Infortunio calcistico: le regole per il risarcimento dei danni sofferti dal calciatore amatoriale

In caso di infortunio durante una partita di calcio amatoriale, il giocatore può richiedere il risarcimento danni all’organizzatore per responsabilità contrattuale ma non invocare la responsabilità del Comune ex articolo 2051 c.c. per l’insufficiente illuminazione del campo.

La Suprema Corte, con la decisione in esame, è stata chiamata a ribadire alcuni aspetti riguardanti la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Nello specifico, il ricorrente adiva la Cassazione a causa del negato risarcimento dei danni da parte della Corte d'Appello in seguito ad un infortunio durante una partita di calcio amatoriale. Il calciatore, finito in ospedale per un'operazione alla mandibola fratturata durante il match sportivo, denunciava la scarsa illuminazione del campo da calcio e l'assenza di un contratto di assicurazione che l'Associazione gli aveva garantito. Venivano, quindi, citati in giudizio il Comune per responsabilità extracontrattuale ex articolo 2051 c.c. e l'Associazione per responsabilità contrattuale ai sensi dell'articolo 2043 c.c. Dopo la decisione di rigetto dei giudici di merito, la Suprema Corte ha stabilito che, mentre il Comune poteva effettivamente non essere considerato responsabile per l'impianto di illuminazione, quanto stabilito rispetto al risarcimento danni ex articolo 2043 c.c. dovesse essere rivalutato. Infatti, concentrandosi sull'errore di diritto della Corte d'Appello in materia di onere della prova, la Cassazione ha evidenziato che, vertendosi in ambito di responsabilità contrattuale, «al creditore non può essere posto alcun altro onere che non sia quello di dimostrare l'esistenza del contratto nella specie, cioè, l'esistenza dell'impegno a stipulare una polizza assicurativa e l'inadempimento del debitore. Rimane invece a carico di quest'ultimo l'onere di dimostrare o che l'inadempimento non sussiste o che è stato determinato da causa a lui non imputabile o che, eventualmente, si tratta di un inadempimento irrilevante a fini risarcitori». Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva dato per dimostrato il fatto che il torneo di calcio era stato disputato dai partecipanti nella convinzione di essere coperti da apposita assicurazione, aggiungendo che l'organizzatrice del torneo aveva fornito apposite «rassicurazioni» ai giocatori circa il fatto che una parte della quota di iscrizione sarebbe stata destinata, appunto, alla stipula del contratto di assicurazione nei fatti, mai concluso . Partendo da tale ricostruzione in fatto, la Corte d'Appello aveva concluso che «l'attore avrebbe dovuto fornire riscontro probatorio del beneficio che avrebbe tratto se una polizza assicurativa fosse stata effettivamente stipulata», addossando, dunque, al danneggiato un adempimento probatorio di impossibile soddisfacimento. La Cassazione ha, pertanto, accolto il motivo di ricorso legato al suddetto errore di diritto cassando la sentenza impugnata.

