Con sentenza del 27 agosto 2024, la Corte di Appello di Torino, soffermandosi sui requisiti necessari per accedere alla liquidazione controllata e dando continuità alla giurisprudenza consolidata in materia di responsabilità patrimoniale, ha confermato l’ammissibilità della procedura di liquidazione controllata anche in presenza di un unico creditore e “senza beni” presenti, ma con la semplice attestazione di crediti futuri.
Il caso La vicenda trae origine dal reclamo proposto da una società di cartolarizzazione avverso la sentenza n. 35/24 del Tribunale di Alessandria che aveva disposto l'ammissione del debitore persona fisica, su sua domanda, alla liquidazione controllata , in relazione ad un debito – originatosi dal mutuo ipotecario contratto con l'allora istituto bancario – dal quale il debitore aveva chiesto di essere liberato tramite l'apporto per 36 mesi della somma mensile pari al quinto dello stipendio e del ricavato della vendita di due motociclette. La società reclamante si opponeva all'apertura della liquidazione controllata lamentando, tra l'altro, come il credito fondiario vantato nei confronti del ricorrente fosse l' unica sofferenza a suo carico, quindi, il ricorso alla procedura liquidatoria un espediente finalizzato a paralizzare l'azione esecutiva già azionata dalla reclamante. Parimenti chiedeva dichiararsi l'inammissibilità della procedura fondata soltanto su due cespiti di modico valore e sull'apporto di attivo futuro (redditi da lavoro subordinato), sostenendo che il legislatore, con la novella correttiva dell' articolo 268, comma 3, c.c.i.i. (all'epoca non ancora entrata in vigore), avesse accolto il principio dell'inammissibilità di una liquidazione controllata “senza beni” , principio valevole come criterio orientativo anche per le procedure pendenti. Le argomentazioni della Corte di Appello di Torino La Corte ha affrontato con la sentenza anche il tema dei requisiti di accesso alla liquidazione controllata e delle cause di inammissibilità del ricorso ex articolo 268 c.c.i.i., con riferimento particolare a due aspetti della vicenda processuale: In primo luogo, sul tema della (in) ammissibilità dell'apertura della procedura di liquidazione controllata in presenza di un unico creditore, la Corte di Appello ha confermato la decisione del Tribunale e ha rigettato la doglianza della parte reclamante giudicandola “irrilevante”. Ha, infatti, evidenziato che la presenza di un unico creditore non preclude l'apertura della liquidazione controllata, atteso che nessuna norma impone la pluralità (soggettiva) dei debiti quale condizione per l'accesso alla procedura liquidatoria, né una siffatta causa di inammissibilità potrebbe essere introdotta, nel silenzio legislativo, in via interpretativa. In secondo luogo, la Corte ha respinto le ragioni della società reclamante e confermato l' ammissibilità di una liquidazione controllata “senza beni” , conformandosi alla sentenza reclamata che, preso atto dei variegati orientamenti giurisprudenziali, aveva concluso in senso favorevole al debitore sulla scorta delle indicazioni fornite in materia dal diritto eurounionale e, soprattutto, dalla recente sentenza n. 6/2024 della Corte Costituzionale laddove, interpretando a contrario il disposto dell' articolo 268, comma 4, lett. b), c.c.i.i. , ha confermato che «la possibilità di ascrivere alla procedura della liquidazione controllata anche i beni sopravvenuti si pone in piena sintonia con quanto dispone, in generale, l' articolo 2740 del codice civile , in base al quale il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri». Dalla sentenza della Corte di Appello sono enucleabili i seguenti principi: (i.) presupposto indefettibile per poter accedere alla procedura di liquidazione controllata è il requisito oggettivo del sovraindebitamento , inteso ex articolo 2, lett. c), c.c.i.i. , come