Danno da menomazione della capacità lavorativa: sì alla prova presuntiva nei casi di grave invalidità

In materia di responsabilità medica, è stato stabilito che, se l’elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile la menomazione della capacità lavorativa ed il conseguente danno, il giudice può liquidare questa perdita patrimoniale con criteri equi utilizzando una prova presuntiva.

Con la pronuncia in analisi, la Suprema Corte è tornata ad occuparsi di responsabilità medica. La controversia approdata davanti ai Giudici di legittimità traeva origine dalla richiesta di risarcimento danni di una paziente nei confronti dell'azienda ospedaliera per gli errori commessi dal personale ospedaliero durante la sua nascita. I giudici di merito, pur avendo accertato la responsabilità della struttura sanitaria e l'esistenza di un danno biologico permanente del 25%, derivante da gravi deficit di sviluppo all'arto sinistro e da altre complicazioni, non riconoscevano alla paziente il risarcimento per la perdita della capacità lavorativa. Nel tentativo di ottenere una revisione della sentenza, la parte lesa aveva sostenuto che il suo danno avrebbe dovuto presumere un'impossibilità di lavoro futura, considerando le sue inclinazioni personali e un presunto reddito annuale superiore alla pensione sociale. Stante il rigetto della Corte d'appello che riteneva le prove presentate non sufficienti a dimostrare la perdita effettiva della capacità lavorativa, la paziente presentava ricorso in Cassazione. Nello specifico, la ricorrente evocava il principio della Suprema Corte secondo il quale «nei casi in cui l'elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa ed il danno che necessariamente da essa consegue, il giudice può procedere all'accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi. La liquidazione di detto danno può avvenire attraverso il ricorso alla prova presuntiva, allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell'infortunio» ex aliis, Cass. numero 25634 e Cass. numero 20661 .   La Cassazione, dunque, chiamata a pronunciarsi, ha accolto il ricorso e ha ricordato quanto già stabilito in precedenti casi giurisprudenziali affini. A fronte di un'accertata invalidità permanente nella elevata misura del 25%, infatti, le considerazioni svolte nella sentenza impugnata, per cui la sola prova dell'esistenza di postumi invalidanti non sarebbe stata sufficiente a far presumere anche la riduzione della capacità lavorativa, esprimono - secondo i Giudici - una sostanziale obliterazione del forte rilievo indiziario che si deve invece attribuire, anche sul versante del danno reddituale, al primo dato.

Presidente Travaglino Relatore Spaziani Fatti di causa 1. Con sentenza 4 agosto 2022, numero 674, la Corte d'appello di Reggio Calabria ha rigettato l'appello proposto da M.M. avverso la decisione del locale Tribunale che aveva solo parzialmente accolto la domanda già proposta nell'interesse dell'appellante all'epoca minore d'età dai suoi genitori, avente ad oggetto la condanna dell'Azienda Sanitaria di OMISSIS al risarcimento dei danni da lei subìti in occasione della sua nascita, il OMISSIS , a causa della condotta negligente tenuta dal personale dipendente della struttura ospedaliera di OMISSIS , Divisione Ostetricia, durante il decorso del parto. La Corte d'appello ha integralmente confermato la sentenza di primo grado che, all'esito di tre CTU medico-legali, per un verso, aveva accertato la responsabilità della struttura sanitaria e la sussistenza, a carico di M.M., di un danno biologico permanente nella misura del 25% derivante dal grave deficit di sviluppo dell'arto sinistro rispetto a quello controlaterale, con riduzione della forza prensile, nonché dall'anisometria miopica dell'occhio sinistro , liquidandolo, previa personalizzazione, nell'importo di Euro 220.311,00 all'attualità, oltre rivalutazione e interessi per altro verso, aveva rigettato lo specifico capo di domanda riguardante il danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa. 2. Sotto tale ultimo profilo – l'unico che ancora rileva in questa sede – l'appellante aveva invocato la riforma della sentenza di primo grado specialmente sull'assunto che l'elevato grado di inabilità permanente e la natura della