Per le spese relative alla manutenzione dell’autoclave vanno applicate le tabelle millesimali

Le spese relative alla manutenzione dell'autoclave restano soggette agli stessi criteri di ripartizione fissati per l'impianto idrico, mentre la circostanza che l'edificio sia composto di più piani, serviti in misura differente dalla pompa dell'autoclave, non è di per sé sufficiente a giustificare una diversa ripartizione secondo il criterio della proporzionalità all'uso.

In un condominio, alcuni condomini impugnavano una delibera condominiale adottata dall'assemblea nella parte in cui la spesa straordinaria per la manutenzione dell'autoclave veniva ripartita tramite le tabelle millesimali. Il Giudice di prime cure, nell'annullare la delibera assembleare, riteneva che, ripartendo la spesa secondo la tabella millesimale, i condomini avrebbero sopportato un onere economico superiore a quello loro spettante ai sensi dell'articolo 1123 c.c., secondo comma, in virtù del fatto che essi non erano proprietari, né utilizzano, la piscina collocata nel lato monte del condominio, per la quale veniva prevalentemente impegnata l'autoclave. Avverso tale pronuncia, il condominio-appellante proponeva il gravame, contenenti due motivi di riforma, e si rivolgeva al Tribunale, in funzione di giudice di appello, lamentando, tra l'altro, la violazione dell'articolo 1123, comma 2 c.c., senza considerare che i condomini erano proprietari di sei unità immobiliari servite dall'autoclave e che l'erogazione di acqua a favore della piscina avveniva in maniera sporadica ed occasionale. Il giudice di secondo grado accoglieva l'appello proposto dal condominio, riformando in toto la pronuncia di primo grado. Il convincimento del giudice del gravame si fondava sul punto che il concorso alle spese di conservazione relativa a beni condominiali intesi quale oggetto della proprietà comune facente capo a tutti i condomini, o ad una parte, deve pur sempre essere commisurato al valore delle proprietà esclusive. In buona sostanza, la necessità dell'esecuzione di interventi di manutenzione, soprattutto straordinaria, su un bene può dipendere non solo dall'usura provocata dall'utilizzo ma anche da fattori esterni ed imponderabili. In quest'ultimo caso, la scelta dei millesimi di proprietà diventa obbligata poiché non si può pretendere di dividere, sulla base dell'uso, una spesa che non ha alcun legame causale con l'uso. Il giudice adito sottolineava un principio rilevante l'impianto idrico, servendo tutte le unità immobiliari, procura un vantaggio indifferenziato a tutti i condomini, non applicandosi i presupposti previsti nell'articolo 1123, comma 2, c.c., non ritenendo in assoluto rilevante i metri cubi d'acqua potenzialmente consumabili dalla piscina e dai servizi accessori, che, al limite, potrebbero rivestire un ruolo ai fini della ripartizione delle spese di esercizio in assenza di contatori di sottrazione. A tal proposito, in mancanza dei contatori di sottrazione si adotta il criterio dei millesimi di proprietà, chiudendo la strada al ricorso di criteri di proporzionalità dell'uso, come quello inerenti sui metri cubi di acqua consumabili Cass. civ. sez. II, 01 agosto 2014, numero 17557 . Per completezza espositiva, il giudicante faceva rilevare che se in un condominio vigono le tabelle millesimali regolarmente approvate, all'unanimità o con la maggioranza ex articolo 1136, comma 2, c.c., la delibera di approvazione, salvo che sia nulla, è pienamente efficace nei confronti dei condomini e dell'amministratore del condominio fino alla revisione a norma dell'articolo 69 disp. att. c.c. Cass. civ.  sez. II, 31 marzo 2017, numero 8520 Cass. civ. 18 agosto 2005, numero 16982 . Ne consegue che, se non è accompagnata da una domanda di rettifica o di modifica, l'impugnazione alle delibere di riparto delle spese fondate sull'applicazione delle tabelle millesimali viziate da errori, o divenute inattuali a causa dei mutamenti verificatesi nell'edificio, non può essere utilmente proposta. In conclusione, il Tribunale accoglieva l'appello e condannava gli appellati a rifondere le spese di lite.