incapacità strutturale, non provvisoria, del debitore (che versi in stato di crisi o di insolvenza) di far fronte alle proprie obbligazioni, di guisa che non osta all'ammissibilità della domanda di liquidazione il fatto che la procedura riguardi un unico debito ( Cfr. Cass. 15572/2019 ); (ii.) è ammissibile una liquidazione controllata fondata sull' apporto di attivo futuro rappresentato , ad esempio, dalla destinazione alla procedura di una quota mensile della retribuzione da lavoro subordinato, poiché conforme al principio generale della responsabilità patrimoniale. Il pregio della sentenza sta nell'aver affrontato questioni relative alla portata applicativa del correttivo di cui al D.lgs. 136/2024 (in GU 27/09/2024, n. 227), non ancora in vigore alla data di deposito della sentenza, con cui è stato novellato anche l' articolo 268, comma 3, secondo periodo, c.c.i.i. , nella parte in cui ora prevede che «quando la domanda di apertura della liquidazione controllata è proposta dal debitore persona fisica, si fa luogo all'apertura della liquidazione controllata se l'OCC attesta che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori, anche mediante l'esercizio delle azioni giudiziarie». Consegue, nella ricostruzione teoretica della Corte, che, ferma la sua inapplicabilità al caso di specie, la novella in questione «non esclude tout court l'eventualità di una procedura senza beni o con beni futuri, ma la esclude solo quando sia certificata l'impossibilità, appunto, dell'acquisizione (anche futura) di attivo» ovverosia di beni e liquidità non presenti al momento dell'apertura del concorso, ma ragionevolmente acquisibili «anche mediante l'esercizio di azioni giudiziarie» e all'esito (anch'esso futuro) del relativo procedimento. Il rigetto di tutti i motivi formulati dalla società reclamante ha portato alla conferma della sentenza pronunciata dal Tribunale, che aveva dichiarato l'apertura della liquidazione controllata in presenza di un unico creditore e di una domanda fondata sulla semplice attestazione di crediti futuri, atteso anche l'evidente favor debitoris che informa la procedura in questione .
Presidente Mascarello - Relatore Aprile Motivi in fatto e in diritto della decisione 1. Con ricorso tempestivamente depositato e ritualmente notificato, la (omissis) SPV S.r.l. (società di cartolarizzazione cessionaria del credito già della (omissis) Bank S.p.A.) proponeva reclamo avverso la sentenza n. 35/24 in data 28/05-13/06/2024 del Tribunale di Alessandria, che aveva disposto l'apertura nei confronti di (omissis), su sua domanda, della procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato ex articolo 268 e ss. C.C.I.I. in relazione al debito di € 148.118,94 – originatosi dal mutuo immobiliare ipotecario contratto il 7/12/2005 con l'allora (omissis) Bank S.p.A. per l'acquisito di un alloggio in Borgo San Giacomo (BS) poi liquidato a prezzo ribassato all'esito della relativa procedura esecutiva – dal quale il debitore ha chiesto di essere liberato tramite l'apporto per 36 mesi della somma mensile di € 300,00 (pari al quinto dello stipendio) e il ricavato della vendita di due motociclette stimate in € 500,00 ciascuna, per un attivo liquidabile, in prospettiva, di complessivi € 11.800,00. Parte reclamante, in particolare, lamentava che il Tribunale aveva erroneamente aperto la liquidazione controllata nonostante: - non fosse stata accertata la destinazione della differenza tra la somma mutuata (€ 165.000,00) e il prezzo dell'alloggio con essa acquistato (€ 75.000,00 + I.V.A.); - quella di € 148.118,94 fosse l'unica sofferenza a carico del debitore, il quale ha fatto ricorso surrettizio e strumentale alla presente procedura all'esclusivo scopo di paralizzare l'esecuzione individuale di pignoramento presso terzi già azionata dalla reclamante; - fosse inammissibile una