In materia di accesso alla professione di docente, la Suprema Corte ricorda la differenza tra titolo di abilitazione e titolo di studio, sottolineando che solo il superamento delle prove concorsuali conferisce l'abilitazione.
La Cassazione, con la pronuncia in analisi, si è concentrata su una nuova e complessa questione giuridica sulla quale i giudici di merito hanno espresso orientamenti difformi l'abilitazione all'insegnamento. Nel caso di specie, si contestava la sentenza della Corte d'Appello che, ribaltando la decisione del giudice di primo grado, accoglieva la domanda di un'insegnante di ottenere una declaratoria del suo diritto ad essere inserita nella seconda fascia delle graduatorie di circolo e di istituto della provincia. I giudici di secondo grado, dopo aver sottolineato l'importanza del principio di uniformità dei titoli di accesso alla professione di docente nel nostro sistema giuridico volto a garantire la stessa professionalità tra i titolari di ruolo e i supplenti , avevano ritenuto equiparabile il possesso di una laurea magistrale e di 24 CFU in discipline pedagogiche e didattiche all'abilitazione. Avverso tale decisione, presentava ricorso in Cassazione il Ministero dell'Istruzione, il quale - ripercorrendo l'evoluzione della normativa in materia e richiamando le pronunce della Consulta e dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato - illustrava l'illegittimità dell'orientamento della Corte d'Appello. La questione sollevata si inserisce nel contesto normativo regolante l'accesso alla professione docente nel corso degli anni. La Suprema Corte, per dirimere la controversia, ha ricordato il principio di diritto secondo cui vi è un'«ontologica diversità fra “titolo di abilitazione”, che si consegue solo all'esito dei diversi percorsi abilitativi che il legislatore, nel corso degli anni, ha previsto e disciplinato, e “titolo di studio”, nonché fra il primo ed i requisiti di partecipazione alle procedure concorsuali, il cui superamento è stato equiparato dal legislatore all'abilitazione all'insegnamento». Tale distinzione, da sempre sottolineata dalla giurisprudenza di legittimità e da quella amministrativa e che nella fattispecie trova specifico riscontro nell'articolo 5 del d.lgs. numero 59/2017, non era stata, quindi, adeguatamente valorizzata dalla Corte territoriale. Invero, nel caso in esame, quest'ultima aveva interpretato in modo errato il suddetto decreto, enfatizzando il possesso congiunto di laurea e 24 CFU come sufficiente per l'inclusione nelle graduatorie, nonostante la norma sia chiara sul fatto che questi requisiti costituiscono solo titoli per partecipare ai concorsi. La normativa vigente, come modificata dalla l.numero 145/2018, stabilisce che solo il superamento delle prove concorsuali conferisce l'abilitazione per l'insegnamento, mentre il possesso dei titoli per partecipare ai concorsi non garantisce automaticamente l'abilitazione. Alla luce di queste considerazioni, dopo aver chiarito che il possesso di titoli per partecipare ai concorsi non equivale all'abilitazione all'insegnamento, la Suprema Corte ha accolto il ricorso cassando la sentenza impugnata.
Presidente Tria - Relatore Casciaro Rilevato che 1. la Corte d'Appello di Ancona ha accolto l'appello proposto da M.M. nei confronti del Ministero dell'Istruzione avverso la sentenza del Tribunale di Fermo che aveva respinto la domanda della M.M. in possesso di laurea in consulenza e direzione aziendale nonché di 24 Crediti Formativi Universitari CFU in materie psico-antro-pedagogiche e metodologie didattiche, intesa ad ottenere la declaratoria del suo diritto ad essere inserita nella seconda fascia delle graduatorie di circolo e di istituto della provincia di Fermo 2. la Corte distrettuale, premesso che incontestate erano le circostanze fattuali rilevanti in causa, ha evidenziato che è immanente nel nostro sistema giuridico il principio della uniformità dei titoli di accesso alla professione di docente, che trova la sua ratio nell'intento di assicurare la medesima professionalità dei titolari di ruolo o di cattedra e dei supplenti e che è stato esplicitato dal d.m. numero 201 del 2000 e dal d.m. numero 131 del 2007, contenenti norme regolamentari di