Giudice La Fata Motivi della decisione – in fatto e in diritto Con sentenza numero 645 del 30 novembre 2021, notificata in data 29 dicembre 2021, il Giudice di Pace di Termini Imerese, in accoglimento dell'impugnativa proposta da omissis , omissis , omissis , ha disposto l'annullamento della delibera del 11 novembre 2019, adottata dall'assemblea del […], nella parte in cui la spesa straordinaria per la manutenzione dell'autoclave, di euro 1.037,00, è stata suddivisa tra i condomini sulla base della Tabella E autoclave , vigente nel condominio. Il Giudice di prime cure, nell'annullare in parte qua la delibera assembleare, ha ritenuto che, ripartendo la spesa in parti uguali secondo la tabella millesimale autoclave, i condomini omissis avrebbero sopportato un onere economico superiore a quello loro spettante ai sensi dell'articolo 1123 comma II cc, in virtù del fatto che essi non sono proprietari, né utilizzano, la piscina collocata nel lato monte del condominio, per la quale viene prevalentemente impegnata l'autoclave. Inoltre, il Giudice di prime cure ha rilevato l'insussistenza di una tabella relativa alle spese di autoclave diversa da quella adoperata per l'adozione della delibera del 11 novembre 2019, precisando che i criteri contenuti nella delibera del 10 giugno 2016 non sono stati formalizzati. La sentenza di primo grado è stata tempestivamente appellata dal omissis sulla base di tre motivi. Con il primo motivo, l'appellante ha fatto valere la correttezza dell'applicazione delle tabelle millesimali vigenti e contestato le ragioni addotte dal Giudice di prime cure, il quale ha ravvisato la violazione dell'articolo 1123 comma II cc senza considerare che i condomini omissis sono proprietari di numero 6 unità immobiliari servite dall'autoclave e che l'erogazione di acqua a favore della piscina avviene in maniera sporadica ed occasionale. Con il secondo motivo l'appellante, dopo aver eccepito la “Erroneità ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata in merito al contenuto della delibera di condominio approvata il 10 giugno 2016 punto 1 o.d.g. ”, ha, nei fatti, aderito all'interpretazione offerta dalla sentenza, in cui si sottolinea che la delibera del 10 giugno 2016 non ha introdotto un nuovo metodo di ripartizione delle spese dell'autoclave. Con il terzo motivo, l'appellante ha contestato la liquidazione delle spese di lite, evidenziando che è contraria ai limiti stabiliti dal D.M. 55/14 e persino incoerente col valore della causa. Sulla scorta di tali motivi, l'appellante, in integrale riforma della sentenza di primo grado, ha chiesto all'intestato Tribunale di i dichiarare la legittimità della delibera assembleare del 11 novembre 2019 e dei relativi piani di riparto ii condannare gli appellati per lite temeraria. Costituendosi tardivamente in giudizio a mezzo di comparsa di risposta, omissis […], omissis , omissis , omissis hanno chiesto il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata, rimarcando che i la suddivisione della spesa di manutenzione straordinaria dell'autoclave secondo la Tabella E è contraria all'articolo 1123 comma II cc in quanto non tiene conto della maggiore usura dell'autoclave provocata dalle necessità della piscina e dei servizi accessori, di proprietà di altri condomini ii la spesa avrebbe dovuto essere ripartita uniformemente alla delibera assembleare del 10 giugno 2016, avente valore contrattuale, e, quindi, al 50% secondo la Tabella B ed al 50% secondo la Tabella E iii l'aumento dei parametri medi nella liquidazione delle spese di lite risulta giustificato ai sensi dell'articolo 4 del D.M. 55/14. La causa, ritualmente acquisita la sentenza 878/22 della Corte di Appello di Palermo, passata in giudicato, sulla scorta delle conclusioni rassegnate, è stata posta in decisione all'udienza del 24 aprile 2024, con assegnazione alle parti dei termini ex articolo 190 cpc per il deposito degli scritti conclusivi. In via preliminare, va dichiarata l'ammissibilità dell'appello ai sensi e per gli effetti dell'articolo 339 cpc in quanto investe direttamente la tematica dei criteri di riparto delle spese condominiali, che