procedura liquidatoria “senza beni”, fondata, cioè, soltanto su due cespiti di scarsissimo valore e sull'apporto di futuri redditi (per la quota di € 300,00 mensili) da lavoro subordinato; - non fossero state approfondite le ragioni del sovraindebitamento di (omissis) e, segnatamente, della permanenza del suo stato di disoccupazione dopo la cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato (30/11/2009), indicata nell'allegata relazione dell'OCC quale originaria ragione impeditiva del pagamento dei ratei del mutuo e determinativa, perciò, dello squilibrio finanziario; - fosse mancata una puntuale indagine sulle effettive condizioni finanziarie del debitore, a fronte della disponibilità di un conto corrente e di carte prepagate non considerati nella relazione dell'OCC; - non fosse stata sufficientemente valutata la situazione lavorativa della figlia (omissis), percettrice di uno stipendio mensile superiore a quello indicato nella relazione dell'OCC e comportante un sensibile incremento del reddito familiare disponibile; - l'attivo liquidabile fosse irrisorio rispetto alla complessiva esposizione debitoria e ostativo, perciò, all'apertura della procedura. Si è costituito (omissis) contestando la fondatezza del reclamo avversario e chiedendone il rigetto, con integrale conferma del provvedimento ammissivo impugnato. Nessuno si è costituito per la liquidatrice dott.ssa P.M., nonostante la ritualità della notificazione del reclamo e del decreto di fissazione d'udienza. È pervenuto in data 1/08/2024 il parere della Procura Generale in senso favorevole all'accoglimento del reclamo. All'udienza del 27/08/2024, all'esito della discussione, la causa è stata trattenuta a riserva e quindi decisa come da dispositivo trascritto in calce. 2. Il reclamo non può essere accolto. 2.1. Non è esatto affermare che il debitore non abbia spiegato le ragioni del “surplus” tra il denaro mutuato e il prezzo dell'immobile acquistato, giacché nel ricorso per l'ammissione alla procedura era scritto chiaramente che il finanziamento aveva interessato «sia il costo dell'immobile [con l'aggiunta dell'I.V.A., n.d.e.] sia quelle sostenute per contrarre la polizza vita sia le spese notarili sia il compenso del mediatore creditizio» (pag. 4), senza che su questo aspetto – pure confermato nella mail dell'11/01/2024 (doc. n. 5) – parte reclamante abbia svolto puntuali osservazioni critiche. In ogni caso, la circostanza va ascritta a negligenza non del mutuatario ma del mutuante nell'avergli concesso un prestito eccessivo, quand'anche fosse stato a copertura (non provata ma ipotizzata dal reclamato: cfr. comparsa, pag. 6) di eventuali pagamenti “in nero”. 2.2. Il fatto che la procedura riguardi un unico debito è irrilevante, in quanto: a) non è dato sapere se, davvero, non sussistano altri creditori di (omissis) non essendo ancora esaurite le operazioni d'inventario, né formato lo stato passivo, sicché l'effettiva concorsualità della presente procedura, almeno allo stato, non può dirsi esclusa; b) nessuna norma impone la pluralità (soggettiva) dei debiti quale condizione per l'accesso alla liquidazione controllata, e dubita questo Collegio che quella che sarebbe una causa di inammissibilità del ricorso ex articolo 268 C.C.I.I. possa essere introdotta, nel silenzio legislativo, in via interpretativa; c) ciò che conta, invero, è il requisito oggettivo del sovraindebitamento inteso ex articolo 2, lett. c), C.C.I.I. come incapacità strutturale, non provvisoria, del debitore (che versi in stato di crisi o d'insolvenza) di far fronte alle proprie obbligazioni, ancorché si tratti (anzi, a maggior ragione se si tratta) di un unico debito (cfr., ad es., Cass., ord., n. 15572/19 ). 