malformazione avrebbero dovuto indurre il giudice del merito a presumere compromessa la capacità lavorativa e di guadagno basata sulle sue inclinazioni personali e a liquidare il relativo danno in via equitativa, tenendo conto del reddito fiscale annuale pari al triplo della pensione sociale. La Corte territoriale ha respinto tali doglianze sulla base dei seguenti rilievi I venendo in considerazione un «minore non percettore di reddito» con «contingente assenza di guadagni», sussisteva «un'incertezza sulla qualificazione e quantificazione delle varie voci di danno non superabile se non con una prova particolarmente rigorosa», caratterizzandosi il pregiudizio in questione come «danno da perdita di chance lavorativa» pag. 4 della sentenza d'appello II pertanto, «la sola dimostrazione dell'esistenza di postumi invalidanti non [era] sufficiente a far presumere anche la perdita della possibilità di futuri guadagni o di futuri maggiori guadagni, spettando al danneggiato l'onere di provare, anche presuntivamente, che il danno alla salute gli [aveva] precluso l'accesso a situazioni di studio o di lavoro tali che, se realizzate, avrebbero fornito anche soltanto la possibilità di maggiori guadagni» pagg. 6-7 della sentenza d'appello III nella fattispecie, tale onere non era stato assolto, atteso che – al di là dei meri rilievi peritali in ordine alla circostanza che alla ragazza «piaceva studiare» e al fatto che i postumi permanenti da paralisi ostetrica avrebbero influito sia sugli atti della vita quotidiana sia sulle attività lavorative che avessero richiesto «l'impiego di forza fisica di entrambe le braccia», non erano state allegate né le particolari inclinazioni o aspirazioni lavorative della danneggiata né le specifiche attività lavorative dei genitori che avrebbero potuto esserle trasmesse, né era stato dedotto e provato l'impedimento allo svolgimento regolare di uno specifico lavoro pagg. 4 e 6 della sentenza d'appello IV non essendo stata fornita la prova della compromissione della «capacità lavorativa e/o di guadagno o di maggiore guadagno da parte della danneggiata», l'appello avverso la statuizione di rigetto del relativo capo di domanda andava respinto pag.6 della sentenza d'appello . 3. Per la cassazione della sentenza della Corte reggina ha proposto ricorso M.M., sulla base di due motivi. Ha risposto con controricorso l'Azienda Sanitaria Provinciale di OMISSIS . 4. In data 11 ottobre 2023, il consigliere a ciò delegato ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell'articolo 380-bis cod. proc. civ Ricevuta la comunicazione della proposta, i difensori della ricorrente, muniti di nuova procura speciale, hanno peraltro formulato tempestiva istanza di decisione del ricorso, la cui trattazione è stata quindi fissata in camera di consiglio, ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte. 5. La ricorrente ha depositato memoria, con cui, prima di procedere all'ulteriore illustrazione dei motivi di ricorso, ha eccepito l'inammissibilità del controricorso, sul presupposto del mancato rilascio, al difensore della Azienda Sanitaria, della procura speciale per la fase di legittimità, la quale non risulterebbe né «stesa in calce e/o a margine», né «allegata in foglio separato al controricorso», nel contenuto del quale il richiamo alla “procura in atti” farebbe indebito riferimento alla procura rilasciata per i gradi di merito. Ragioni della decisione 1. Va preliminarmente delibata l'eccezione di inammissibilità del controricorso, sollevata nella memoria illustrativa depositata dalla ricorrente. L'eccezione è manifestamente infondata. Tra gli atti depositati dall'Azienda Sanitaria controricorrente si pone infatti, oltre al controricorso, la procura per resistere al ricorso proposto da M.M., il cui carattere di specialità risulta dalla circostanza che con essa era stato attribuito al difensore l'incarico di resistere al «ricorso avanti alla Corte di cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello numero 647/2022 recte numero 674/2022, numero d.r. pubblicata il 04/08/2022». È evidente, dunque, che la procura non è stata rilasciata anteriormente alla sentenza e al ricorso, il che trova conferma nel rilievo che essa contiene lo stesso errore materiale contenuto nel ricorso medesimo pag.1 in ordine alla numerazione della sentenza impugnata, indicata erroneamente con il numero di R.G. 647/2022, anziché con l'esatto numero 674/2022. L'eccezione va pertanto rigettata. 