appartengono ai principi regolatori della materia cfr Cass. 9641/06 . Nel merito, l'appello proposto è meritevole di accoglimento. Va, innanzitutto, precisato che l'oggetto del presente gravame verte sulla legittimità della delibera assembleare del 11 novembre 2019 nella parte in cui ha diviso la spesa di manutenzione straordinaria dell'autoclave, di importo pari a complessivi euro 1.037,00, secondo la Tabella E autoclave , della quale il Giudice di prime cure, in accoglimento delle difese degli omissis , ha rilevato la contrarietà all'articolo 1123 comma II c.c. Così delimitato il thema decidendum, occorre ricordare che l'autoclave rientra tra i beni comuni ai sensi dell'articolo 1117 cc in quanto fa parte dell'impianto idrico del fabbricato ed ha la specifica funzione di raccogliere l'acqua proveniente dalla rete pubblica all'interno di un serbatoio di accumulo, di prelevarla ed inviarla, tramite l'elettropompa, al serbatoio di pressione c.d polmone , in cui viene pressurizzata per mezzo di una camera d'aria, e di distribuirla nella rete interna al condominio. Siamo, quindi, di fronte ad una componente essenziale dell'impianto, che garantisce la conduzione dell'acqua nelle varie unità immobiliari del condominio con un flusso stabile e ad una pressione adeguata. Avendo natura condominiale, le spese per l'installazione e la manutenzione dell'autoclave devono essere chiaramente divise tra tutti i condomini, o tra i condomini a cui serve, sulla base del pertinente criterio tra quelli fissati dalla legge, che sono il valore proporzionale delle proprietà esclusive di cui all'articolo 1123 comma I cc e la proporzione all'uso di cui all'articolo 1123 comma II cc. A riguardo, va dato atto dell'esistenza di una pronuncia della Corte di Cassazione, in cui si legge “ … le spese relative alla installazione di detta autoclave restano soggette agli stessi criteri di ripartizione fissati per l'impianto idrico, mentre la circostanza che l'edificio sia composto di più piani, serviti in misura differente dalla pompa dell'autoclave, non è di per sè sufficiente a giustificare una diversa ripartizione secondo il criterio della proporzionalità all'uso articolo 1123 e 1124 cod. civ. ” Cass. 7172/83 . Ci si può interrogare se il principio di diritto sancito dalla Cassazione per le spese di installazione possa essere esteso alle spese di manutenzione straordinaria dell'autoclave. La risposta dipende sostanzialmente da come viene qualificata l'autoclave. Se è concepita come un'innovazione allora le spese per l'acquisto e l'installazione vanno sempre ripartite, per espressa disposizione di legge, secondo i millesimi di proprietà. In tal caso, non pare possibile estendere automaticamente alle spese di manutenzione il criterio di riparto previsto per le spese di installazione tanto che la giurisprudenza di legittimità, per le spese relative agli ascensori di nuova costituzione, tende ad applicare l'articolo 1123 comma I cc alle spese di installazione e l'articolo 1124 cc alle spese di manutenzione. Al di fuori dell'ambito delle innovazioni, invece, le spese per nuove installazioni si risolvono in spese di conservazione di un bene già esistente e, pertanto, le due spese dovranno essere sottoposte al medesimo regime giuridico. Ora, sul tema della natura dell'autoclave si impone il richiamo alla sentenza della Cassazione numero 1389/98, nella quale è stato stabilito che l'autoclave non rappresenta un'innovazione ma un'opera di conservazione dell'impianto idrico, di cui costituisce una componente. Nello stesso senso depone il precedente del 1983, che afferma “Un autoclave, diretta a consentire l'utilizzazione costante dello impianto idrico di edificio condominiale, costituisce parte integrante dell'impianto medesimo”. Da tale prospettiva, le spese di installazione e le spese di manutenzione dell'autoclave divergono solo per il momento in cui sono affrontate ma, nella sostanza, hanno natura omogenea ed impongono una regolamentazione uniforme. Ne consegue, in ossequio alle indicazioni contenute nella già citata sentenza del 1983, che le spese di manutenzione dell'autoclave dovranno essere