2.3. Sull'ammissibilità di una liquidazione controllata “senza beni” (o, meglio, fondata sull'apporto di attivo futuro rappresentato dalla destinazione alla procedura di un quota mensile della retribuzione da lavoro subordinato), la sentenza reclamata si è diffusa con ampia e articolata motivazione (cfr. pagg. 2-5) e, preso atto dei variegati orientamenti giurisprudenziali, ha concluso in senso favorevole al debitore sulla scorta delle indicazioni fornite in subiecta materia dal diritto eurounionale e, soprattutto, dalla sentenza n. 6/24 della Corte Costituzionale (pressoché investita delle medesime questioni qui fatte valere dalla reclamante), là dove, interpretando a contrario il disposto dell'articolo 268, co. 4, lett. b), C.C.I.I. , ha confermato «la possibilità di ascrivere alla procedura della liquidazione controllata anche i beni sopravvenuti [che] si pone in piena sintonia con quanto dispone, in generale, l' articolo 2740 del codice civile , in base al quale «il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri»». La (omissis) SPV S.r.l., pur riconoscendo che «L'interpretazione giurisprudenziale estensiva [è] divenuta maggioritaria» (reclamo, pag. 7), ha tuttavia ritenuto che il legislatore, con la riscrittura dell' articolo 268, co. 3, C.C.I.I. prevista nel decreto correttivo prossimo venturo, abbia accolto il principio dell'inammissibilità di una liquidazione controllata “senza beni” – principio valevole come criterio orientativo anche per le procedure pendenti. L'argomento non convince in quanto: a) la novella correttiva non è stata ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, non è attualmente in vigore e, pertanto, non è neppure astrattamente applicabile, foss'anche in via meramente interpretativa; b) in ogni caso, la modifica dell' articolo 268, co. 3, C.C.I.I. , per quanto applicabile in linea teorica alle procedure pendenti, non lo sarebbe in linea pratica a mente della generalissima regola del tempus regit actum che sovrintende alla successione di leggi processuali (quali sono quelle disciplinanti le procedure d'insolvenza) e che non può consentire (se non a pena di contraddizione logica, prima che giuridica) l'applicazione retroattiva, a una procedura già aperta, di disposizioni sopravvenute riguardanti i requisiti di accesso; c) perdipiù, la novella in questione – là dove stabilirà che «Quando la domanda di apertura della liquidazione controllata è proposta dal debitore persona fisica, si fa luogo all'apertura della liquidazione controllata se l'OCC attesta, nella relazione di cui all'articolo 269, comma 2, che è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori, anche mediante l'esercizio di azioni giudiziarie» – non esclude tout court l'eventualità di una procedura “senza beni” o con beni futuri, ma la esclude solo quando sia certificata l'impossibilità, appunto, dell'acquisizione (anche futura) di attivo – ovverosia di beni e liquidità non presenti al momento dell'apertura del concorso, ma ragionevolmente acquisibili «anche [unitamente, cioè, all'acquisizione di beni futuri, in applicazione, come ha detto la Corte Costituzionale, dell'articolo 268, co. 4, lett. b), C.C.I.I. e in ragionevole conformità con l' articolo 2740 c.c. ] mediante l'esercizio di azioni giudiziarie» e all'esito (pur esso futuro) del relativo procedimento; d) ne è indiretta conferma l' articolo 283, co. 1, C.C.I.I. , che definisce sovraindebitato incapiente colui che «non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura» (sottolineatura dell'estensore), come non è, appunto, nel caso in rassegna. Se è così, resta assai poco da aggiungere: oltre ai due beni mobili di € 1.000,00, l'apporto di attivo è costituito dai versamenti periodici della quota della retribuzione, idonea a scemare, sia pure in maniera molto parziale, il credito della (omissis) SPV S.r.l. – che, peraltro, non ha indicato (dato che non ce ne sono) altre utili componenti dell'attivo. 