Pagamento al creditore apparente in caso di conflitto tra più creditori

L’ articolo 1189 c.c. non è applicabile nell’ipotesi in cui siano rivolte al debitore, prima del pagamento, pretese contrastanti, provenienti da diversi potenziali aventi diritto, poiché la ratio della norma è la tutela del solo debitore che paghi il creditore che appare “univocamente” tale.

Così si è espressa la terza sezione civile della Suprema Corte, con la sentenza del 23 ottobre 2024, all'esito del giudizio di legittimità promosso avverso la pronuncia della Corte di appello di Milano, numero 3396/22. I fatti risalgono all'epoca del decesso di un sacerdote, sottoscrittore di una polizza di assicurazione sulla vita, nella quale la perpetua, beneficiaria ivi indicata, era premorta, rispetto al contraente. Gli eredi della beneficiaria convenivano in giudizio la Compagnia e chiedevano che fosse condannata al pagamento del premio in loro favore. L'Assicurazione chiamava in garanzia la sorella del contraente, affermando di aver già pagato a quest'ultima il premio, in quanto erede del sacerdote. La sorella, a propria volta, si costituiva contestando la stessa validità del contratto assicurativo. Sia in primo che in secondo grado veniva rigettata la pretesa degli eredi della perpetua mentre la Corte di legittimità cassava, con rinvio, la pronuncia di appello. All'esito del giudizio di rinvio, il Collegio del merito milanese accoglieva la domanda degli attori, riconoscendoli unici titolari del diritto al beneficio ma, al tempo stesso, qualificava come liberatorio l'adempimento effettuato dalla Compagnia assicurativa, in favore della sorella del defunto sacerdote, quale creditore apparente ai sensi dell'articolo 1189 c.c. Avverso la sentenza di gravame è stato interposto ricorso in Cassazione dagli eredi della beneficiaria, cui hanno resistito con due distinti controricorsi la Compagnia di assicurazione e gli eredi della sorella del contraente, medio tempore deceduta. In sintesi, i ricorrenti hanno denunciato l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'articolo 1189 c.c., cioè del pagamento liberatorio al creditore apparente, deducendo come vi erano una pluralità di circostanze di fatto, non valutate dalla Corte di merito, dalle quali era emersa l'esistenza di più creditori rispetto al premio assicurativo. Hanno aggiunto, inoltre, che vi era stata una carenza di diligenza da parte della compagnia, in ordine alla corretta individuazione dell'effettivo titolare del diritto al pagamento. La Suprema Corte ha ritenuto meritevoli di accoglimento le doglianze interposte, ravvisando la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1189 c.c. Dall'esame degli atti di causa è, infatti, emerso che la Corte di Milano non aveva considerato le molteplici circostanze dalle quali era emersa una situazione di incertezza in ordine all'effettivo titolare del credito. Nella sentenza gravata si legge che l'Assicurazione era estranea alle vicende “interne”, relative a presunte falsificazioni delle firme del sacerdote che la compagnia aveva ricevuto dal soggetto titolato a disconoscere la propria firma sulla rinuncia alla revoca, sia la dichiarazione di non aver firmato tale rinuncia, sia la nomina della sorella che non era stata fornita prova certa, documentale, che avrebbe potuto consentire alla Compagnia di dubitare, in ordine all'effettivo beneficiario. La Corte suprema non ha ritenuto condivisibili tali assunti ed ha, preliminarmente, chiarito che al di fuori del processo civile non trovano applicazione le disposizioni sul disconoscimento della sottoscrizione articolo 214 e ss. c.p.c. poiché non esiste la figura del disconoscimento stragiudiziale. Occorre, al limite, un accertamento oggettivo. Inoltre, ha rilevato che nel momento in cui erano state avanzate più pretese, contrastanti, sulla liquidazione della polizza, ad opera di soggetti diversi, era palese la sussistenza di una seria controversia sulla autenticità delle sottoscrizioni del sacerdote e sulla titolarità del diritto al pagamento del premio. Da qui il vizio di sussunzione della sentenza di appello, che aveva applicato l'articolo 1189 c.c. ad una fattispecie concreta che non rientrava in tale campo di applicazione la citata norma, infatti, non trova applicazione laddove siano espressamente avanzate al debitore pretese contrastanti da soggetti in conflitto tra loro, in ordine all'adempimento di una obbligazione ed in assenza di circostanze oggettive ed univoche che gli impongono di pagare in favore di uno dei pretendenti. Ciò è tanto vero che la disposizione dell'articolo 1189 non tutela il debitore, concedendogli una facoltà di scelta del soggetto in favore del quale pagare, in presenza di conflitti in tali casi opera, piuttosto, l'articolo 687 c.p.c. Come noto, detta norma introduce lo strumento del sequestro liberatorio, al fine di mettere a disposizione dell'effettivo creditore, la somma dovuta. Diversamente, se il debitore paga in presenza di dubbi, soprattutto se non manifestamente infondati, sull'effettivo avente diritto, si assume il rischio dell'erroneità del versamento, in quanto non liberatorio, e non può invocare la tutela di cui all'articolo 1189 c.c., mancando la buona fede soggettiva richiesta dalla norma.