suddivise tra i condomini secondo i millesimi di proprietà e non secondo l'uso. L'orientamento giurisprudenziale riportato è pienamente condivisibile e trova fondamento in una pluralità di elementi. Innanzitutto, si osserva che, salvo diversa disposizione di legge derogatoria, il concorso alle spese di conservazione, che afferiscono ai beni condominiali in sè e per sé, intesi quale oggetto della proprietà comune facente capo a tutti i condomini, o ad una parte, deve pur sempre essere commisurato al valore delle proprietà esclusive in modo da esprimere e rivelare il carattere propter rem dell'obbligo di contribuzione. In secondo luogo, va tenuto presente che la necessità dell'esecuzione di interventi di manutenzione, soprattutto straordinaria, su un bene può dipendere non solo dall'usura provocata dall'utilizzo ma anche da fattori esterni ed imponderabili. In quest'ultimo caso, la scelta dei millesimi di proprietà diventa obbligata poiché non si può pretendere di dividere, sulla base dell'uso, una spesa che non ha alcun legame causale con l'uso. Inoltre, va puntualizzato che il presupposto per l'applicazione dell'articolo 1123 comma II cc è la differenziazione della funzione servente svolta da un bene condominiale nel rapporto con le varie unità esclusive. Possono menzionarsi, in proposito, le ipotesi tipiche contemplate dagli articolo 1126 cc e 1124 cc. L'articolo 1126 cc pone le spese di manutenzione del lastrico solare nella misura di 1/3 a carico del omissis che ha l'uso esclusivo e, nella misura dei 2/3, a carico di tutti i condomini secondo i millesimi di proprietà. Ciò è legato al fatto che il lastrico solare realizza erga omnes una funzione di copertura e, in particolare, offre soltanto ad un'unità immobiliare un'utilità ulteriore, che è la possibilità di usufruire di uno spazio aperto. L'articolo 1124 cc, dal canto suo, ripartisce le spese di manutenzione delle scale e degli ascensori, per metà, in base ai millesimi di proprietà e, per metà, in base all'altezza dei piani. Opera, quindi, un criterio ibrido che riflette, per un verso, la circostanza che i condomini sono proprietari della scala e dell'ascensore secondo le rispettive quote, e, per altro verso, la circostanza che il servizio di collegamento è certamente più intenso per le unità immobiliari poste ai piani superiori. Nell'ambito dell'impianto idrico, invece, rispetto a quanto accade per i lastrici solari ad uso esclusivo e gli ascensori o le scale, non sono ravvisabili distinzioni con riguardo alla funzione servente esercitata a favore delle unità immobiliari del condominio. In merito, valga evidenziare che non esiste un servizio svolto in via esclusiva, o in misura preponderante, nella direzione di alcune soltanto delle unità immobiliari. Ciò in quanto tutte le reti domestiche, a partire dai punti di diramazione, sono parimenti collegate all'impianto idrico condominiale, con cui formano un corpus complesso ed unitario, destinato a garantire la costante disponibilità dell'acqua ai punti di prelievo. Si consideri, altresì, che la funzione servente dell'impianto permane anche in assenza di consumo e non è comunque divisibile. Ed invero, è agevole constatare che, anche nei momenti in cui non si utilizza acqua, il sistema comunque ne assicura continuativamente la presenza ai punti di prelievo. Nei momenti di consumo individuale, poi, l'impianto idrico serve pur sempre tutte le unità immobiliari, costantemente ed indistintamente, precludendo così la possibilità di registrare delle variazioni di utilitas in rapporto all'azione dell'infrastruttura. Se così è allora non vi sono i presupposti per l'applicazione dell'articolo 1123 comma II cc in quanto la funzione strumentale dell'impianto idrico, sia nel contesto dell'utilizzo, sia nel contesto dell'inutilizzo dell'acqua, procura un vantaggio indifferenziato a tutti i condomini. Ulteriormente, il ragionamento svolto trova supporto nelle soluzioni giurisprudenziali e normative adottate in relazione alle spese di manutenzione dell'impianto di riscaldamento e condizionamento centralizzato. In tale settore, invero, la Corte di Cassazione, nella vigenza