Presidente Travaglino -  Relatore Cirillo Fatti di causa 1. C.G. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Torre Annunziata, l'Associazione “ omissis ”, T.D., M.C., M.A. e il COMUNE DI omissis , chiedendo che fossero condannati al risarcimento dei danni da lui sofferti nel corso di una partita di calcio amatoriale. A sostegno della domanda espose, tra l'altro, che egli aveva preso parte, nell'estate del 2005, ad un torneo di calcio amatoriale organizzato dall'Associazione convenuta la quale si era obbligata, dietro versamento di una somma, a stipulare un contratto di assicurazione per gli eventuali infortuni di gioco. Aggiunse che, nel corso di una partita svoltasi nella serata del 2 agosto 2005, a causa del violento scontro col portiere della squadra avversaria, M.A., egli aveva riportato la frattura scomposta della mandibola. Tale incidente era stato causato, a suo dire, dall'insufficiente illuminazione del campo sportivo, da ricondurre a colpa del Comune convenuto. A seguito dell'infortunio, che aveva reso necessari il suo ricovero ed un conseguente intervento chirurgico, era emerso che l'Associazione non aveva, in realtà, stipulato alcun contratto di assicurazione, contrariamente a quanto pattuito. L'attore invocò, pertanto, il titolo di responsabilità contrattuale nei confronti dell'Associazione, l'articolo 2043 cod. civ. rispetto al portiere avversario e l'articolo 2051 cod. civ. verso il COMUNE DI omissis . Si costituirono in giudizio tutti i convenuti, chiedendo per diverse ragioni il rigetto della domanda. Su richiesta dell'Associazione e dei suoi rappresentanti T.D. e C.M. il contraddittorio venne esteso a A.M., indicato come il soggetto che aveva riscosso la somma necessaria per la stipula del contratto di assicurazione e che non vi aveva poi provveduto. Si costituì quindi anche l'A.M., il quale negò di aver avuto incarico di stipulare la polizza assicurativa. Espletata prova per interrogatorio e per testi e fatta svolgere una c.t.u. per l'accertamento dei danni patiti dall'attore, il Tribunale rigettò la domanda e condannò l'attore al pagamento delle spese di giudizio. 2. La decisione è stata impugnata in via principale dall'attore soccombente e in via incidentale dall'Associazione in ordine al solo profilo delle spese , e la Corte d'appello di Napoli, con sentenza del 29 marzo 2022, ha rigettato l'appello principale, ha accolto quello incidentale, ha riformato in parte la decisione del Tribunale in ordine alla liquidazione delle spese, ha confermato nel resto detta sentenza e ha regolato le ulteriori spese del grado. 2.1. La Corte territoriale ha osservato, per quanto di interesse in questa sede, che il primo motivo di appello, benché fondato, risultava privo di decisività. Ed infatti, pur dovendosi ritenere provato che il torneo si era svolto nella convinzione, sia dei giocatori che della stessa Associazione, dell'esistenza della copertura assicurativa – come risultava anche dalla destinazione di una quota parte della somma versata all'atto dell'iscrizione al torneo – il relativo contratto non era stato stipulato. La violazione dell'obbligo da parte dell'Associazione non è stata però ritenuta sufficiente all'accoglimento della domanda, «per difetto di riscontro probatorio in ordine al quantum risarcitorio». La Corte d'appello, dopo aver ricordato che il c.t.u. aveva riconosciuto, a carico del C.G., postumi invalidanti nella misura del 7 per cento, ha sostenuto che l'attore avrebbe dovuto dimostrare il beneficio che avrebbe potuto trarre dall'esistenza della polizza assicurativa, tanto più in considerazione del fatto che simili polizze hanno, solitamente, uno scoperto non inferiore al 5 per cento dei postumi invalidanti. In altri termini, era onere dell'attore dedurre e dimostrare le effettive conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'omessa stipula della copertura assicurativa per il c.d. rischio atletico, anche in considerazione del limite della prevedibilità dei danni articolo 1225 cod. civ. esistente in materia di responsabilità contrattuale. 2.2. In riferimento, invece, al secondo motivo di appello, la Corte napoletana l'ha ritenuto infondato in base al rilievo per cui la sentenza del Tribunale aveva escluso la presenza di zone d'ombra sul campo e comunque, la ricostruzione della dinamica dell'azione aveva messo in luce che era stato proprio il C.G. a commettere un fallo in danno del portiere avversario, il quale aveva già rinviato il pallone quando l'attore era andato a scontrarsi col mento sulla spalla dell'estremo difensore. Trattandosi, poi, di sport amatoriale, la sentenza ha ritenuto che la consapevolezza del rischio di chi vi partecipa «riduce la soglia di responsabilità dei custodi del bene sul quale la competizione viene svolta». 