Presidente De Stefano - Relatore Tatangelo Fatti di causa Co.Lu. e Va.Mi., eredi di Ma.Pa., hanno agito in giudizio nei confronti di CNP UNICREDIT VITA Spa per ottenere il pagamento della prestazione prevista da una polizza di assicurazione sulla vita stipulata da Va.Gi., nella quale era stata indicata quale beneficiaria la Ma.Pa., premorta rispetto al contraente. La società convenuta, nel contestare la pretesa degli attori, ha chiamato in giudizio Va.Anumero , erede del contraente, in favore della quale aveva effettuato il pagamento della prestazione assicurativa, per essere eventualmente manlevata la Va.Anumero , a sua volta, ha contestato la stessa validità del contratto di assicurazione. Il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda degli eredi di Ma.Pa. La Corte d'Appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado, correggendone la motivazione. La sentenza di appello è stata, però, cassata con rinvio da questa Corte Cass., Sez. 3, Sentenza numero 9948 del 15/04/2021 . All'esito del giudizio di rinvio, la Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, ha accolto la domanda degli attori, di accertamento della loro titolarità, quali eredi di Ma.Pa., del diritto al beneficio di cui alla polizza assicurativa, ma, al tempo stesso, ha rigettato la loro domanda di condanna della CNP UNICREDIT VITA Spa al pagamento del relativo importo, ritenendo liberatorio l'adempimento da quest'ultima effettuato in favore di Va.Anumero , quale creditore apparente ai sensi dell'articolo 1189 c.c. Ricorrono Ug.Ma. e Ug.Br. eredi beneficiati di Va.Anumero , sulla base di due motivi. Resistono con due distinti controricorsi da un lato, Co.Lu. e Va.Mi. dall'altro, CNP UNICREDIT VITA Spa Entrambe le parti controricorrenti propongono a loro volta ricorso in via incidentale, rispettivamente sulla base di cinque e di due motivi. È stata inizialmente disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 375 e 380-bis 1 c.p.c. Il collegio ha, peraltro, disposto la trattazione in pubblica udienza, previa notificazione dei ricorsi incidentali a Ug.Mi., ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'articolo 380-bis 1 c.p.c. Ragioni della decisione 1. La notificazione del ricorso incidentale a Ug.Mi., disposta con l'ordinanza interlocutoria del luglio 2023, risulta correttamente effettuata sia dagli eredi Ma.Pa. che da CNP Unicredit Vita Spa e risulta tempestivamente versata in atti la prova dei relativi adempimenti. Il contraddittorio nel presente giudizio di legittimità deve, pertanto, ritenersi correttamente instaurato. 2. Ricorso principale proposto da Ug.Br. e Ug.Ma. . 2.1 Con il primo motivo si denunzia articolo 360, 1 comma, numero 4 - errores in procedendo violazione degli articolo 166,167,168-bis co. 4, 269 c.p.c. . I ricorrenti deducono che la chiamata in causa della loro dante causa Va.Anumero sarebbe avvenuta tardivamente, in quanto la CNP UNICREDIT VITA Spa si sarebbe costituita, chiedendo tale chiamata, solo il 28 marzo 2013, a fronte di una udienza di prima comparizione originariamente fissata, in citazione, per il 2 aprile 2013, benché differita dal giudice, ai sensi dell'articolo 168-bis c.p.c., al 17 aprile 2013, con provvedimento del 31 gennaio 2013. Il motivo è infondato. Ai sensi dell'articolo 166 c.p.c., il termine per la costituzione del convenuto è di venti giorni prima dell'udienza fissata dall'attore ovvero differita dal giudice ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 5, c.p.c. L'unica eccezione a tale chiarissima disposizione riguarda il caso in cui il differimento dell'udienza, operato ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 5, c.p.c., avvenga addirittura quando il termine per la costituzione del convenuto sia già scaduto in quanto ciò equivarrebbe ad una arbitraria rimessione in termini del convenuto stesso, da parte del giudice cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza numero 2394 del 03/02/2020, Rv. 657137 - 01 ma, nella specie, è pacifico che il differimento dell'udienza sia stato disposto a gennaio 2013, mentre l'originario termine per la costituzione scadeva a marzo dello stesso anno. Il differimento della prima udienza, avvenuto a gennaio 2013 dal 2 al 17 aprile 2013 , è stato disposto espressamente ai sensi del comma 5 dell'articolo 168-bis c.p.c.  come emerge chiaramente dallo stesso provvedimento, in atti, e come del resto ammettono gli stessi ricorrenti, nella loro memoria , non ai sensi del comma 4 della medesima norma. Di conseguenza, il termine per la costituzione del convenuto scadeva venti giorni prima del 17 aprile 2013 non trattandosi di termine libero , ma di termine ordinario , cioè proprio il 28 marzo 2013. 