della normativa anteriore alla l. 220/12, ha sostenuto che “Le spese per la conservazione dell'impianto centrale di riscaldamento nella specie, determinate dalla necessita di adeguare l'impianto alle nuove prescrizioni tecniche di cui alla legge n 615 del 1966 sono a carico di tutti i condomini che possono fruire del relativo servizio, in rapporto al valore della proprietà individuale di ciascuno art 1123, primo comma, cod. civ. … ” Cass. 693/77 . Il legislatore del 2012 ha, successivamente, riformato l'articolo 1118 cc attribuendo al singolo condomino la facoltà di distaccarsi dall'impianto di riscaldamento centralizzato ma, al contempo, ha mantenuto fermo l'obbligo di contribuire alle spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto, per la sua conservazione e messa a norma, che trova fondamento nella contitolarità del bene e sussiste entro i limiti della quota. La previsione legislativa è particolarmente significativa in quanto rivela indubbiamente che, ai fini del riparto delle spese di manutenzione dell'impianto, non conta l'utilizzo fatto da ciascun condomino. Diversamente, infatti, la norma avrebbe esonerato il condomino distaccato dal concorso alle spese. Ora, potendo estendere, per identità di ratio, all'impianto idrico le prescrizioni relative all'impianto di riscaldamento, costituenti entrambi un'infrastruttura necessaria per mettere a disposizione delle unità immobiliari esclusive due risorse essenziali, deve ribadirsi l'obbligo di compartecipazione dei condomini alle spese di manutenzione ai sensi dell'articolo 1123 comma I c.c. Si aggiunga che seguendo il criterio dei millesimi di proprietà, anziché quello dell'uso, non vi sarebbe neppure il rischio di creare diseguaglianze tra i condomini. Ciò in quanto non va tralasciato che il valore proporzionale delle proprietà immobiliari viene determinato alla luce di tutte le loro caratteristiche intrinseche ed estrinseche, con esclusione dei canoni locatizi, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione cfr articolo 68 disp att cc . Sicché le differenze tra le varie unità, legate, tra le altre cose, alle altezze o alle pertinenze sono, per così dire, già scontate nei millesimali. Bisogna, a questo punto, interrogarsi sulla possibilità di ritagliare uno spazio operativo all'articolo 1123 comma II cc nella materia che ci occupa. In proposito, valga osservare che, oltre alla categoria delle spese di manutenzione, vi è quella delle spese di esercizio, che possono essere genericamente definite come le spese funzionali al godimento dei beni condominiali. Non essendo obbligazioni propter rem, poiché legate all'uso anziché alla proprietà, tali spese possono essere suddivise, anzi devono esserlo alla luce delle leggi speciali vigenti cfr l'articolo 146 del dlgs 152/06, per l'acqua, ed il dlgs 102/14, per il riscaldamento , in base ai consumi registrati dai contatori di sottrazione, in piena applicazione del comma II dell'articolo 1123 c.c. Non bisogna, però, dimenticare che, in mancanza dei contatori di sottrazione, la giurisprudenza di legittimità ha optato per il criterio dei millesimi di proprietà cfr Cass. 17557/14 chiudendo, quindi, la strada al ricorso di criteri di proporzionalità all'uso, come quello incentrato sui metri cubi d'acqua potenzialmente consumabili. Tenuto conto delle superiori coordinate ermeneutiche, le motivazioni della sentenza impugnata vanno disattese. Non è, infatti, possibile vagliare la legittimità del riparto delle spese di manutenzione straordinaria dell'autoclave, previsto dalla delibera del 11 novembre 2019, alla stregua dell'articolo 1123 comma II c.c. in quanto, come già argomentato, la funzione servente dell'impianto idrico, che è quella di garantire la disponibilità dell'acqua nella rete, è continua, immediata e diretta nei confronti di tutte le unità immobiliari, e non vi sono differenziazioni riconducibili al fattore altezza o al fattore consumo. Segnatamente, nessuna rilevanza può essere attribuita ai metri cubi d'acqua potenzialmente consumabili dalla piscina e dai servizi accessori, che, al limite, potrebbero rivestire un ruolo ai fini della