La sentenza in commento esamina la posizione del medico che ha prestato, in più occasioni, assistenza sanitaria al latitante Matteo Messina Denaro, pur consapevole della sua identità e del fatto che questi era ricoverato nell’ospedale sotto falso nome.
Il Tribunale di Palermo, in qualità di Giudice del riesame, previa riqualificazione del fatto provvisoriamente contestato come partecipazione all'associazione mafiosa “Cosa Nostra” articolo 416-bis c.p. in favoreggiamento personale aggravato articolo 378, commi 1 e 2 384-ter 416-bis.1, c.p. , sostituiva la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari. Avverso l'ordinanza, proponeva ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, deducendo due motivi vizio di motivazione quanto alla riqualificazione delle condotte contestate in favoreggiamento aggravato e vizio di motivazione quanto alle esigenze cautelari e alla sostituzione della custodia cautelare con gli arresti domiciliari. Per i giudici di Cassazione il ricorso è fondato. Nello specifico, in relazione al primo motivo che inerisce alla qualificazione giuridica del fatto, il Collegio ritiene corretta la scelta del Tribunale del riesame di escludere che configurino reato le mere condotte di assistenza sanitaria prestate dall'indagato, in qualità di tecnico radiologo presso l'ospedale di Mazara del Vallo, a favore di Matteo Messina Denaro, poiché «la fruizione di assistenza sanitaria rientra sotto l'ombrello delle tutele costituzionali riservate a qualunque individuo, le quali mai potrebbero assurgere a rilievo penale». Ciò premesso, rilevano che l'attenzione dei giudici del riesame si concentra su quei comportamenti che invece, travalicano la mera assistenza sanitaria, ovvero, chiariscono, «su condotte ulteriori e diverse sebbene realizzate nel contesto topografico e cronologico del ricovero nella struttura ospedaliera », quali la consegna, da parte dell'indagato a Messina Denaro, di un'utenza telefonica per conto e su indicazione di altro soggetto, sodale dell'associazione capeggiata dal medesimo Messina Denaro. E' in tale condotta che ravvisano gli estremi del reato di favoreggiamento personale con l'aggravante mafiosa, richiamando un orientamento il quale, reputa «configurabile l'ipotesi di cui all'articolo 378 c.p. con preferenza rispetto all'articolo 416-bis c.p., là dove non si ravvisi un'interazione organica e sistematica con gli associati, bensì l'aiuto prestato in modo episodico ad uno di essi, con ciò che ne consegue in termini di elemento soggettivo, non richiedendosi, nella prima ipotesi, a differenza che nella seconda, alcun animus socii». Per i giudici di legittimità tale tesi argomentativa non appare pertinente al caso di specie anzi, va a svilire indebitamente la peculiarità del caso oggetto di giudizio il sanitario infatti, presta aiuto non a un qualsivoglia partecipe di “Cosa Nostra”, ma al suo indiscusso vertice, da lungo tempo ricercato in quanto latitante. Tale premessa fattuale permette di poter affermare che l'apporto fornito al Messina Denaro non poteva che tradursi in un «contributo dotato di rilievo causale-condizionalistico all'associazione da questi capeggiata». Per la Suprema Corte, alla luce di tali considerazioni, il Tribunale del riesame non avrebbe dovuto escludere, in luogo al favoreggiamento, la configurabilità del c.d. concorso esterno in associazione mafiosa poiché, di tale ipotesi di reato, nel caso sottoposto al Collegio, «ricorrerebbero i presupposti da tempo messi a fuoco sia sul piano oggettivo che soggettivo».