attuazione dell'articolo 4 della legge numero 124 del 1999, con i quali si è previsto che «i titoli di studio e di abilitazione per l'inclusione nelle graduatorie di circolo e di istituto sono quelli stabiliti dal vigente ordinamento per l'accesso ai corrispondenti posti di ruolo» 3. il giudice d'appello ha, quindi, valorizzato per affermare la fondatezza della domanda proposta dalla M.M. l'articolo 5 del d.lgs. numero 59 del 2017 che, nella formulazione successiva alle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 792 della legge numero 145 del 2018, prevede che, ai fini della partecipazione al concorso per i posti di docente, al possesso dell'abilitazione specifica è equiparato il possesso congiunto della laurea magistrale o di titolo equipollente e di 24 CFU acquisiti «in forma curricolare, aggiuntiva o extra curricolare nelle discipline antro-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche…» e aggiunge, ai commi 4 bis e 4 ter, che quest'ultimo requisito non è richiesto per i docenti in possesso di abilitazione per altra classe di concorso o altro grado di istruzione ed inoltre che il superamento delle prove concorsuali costituisce abilitazione all'insegnamento limitatamente alla classe in relazione alla quale le operazioni concorsuali sono state espletate 4. ha poi richiamato la disciplina dettata dall'articolo 44 del d.l. numero 36 del 2022 e ne ha tratto la conclusione che il legislatore, dettando le disposizioni normative sopra richiamate, ha inteso equiparare a tutti gli effetti il possesso congiunto del titolo di laurea e di 24 CFU all'abilitazione, sicché ha ritenuto il d.m. 374 del 2017, ed i provvedimenti amministrativi successivamente adottati, in contrasto con le norme di legge sovraordinate, nella parte in cui escludono l'inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di circolo e di istituto dei laureati in possesso degli anzidetti crediti formativi 5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell'Istruzione sulla base di un unico articolato motivo, non contrastato da M.M. che è rimasta intimata. Considerato che 1. il ricorso denuncia, con un unico motivo formulato ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione del d.lgs. 59/2019 – della l. 124/1999 – del d.m. 240/2010 – del d.m. 384/2017» e addebita alla Corte distrettuale di avere erroneamente confuso i requisiti di accesso ai concorsi per il reclutamento del personale docente con quelli richiesti per l'iscrizione nelle diverse fasce delle graduatorie di circolo e di istituto il Ministero ripercorre l'evoluzione della normativa e richiama le pronunce della Corte costituzionale e dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato per sostenere che da tempo il legislatore ha richiesto per l'insegnamento oltre al titolo di studio, attestante la conoscenza della disciplina specifica, anche il titolo abilitante che comprova l'idoneità all'insegnamento. Aggiunge che l'articolo 5 del d.lgs. numero 59 del 2017 non ha inteso affermare in via generale l'equipollenza alla abilitazione dei requisiti alternativi che consentono la partecipazione al concorso perché, al contrario, ha ribadito la ontologica diversità fra titolo di studio e abilitazione e, come già accaduto in passato, ha inteso unicamente derogare, in via transitoria ed ai limitati fini previsti dalla norma derogatoria, al principio secondo cui nella normalità l'assunzione a tempo indeterminato del docente postula il possesso di entrambi i requisiti 2. in via preliminare occorre rilevare che il contraddittorio nel giudizio di cassazione risulta correttamente instaurato, giacché il ricorso, proposto avverso la sentenza pubblicata il 1° aprile 2022, è stato tempestivamente notificato il 30 settembre 2022 alla casella di posta elettronica certificata degli avvocati Paolo Zinzi e Annalisa Torresi, che avevano rappresentato e difeso la M.M. nel giudizio di appello 2.1 sempre in via preliminare rileva, inoltre, il Collegio che oggetto della sentenza impugnata e del ricorso è la questione della equiparabilità all'abilitazione del possesso congiunto del titolo di studio e di 24 crediti formativi affermata dalla Corte territoriale e contestata dal ricorrente ai fini dell'inclusione nella seconda