ripartizione delle spese di esercizio in assenza di contatori di sottrazione. Tuttavia, ad una simile soluzione, si frappongono ostacoli di carattere giuridico, emergenti dalla già citata sentenza 17557/14, nonché difficoltà di ordine pratico in quanto sarebbe davvero problematico, sotto il profilo della ragionevolezza, computare i metri cubi d'acqua potenzialmente consumabili dalla piscina per ripartire i consumi dei periodi in cui la vasca resta inattiva. A parte le superiori argomentazioni, si conviene con l'odierno appellante che se in un condominio vigono delle tabelle millesimali regolarmente approvate, all'unanimità o con la maggioranza ex articolo 1136 comma II c.c., la delibera di approvazione, salvo che sia nulla, è pienamente efficace nei confronti dei condomini e dell'amministratore di condominio fino alla revisione a norma dell'articolo 69 disp. att. c.c. cfr Cass. 8520/17 Cass. 16982/05 . Ne deriva che, se non è accompagnata da una domanda di rettifica o di modifica, l'impugnazione delle delibere di riparto delle spese fondate sull'applicazione di tabelle millesimali viziate da errori, o divenute inattuali a causa dei mutamenti verificatisi nell'edificio, non può ritenersi utilmente proposta. Ciò è tanto più vero se si considera che, in presenza di tabelle millesimali, una delibera assembleare di riparto della spesa potrebbe, in ipotesi, anche mancare, essendo già predeterminati valori condivisi sulla cui base procedere alla liquidazione del contributo dovuto da ciascun condomino. In sostanza, quindi, l'interesse ad impugnare una delibera che si sia limitata a richiamare la pertinente tabella già approvata non può sorgere indipendentemente da una domanda di revisione della tabella stessa. Neppure è ammissibile un accertamento incidenter tantum dell'erroneità originaria o sopravvenuta delle tabelle millesimali, che si risolverebbe, per un verso, nella disapplicazione di fatto di una delibera vincolante e, per altro verso, nell'elusione del procedimento delineato dall'articolo 69 disp. att. c.c. Nella specie, è agevole constatare che i condomini omissis non hanno proposto una domanda di rettifica della Tabella E, che pure hanno approvato nella seduta del 22 febbraio 2013 esprimendo voto favorevole. Nemmeno sono riscontrabili profili di nullità in quanto la Tabella E, che certo non prevede una divisione in parti uguali, è stata redatta, e poi approvata dall'assemblea con la maggioranza prescritta dall'articolo 1136 comma II cc, col proposito di specificare i millesimi su un bene in condominio parziale a 18 unità ed, inoltre, non contiene l'espressa istituzione di criteri difformi dal regime legale per il riparto delle spese cfr Cass 6735/20 . Sul punto, valga precisare che le eventuali criticità dei conteggi, emergenti, per esempio, dal fatto che alle unità immobiliari degli odierni appellati, estranei alla piscina, sono stati attribuiti dei millesimali prossimi o talvolta anche superiori ai millesimali delle unità immobiliari di proprietà ex omissis , di cui la piscina costituisce pertinenza cfr sentenza di Corte di Appello di Palermo 878/22, passata in giudicato, che ha rigettato l'appello avverso la sentenza 7/19 del Tribunale di Termini Imerese ovvero dal fatto che le unità identificate alle particelle 4088 sub. 1 e sub. 2 non sono state inserite nel condominio parziale, non si traducono in un vizio di nullità ma in un errore di fatto, di calcolo, o di diritto commesso nel contesto dell'applicazione del criterio legale. Per quanto esposto, mancando il supporto di una domanda ai sensi dell'articolo 69 disp. att. c.c. l'azione intentata dai condomini omissis per ottenere la declaratoria di illegittimità della delibera del 11 novembre 2019, che ha rinviato alle tabelle millesimali vigenti nel condominio, era infondata già ab origine ed a prescindere dalle complesse questioni di merito sopra esaminate. Passando ad un altro versante, deve prendersi atto dell'impossibilità di scrutinare la validità della delibera del 11 novembre 2019 alla stregua della delibera del 10 giugno 2016, che, secondo gli appellati omissis , ha fissato dei nuovi criteri di