In materia di compensi per l'attività espletata dagli avvocati, sono stati ribaditi i principi sull'imputazione di pagamenti a debiti specifici e sulla prova dell'estinzione del credito da parte del debitore.
La vicenda in questione, approdata davanti alla Cassazione, nasceva dalla domanda giudiziale di un avvocato di ricevere il compenso dovutogli da due suoi assistiti in un procedimento civile. In seguito alla documentazione presentata dai convenuti, i giudici di merito rigettavano la domanda del professionista. Quest'ultimo presentava, dunque, immediato ricorso in Cassazione, denunciando l'evidente errore di percezione del contenuto dei documenti da parte del giudice, il quale non si era accorto del fatto che si trattava dei medesimi documenti emessi per una diversa vicenda contrattuale intercorsa tra le parti. La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi, ha ritenuto fondato il ricorso relativamente all'evidente errore nella disamina della documentazione il Tribunale avrebbe duplicato alcuni degli importi versati al ricorrente, addivenendo ad una quantificazione delle somme versate pari ad € 7.500,00, conteggiando una seconda volta l'importo di € 3.500,00, che però rientrava già tra le somme per le quali si era reputata fosse stata offerta la prova con la documentazione prodotta all'atto della costituzione in giudizio. La Cassazione ha, tuttavia, chiarito che non può sostenersi che nella fattispecie sia invocabile il recente principio per cui «il travisamento del contenuto oggettivo della prova - che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell'informazione probatoria al fatto probatorio - trova il suo istituzionale rimedio nell'impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall'articolo 395, numero 4, c.p.c., mentre - se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti - il vizio va fatto valere ai sensi dell'articolo 360, numero 4, o numero 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale Cass. S.U. numero 5792/2024 .» Nel caso di specie, non si era verificata contestazione riguardo all'identità delle prove presentate prima e dopo la riassunzione del caso, ma l'errore sarebbe emerso solo durante l'attività di valutazione delle stesse da parte del giudice. L'errore di percezione denunciato dal ricorrente andava, pertanto, dedotto - secondo i Giudici - come causa di revocazione. È stato, poi, ricordato che, in presenza di una pluralità di rapporti obbligatori, se il debitore non si avvale della facoltà di dichiarare quale debito intenda soddisfare, la scelta spetta al creditore, il quale può dichiarare di imputare il pagamento ad uno o più debiti determinati, mentre i criteri legali ex articolo 1193, comma 2, c.c., di carattere suppletivo e sussidiario, subentrano soltanto quando l'imputazione non è effettuata da nessuna delle due parti, fermo restando che l'onere di provare le condizioni che giustificano una diversa imputazione grava sul creditore Cass. numero 31837 del 27/10/2022 . Tuttavia, tale principio è destinato ad operare solo nell'ipotesi in cui il pagamento risulti riferibile ad uno specifico credito, ed in particolare a quello dedotto in giudizio. Con specifico riferimento al compenso di un legale, è stato, poi, precisato che «qualora un avvocato agisca per il soddisfacimento di un determinato credito riferito a specifiche prestazioni professionali ed il cliente eccepisca di avere corrisposto nel tempo una somma maggiore rispetto a quella richiesta, riferendola indistintamente a tutte le pratiche curate dal legale nel suo interesse, l'onere del debitore di dimostrare l'efficacia estintiva del versamento non può ritenersi assolto in base al rilievo che il difensore non abbia contestato la ricezione di tale somma, deducendo semplicemente l'incongruenza fra l'ammontare indicato nella domanda e quello oggetto dell'eccezione. Infatti, ove la relazione fra la pretesa e l'adempimento non emerga ex se dalla corrispondenza degli importi o da altre circostanze idonee, anche sul piano presuntivo, a circoscrivere l'efficacia estintiva del pagamento, il debitore non può limitarsi a sostenere genericamente la natura omnicomprensiva del pagamento stesso Cass. numero 28779 del 09/11/2018 .» Solo nel caso di comprovata esistenza di un pagamento puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito, dunque, l'onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale può chiedere che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o più antico Cass. numero 