2.2 Con il secondo motivo si denunzia articolo 360, 1 comma, numero 4 - errores in procedendo Violazione dell'articolo 112 c.p.c. . I ricorrenti, quali eredi beneficiati di Va.Anumero , contestano la loro condanna al pagamento delle spese dell'intero giudizio relativamente ai due gradi di merito ed alla fase di legittimità, oltre al giudizio di rinvio , disposta genericamente nei confronti degli eredi di Va.Anumero . Sostengono che, essendo avvenuta l'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, non avrebbe potuto pronunciarsi la loro condanna alle spese del presente giudizio. In particolare, la Corte d'Appello avrebbe, a loro avviso, dovuto prendere atto dell'accettazione beneficiata attribuendo-regolando ed estendendo di conseguenza anche alle spese legali il regime appropriato derivante dal riconoscimento di tale beneficio . Il motivo di ricorso in esame, avendo ad oggetto le spese processuali del giudizio di merito, resta assorbito dalla decisione sul ricorso incidentale Va.Mi. - Co.Lu., che, come si va ad esporre, ne avrà ad oggetto l'accoglimento, con conseguente cassazione con rinvio della decisione impugnata, anche in relazione alle spese stesse. 3. Ricorso incidentale proposto da Va.Mi. e Co.Lu. 3.1 Con il primo motivo si denunzia Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell'articolo 360 comma 1 numero 5 c.p.c. . Viene contestata la parte della motivazione della pronuncia impugnata in cui si afferma Non è stata provata l'esistenza di elementi certi e documentali che permettessero a CNP, all'epoca in cui si sono svolti i fatti, di dubitare della genuinità delle comunicazioni ricevute da parte del sacerdote . I ricorrenti deducono che il dubbio sulla genuinità delle comunicazioni inviate dal sacerdote e, più in generale, la mancanza di univocità delle circostanze in cui è avvenuto il pagamento in favore della Va.Anumero , derivava - e doveva essere percepita come tale da parte della compagnia - da una pluralità di circostanze di fatto emerse e discusse nel corso della controversia, ma di cui la Corte d'Appello avrebbe omesso l'esame. In particolare, fanno riferimento ai seguenti fatti il possesso, da parte della Compagnia, al momento in cui ha effettuato il pagamento cioè, nel luglio 2012 , di una serie di documenti attestanti che il sacerdote contraente Va.Gi. non era in grado di firmare almeno dal 18 luglio 2011 ed era in condizioni mentali precarie, tanto che gli era stato nominato un amministratore di sostegno al quale la stessa compagnia aveva inviato una lettera di conferma della disposta variazione del beneficiario della polizza il contenuto ed il tenore complessivo - oscuro, impreciso e addirittura in alcuni casi sconclusionato o confuso - di tutte le contraddittorie missive ricevute e apparentemente sottoscritte, anche dopo il 18 luglio 2011, dal Va.Gi. stesso il fatto che non era stata esibita da Va.Anumero , con la richiesta di liquidazione della polizza, l'originale di detta polizza, ma una pretesa copia conforme conformità non attestata da alcun pubblico ufficiale . Sostengono, inoltre, che la corte territoriale non avrebbe preso in esame, a tal fine, neanche la circostanza di fatto - evidentemente controversa e decisiva - che il pagamento era stato contestualmente richiesto anche dagli effettivi creditori, con espressa diffida a non effettuarlo in favore di eventuali terzi non legittimati. Con il secondo motivo si denunzia Violazione degli articolo 1362,1363 e 1189 c.c. ai sensi dell'articolo 360 comma 1 numero 3 c.c. . I ricorrenti deducono che in realtà il sacerdote contraente non aveva propriamente disconosciuto la propria sottoscrizione sulla dichiarazione di rinuncia al potere di revoca del beneficiario della polizza, ma si era limitato, almeno in un primo tempo, a negare di avere inviato la lettera personalmente e, successivamente, aveva rappresentato di non avere mai sottoscritto liberamente atti restrittivi della sua libertà negoziale, quindi - si sostiene - senza esplicitamente negare di avere effettivamente sottoscritto la rinuncia alla facoltà di revoca per quanto non liberamente . Con il terzo motivo si denunzia Violazione degli articolo 2702,2703 e 1189 c.c. ai sensi dell'articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c. . I ricorrenti contestano la motivazione della pronuncia impugnata nella parte in cui la Corte d'Appello ha affermato quanto segue Resta il dato oggettivo che l'assicurazione ricevette DAL SOGGETTO TITOLATO a disconoscere la propria firma sulla rinuncia alla revoca, la dichiarazione di non aver firmato tale rinuncia e 2 b. DAL SOGGETTO TITOLATO ad effettuare la designazione di un nuovo beneficiario, la nomina della sorella . Si tratta della parte della sentenza impugnata in cui si afferma che le dichiarazioni apparentemente del sacerdote pervenute alla compagnia assicuratrice dopo il 9 giugno 2011 costituirebbero circostanze univoche di apparenza della titolarità del diritto controverso in capo ad Va.Anumero Con il quarto motivo si denunzia Violazione degli articolo 1176 e D 1189 c.c. ai sensi