Presidente Di Stefano - Relatore Di Giovine Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Palermo, in qualità di Giudice del riesame, previa riqualificazione del fatto provvisoriamente contestato come partecipazione all'associazione mafiosa OMISSIS articolo 416-bis cod. penumero capo 1 dell'incolpazione provvisoria in favoreggiamento personale aggravato articolo 378, commi 1 e 2 384-ter 416-bis.1, cod. penumero , sostituiva la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, deducendo due motivi. 2.1. Vizio di motivazione quanto alla riqualificazione delle condotte contestate in favoreggiamento aggravato. Il Tribunale, pur avendo riconosciuto come provate tutte le condotte contestate all'indagato, ha circoscritto il rilievo penale ad alcune di esse, giungendo a qualificare il fatto come favoreggiamento, attraverso un percorso motivazionale carente ed illogico. Premesso che l'indagato ha prestato in più occasioni assistenza sanitaria al latitante M.M.D., pur consapevole del fatto che questi era ricoverato nell'ospedale sotto falso nome, il Tribunale non ha spiegato perché la condotta di assistenza sanitaria sarebbe priva di rilievo penale se perché atipica oppure non antigiuridica , ponendosi oltretutto in contrasto con l'insegnamento di questa Corte Sez. 6, numero 12281 del 01/03/2016, Cassano, Rv. 267420 . Anche l'episodio della consegna da parte dell'indagato a M.M.D. di un cellulare con nuova utenza, il 14 novembre 2020, durante la degenza post-operatoria del latitante, è motivata in modo manifestamente illogico. Il Tribunale ha infatti affermato come tale utenza fosse funzionale a creare soltanto un canale di comunicazione sicuro tra il M.M.D. e B. cl. 69 . Tuttavia, tale conclusione non è suffragata da dati concreti. Non considera, inoltre, come la disponibilità dell'utenza, e quindi di internet, permetta di effettuare chiamate o mandare messaggi che sfuggono alle successive verifiche dei tabulati e, più in generale, di connettersi, sotto le più svariate forme, con chicchessia. Infine, anche a ritenere che la consegna dell'utenza avesse creato soltanto tale canale privilegiato, resterebbe il fatto che il L.C. ha comunque svolto un ruolo importante nella catena di comunicazioni tra M.M.D. e l'organizzazione mafiosa di cui era a capo nella provincia di Trapani. L'indagato ha di fatto operato in stretta sinergia con i cugini B. cl. 67 e cl. 69 , allora pedine strategiche nello scacchiere mafioso a disposizione del latitante, fungendo da fondamentale raccordo tra gli associati, tanto più che le sue condotte si inserivano in un momento di crisi particolare che investiva l'intera associazione mafiosa, per il fatto che l'arresto del suo vertice avrebbe inevitabilmente compromesso l'intera attività di OMISSIS . 2.2. Vizio di motivazione quanto alle esigenze cautelari e alla sostituzione della custodia cautelare con gli arresti domiciliari. Il Tribunale ha giudicato le esigenze cautelari «di particolare intensità», in ragione della «particolare gravità della condotta dell'indagato», il quale ha manifestato un'«allarmante disponibilità nei confronti del sodalizio mafioso». Poi, però, in modo contraddittorio, ha ritenuto superabile la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere «alla luce del particolare contesto in cui sono maturate le condotte delittuose, occasionate dal ricovero di M.M.D. nell'ospedale dove prestava servizio l'indagato», peraltro contraddicendo le precedenti valutazioni sulla irrilevanza penale dell'assistenza sanitaria prestata al latitante. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposte. 2. Il primo motivo di ricorso, che inerisce alla qualificazione giuridica del fatto, è fondato. 2.1. È nel giusto il Tribunale del riesame quando esclude che configurino reato le mere condotte di assistenza sanitaria prestate dall'indagato, tecnico radiologo presso l'ospedale di OMISSIS , a favore di M.M.D., a suo tempo ricoverato presso la medesima struttura. Posto, infatti, che la fruizione di assistenza sanitaria rientra sotto l'ombrello delle tutele costituzionali riservate a qualunque individuo e che, quindi, la prestazione corrispettiva mai potrebbe assurgere a rilievo penale, va soltanto aggiunto che l'argomentazione dei Giudici del riesame nemmeno è inficiata - come vorrebbe il ricorrente - dal mancato inquadramento del tema nel capitolo teorico della tipicità o in quello dell'antigiuridicità. Tale asserita lacuna sarebbe, infatti, irrilevante, dal momento che, quale che sia la tesi preferita la questione era invero discussa soprattutto in passato e particolarmente nell'ambito della dottrina, che oggi sembra propendere per l'atipicità , verrebbe comunque meno un elemento costitutivo del reato, e con esso il reato stesso. 