In materia di atti sottoscritti digitalmente, non si richiedono ulteriori accertamenti se il file abbia estensione informatica «pdf.p7m», dal momento che ciò è, di per sé, probante dell’avvenuta firma digitale.
La Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla validità di un atto telematico, ha chiarito che in presenza del suffisso «pdf.p7m» non sono necessarie ulteriori prove della sottoscrizione digitale del documento. In particolare, in seguito alla dichiarazione del Tribunale di Sorveglianza di inammissibilità dell’appello per ritenuta mancanza della sottoscrizione dell’atto presentato, l’appellante ha presentato ricorso in Cassazione, ritenendo regolarmente apposta la firma digitale come verificabile dal suffisso certificativo. La Suprema Corte ha dichiarato fondato il ricorso dal momento che il messaggio trasmesso via PEC dal legale del ricorrente presentava un allegato di tipo «pdf.p7m», ossia un documento nativo pdf recante firma digitale. Richiamando una pronuncia precedente, i Giudici hanno ribadito che «al fine della verifica della sussistenza della firma digitale su un atto di impugnazione, non si richiedono accertamenti ulteriori nel caso in cui risulta che il “file” abbia estensione “pdf.p7m”, posto che questa è, di per sé, probante dell’avvenuta firma digitale».
Presidente De Marco - Relatore Filocamo Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento sopra indicato, il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Catania dichiarava inammissibile l'appello per ritenuta mancanza della sottoscrizione dell'atto, presentato telematicamente nell'interesse di D.B.G., avverso il provvedimento di proroga della misura di sicurezza emesso dal Magistrato di sorveglianza di Catania. 2. D.B.G. ricorre per cassazione, tramite rituale ministero difensivo, affidandosi a un unico motivo. Con tale motivo, il difensore dell'interessato denuncia la violazione di legge in relazione all'articolo 24, comma 6-sexies, lett. a , d.l. 28 ottobre 2020, numero 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, numero 176, avuto riguardo alla ritenuta mancanza di sottoscrizione digitale dell'atto che, invece, sarebbe stata regolarmente apposta come verificabile dal nome del documento trasmesso telematicamente in formato *.pdf nativo avente il suffisso certificativo dell'estensione informatica del file quale *.p7m, legalmente sottoscritto in formato digitale mediante sistema Cades-bes come risultante dal relativo certificato rilasciato da ente legalmente riconosciuto in modo conforme alla deliberazione CNIPA 21 maggio 2009, numero 45. 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, quindi, meritevole di un accoglimento. 2. Dall'esame dell'atto impugnato emerge che l'inammissibilità è stata fondata sulla ritenuta mancanza della firma digitale o anche di firma autografa , richiamati gli articolo 24, comma 6-sexies, lett. a , e 3, comma 1, d.l. numero 137 del 2020, nonché il provvedimento del 9 novembre 2020 della Direzione generale dei sistemi informativi e automatizzati. Il messaggio d'invio dell'atto di appello, trasmesso via PEC dall'Avv. N. all'ufficio preposto alla ricezione degli atti e allegato al ricorso, indica la presenza di un allegato di tipo pdf.p7m. Tale tipo di documento individua i file nativi pdf, recanti firma digitale. L'affermazione del Tribunale di sorveglianza è smentita dalla documentazione allegata al ricorso da parte del difensore, il quale ha dimostrato non solo la natura del file pdf nativo con sottoscrizione digitale , ma anche l'attendibilità e la validità del certificato della firma in formato Cades-bes. Come correttamente rilevato dal Procuratore generale, solo l'atto - depositato telematicamente - quando risulti privo di firma digitale può essere considerato inammissibile ai sensi dell'articolo 24, comma 6-sexies lett. a , legge numero 176 del 2020, non potendosi, in omaggio al principio di tassatività, applicare la sanzione processuale prevista per tale omissione a un'ipotesi non prevista dalla legge, quale è l'atto con firma digitale non riconosciuta. Diversamente, come già affermato da questa Corte con Sez. 4, numero 43976 del 26/09/2023, Rv. 285483, al fine della verifica della sussistenza della firma digitale su un atto di impugnazione, non si richiedono accertamenti ulteriori nel caso in cui risulta che il file abbia estensione pdf.p7m , posto che questa è, di per sé, probante dell'avvenuta firma digitale. In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso, documentato da file avente detta estensione, trasmesso dal difensore a mezzo PEC . 3. Sulla base delle precedenti considerazioni deriva l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catania. P.Q.M. annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Catania.