fascia delle graduatorie di circolo e di istituto oggetto di domanda 3. il ricorso è fondato, per le ragioni illustrate da Cass. 15 marzo 2024 numero 7084 e dalle conformi Cass. 7 maggio 2024, numero 12416, Cass. 6 giugno 2024, numero 15838 con la quale, all'esito della ricostruzione del quadro normativo cui si fa rinvio ex articolo 118 disp. att. cod. proc. civ., è stato affermato che «In tema di supplenze temporanee, nella II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto di cui all'articolo 5, comma 3, del d.m. del 13 giugno 2007, vanno inseriti i soli aspiranti titolari di abilitazione, ai quali non possono essere equiparati quelli che vantino esclusivamente il possesso congiunto della laurea e di 24 crediti formativi universitari o accademici, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, d.lgs. numero 59 del 2017, nel testo vigente dal 1° gennaio 2019 fino alla sua modifica, avvenuta con d.l. numero 36 del 2022, conv., con modif., dalla legge numero 79 del 2022, i quali, invece, devono trovare posto nella III fascia delle menzionate graduatorie» il principio di diritto enunciato, che va ribadito anche in questa sede, si fonda sulla ontologica diversità fra “titolo di abilitazione”, che si consegue solo all'esito dei diversi percorsi abilitativi che il legislatore, nel corso degli anni, ha previsto e disciplinato, e “titolo di studio”, nonché fra il primo ed i requisiti di partecipazione alle procedure concorsuali, il cui superamento è stato equiparato dal legislatore all'abilitazione all'insegnamento si tratta di una distinzione sempre sottolineata dalla giurisprudenza di questa Corte cfr. in motivazione Cass. 11 maggio 2021 numero 12424 e dalla giurisprudenza amministrativa cfr. C.d.S. numero 2166/2023 C.d.S. numero 8983/2022 C.d.S. numero 2264/2018 e che nella fattispecie trova specifico riscontro nell'articolo 5 del d.lgs. numero 59/2017, erroneamente valorizzato dalla Corte territoriale per trarne argomenti a favore dell'originario ricorrente infatti la norma in parola, nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis, risultante dalle modifiche apportate dalla legge numero 145/2018, è chiara nel prevedere, al comma 1, che il possesso congiunto del diploma di laurea magistrale o a ciclo unico e di 24 crediti formativi universitari costituisce solo titolo per la partecipazione al concorso, disciplinato dall'articolo 3 dello stesso d.lgs. numero 59/2017 e finalizzato alla selezione dei candidati a posti comuni e di sostegno della scuola secondaria costituisce titolo di accesso al concorso relativamente ai posti di docente di cui all'articolo 3, comma 4, lettera a , il possesso dell'abilitazione specifica sulla classe di concorso oppure il possesso congiunto di a laurea magistrale o a ciclo unico, oppure diploma di II livello dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, oppure titolo equipollente o equiparato, coerente con le classi di concorso vigenti alla data di indizione del concorso b 24 crediti formativi universitari o accademici, di seguito denominati CFU/CFA, acquisiti in forma curricolare, aggiuntiva o extra curricolare nelle discipline antro-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche, garantendo comunque il possesso di almeno sei crediti in ciascuno di almeno tre dei seguenti quattro ambiti disciplinari pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell'inclusione psicologia antropologia metodologie e tecnologie didattiche , perché, come chiarisce e precisa il comma 4 ter della stessa disposizione, è unicamente con il superamento delle prove concorsuali che l'abilitazione si acquisisce Il superamento di tutte le prove concorsuali, attraverso il conseguimento dei punteggi minimi di cui all'articolo 6, costituisce abilitazione all'insegnamento per le medesime classi di concorso come chiarito da Cass. numero 7084/2024 la disposizione, in parte qua, si armonizza con quelle che nel corso degli anni hanno disciplinato l'accesso all'insegnamento, in relazione al quale il legislatore, ferma restando la necessità di un titolo diverso ed ulteriore abilitante all'insegnamento medesimo, ha nella sostanza a tal fine equiparato ai titoli abilitanti specifici, conseguiti al termine di percorsi