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Napoli propone ricorso C.G. con atto affidato a tre motivi. Resistono il COMUNE DI omissis e l'Associazione “ omissis ”, con T.D. e M.C., con due separati controricorsi. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3 , cod. proc. civ., violazione degli articolo 1218,1223,1225 e 2697 cod. civ., per violazione delle regole sul riparto dell'onere della prova nella responsabilità contrattuale. Il ricorrente sostiene che – anche volendo trascurare l'impossibilità di dimostrare l'esistenza di un limite all'indennizzo per infortunio in relazione ad una polizza che non esiste – la sentenza avrebbe comunque violato le norme suindicate. Ed invero, una volta accertato l'inadempimento rispetto all'obbligo di stipula del contratto di assicurazione, la sentenza avrebbe dovuto accogliere la domanda, almeno nel limite dei danni prevedibili. La dimostrazione, da parte del creditore, del fatto dell'inadempimento determinerebbe la ricaduta sul debitore dell'onere di dimostrare l'esattezza del proprio adempimento. Il ricorrente ritiene, in sostanza, che l'avvenuta dimostrazione dell'esistenza di postumi invalidanti a seguito dell'infortunio sposti sul debitore l'onere di «provare eventuali limitazioni dell'entità dell'indennizzo» spettante al danneggiato come una sorta di massimale di polizza , mentre la Corte d'appello avrebbe addossato al danneggiato un onere probatorio di impossibile soddisfacimento. 1.1. Il motivo è fondato. Pur essendo indubbia l'obiettiva modestia dell'intera vicenda qui in discussione, la Corte non può fare a meno di rilevare che l'impugnata sentenza contiene un evidente errore di diritto, consistente nell'errata applicazione delle regole sull'onere della prova. La Corte territoriale, infatti, ha dato per dimostrato – senza che vi siano contestazioni sul punto – il fatto che il torneo di calcio nel corso del quale si determinò l'incidente in danno dell'odierno ricorrente era stato disputato dai partecipanti nella convinzione di essere coperti da apposita assicurazione e ha aggiunto che l'organizzatrice del torneo aveva fornito apposite «rassicurazioni» ai partecipanti circa il fatto che una parte della quota di iscrizione sarebbe stata destinata, appunto, alla stipula del contratto di assicurazione. Ciò nonostante, è pacifico che quel contratto non fu mai stipulato. Partendo da tale ricostruzione in fatto – la quale, contenendo un accertamento di merito, non è sindacabile in questa sede – la Corte napoletana ha tratto la conclusione secondo cui «l'attore avrebbe dovuto fornire riscontro probatorio del beneficio che avrebbe tratto se una polizza assicurativa fosse stata effettivamente stipulata», posto che simili assicurazioni prevedono, di norma, uno scoperto non inferiore al 5 per cento dei postumi invalidanti. In questo modo, però, la Corte d'appello ha rovesciato sul creditore danneggiato l'onere di provare l'utilità dell'ipotetica polizza non sottoscritta. Siffatta conclusione è errata perché, vertendosi in ambito di responsabilità contrattuale, al creditore non può essere posto alcun altro onere che non sia quello di dimostrare l'esistenza del contratto nella specie, cioè, l'esistenza dell'impegno a stipulare una polizza assicurativa e l'inadempimento del debitore. Rimane invece a carico di quest'ultimo l'onere di dimostrare o che l'inadempimento non sussiste o che è stato determinato da causa a lui non imputabile o che, eventualmente, si tratta di un inadempimento irrilevante a fini risarcitori. La digressione che la sentenza impugnata ha compiuto in ordine al fatto notorio per cui le assicurazioni per attività sportive amatoriali prevedono solitamente determinate franchigie non elimina l'errore in diritto, che risulta poi in modo palese dalle ulteriori considerazioni compiute dalla Corte d'appello, secondo cui doveva essere l'attore a «dedurre e provare le effettive conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'omessa stipula» del contratto di assicurazione. Una volta dimostrato, come nel caso in esame, che l'obbligo di stipulare il contratto c'era e che vi era stato inadempimento, avrebbe dovuto essere il debitore a dimostrare l'irrilevanza dell'inadempimento derivante dall'esistenza – affermata in via meramente teorica – di una franchigia tale da rendere comunque non indennizzabile il sinistro. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata su questo punto. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3 , cod. proc. civ., la violazione dell'articolo 2051 cod. civ. in ordine alla concorrente responsabilità extracontrattuale del Comune e dell'Associazione. Sostiene il ricorrente che sarebbe emerso dalle testimonianze escusse che il campo sportivo teatro dell'incidente era dotato di un precario impianto di illuminazione e che per tale motivo non era omologato allo svolgimento di partite in notturna. La responsabilità del Comune e dell'Associazione per l'insufficiente illuminazione sarebbe fonte di violazione dell'obbligo di custodia, dal momento che aveva alterato la percezione delle distanze in capo ai giocatori. Né, d'altronde, potrebbe giovare al rigetto della domanda l'argomento, utilizzato in sentenza, dell'accettazione del normale rischio insito nelle gare sportive agonistiche, perché comunque l'organizzatore di un evento sportivo è tenuto a garantire la predisposizione delle normali cautele atte a contenere i relativi rischi. 2.1. Il motivo non è fondato. La censura in esso contenuta, infatti, si infrange contro due semplici osservazioni contenute nella sentenza impugnata 1 da un lato, l'accertata esclusione di zone d'ombra e di scarsa visibilità punto in realtà non contestato e 2 dall'altro, il fatto che la dinamica del sinistro induceva ad affermare che era stato proprio il C.G. a commettere fallo sul portiere punto ugualmente non contestato , per cui invocare l'articolo 2051 cod. civ. era, evidentemente, fuori luogo ne è ulteriore indiretta conferma, del resto, il fatto che la domanda risarcitoria contro il portiere avversario è stata poi abbandonata . Rileva la Corte, in relazione alla propria giurisprudenza, che è improprio il richiamo, compiuto dal ricorrente, all'ordinanza 28 luglio 2017, numero 18903, circa i maggiori oneri che gravano in capo all'organizzatore di un'attività sportiva intrinsecamente pericolosa come il rafting, oggetto appunto di quella decisione, ovvero la manifestazione di autovetture fuoristrada di cui all'ordinanza 19 settembre 2023, numero 26860 , dal momento che la partecipazione ad un torneo di calcio amatoriale non può certamente considerarsi un'attività in sé pericolosa. Occorre invece richiamare l'ordinanza 18 febbraio 2020, numero 3997, la quale, a proposito della partecipazione all'attività sportiva amatoriale, pur implicante attività agonistica, ha osservato che la consapevolezza del rischio di chi volontariamente vi partecipa riduce la soglia di responsabilità dei custodi del bene sul quale viene svolta la competizione. 3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 4 , cod. proc. civ., la violazione dell'articolo 132, numero 4 , cod. proc. civ., per nullità della sentenza conseguente all'asserita incongruenza della motivazione con cui la Corte di merito ha rigettato la domanda. Secondo il ricorrente, la motivazione resa in sentenza sarebbe addirittura nulla perché non conferente rispetto alle censure svolte. 3.1. Il motivo è manifestamente infondato. Esso, infatti, oltre ad essere in parte ripetitivo di considerazioni già svolte nel motivo precedente, è del tutto generico nella sua formulazione e pone una censura che è destituita di ogni fondamento, posto che la motivazione sul punto sussiste ed è pienamente logica e priva di incongruenze. 4. In conclusione, è accolto il primo motivo di ricorso, mentre sono rigettati il secondo e il terzo. La sentenza impugnata è cassata in relazione e il giudizio è rinviato alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione personale, la quale tornerà ad esaminare il merito dell'appello nei limiti del primo motivo di ricorso qui accolto, attenendosi alle indicazioni della presente decisione in relazione alle regole sull'onere della prova. Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione. Rileva la Corte, peraltro, che il rigetto del secondo e del terzo motivo di ricorso determina il definitivo rigetto della domanda di risarcimento dei danni avanzata dal C.G. contro il COMUNE DI OMISSIS . Ne consegue che il ricorrente, benché vincitore in questa sede, è tuttavia soccombente in relazione al Comune suindicato e va perciò condannato alla rifusione delle spese del presente giudizio nei confronti di tale controricorrente, liquidate come da dispositivo secondo i criteri di cui al d.m. 10 marzo 2014, numero 55. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo e il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione condanna il ricorrente alla rifusione delle spese in favore del COMUNE DI omissis , liquidate in complessivi euro 1.800, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.