2.4. Sul mancato approfondimento delle ragioni del sovraindebitamento, esse sono irrilevanti in questa fase (lo saranno, eventualmente, nella successiva, e non automatica, fase di esdebitazione ai sensi dell' articolo 282, co. 2, C.C.I.I. ); ciò non è richiesto dall' articolo 268 C.C.I.I. , ove, significativamente, non sono riportate le disposizioni già contenute negli articolo 14-ter, co. 3, lett. a), e 14-quinquies, co. 1, l. n. 3/12, che imponevano, ai fini ammissivi, l'indagine sulle «cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore persona fisica nell'assumere volontariamente le obbligazioni». Tale cautela sarà reintrodotta nel testo dell' articolo 269, co. 2, C.C.I.I. dal decreto correttivo, tuttavia attualmente inopponibile al reclamato per i motivi di cui supra, n. 2.3.b. A ogni modo, è più che sufficiente in parte qua la relazione dell'OCC, che ha comunque escluso «che l'indebitamento possa essere stato causato da colpa grave, malafede o frode» (pag. 7). 2.5. Circa le disponibilità finanziarie di parte reclamante ritiene stigmatizzabile ch'egli, come si evince dall'estratto del c/c bancario in atti, «prelevava abitualmente contante dal suo conto corrente sfuggendo ad ogni verifica di impiego, ha abbonamenti a piattaforme quali Netflix e Prime Video e spenda tranquillamente Euro 160,14 al bar (non frazionati, ma in una singola occasione)» (reclamo, pag. 9), e fa altresì notare che «Dall'anagrafe dei rapporti, seppur aggiornata al 30.9.23, emerge inoltre come il sig. (omissis) sia titolare di un conto deposito a risparmio libero/vincolato presso Poste Italiane (non considerato in alcun modo dall'OCC!) ed effettui operazioni extra-conto ignote verso Lis Pay e Western Union, noto sistema che consente di trasmettere denaro all'estero» (ibid.), considerato altresì che «il debitore avrebbe dovuto depositare un elenco degli atti dispositivi compiuti nei cinque anni antecedenti» il deposito del ricorso (ibid., pag. 10). Questi rilievi sono suggestivi ma non decisivi, poiché: a) ai fini qui perseguiti, ciò che rileva nell'analisi dell'estratto del c/c bancario non sono tanto i prelievi (tutti, peraltro, di modestissimo importo), quanto gli accrediti: in questo senso, emerge chiaramente che l'unico “rifornimento” finanziario è costituito soltanto dagli stipendi mensili da lavoro subordinato, i quali, in ogni caso, non possono essere pignorati oltre il quinto – oltre, ossia, l'importo di € 300,00 così come previsto dal piano di liquidazione; i restanti quattro quinti, ai sensi dell'articolo 268, co. 4, lett. a) e d), C.C.I.I. , non sono compresi nella liquidazione controllata e rimangono perciò nella disponibilità del debitore, sicché dall'utilizzo che questi ne faccia non può trarsi alcun utile argomento (se non per quello che si è detto supra, n. 2.4); b) l'esistenza di un conto deposito a risparmio libero/vincolato presso Poste Italiane – che sarebbe incredibilmente sfuggito agli accertamenti, pur capillari, svolti dall'OCC presso la «banca dati degli archivi pubblici (Agenzia delle Entrate tramite accesso al cassetto fiscale e interrogazione alla banca dati dell'Anagrafe Tributaria, PRA, Centrale Rischi Banca Italia, CRIF, Agenzia del Territorio, ecc.)» (relazione, pag. 8), tant'è che «Dall'anagrafe finanziaria non sono emersi altri rapporti finanziari» (ibid., pag. 9) – non è stata minimamente documentata dalla (omissis) SPV S.r.l., che neppure ha documentato (né allegato) la consistenza degli asseriti trasferimenti di denaro all'estero (peraltro incontestatamente giustificati da (omissis): cfr. comparsa, pagg. 7-8), nonché, in particolare, la loro dirimente incidenza causale sul piano liquidatorio; c) non è vero, infine, che il debitore non abbia unito al ricorso l'elenco degli atti dispositivi degli ultimi cinque anni: esso, in realtà, risulta prodotto sub doc. n. 22, e di ciò si dà atto anche nella relazione dell'OCC (cfr. pagg. 3 e 7). 