regolati normativamente, quali le SSIS e i TFA, l'idoneità ottenuta con l'esito positivo delle prove scritte e orali del concorso per divenire docente di ruolo chiaramente, non seguite da assunzione perché il candidato non si era trovato in posizione utile nella graduatoria ed aveva acquisito la qualità che si è soliti definire di “idoneo non vincitore” , giammai il solo possesso dei titoli necessari per la partecipazione alle operazioni concorsuali risulta allora evidente che destituita di fondamento è la tesi, fatta propria dalla Corte territoriale, secondo cui i requisiti menzionati dall'articolo 5 del d.lgs. numero 59/2017 per la partecipazione al concorso sarebbero sufficienti per l'inclusione nella seconda fascia delle graduatorie di istituto e nella prima fascia delle graduatorie provinciali, a prescindere dal positivo superamento del concorso medesimo 3.1. quanto alle graduatorie di istituto, nel richiamare le ampie argomentazioni espresse sul punto dalla più volte citata Cass. numero 7084/2024, va detto che il d.m. numero 131/2007 chiaramente include nella seconda fascia i docenti non iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, ma in possesso dei titoli che avrebbero consentito l'iscrizione in quelle graduatorie e, quindi, oltre al titolo di studio, della «specifica» abilitazione o di quella che all'epoca era ritenuta alla stessa assimilabile, ossia l'idoneità conseguita all'esito di procedure concorsuali ed in tal senso va interpretato l'articolo 5, comma 3, nella parte in cui si riferisce alla «specifica idoneità a concorso cui è riferita la graduatoria di circolo e di istituto» 3.2. in merito alle graduatorie provinciali, istituite dal d.l. 29 ottobre 2019 numero 126, convertito dalla legge 20 dicembre 2019 numero 159, che ha modificato l'articolo 4 della legge 3 maggio 1999 numero 124, va detto che il successivo d.l. 8 aprile 2020 numero 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2020, numero 41 articolo 2, comma 4 ter, più volte modificato ha consentito al Ministero, in deroga al disposto di cui al comma 5 del richiamato articolo 4 che rinvia al decreto ministeriale, di natura regolamentare, da adottare ex articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, numero 400 , di disciplinare con ordinanza, in prima applicazione e per gli anni scolastici 2020/2021 e 2021/2022 successivamente il regime temporaneo è stato esteso anche ai successivi aggiornamenti e rinnovi, ricomprendendo gli anni scolastici dal 2022/2023 al 2025/2026 i tempi e le modalità di formazione delle graduatorie. L'ordinanza numero 60 del 10 luglio 2020, di sostanziale natura regolamentare perché sostitutiva, in forza di espressa previsione di legge, del regolamento previsto dal citato articolo 4, comma 5, della legge numero 124/1999, nell'individuare i requisiti di accesso alle graduatorie provinciali ha, all'articolo 3, comma 6, riservato l'inserimento nella prima fascia ai soli soggetti «in possesso dello specifico titolo di abilitazione», ed ha previsto la collocazione nella seconda fascia degli aspiranti all'assunzione in possesso del titolo di studio nonché «dei titoli di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b , del d.lgs. numero 59/17», ossia dei 24 crediti formativi della cui rilevanza qui si discute. Anche rispetto a dette graduatorie, quindi, è stata esclusa l'equiparabilità all'abilitazione del solo possesso dei titoli richiesti ai fini della partecipazione alle operazioni concorsuali 4. ha, pertanto, errato la Corte territoriale nel ritenere, ai fini del richiesto inserimento nella II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto della Provincia di Fermo, per il triennio 2017/2020, equipollente al titolo abilitante il conseguimento della laurea e di 24 crediti formativi, sicché la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, ex articolo 384, comma 2, cod. proc. civ., con il rigetto della domanda proposta da M.M. 5. la complessità e la novità della questione giuridica, in relazione alla quale i giudici del merito hanno espresso orientamenti difformi, giustificano la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'azionata domanda compensa integralmente fra le parti le spese dell'intero processo.