2.1. Con il primo motivo di ricorso viene denunciata «Violazione dell'articolo 360 co. 1 n° 4 cpc in relazione agli articolo 132 com. 2 n°4 cpc, e 111 Cost. per motivazione apparente e/o mancante, per avere la Corte d'Appello confermato la sentenza di primo grado, senza motivare in ordine alle ragioni di impugnazione specificamente mosse dalla ricorrente e, in ogni caso, per avere omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento quanto al diniego della sussistenza della prova della perdita della capacità lavorativa specifica». 2.2. Con il secondo motivo viene denunciata «Violazione e falsa applicazione degli articolo 2056,1223,1226,2727 e 2729 c.c., nonché 115 e 116 cpc, in relazione all'art 360 c.p.c., comma 1, numero 3, per avere la Corte d'Appello rigettato la domanda di risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, pur in presenza di indici presuntivi gravità -25% e natura altamente menomante della lesione idonei a dimostrare in via presuntiva la sussistenza di tale voce di danno, e delle condizioni per la liquidazione in via equitativa triplo della pensione sociale ». Con entrambi i motivi – che possono essere illustrati ed esaminati congiuntamente, stante la loro evidente connessione – M.M. sostiene, in sintesi, che la Corte di merito, nel ritenere che la sola dimostrazione dell'esistenza di postumi invalidanti non fosse sufficiente a far presumere anche la perdita della possibilità di futuri guadagni e nel richiedere, invece, la dimostrazione rigorosa della compromissione della capacità di lavoro, avrebbe violato il principio di diritto secondo cui tale compromissione è invece desumibile in via presuntiva dalla lesione dell'integrità psico-fisica e dal grado di inabilità permanente del danneggiato, quando esse, come nella specie in cui dall'accertato grave deficit di sviluppo dell'arto sinistro e dalla rilevata anisometria miopica dell'occhio sinistro era derivata un'inabilità di grado pari al 25% siano di natura e gravità tali da rendere altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa ed il danno che necessariamente da essa consegue. La ricorrente reputa che, una volta accertata in via presuntiva l'esistenza del danno alla capacità lavorativa, l'impossibilità di provarne il preciso ammontare avrebbe dovuto essere superata dal giudice del merito con il ricorso al criterio equitativo, facendo riferimento al parametro del triplo della pensione sociale. La violazione commessa dalla Corte d'appello rileverebbe, quindi, sia sub specie di violazione di legge con particolare riferimento agli articolo 1223,1226,2727 e 2729 cod. civ. , sia sub specie di vizio motivazionale costituzionalmente rilevante, per essere stato il rilievo di tale principio evidenziato nei motivi d'appello, con i quali la Corte territoriale non si sarebbe adeguatamente confrontata. 3. Il ricorso è fondato. 3.a. A fronte di un'accertata invalidità permanente nella elevata misura del 25%, le considerazioni svolte nella sentenza impugnata, secondo cui la sola dimostrazione dell'esistenza di postumi invalidanti non sarebbe stata sufficiente a far presumere anche la riduzione della capacità lavorativa l'incertezza sulla quale non sarebbe stata superabile se non «con una prova particolarmente rigorosa» , esprimono una sostanziale obliterazione del forte rilievo indiziario che occorre invece attribuire, anche sul versante del danno reddituale, al primo dato, e dà in effetti riscontro ai denunciati vizi motivazionale e di violazione di legge. Come esattamente ricordato in ricorso, anche attraverso la citazione di una nutrita serie di pronunce di legittimità l'orientamento posto a base delle quali era già stato evidenziato con i motivi d'appello, sotto tale profilo non debitamente confutati dall'impugnata statuizione di rigetto , questa Corte ha da tempo affermato il principio secondo cui «nei casi in cui l'elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa ed il danno che necessariamente da essa consegue, il giudice può procedere all'accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi. La