20288/2011 Cass. numero 205/2007 . Nel caso specifico, i rapporti professionali tra le parti nel tempo non sono in discussione. La difesa dei clienti si basava sul fatto di avere versato diverse somme nel corso del tempo, supportate da prove documentali per l'importo menzionato, ma ciò - alla luce di quanto sopra – non risultava sufficiente per considerare soddisfatto il credito in questione. In conclusione, la decisione impugnata non ha considerato correttamente la riferibilità dei pagamenti al credito in contestazione. Pertanto, l'ordinanza deve essere cassata e il giudice di rinvio dovrà riesaminare le fatture aggiuntive presentate dal ricorrente, tenendo conto del contesto temporale di emissione delle stesse in relazione ai pagamenti menzionati dal convenuto.
Presidente Manna - Relatore Criscuolo Fatti di causa e Ragioni della decisione 1. L'Avvocato La.Al. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Pisa Sg.Co. e Sg.Do., deducendo che aveva assistito i convenuti in un procedimento civile iscritto numero 2631/2011, tenutosi dinanzi al medesimo Tribunale ed avente ad oggetto la richiesta avanzata dai convenuti nei confronti della Immobiliare Toscano Srl di restituzione di spese condominiali straordinarie, definito con pronuncia favorevole ai convenuti. Lamentava che non era stato compensato per l'attività professionale espletata, avendo ricevuto solo l'acconto di Euro 250,00, così che i convenuti dovevano essere condannati al pagamento del residuo credito pari ad Euro 4.582,99. Si costituiva Sg.Co. che, oltre ad eccepire l'incompetenza del giudice adito, concludeva per il rigetto della domanda, sostenendo di avere già versato quanto richiesto dall'avv. La.Al. Dichiarata l'incompetenza del giudice adito e riassunto il giudizio dinanzi al Tribunale di Pistoia, questi con ordinanza del 15 novembre 2019 ha rigettato la domanda. Per quanto ancora rileva in questa sede, sosteneva che effettivamente risultava che le prestazioni fossero state rese in favore dei convenuti e che l'importo richiesto corrispondesse a quanto spettante in base alle tariffe professionali. Tuttavia, appariva fondata l'eccezione di pagamento, in quanto, qualora il convenuto eccepisca di avere adempiuto, dimostrando il versamento di una somma idonea all'estinzione dell'obbligazione, incombe sull'attore, il quale deduce che il pagamento è da imputare ad un diverso rapporto, dimostrare l'esistenza del diverso credito e la ricorrenza delle condizioni per imputare il pagamento a tale ultimo diritto. Il convenuto con la comparsa di risposta aveva depositato copie di assegni e distinte di bonifico indirizzato all'attore, le cui date coincidono con il periodo di pendenza del procedimento giudiziale proposto dinanzi al Tribunale di Pisa per un ammontare di Euro 4.000,00. Inoltre, in sede di riassunzione aveva depositato altre copie di assegni per un ulteriore importo di Euro 3.500,00, sempre riferibili al periodo in esame, allegando anche di avere versato altre somme in contanti. Secondo il Tribunale, se doveva escludersi che fosse stato provato il versamento in contanti, poteva però ritenersi dimostrato documentalmente il versamento di Euro 7.500,00, e che le fatture prodotte dal La.Al., asseritamente riferibili al diverso giudizio nel quale aveva assistito lo Sg.Co., erano solo in parte idonee a tal fine, in quanto se in alcune fatture era indicata espressamente la causale, con l'indicazione del diverso giudizio, altre due fatture numero 23 del 27/9/2010 e numero 26 del 15/11/2010 , in assenza di ogni altro riferimento all'oggetto della prestazione, non potevano reputarsi che potessero costituire una valida prova contraria. Poiché non vi era prova della riferibilità dei pagamenti ricevuti per Euro 4.500,00 ad altre prestazioni d'opera professionale, doveva quindi concludersi per l'avvenuta estinzione dell'obbligazione dedotta in giudizio. Al rigetto della domanda conseguiva la condanna dell'attore al rimborso delle spese di lite. 2. La.Al. ha proposto ricorso per la cassazione di tale ordinanza sulla base di due motivi, illustrati da memorie. Gli intimati non hanno svolto difese in questa fase. 3. Con ordinanza interlocutoria numero 164875 del 15 giugno 2021 la Sesta Sezione civile ha rimesso la causa alla pubblica udienza. 4. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ed il ricorrente ha depositato memorie. 