ripartizione delle spese dell'autoclave. In proposito, deve evidenziarsi che la questione è stata sollevata in primo grado ed è stata decisa in senso sfavorevole agli odierni appellati. A ben vedere, infatti, la sentenza impugnata ha accolto solo una parte della causa petendi introdotta con la citazione, ovvero quella relativa alla violazione dell'articolo 1123 comma II c.c., mentre ha sostanzialmente rigettato la contestazione della violazione della delibera del 10 giugno 2016, sottolineando che l'atto assembleare non contiene alcun criterio di ripartizione delle spese. Se così è allora sarebbe stato onere degli odierni appellati proporre appello incidentale condizionato nella comparsa di costituzione tempestivamente depositata. Ed invece, non solo gli appellati si sono costituiti tardivamente in giudizio ma non hanno neppure formulato un'espressa censura subordinata contro la sentenza del Giudice di prime cure, di cui, anzi, hanno esplicitamente chiesto la conferma. Vi è, quindi, un giudicato interno che comporta il definitivo accertamento dell'insussistenza, nella delibera del 10 giugno 2016, di criteri di ripartizione delle spese dell'autoclave sostitutivi della Tabella E. Nel merito valga, ad abundantiam, osservare che la delibera del 10 giugno 2016 non è stata approvata all'unanimità in quanto all'adunanza erano assenti i condomini omissis […] e non risulta che questi abbiano manifestato ex post la volontà di aderire alla delibera. Inoltre, si evidenzia che la delibera del 10 giugno 2016, contrariamente a quanto ritenuto dagli odierni appellati, non detta un metodo di suddivisione delle spese dell'autoclave da valere pro futuro. A riguardo, va rilevato che la richiesta degli omissis di dividere le spese “nella misura del 50% per tabelle millesimali e 50% in quote piscina” si inserisce nel punto dedicato all'approvazione dei “bilanci ordinari consuntivi come da delibera del 31 maggio 2016”. Ciò significa che la volontà dell'assemblea si è formata solo sulle spese risultanti da detti bilanci ed, allora, non può essere riferita direttamente alla modifica della Tabella E, mai menzionata, né interpretata nel senso dell'introduzione di un criterio generale valevole per qualsiasi altra spesa, compresa quella per cui è causa. Si consideri poi che, non essendo contrattuale, la delibera non può vincolare la successiva attività deliberativa dell'assemblea, la quale ha la facoltà di ripartire una specifica spesa secondo un criterio diverso, purchè conforme alle previsioni normative. Alla luce delle argomentazioni svolte, il primo motivo di appello va accolto, con assorbimento del motivo sulle spese di lite, che vanno comunque rideterminate. Le spese di lite relative ai due gradi di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo sulla base dei parametri previsti dal D.M. 55/14, aggiornato alle modificazioni apportate con il D.M. 147/22. Quanto alla domanda ex articolo 96 c.p.c., se ne rileva l'infondatezza, non essendovi elementi per affermare che gli odierni appellati abbiano agito in primo grado, ovvero resistito in appello, con mala fede o colpa grave. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni diversa domanda, eccezione e difesa, in parziale riforma della sentenza numero 645 del 30 novembre 2021 emessa dal Giudice di Pace di Termini Imerese, così provvede DICHIARA, con riferimento al punto numero 13 della delibera del 11 novembre 2019 adottata dall'assemblea del omissis l'insussistenza del vizio di legittimità relativo alla violazione dell'articolo 1123 comma II c.c. DICHIARA l'esistenza di un giudicato interno sulla questione relativa all'insussistenza, nella delibera del 10 giugno 2016, adottata dall'assemblea del omissis di criteri di ripartizione delle spese CONDANNA omissis , omissis , omissis , omissis […] in solido, al pagamento in favore del omissis delle spese dei due gradi di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 346,00 per il giudizio di primo grado ed in euro 653,50 di cui euro 562,00 per compensi ed euro 91,5 per esborsi per il presente giudizio, oltre rimborso spese generali, iva e cpa, nella misura legalmente dovuta.