2.6. Difettano di fondatezza pure i rilievi attinenti alla situazione reddituale della famiglia e, in particolare, della figlia di osservandosi che: a) la verifica dei redditi del nucleo familiare non è richiesta dall' articolo 270, co. 1, C.C.I.I. , là dove non si tratti, eventualmente, di procedure ex articolo 66 C.C.I.I. ; b) in ogni caso, dalle buste paga prodotte dalla reclamante emerge che (omissis) (assunta dalla O. S.r.l. il 23/09/2023 con contratto a tempo determinato di quattro mesi) ha potuto mediamente disporre, tra ottobre e dicembre 2023, di uno stipendio mensile netto di € 1.452,00 (e non di € 1.000,00), ed è verosimile che il contratto a termine sia stato rinnovato; c) il reddito familiare annuale al 31/12/2023, stimato nella relazione dell'OCC in € 38.390,00, va pertanto rettificato con l'aggiunta, in relazione ai mesi tra ottobre e dicembre 2023, di € 1.356,00 (= € 452,00 x 3), per l'importo finale di € 39.746,00 – che è comunque lontano da quello di € 42.000/43.000 indicato dalla reclamante e che non scalfisce apprezzabilmente la valutazione operata dall'OCC; d) perdipiù, ciò che importa non è tanto qualche centinaio di euro in più o in meno, quanto la certezza e la (tendenziale affidabilità) dell'entrata reddituale: (omissis), come si è visto, lavora con contratti a termine (come la madre (omissis)), mentre il padre lavora in virtù di un contratto a tempo indeterminato, ed è esattamente questo a essere stato evidenziato e valorizzato nella relazione dell'OCC, «per cui è ragionevole ritenere che l'unica entrata certa sia il reddito del sig. (omissis)» (pag. 10). 2.7. Quanto, infine, alla lamentata inadeguatezza dell'attivo liquidabile, si osserva, da un lato, che l'esclusione del furgone “Fiat” (immatricolato nel 2004 e, pertanto, di assai difficile realizzo) è stata giustificata, ragionevolmente, per il fatto che esso «viene utilizzato per raggiungere il posto di lavoro» (ibid., pag. 8), e, dall'altro, che il Tribunale non è chiamato a verificare la fattibilità economica del piano di liquidazione proposto dal debitore (diversamente da quanto previsto, ad es., dall'articolo 70, co. 7, C.C.I.I. per il piano di ristrutturazione nel sovraindebitamento del consumatore) – salvo il sindacato del giudice delegato ex articolo 272, co. 2, C.C.I.I. In questo senso, basta la relazione accompagnatoria dell'OCC, che ha accertato l'attendibilità e la completezza del ricorso del sovraindebitato e della documentazione ad esso allegata e non ha espresso in merito giudizi negativi, riserve o perplessità di sorta – sicché non sussistono ulteriori ambiti d'indagine da parte di questa Corte in ordine all'opportunità e convenienza della procedura in esame, atteso anche l'evidentissimo favor debitoris che la informa. 3. Per tutte le superiori ragioni, che assorbono ogni altra doglianza, il reclamo dev'essere rigettato, e alla soccombenza di parte reclamante segue l'obbligo di quest'ultima al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo sulla base dei parametri medi (per le fasi di studio e introduttiva) e del parametro minimo (per la fase decisionale, in assenza di comparse conclusionali scritte) in relazione a una causa di valore indeterminabile a complessità bassa (esclusa la fase istruttoria) – oltre al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex articolo 13, co. 1-quater, d.P.R. n. 115/02. Non si provvede, infine, sull'istanza di cancellazione dell'avverbio «apparentemente» utilizzato dalla reclamante a proposito delle ore di lavoro giornaliero (reclamo, pag. 10), trattandosi di espressione ellittica ma priva in sé di autentica portata offensiva. Visto l' articolo 51, co. 11, C.C.I.I. , rigetta il reclamo; P.Q.M. condanna la (omissis) SPV S.r.l. a rimborsare a (omissis) le spese di lite, liquidate in € 5.211,00, oltre a rimborso forfettario, I.V.A. e C.P. A.