5. Il primo motivo di ricorso denuncia l'errata e contraddittoria motivazione, ex articolo 360 co. 1, numero 4 c.p.c., in ordine agli articolo 115 e 116 c.p.c., per avere il giudice di merito considerato le produzioni documentali effettuate dallo Sg.Co. prova idonea di pagamenti ulteriori rispetto a quelli documentati dinanzi al Tribunale di Pisa. Si evidenzia che ad avviso del Tribunale sarebbe stata offerta la prova di pagamenti per un importo di Euro 7.500,00, e precisamente per Euro 4.000,00, con i documenti prodotti dinanzi al Tribunale di Pisa, e per Euro 3.500,00 con i documenti prodotti in sede di riassunzione dinanzi al Tribunale di Pistoia. Tuttavia, tale conclusione sarebbe frutto di un evidente errore di percezione del contenuto dei documenti, in quanto il giudice non si è avveduto del fatto che si trattava a ben vedere dei medesimi documenti, emergendo che quelli di cui ai nnumero da 8 a 13 prodotti dinanzi al Tribunale di Pisa erano gli stessi documenti di cui ai numeri da 15 a 19 prodotti dinanzi al Tribunale di Pistoia. Ciò emerge in manera evidente dal raffronto tra il numero degli assegni, che consentiva di affermare l'identità tra l'assegno numero 8 di cui al primo giudizio con quello numero 6 prodotto dinanzi al Tribunale di Pistoia. Analogamente era a dirsi quanto al documento numero 9 della produzione originaria e quello numero 15 prodotto in sede di riassunzione, il doc. numero 10 della produzione originaria e quello numero 17 del giudizio riassunto, il doc. numero 12 del primo giudizio e quello numero 18 del secondo, ed infine il doc. numero 13 prodotto dianzi al Tribunale di Pisa e quello numero 19 prodotto dinanzi al Tribunale di Pistoia. La conferma della identità dei documenti si ricava, oltre che dal numero degli assegni versati in atti anche dall'identità degli importi dei titoli, con la conseguenza che la decisione impugnata è frutto di un evidente errore percettivo, che non può però essere denunciato con il rimedio della revocazione, atteso che l'esame di questi documenti ha costituito una questione dibattuta tra le parti. Si aggiunge, poi, che la decisione appare evidentemente erronea anche nella parte in cui ha ritenuto che le fatture recanti la data del 2010 non fossero riferibili al diverso giudizio nel quale i convenuti erano stati assistiti dal La.Al., atteso che il procedimento per il quale è richiesto il compenso in questa sede è iniziato nel 2011 e che pertanto le fatture non possono essere riferite anche all'attuale materia del contendere. Inoltre, le fatture de quibus recano la stessa data di due degli assegni versati in atti dal convenuto, a conferma che si trattava di fatture emesse per la diversa vicenda contrattuale intercorsa tra le parti. 6. Il motivo è solo in parte fondato. Effettivamente dalla disamina della documentazione versata in atti dal convenuto, dapprima dinanzi al Tribunale di Pisa e poi in sede di riassunzione dinanzi al Tribunale di Pistoia, emerge la parziale identità tra la prima e la seconda, atteso che nella prima occasione era stata versata solo la stampa rilasciata dalla banca relativa agli assegni emessi all'ordine del convenuto, e dei quali era beneficiario il La.Al., mentre in sede di riassunzione sono state prodotte anche le fotocopie dei titoli di credito, palesandosi la perfetta coincidenza dei pagamenti cui si riferiscono le due documentazioni, in ragione dell'identità sia del numero degli assegni che dei loro importi. Il Tribunale avrebbe in tal modo duplicato alcuni degli importi versati al ricorrente, addivenendo ad una quantificazione delle somme versate pari ad Euro 7.500,00, conteggiando una seconda volta l'importo di Euro 3.500,00, che però rientrava già tra le somme per le quali si era reputata fosse stata offerta la prova con la documentazione prodotta all'atto della costituzione in giudizio. Trattasi però di un evidente errore percettivo, che investe direttamente il contenuto della prova, e che, appare rientrare, come peraltro evidenziato anche nelle conclusioni del Pubblico Ministero, nella nozione di errore di fatto revocatorio suscettibile di denuncia tramite il rimedio della revocazione. Né può sostenersi che nella fattispecie sia invocabile il principio di recente affermato da Cass. S.U. numero 5792/2024, che ha però ribadito che il travisamento del contenuto oggettivo della prova - che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell'informazione probatoria al fatto probatorio - trova il suo istituzionale rimedio nell'impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall'articolo 395, numero 4, c.p.c., mentre - se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti - il vizio va fatto valere ai sensi dell'articolo 360, numero 4, o numero 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale Cass. S.U. numero 5792/2024 . Nella fattispecie, va però escluso, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, che la questione relativa all'identità delle prove prodotte prima e dopo la riassunzione abbia costituito un punto controverso, atteso che quella denunciata è una conclusione alla quale è pervenuto il giudice nell'ambito della valutazione delle prove offerte dalle parti, ma senza che fosse sorta contestazione circa il fatto che le prove prodotte in sede di riassunzione fossero sostanzialmente riproduttive di quelle già versate in atti prima della declaratoria di incompetenza del giudice inizialmente adito. L'errore di percezione denunciato da parte del ricorrente andava pertanto dedotto come causa di revocazione e denota quindi l'inammissibilità della censura in parte qua. Tuttavia, il mezzo di gravame pone anche la questione relativa all'idoneità della documentazione prodotta, e ritenuta attestare versamenti per l'importo di Euro 7.500,00, a dimostrare anche l'avvenuta estinzione del credito professionale specificamente dedotto in giudizio, e ciò alla luce del fatto che vi sarebbe la prova di altro incarico professionale conferito dallo Sg.Co. al La.Al. e della certa riferibilità di alcune fatture al diverso incarico professionale, sebbene alcuni dei versamenti effettuati, ed imputati al credito oggetto di causa, fossero coevi alle fatture che recano l'indicazione del diverso giudizio. Quanto ai principi cui attenersi nella decisione, va poi ribadito che la giurisprudenza di questa Corte ha anche di recente affermato che, in presenza di una pluralità di rapporti obbligatori, se il debitore non si avvale della facoltà di dichiarare quale debito intenda soddisfare, la scelta spetta, ex articolo 1195 c.c., al creditore, il quale può dichiarare di imputare il pagamento ad uno o più debiti determinati, mentre i criteri legali ex articolo 1193, comma 2, c.c., che hanno carattere suppletivo e sussidiario, subentrano soltanto quando l'imputazione non è effettuata né dal debitore, né dal creditore, fermo restando che l'onere di provare le condizioni che giustificano una diversa imputazione grava sul creditore Cass. numero 31837 del 27/10/2022 . Pertanto, quando il debitore abbia dimostrato di avere corrisposto somme idonee ad estinguere il debito per il quale sia stato convenuto in giudizio, spetta al creditore - attore, che pretende di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, provare le condizioni necessarie per la dedotta, diversa, imputazione, ai sensi dell'articolo 1193 c.c. Cass. numero 450 del 14/01/2020 . Tuttavia, tale principio è destinato ad operare solo nel caso in cui il pagamento risulti specificamente riferibile ad uno specifico credito, ed in particolare a quello dedotto in giudizio. È stato, infatti precisato che il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l'eccepisca. Ne consegue che soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva cioè puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito l'onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o più antico Cass. numero 19039 del 16/07/2019 Cass. numero 3902/1977 Cass. numero 1041/1998 Cass. numero 1571/2000 Cass. numero 14741/2006 . Con specifico riferimento al credito professionale dell'avvocato è stato poi precisato che qualora un avvocato agisca per il soddisfacimento di un determinato credito riferito a specifiche prestazioni professionali ed il cliente eccepisca di avere corrisposto nel tempo una somma maggiore rispetto a quella richiesta, riferendola indistintamente a tutte le pratiche curate dal legale nel suo interesse, l'onere del debitore di dimostrare l'efficacia estintiva del versamento non può ritenersi assolto in base al rilievo che il difensore non abbia contestato la ricezione di tale somma, deducendo semplicemente l'incongruenza fra l'ammontare indicato nella domanda e quello oggetto dell'eccezione. Infatti, ove la relazione fra la pretesa e l'adempimento non emerga ex se dalla corrispondenza degli importi o da altre circostanze idonee, anche sul piano presuntivo, a circoscrivere l'efficacia estintiva del pagamento, il debitore non può limitarsi a sostenere genericamente la natura omnicomprensiva del pagamento stesso Cass. numero 28779 del 09/11/2018 . Perciò soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva cioè puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito l'onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale contro deduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o più antico Cass. numero 20288/2011 Cass. numero 205/2007 . Nella fattispecie non è in contestazione che tra i ricorrenti ed i controricorrenti vi siano stati plurimi rapporti professionali, sviluppatisi nel corso del tempo. La difesa dei clienti è consistita nel sostenere che nel corso del tempo avevano versato varie somme, di cui però deve reputarsi sia stata offerta prova documentale non essendo stato ritenuto provato anche l'avvenuto pagamento di somme in contanti per il detto importo. Inoltre, l'ordinanza impugnata ha ritenuto che vi fossero alcune fatture che attestassero pagamenti chiaramente riferibili alla diversa vicenda nella quale i convenuti erano stati assistiti dal ricorrente. Va qui ricordato che colui che agisce per il pagamento di un proprio credito assolve l'onere probatorio a suo carico con la dimostrazione del rapporto o del titolo su cui è fondata la pretesa fatta valere in giudizio, e non è tenuto a provare anche che il debitore non abbia pagato, costituendo il pagamento un fatto estintivo la cui prova incombe al debitore che lo eccepisce. Tale prova, peraltro, per poter validamente contrastare la dimostrazione del credito data dalla controparte, deve avere carattere certo e determinato, con specifico riferimento al rapporto o titolo dedotto in giudizio, giacché ogni incertezza o ambiguità non può che risolversi - atteso l'onere imposto dalla norma - in danno del debitore Cass. numero 3020/1980 . In applicazione di tale principio questa Suprema Corte ha affermato che ove il datore di lavoro imputi erroneamente ad una determinata voce della retribuzione complessiva una somma superiore a quella effettivamente dovuta, l'eccedenza può essere validamente imputata ad altra voce della retribuzione non corrisposta integralmente quando tuttavia il lavoratore contesti, sia pure in forma generica, la causale delle somme a lui corrisposte, è onere del datore di lavoro comprovare l'avvenuto pagamento con specifico riferimento a ciascuna voce della retribuzione dedotta in giudizio Cass numero 7278/1991 . Analogamente, se un avvocato agisce contro il cliente per il pagamento di un determinato credito, riferito a ben determinate prestazioni, e il cliente eccepisce di avere pagato nel corso del tempo una somma di molto maggiore rispetto a quella richiesta, riferita indistintamente a tutte le pratiche curate dal legale nel suo interesse, l'onere del debitore di dimostrare l'efficacia estintiva del pagamento non può ritenersi assolto in base al rilievo che l'avvocato non abbia specificamente contestato la ricezione della somma, ma si sia limitato a dedurre l'incongruenza fra l'importo oggetto della domanda e quello oggetto di eccezione. Insomma, quando la relazione fra la pretesa e il pagamento non emerga ex se dalla corrispondenza degli importi o da altre circostanze idonee, anche sul piano presuntivo, a circoscrivere l'efficacia estintiva del pagamento entro un ben delimitato ambito, il debitore non può limitarsi a postulare genericamente la natura omnicomprensiva del pagamento. Nella specie, l'ordinanza gravata non si è attenuta a tali principi, avendo riferito tutti i versamenti al credito oggetto di causa, senza però riscontrare la riferibilità dei pagamenti proprio al diritto di credito azionato in questa sede. In accoglimento di tale censura l'ordinanza impugnata va cassata ed il giudice di rinvio dovrà rivalutare anche le ulteriori fatture prodotte dal ricorrente, tenendo conto in particolare del dato cronologico trattasi di fatture emesse in data anteriore all'inizio della causa per la quale è richiesto il pagamento , e che coincidono sempre cronologicamente, con la data di alcuni dei pagamenti invocati dal convenuto. 7. L'accoglimento del primo motivo nei termini ora esposti determina l'assorbimento del secondo motivo di ricorso che, sul presupposto della fondatezza del primo motivo, lamenta l'erroneità della condanna del ricorrente al rimborso delle spese di lite in favore della controparte. 8. Il giudice di rinvio che si designa nel Tribunale di Pistoia, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo nei limiti di cui in motivazione e, assorbito il secondo, cassa l'ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Pistoia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.