dell'articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c. . I ricorrenti ribadiscono tutte le precedenti censure anche sotto l'aspetto della diligenza richiesta al debitore che adempie nella specie un operatore professionale come una compagnia di assicurazioni , diligenza che avrebbe imposto accertamenti più approfonditi in ordine alla situazione, prima di effettuare il pagamento in favore di uno dei soggetti che lo reclamavano, in conflitto tra loro. Con il quinto motivo si denunzia Violazione dell'articolo 132 comma 1 numero 4 c.p.c. ai sensi dell'articolo 360 comma 1 numero 4 c.p.c. . I ricorrenti deducono che mancherebbe del tutto una effettiva motivazione, nella decisione impugnata, in ordine alla scusabilità dell'errore commesso dalla compagnia assicuratrice sulla individuazione dell'effettivo creditore. I motivi del ricorso incidentale degli eredi Ma.Pa. sono connessi, sia logicamente che giuridicamente e, quindi, possono essere esaminati congiuntamente, avendo essi tutti ad oggetto, nella sostanza, la contestazione della sussistenza dei presupposti di diritto integranti la fattispecie di cui all'articolo 1189 c.c., cioè del pagamento liberatorio al creditore apparente. In questi termini - e così complessivamente interpretato - il ricorso è fondato. 3.2 In primo luogo, è opportuno chiarire che la Corte d'Appello - ha ritenuto fondata ed accolto la domanda degli eredi della perpetua del sacerdote contraente, Ma.Pa., di accertamento della loro qualità di effettivi creditori della prestazione controversa, cioè ha statuito che fossero tali eredi ad avere diritto al pagamento della somma oggetto dell'assicurazione e non della sorella del sacerdote Va.Anumero , cui l'assicurazione aveva, invece, di fatto pagato gli oltre Euro 650.000,00 dovuti, in quanto ha ritenuto non provata la genuinità delle sottoscrizioni del sacerdote su tutte le comunicazioni inviate alla compagnia dopo la stipula dell'assicurazione a favore della Ma.Pa. vale a dire a la rinuncia alla facoltà di revoca del beneficiario b il disconoscimento di tale rinuncia c l'indicazione della sorella Va.Anumero come nuova beneficiaria su tale pronuncia deve ritenersi di fatto caduto il giudicato, stante il mancato accoglimento degli altri ricorsi proposti in questa sede con riguardo alla stessa - ha, però, rigettato la domanda di condanna al pagamento della suddetta somma, proposta dai medesimi eredi della Ma.Pa. contro la compagnia assicuratrice, ritenendola liberata in virtù del pagamento effettuato in favore del creditore apparente , cioè la sorella del sacerdote, Va.Anumero , pur non avendo quest'ultima alcun diritto a quella somma - non ha, d'altra parte, condannato gli eredi della sorella del sacerdote assicurato, Va.Anumero , a restituire agli aventi diritto la somma illegittimamente incassata, in quanto la relativa domanda non è stata da questi reiterata in sede di rinvio. 3.3 Tanto premesso, risultano fondate le censure di violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1189 c.c. La Corte d'Appello non solo ha omesso di prendere in considerazione, nella motivazione della decisione impugnata, tutti i molteplici fatti controversi e decisivi da cui emergeva con assoluta chiarezza la situazione di incertezza in ordine all'effettivo titolare del credito, ma ha erroneamente affermato l'applicabilità della fattispecie del pagamento liberatorio al creditore apparente di cui all'articolo 1189 c.c., sulla base dei seguenti rilievi a la compagnia assicuratrice era certamente estranea a tutte le vicende relative alle asserite falsificazioni delle sottoscrizioni del sacerdote Va.Anumero b essa aveva ricevuto dal soggetto titolato a disconoscere la propria firma sulla rinuncia alla revoca , la dichiarazione di non aver firmato tale rinuncia nonché, sempre dal soggetto titolato ad effettuare la designazione di un nuovo beneficiario, la nomina della sorella c non era stata provata l'esistenza di elementi certi e documentali che permettessero alla compagnia assicuratrice di dubitare della genuinità delle comunicazioni ricevute da parte dal sacerdote. Tale motivazione deve ritenersi, oltre che viziata dall'omesso esame di fatti decisivi e controversi - erronea in diritto, in quanto viziata da falsa applicazione dell'articolo 1189 c.c.  oltre che degli articolo 214 e ss. c.p.c. - intrinsecamente contraddittoria sul piano logico - infine, del tutto mancante - o al più meramente apparente - con riguardo alle questioni di fatto e di diritto effettivamente rilevanti ai fini dell'applicabilità dell'articolo 1189 c.c. 3.3.1 In primo luogo, l'affermazione sopra indicata come sub a , secondo cui la compagnia assicuratrice era estranea alle vicende relative alla falsificazione delle sottoscrizioni del Va.Gi., risulta di per sé del tutto priva di rilievo ai fini dell'integrazione della fattispecie di cui all'articolo 1189 c.c. tale ultima disposizione richiede la valutazione della situazione di apparenza univoca , nonché la valutazione della buona fede soggettiva del debitore cioè la sua ignoranza di ledere l'altrui diritto non ha alcun rilievo, quindi, il concorso o meno del debitore ad eventuali operazioni scorrette dei creditori per ottenere il pagamento. E tanto senza neanche considerare che, estranea o meno che fosse a quelle vicende, la compagnia restava pur sempre la controparte di chi quelle prestazioni contrattuali pretendeva. 