liquidazione di detto danno può avvenire attraverso il ricorso alla prova presuntiva, allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell'infortunio» ex aliis, Cass. 14/11/2013, numero 25634 Cass. 23/09/2014, numero 20003 Cass. 08/02/2019, numero 3724 Cass. 20/12/2023, numero 35663 Cass. 24/07/2024, numero 20661 . In particolare, proprio con riferimento ad una fattispecie in cui era stata accertata un'invalidità permanente di grado pari al 25% a carico di una persona danneggiata non svolgente alcuna attività lavorativa – premesso che l'invalidità di gravità tale da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già la lesione di un modo di essere del soggetto rientrante nell'aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, bensì un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di chance distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica , il quale, sempre che ne sia accertata la sussistenza, anche in base ad elementi utili ad un giudizio prognostico presuntivo prospettati dal danneggiato, va stimato con valutazione necessariamente equitativa ex articolo 1226 cod. civ. in tal senso, cfr. anche, tra le più recenti, Cass. 13/06/2023, numero 16844 Cass. 12/07/2023, numero 19922 Cass. 15/9/2023, numero 26641 Cass. 16/02/2024, numero 4289 – è stata ritenuta viziata la pronuncia di merito che, escludendo in partenza il danno patrimoniale per il sol fatto della mancata prova di uno svolgimento dell'attività lavorativa, non aveva adeguatamente compiuto l'accertamento presuntivo in ordine alla riduzione della perdita di guadagno nella sua proiezione futura, imposto dall'entità dei postumi, anche in termini di perdita di chance Cass. 14/11/2017, numero 26850 . In un altro caso assimilabile a quello qui in esame, questa Corte ha affermato che il danno da riduzione della capacità di guadagno subìto da un minore in età scolare, in conseguenza della lesione dell'integrità psico-fisica, può essere valutato attraverso il ricorso alla prova presuntiva allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro il danneggiato percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell'evento lesivo, tenendo conto delle sue condizioni economico-sociali, di quelle della sua famiglia e di ogni altra circostanza del caso concreto Cass. 15/05/2018, numero 11750 . Pertanto, ove l'elevata percentuale di invalidità permanente renda altamente probabile, se non certa, la menomazione della capacità lavorativa ed il danno ad essa conseguente, il giudice può accertare in via presuntiva la perdita patrimoniale occorsa alla vittima e procedere alla sua valutazione in via equitativa. 3.b. I principi appena illustrati sono stati del tutto disattesi dalla Corte d'appello, la quale, nel pretendere la prova rigorosa della compromissione della capacità di guadagno da parte di una persona che non aveva ancora raggiunto l'età lavorativa e nel togliere ogni rilievo all'avvenuto definitivo accertamento, a suo carico, di postumi invalidanti di grado pari al 25% a fronte di una malformazione che limitava l'uso degli arti superiori, per un verso ha gravato la danneggiata dell'onere di una dimostrazione eccessivamente difficoltosa, per l'altro – e principalmente – ha trascurato totalmente il rilevantissimo valore presuntivo del danno biologico, accertato in misura rilevante, rispetto al presumibile danno alla capacità lavorativa. Il ricorso va pertanto accolto e la causa va rinviata alla Corte d'appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, la quale rinnoverà la delibazione dello specifico capo di domanda avente ad oggetto il danno da riduzione della capacità lavorativa, attenendosi agli enunciati principi. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità articolo 385, terzo comma, cod. proc. civ. . 4. Ai sensi dell'articolo 52 del d.lgs. numero 196 del 2003, deve disporsi che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi della ricorrente e delle altre persone di cui si fa menzione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Reggio Calabria, in diversa composizione. A norma dell'articolo 52 del d.lgs. numero 196 del 2003, dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi della ricorrente e delle altre persone in esso menzionate.