2.2. L'attenzione si appunta, pertanto, sui comportamenti che travalicano la mera assistenza sanitaria, ovvero su condotte ulteriori e diverse sebbene realizzate nel contesto topografico e cronologico del ricovero nella struttura ospedaliera , al cui interno l'ordinanza valorizza specificamente la consegna, da parte dell'indagato a M.M.D., di un'utenza telefonica per conto e su indicazione di A.B. classe OMISSIS , cugino dell'omonimo B., classe OMISSIS , di cui il latitante aveva assunto durante il ricovero l'identità , sodale dell'associazione capeggiata dal medesimo M.M.D 2.3. Tanto premesso, nel ravvisare in questa condotta gli estremi del reato di favoreggiamento personale con l'aggravante mafiosa , il Tribunale del riesame richiama due precedenti di legittimità che - sul presupposto della configurabilità del delitto anche in rapporto ai reati associativi e, dunque, della distinzione tra consumazione e perfezionamento di questi ultimi - argomentano a partire dall'individuazione del beneficiario della condotta agevolativa e, quindi del dolo Sez. 1, numero 48560 del 04/07/2023, Occhipinti, Rv. 285461 Sez. 1, numero 43249 del 13/04/2018, Russo, Rv. 274374, cui potrebbe aggiungersi, quantomeno, Sez. 6, numero 33753 del 25/05/2023, Bulla, Rv. 285152 . Tale giurisprudenza reputa, in sostanza, configurabile l'ipotesi di cui all'articolo 378 cod. penumero con preferenza rispetto all'articolo 416-bis cod. penumero là dove non si ravvisi un'interazione organica e sistematica con gli associati, bensì l'aiuto prestato in modo episodico ad uno dì essi, con ciò che ne consegue in termini di elemento soggettivo, non richiedendosi, nella prima ipotesi, a differenza che nella seconda, alcun animus sodi. 2.4. L'orientamento è senz'altro condivisibile, ma non appare pertinente nel caso di specie. La sua trasposizione alla vicenda in giudizio, infatti, svilisce indebitamente la peculiarità del caso oggetto di giudizio peculiarità consistente nel fatto che L.C. non prestò aiuto ad un qualsivoglia partecipe e, neppure, ad uno degli apici dell'associazione criminale OMISSIS , notoriamente organizzata in senso piramidale, bensì al suo indiscusso vertice, da lungo tempo ricercato in quanto latitante. La logica conseguenza di tale premessa fattuale è che l'apporto consapevolmente fornito alla persona di M.M.D. non poteva non tradursi in un altrettanto doloso contributo, dotato di rilievo causale-condizionalistico, all'associazione da questi capeggiata la quale, come osservato nel ricorso del Pubblico Ministero, sarebbe stata messa a repentaglio dall'arresto del suo capo indiscusso . Dunque, a ritenere, come assumono i Giudici del provvedimento impugnato, che l'indagato non facesse stabilmente parte della compagine associativa mafiosa - salvo, cioè, quanto sarà precisato immediatamente di seguito -, non si sarebbe dovuta escludere, in luogo del semplice favoreggiamento, la configurabilità del c.d. concorso esterno in associazione mafiosa articolo 110, 416- bis cod. penumero . Di tale ipotesi di reato ricorrerebbero, infatti, i presupposti da tempo messi a fuoco da questa Corte Sez. U., numero 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231671 sia sul piano sia oggettivo il contributo causale verificabile ex post, in termini condizionalistici , sia sul piano soggettivo il dolo di recare un contributo alla conservazione o al rafforzamento dell'associazione, nella consapevolezza e con la volontà di recare un contributo alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio . 2.5. Peraltro, la motivazione del provvedimento impugnato non risulta, sul delicato punto dei rapporti tra indagato e compagine associativa, esente da profili di contraddittorietà. Infatti, i Giudici del riesame, dopo aver affermato, come appena ricordato, che il contributo fornito dall'indagato al latitante fu del tutto episodico, in altro punto dell'ordinanza, e cioè là dove motivano le esigenze cautelari, riconoscono che l'indagato «ha manifestato un'allarmante disponibilità nei confronti del sodalizio mafioso, che ben potrebbe tradursi in condotte agevolative anche in favore di diversi associati». Usano, quindi, una dizione che, quantomeno sul piano linguistico, evoca - sebbene in termini di potenzialità - la stabile messa a disposizione di cui parlano Sez. U, numero 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889, alludendo a un concetto che, se riempito, come necessario, dei necessari contenuti di offensività, potrebbe addirittura indiziare in capo all'indagato l'ipotesi partecipativa. Il che richiama alla necessità di accertamenti ulteriori nel merito. 3. Specularmente, contradditoria risulta la motivazione in punto di esigenze cautelari. In tal senso, depone il contrasto, denunciato dal ricorrente, tra la già rilevata potenziale disponibilità di L.C. verso l'intero sodalizio mafioso, in uno con la ritenuta «estrema gravità della [sua][condotta», e l'affermazione, di poco precedente, per cui il contributo di L.C. sarebbe stato circoscritto al contesto ospedaliero circostanza che i Giudici ritengono suscettibile di superare la presunzione di pericolosità discendente dalla contestazione dell'alt. 416-bis.1 cod. penumero e di giustificare l'adeguatezza degli arresti domiciliari. 4. Si impone, dunque, su entrambi i profili - dei gravi indizi di reità e delle esigenze cautelari -, l'annullamento della sentenza, con rinvio ai Giudici di merito in funzione degli approfondimenti necessari. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio, al Tribunale di Palermo competente ai sensi dell'articolo 309, comma 7, cod. proc. penumero