3.3.2 L'affermazione sopra indicata come sub b , secondo cui la compagnia debitrice aveva ricevuto dal soggetto titolato a disconoscere la propria firma sulla rinuncia alla revoca , la dichiarazione di non aver firmato o, almeno di non averlo fatto liberamente tale rinuncia alla facoltà di revoca, nonché, sempre dal soggetto titolato ad effettuare la designazione di nuovo beneficiario, la nomina della sorella è, per un verso, erronea in diritto e, per altro verso, logicamente contraddittoria. 3.3.2.1 Sotto il primo profilo, è decisivo il rilievo che, al di fuori del processo civile, non sono applicabili le disposizioni sul disconoscimento della sottoscrizione di cui agli articolo 214 e ss. c.p.c. di conseguenza, non è sufficiente che chi abbia eventualmente sottoscritto un atto negoziale abdicativo di talune facoltà giuridiche a vantaggio di un terzo nella specie la rinuncia al potere di mutare il beneficiario della polizza sulla vita, irrevocabile dopo l'accettazione del beneficiario dichiari semplicemente alla propria controparte negoziale, in via stragiudiziale, di disconoscere la propria sottoscrizione per privare il documento effettivamente sottoscritto del suo valore giuridico, in tal modo ottenendo un effetto a sé favorevole e svantaggioso per il terzo, come invece potrebbe avvenire - a determinate condizioni - nel corso di un processo civile, in caso di produzione di una scrittura privata contro il soggetto che l'ha sottoscritta. Al di fuori del processo, quelle disposizioni che sono certamente disposizioni processuali, appunto ovviamente non operano e, quindi, per stabilire se una dichiarazione negoziale che appare sottoscritta sia valida ed efficace, conta esclusivamente il dato oggettivo, e cioè se la relativa sottoscrizione sia autentica o meno il che significa che non è configurabile un semplice disconoscimento stragiudiziale del suo autore specie se diretto a soggetto diverso da quello che in base a tale scrittura acquista un diritto per privare una siffatta dichiarazione dei suoi effetti come avviene nel processo , ma occorre, al limite, un accertamento oggettivo. In concreto, per chi come la compagnia assicuratrice, nella specie si trovi a dovere effettuare un pagamento in favore di soggetto da individuare sulla base di scritture prive di attestazioni di autenticità, quindi, è quanto meno necessaria una adeguata e motivata affidabilità in ordine al fatto che effettivamente ogni specifica sottoscrizione non sia autentica, non potendo di certo essere sufficiente fondarsi sulla mera dichiarazione di chi ha interesse a negarne la autenticità, benché sia il suo apparente autore e, anzi, proprio per questo . Una siffatta ragionevole certezza sulla falsità della sottoscrizione del sacerdote Va.Gi. sull'atto di rinuncia al potere di revoca/modifica del beneficiario così come sull'autenticità di quelle successive, di contestazione della prima e di nomina di un nuovo beneficiario , di sicuro nella specie non era emersa, come del resto afferma espressamente la stessa Corte d'Appello, nella sentenza impugnata e, in realtà, per come si sono svolti gli eventi, era certamente da escludere. 3.3.2.2 In ogni caso, qualunque eventuale iniziale ragionevole affidamento della debitrice sull'identità della controparte sarebbe senza alcun dubbio venuto meno nel momento in cui sono state avanzate alla stessa compagnia debitrice le contrastanti pretese sulla liquidazione della polizza da parte dei vari possibili beneficiari, che hanno reso palese la sussistenza di una seria controversia sulla autenticità delle sottoscrizioni del Va.Gi. e, ancor più in radice, sulla titolarità del diritto alla liquidazione della polizza il che esclude sia che Va.Anumero potesse apparire alla compagnia debitrice come legittimata a ricevere il pagamento in base a circostanze univoche, sia la buona fede soggettiva della compagnia che quel pagamento ha effettuato. 