato la inidoneità della misura della detenzione domiciliare a contenere tale pericolosità, essendo notorio che i reati di truffa possono essere commessi anche dall'interno di un'abitazione, mediante l'uso di strumenti telefonici o telematici». E tale valutazione «è prognostica e non si basa, quindi, sulle modalità con cui la donna ha compiuto i reati per i quali è stata condannata o indagata, ma sulla idoneità della misura alternativa» da lei richiesta «ad evitare il pericolo di recidiva», idoneità logicamente esclusa «con riferimento ad una misura che non impedisce il contatto con le potenziali vittime e la commissione, in loro danno, dei reati di truffa». Per chiudere il cerchio, infine, i Giudici ritengono irrilevante il richiamo fatto dalla donna alla «necessita di fornire assistenza ai genitori, anziani e ammalati». Ciò perché «tale esigenza non è prevista dalla legge come un elemento che può dare diritto alla concessione di una misura alternativa». E poi, per la Suprema Corte, «la donna non ha peraltro neppure dimostrato l'indispensabilità della sua presenza nella casa», non potendo neanche essere invocato, con riferimento ai genitori anziani della detenuta, «il diritto riconosciuto al minore ad una corretta crescita psicologica e al mantenimento di un rapporto il più possibile normale con la madre, ed eccezionalmente con il padre, diritto per la cui tutela il legislatore e i giudici hanno in più modi ampliato la concedibilità della detenzione domiciliare».

Presidente Siani -  Relatore Masi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 22 maggio 2024 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto l'istanza di concessione delle misure alternative dell'affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domiciliare avanzata da A.G., per l'espiazione di una pena residua par ad anni uno e mesi due di reclusione. Il Tribunale di sorveglianza ha valutato le condanne da lei riportate per reati di appropriazione indebita, le denunce sporte nei suoi confronti anche nell'anno 2023 per reati di truffa, tanto che vi è un procedimento penale ancora pendente per reati analoghi, nonché l'assenza di un'attività lavorativa, ed ha ritenuto ancora attuale la sua pericolosità sociale, che impedisce di formulare una prognosi favorevole rispetto al pericolo di recidiva, pericolo non escluso neppure dall'applicazione della detenzione domiciliare, potendo i reati analoghi a quelli già commessi essere perpetrati anche attraverso strumenti telefonici o telematici. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso A.G., per mezzo del suo difensore avv. Antonio Barbieri, articolando due motivi. 2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, con travisamento della prova. Il Tribunale di sorveglianza ha travisato le informazioni riferite dai carabinieri e il contenuto del casellario giudiziale, in quanto ella ha un solo precedente penale, costituito da un decreto penale, e un unico procedimento pendente, conseguente all'opposizione ad un altro decreto penale. Non è vero neppure che ella abbia commesso truffe lavorando quale operatrice per una società di recupero crediti, in quanto la nota informativa dei carabinieri precisa che sono state reperite delle recensioni negative, ma solo tramite internet e solo a carico della società, e non relative alla ricorrente. La valutazione di sussistenza della sua pericolosità sociale è quindi fondata su elementi inesistenti ed erroneamente indicati. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce il difetto di motivazione in merito alla concedibilità della detenzione domiciliare. Il Tribunale nega tale misura alternativa affermando genericamente che esiste la possibilità di commettere truffe o appropriazioni indebite mediante il telefono, ma non risulta che ella sia stata mai condannata o denunciata per delitti commessi con mezzi telefonici o telematici. Inoltre la misura era stata richiesta anche evidenziando le gravi condizioni di salute dei genitori della ricorrente, con lei conviventi, e l'opportunità di concedere tale misura, consentendo così il loro accudimento, essendo ella, inoltre, una donna di cinquantadue anni, alla prima condanna detentiva. Sul punto, il Tribunale ha omesso qualsiasi motivazione. 3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il ricetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato, in entrambi i suoi motivi, e deve essere rigettato. 2. Il primo motivo è infondato, in quanto non emerge, dall'esame degli atti, alcun travisamento degli stessi o un erroneo recepimento delle informazioni riferite dai carabinieri o del contenuto del casellario giudiziale. Il casellario giudiziario riporta due condanne definitive per il delitto di cui all'articolo 646 cod.pen., in un caso commesso con più azioni esecutive. I carabinieri hanno segnalato la pendenza di numerose indagini a carico della ricorrente per i delitti di cui agli articolo 640 o 646 cod.pen., avendo ella riportato, sino al 10/01/2024, almeno dodici denunce-querele da parte di altrettante persone offese, in relazione alle quali sono pendenti almeno due procedimenti penali, giunti alla fase dibattimentale. L'ordinanza impugnata, pertanto, ha legittimamente descritto la condannata come una persona «pluripregiudicata pe condotte di appropriazione indebita e gravata da plurime pendenze per i reati di truffa, commessi sino a data estremamente recente». La conseguente valutazione di una pericolosità sociale ancora concreta e attuale della ricorrente è fondata, pertanto, su elementi oggettivi correttamente riportati. Alla luce di tale valutazione, il Tribunale ha ritenuto non effettuabile la formulazione di una prognosi favorevole in ordine alla inesistenza del pericolo di recidiva e alla affidabilità della condannata, sottolineando anche la mancanza di elementi valutabili positivamente. Il ricorso non si confronta con questa valutazione, né indica alcun elemento positivo, idoneo a superare tale prognosi negativa sul pericolo di recidivanza. Non vi sono motivi, pertanto, per accogliere la richiesta di annullamento dell'ordinanza, perché essa non presenta i vizi dedotti in questo primo motivo di ricorso. 3. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. Il Tribunale, nel valutare la pericolosità sociale della ricorrente per la possibilità che ella commetta altri reati analoghi, ha legittimamente valutato la inidoneità della misura della detenzione domiciliare a contenere tale pericolosità, essendo notorio che i reati di truffa possono essere commessi anche dall'interno di un'abitazione, mediante l'uso dì strumenti telefonici o telematici. La valutazione compiuta dal Tribunale di sorveglianza è prognostica e non si basa, quindi, sulle modalità con cui la ricorrente ha compiuto i reati per i quali è stata a richiesta ad evitare il pericolo di recidiva ha perciò, con argomentazione logica, ritenuto insussistente tale idoneità con riferimento ad una misura che non impedisce il contatto con le potenziali vittime e la commissione, in loro danno, e reati di truffa. L'affermazione della necessità di fornire assistenza ai genitori, anziani e ammalati, è poi irrilevante, non essendo tale esigenza prevista dalla legge come un elemento che può dare diritto alla concessione di una misura alternativa, e non avendo peraltro la ricorrente neppure dimostrato la indispensabilità della sua presenza nell'abitazione, non potendo essere invocato, con riferimento ai genitori, il diritto riconosciuto al minore ad una corretta crescita psicofisica e al mantenimento di un rapporto il più possibile normale con la madre, ed eccezionalmente con il padre, diritto per la cui tutela il legislatore e la giurisprudenza hanno in più modi ampliato la concedibilità della detenzione domiciliare. 4. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere respinto, e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali. L'oggetto del ricorso, relativo anche alle condizioni di salute dei genitori della ricorrente, impone l'oscuramento dei dati, a tutela del loro diritto alla riservatezza. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.