3.3.3 D'altra parte, anche l'affermazione sopra indicata come sub c , secondo cui non vi erano elementi certi e documentali che permettessero alla compagnia assicuratrice di dubitare della genuinità delle comunicazioni ricevute da parte dal sacerdote contraente, finisce per risolversi in una argomentazione logicamente ed intrinsecamente contraddittoria, nel suo stesso svolgimento razionale. Se anche, cioè, non si intendesse almeno per un momento mettere in discussione l'affermazione espressa della corte territoriale in ordine alla apparente genuinità di tutte le comunicazioni che la compagnia assicuratrice aveva ricevuto dal sacerdote assicurato, sul presupposto che essa compagnia non disponeva di adeguati strumenti per stabilire se e quali di esse non lo fossero, ciò implicherebbe necessariamente che la compagnia stessa avrebbe dovuto ritenere genuina anche l'originaria dichiarazione di rinuncia al potere di revoca del beneficiario. Il che, però, avrebbe inevitabilmente determinato l'assoluta inefficacia di tutte le successive dichiarazioni anche se effettivamente sottoscritte dall'apparente autore volte a negare l'autenticità della prima queste dichiarazioni, cioè, non avrebbero potuto avere l'effetto di privare di efficacia l'originaria rinuncia alla facoltà di revoca, dal momento che, una volta che il contraente abbia sottoscritto la rinuncia alla facoltà di revoca del beneficiario e questa sia stata accettata dal beneficiario stesso, non è sufficiente a privarla di effetti né una successiva revoca, né, tanto meno come è ovvio e come si è già chiarito , un mero disconoscimento stragiudiziale della genuinità di quella originaria rinuncia, anche se effettivamente proveniente dall'interessato, in quanto quest'ultimo ha ormai perduto il potere di revoca e non può certamente recuperarlo semplicemente limitandosi a negare, quanto meno al di fuori di un processo, l'autenticità della sua sottoscrizione sulla dichiarazione di rinuncia . Di conseguenza, pure a seguire l'impostazione della corte territoriale e ad ammettere, quindi, l'apparente autenticità delle sottoscrizioni di tutte le comunicazioni ricevute dalla compagnia assicuratrice da parte del sacerdote assicurato ovvero ad ammettere - pur contro l'evidenza - l'assenza di motivi idonei ad indurre la compagnia stessa a dubitare della loro genuinità, come afferma, sorprendentemente, la stessa corte, dopo avere essa stessa negato che vi fossero elementi sufficienti ad affermare la genuinità di dette sottoscrizioni , la logica conseguenza, in diritto, di questa affermazione, avrebbe dovuto essere che i creditori legittimati a riscuotere la polizza sarebbero stati comunque gli eredi della perpetua Ma.Pa., di modo che l'errore sulla individuazione del creditore effettivo da parte della compagnia sarebbe stato da ritenersi, anche in tal caso, del tutto inescusabile. 3.4 In realtà, la corte territoriale ha ritenuto liberatorio per il debitore il pagamento effettuato ad un soggetto diverso dall'effettivo creditore, in un caso in cui vi erano contestuali richieste di pagamento provenienti da diversi soggetti, in conflitto tra loro, affermando, nella sostanza, la sussistenza di una situazione di apparenza univoca e della buona fede del debitore, ai sensi dell'articolo 1189 c.c., quando questi paghi ad uno qualsiasi dei pretesi creditori, almeno laddove egli ritenga che quel preteso creditore sia l'effettivo legittimato attivo. Tale assunto è certamente infondato in diritto. La Corte d'Appello è, pertanto, incorsa nel vizio di falsa applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1189 c.c. e, precisamente, in un cd. vizio di sussunzione sul quale, di recente, cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza numero 640 del 14/01/2019, Rv. 652398 - 01 Sez. 5, Sentenza numero 23851 del 25/09/2019, Rv. 655150 - 02 essa ha, infatti, applicato la disposizione di legge l'articolo 1189 c.c., il quale dispone la liberazione del debitore che paghi, in buona fede, ad un soggetto che non è creditore ma appaia univocamente come tale ad una fattispecie concreta che, anche sulla base della stessa ricostruzione in fatto operata dalla stessa corte di merito, non rientrava affatto nel suo campo di applicazione. Di seguito, sono più dettagliatamente esposte le ragioni di tale conclusione. 3.5 Infatti, deve certamente ritenersi che l'applicazione dell'articolo 1189 c.c. resti esclusa, in radice, in tutti i casi in cui al debitore siano espressamente avanzate pretese contrastanti, da diversi soggetti in conflitto tra loro, in ordine all'adempimento di un'obbligazione, quanto meno laddove non vi siano circostanze oggettive e univoche, come - tra l'altro - un ordine giudiziale se non pure la manifesta infondatezza o pretestuosità prima facie delle ragioni di uno dei contendenti , che gli impongano di effettuare il pagamento in favore di uno dei pretendenti e non dell'altro. Sia dalla lettera che dalla ratio dell'articolo 1189 c.c., infatti, si ricava che si tratta di una disposizione che mira semplicemente a tutelare il debitore che adempia, in buona fede c.d. soggettiva, cioè nell'ignoranza di poter danneggiare un altro soggetto , in una situazione in cui il soggetto al quale ha effettuato il pagamento appariva effettivamente e univocamente l'unico creditore legittimato, onde, non sussistendo alcun palese conflitto, egli non poteva ragionevolmente immaginare che l'effettivo creditore legittimato potesse essere un soggetto diverso, ignorando, anzi, del tutto incolpevolmente che vi fosse un altro soggetto potenzialmente legittimato. Al contrario, è certamente fuori del campo di applicazione della disposizione in esame la ben diversa situazione in cui vi siano più soggetti che, contestualmente, ed in conflitto di pretese tra loro, avanzino al debitore la richiesta di pagamento. La disposizione di cui all'articolo 1189 c.c., diversamente da quanto ritenuto dalla corte territoriale, non è affatto diretta a tutelare il debitore, in caso di pretese creditorie in conflitto, attribuendogli una sorta di facoltà di scelta del soggetto cui utilmente pagare, sulla base di una, pur non irragionevole, valutazione degli elementi a sostegno del diritto dei pretesi creditori in conflitto tra loro per una situazione del genere l'ordinamento prevede, infatti, altre disposizioni a tutela della posizione del debitore in primis, il procedimento disciplinato dall'articolo 687 c.p.c., come meglio si vedrà . Non può sussistere, d'altra parte, l'univocità richiesta dalla norma, laddove vi sia una situazione di palese conflitto manifestato o, comunque, noto al debitore tra più pretesi legittimati al pagamento. In questa seconda situazione, infatti, in cui - stante l'effettiva incertezza sull'effettivo legittimato - il debitore finirebbe per essere liberato a chiunque dei pretendenti effettui il pagamento salvi casi limite e, a parte la considerazione della tendenziale difficoltà di un recupero di quanto dovuto nei confronti di chi, pur non essendo creditore, abbia ottenuto la prestazione, in sostanza si finirebbe per attribuire, paradossalmente, al debitore la facoltà di decidere, di fatto arbitrariamente, quale dei pretendenti in conflitto favorire, ovvero, quanto meno, si tutelerebbe senza ragione la scelta non irragionevole del creditore, di pagare ad uno dei più pretendenti in conflitto tra loro. È, dunque, qui l'equivoco che vizia, in diritto, la decisione impugnata certamente non è quest'ultima la ratio e, quindi, la funzione dell'articolo 1189 c.c., disposizione che presuppone, al contrario, l'assenza di un conflitto manifesto. Proprio il richiamo della situazione di univocità dell'apparenza e la necessità della buona fede soggettiva del debitore, stanno chiaramente ad indicare che, in tutti i casi in cui vi siano più soggetti che manifestino al debitore contestualmente, ed in conflitto tra loro, le proprie pretese in relazione alla medesima obbligazione, l' univocità e la buona fede cioè l'ignoranza di ledere il diritto altrui non possano sussistere per definizione salvi i casi eccezionali già indicati e, quindi, ci si trova del tutto al di fuori del campo di applicazione dell'articolo 1189 c.c. Tale norma ha una ben precisa ratio ed un conseguente limitato campo di applicazione la tutela dell'affidamento incolpevole del debitore che paghi in una situazione in cui non vi sia o non gli sia noto alcun conflitto in ordine all'individuazione del creditore effettivamente legittimato ad esigere onde la legittimazione del soggetto a cui paga gli possa apparire effettivamente univoca essa non tutela, invece, la sua eventuale scelta , perfino per quanto non irragionevole, nel caso in cui vi siano più soggetti in conflitto che, contemporaneamente, pretendano la prestazione, assumendo entrambi di essere legittimati a riceverla in quest'ultimo caso non può esservi, per definizione, univocità , fatta eventualmente salva unicamente la manifesta e palese pretestuosità di alcune delle pretese o l'esistenza di un ordine giudiziale situazioni che di certo non ricorrono nella fattispecie in esame . Escluso in radice che l'articolo 1189 c.c. possa applicarsi in caso di contestuali e conflittuali pretese note al debitore al momento del pagamento, quanto meno se non del tutto manifestamente infondate, prima facie, in tali ultimi casi sono altri gli strumenti di tutela di cui può avvalersi il debitore per evitare di incorrere in responsabilità e nella mora debendi oltre alla temporanea sospensione del pagamento in attesa dell'accertamento del legittimato effettivo, è infatti per lui possibile avvalersi dell'istituto del cd. sequestro liberatorio previsto dall'articolo 687 c.p.c., al fine di mettere a disposizione dell'effettivo creditore la somma dovuta. Laddove non intenda avvalersi di tali strumenti di tutela ed effettui il pagamento ad uno dei vari soggetti in conflitto che lo pretende, in una situazione in cui vi siano dubbi, soprattutto se non manifestamente infondati, sull'effettivo avente diritto, il debitore che paghi ugualmente, invece di sospendere il pagamento in attesa dell'accertamento dell'effettivo avente diritto, si assume il rischio dell'erroneità del pagamento - in quanto, cioè, non liberatorio - e non può invocare la tutela di cui all'articolo 1189 c.c. È, insomma, evidente anche che, essendo noto al debitore il conflitto tra più pretesi creditori, il pagamento in favore di uno di essi non potrebbe mai ritenersi connotato dalla cd. buona fede soggettiva, cioè dall'ignoranza di ledere l'altrui diritto, in quanto è evidente che il debitore non può non rendersi conto che, in una siffatta situazione, il pagamento in favore di uno dei pretendenti in conflitto potrebbe ledere irrimediabilmente le ragioni dell'altro, se quest'ultimo, cioè il vero creditore, non avesse poi altra tutela che agire nei confronti del falso creditore con l'azione di ripetizione. 3.6 Sulla base delle considerazioni fin qui esposte, è agevole rilevare che il presupposto in diritto implicito, ma inequivocabile della decisione impugnata sia del tutto contrastante con la corretta ricostruzione della ratio legis e del campo di applicazione dell'articolo 1189 c.c. la Corte d'Appello si è limitata, erroneamente, a valutare se il soggetto al quale è stato effettuato il pagamento potesse apparire ragionevolmente legittimato in astratto, come se non vi fosse alcun conflitto, cioè come se il pagamento non fosse avvenuto in presenza di una contemporanea e contrastante pretesa di un altro soggetto, che anch'esso poteva apparire legittimato ad esigerlo anzi, nel caso di specie il pagamento è stato effettuato a favore del soggetto che, come poi accertato ormai in via definitiva, non era affatto l'effettivo legittimato . In tal modo è, però, stato falsamente applicato l'articolo 1189 c.c., in una fattispecie concreta estranea al suo ambito di operatività. Deve concludersi che la motivazione con la quale la Corte d'Appello ha affermato la sussistenza di una situazione di apparente univocità della legittimazione di Va.Anumero a riscuotere quanto dovuto in base alla polizza stipulata dal fratello risulta a in primo luogo, fondata su argomentazioni erronee in diritto e logicamente contraddittorie b inoltre, viziata dall'omesso esame di fatti controversi e decisivi. 3.7 La sentenza impugnata va, per quanto sin qui esposto, cassata affinché, in sede di rinvio, la Corte d'Appello rivaluti la fattispecie a applicando il principio di diritto per cui poiché l'articolo 1189 c.c. è diretto a tutelare il solo debitore che paghi il creditore che appaia univocamente tale, cioè la situazione in cui il pagamento avvenga in mancanza di un conflitto, noto al debitore, sulla relativa legittimazione, tale disposizione non è, di regola, applicabile nel caso in cui siano espressamente rivolte al debitore, prima del pagamento, pretese contrastanti da diversi potenziali aventi diritto disponendo del resto il debitore di diversi e adeguati strumenti di tutela della sua posizione, per tale eventualità , salvo solo il caso eccezionale in cui alcune di suddette pretese appaiano, già prima facie, manifestamente infondate e pretestuose ovvero vi sia un ordine giudiziale che imponga il pagamento in favore di uno dei pretendenti b escludendo il rilievo automatico di un mero disconoscimento stragiudiziale di una sottoscrizione da parte del soggetto interessato, in mancanza di elementi oggettivi certi di riscontro, non essendo la disciplina di cui agli articolo 214 e ss. c.p.c. applicabile al di fuori del processo c tenendo conto dei fatti decisivi e controversi di cui è stato omesso l'esame, dai quali emergeva che la compagnia debitrice avesse elementi che dovevano indurla a dubitare della genuinità delle contrastanti comunicazioni apparentemente ricevute da parte del sacerdote Va.Gi., in ordine al beneficiario finale della polizza assicurativa. 4. Ricorso incidentale CNP UNICREDIT VITA Spa 4.1 Con il primo motivo si denunzia violazione di norme di diritto ex articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. e, in particolare, dell'articolo 1189 c.c. e articolo 1235 c.c. . La società ricorrente deduce che l' accertamento della titolarità del diritto al beneficio , ossia del diritto di credito agli importi dovuti dall'assicurazione è incompatibile con la statuizione della medesima sentenza che ha accertato la liberazione di CNP ex articolo 1189 c.c. . Il motivo resta assorbito, in conseguenza dell'accoglimento del ricorso incidentale degli eredi Ma.Pa., in quanto la questione della effettiva liberazione della compagnia di assicurazione, ai sensi dell'articolo 1189 c.c., dovrà essere oggetto di rivalutazione in sede di rinvio. 4.2 Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. e in particolare degli articolo 91 e 92 c.p.c. . La società ricorrente contesta la disposta compensazione delle spese di lite nei rapporti con gli eredi Ma.Pa. Pure questo motivo resta assorbito, in ragione dell'accoglimento del ricorso incidentale degli eredi Ma.Pa., avendo esso ad oggetto la regolamentazione delle spese processuali, che dovrà essere oggetto di una nuova pronunzia in sede di rinvio. 5. Il ricorso incidentale proposto da Va.Mi. e Co.Lu. è accolto, nei limiti di cui sopra. È rigettato il primo motivo del ricorso principale. Sono assorbiti tutti gli altri motivi di ricorso. La sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte - rigetta il primo motivo del ricorso principale accoglie, per quanto di ragione, il ricorso incidentale di Va.Mi. e Co.Lu., assorbiti tutti gli altri motivi di ricorso proposti dalle parti per l'effetto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e nei limiti di cui in motivazione, con rinvio alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.