Al fine di poter affermare che una disposizione testamentaria sia affetta da dolo, non è sufficiente dimostrare una qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore occorre, invece, fornire la prova dell’avvenuto impiego di veri e propri mezzi fraudolenti idonei a trarre in inganno il testatore.
La sentenza trae origine da una complessa vicenda successoria nella quale l'erede legittimo impugnava la sentenza del Tribunale prima e quella della Corte d'Appello poi. Entrambi i giudici di merito confermavano, a seguito di una compiuta valutazione delle prove introdotte nel procedimento e pronunciandosi con le medesime motivazioni, la legittimità del testamento olografo pubblicato dallo zio dell'erede legittimo, la sua autenticità e, per contro, la mancanza di qualsiasi prova volta a determinare la captazione della volontà del de cuius o di un suo stato di incapacità ad autodeterminarsi al momento della stesura del testamento olografo impugnato. La Corte di Cassazione, da ultimo interpellata dall'erede legittimo, ha infine respinto il ricorso da quest'ultimo presentato, dichiarando tutti i motivi di ricorso inammissibili sulla base del principio della doppia conforme e ribadendo che la prova della captazione , pur potendo essere presuntiva, deve fondarsi su fatti certi che consentano di identificare e ricostruire l'attività di condizionamento e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore. Secondo la Corte di Cassazione, al fine di poter affermare che una disposizione testamentaria sia affetta da dolo, non è sufficiente dimostrare una qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore occorre invece la prova dell'avvenuto impiego di veri e propri mezzi fraudolenti idonei a trarre in inganno il testatore . Ciò ha riguardo alla sua età, allo stato di salute e alle sue condizioni di spirito, così da suscitare in lui false rappresentazioni ed orientare la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata. La Corte ribadisce infatti che, benché l'incapacità accertata del de cuius nei periodi prossimi alla stesura del testamento possa dar luogo a una presunzione iuris tantum della sua sussistenza anche nel periodo intermedio, la prova della captazione deve fondarsi su fatti certi che consentano di identificare e ricostruire l'attività di condizionamento e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore. In buona sostanza, nel caso di specie il ricorso dell'erede legittimo veniva rigettato per inammissibilità dei motivi lamentati. Egli infatti non contestava l'erronea sussunzione della fattispecie concreta in una norma diversa da quella applicabile relativa alla capacità del testatore, ma invocava un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie al fine di addivenire a un giudizio di incapacità di intendere e volere del de cuius al momento della redazione del testamento olografo, con una propria interpretazione delle prove contrapposta a quella ampiamente motivata dalla Corte d'Appello. Quest'ultima, tuttavia, che nell'esercizio del suo prudente apprezzamento è libera di individuare le prove che maggiormente influenzano il suo convincimento, si era sostanzialmente espressa con una valutazione fondamentalmente identica a quella di primo grado, rendendo così inammissibili i motivi del ricorso per il principio del doppio conforme. Peraltro, la Corte sottolineava che tutte le prove portate in giudizio dal ricorrente erano comunque inidonee a provare l'impiego di mezzi fraudolenti atti ad ingannare il de cuius o che queste avessero effettivamente influito sulla volontà testamentaria ben potendo, invece, essere ritenute del tutto condivisibili le interpretazioni date dai giudici in merito alle prove assunte a sostegno delle disposizioni testamentarie dichiarate legittime.
Presidente Manna - Relatore Picaro Fatti di causa Con atto di citazione notificato il 23.3.2009 Gi.Ro. e Gi.Ma. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Padova il fratello, Gi.Sa. nato a G il Omissis , la madre, Mi.Eu., e lo zio paterno, Gi.Ri., per fare dichiarare la nullità, o l'inefficacia, o per fare annullare il testamento olografo del padre, Gi.Sa. nato a S il Omissis e morto a P il Omissis , del 19.11.2006, in quanto incapace di intendere e di volere al momento della redazione, o per fare annullare tale testamento per dolo, per fare dichiarare l'indegnità a succedere di Gi.Ri., e per fare accertare che quest'ultimo non era beneficiario dell'usufrutto generale sui beni mobili ed immobili del de cuius. Si costituiva nel giudizio di primo grado Gi.Sa. nato il Omissis , che avendo accettato con beneficio d'inventario l'eredità paterna il 20.3.2008, proponeva a sua volta le stesse domande delle sorelle, deducendo a supporto dell'asserita incapacità di intendere e di volere e del dolo, che il padre al momento della redazione del testamento del 19.11.2006, era affetto da un carcinoma polmonare sinistro paravertebrale, per il quale era stato operato circa tre mesi prima, pesava solo 47 kg, era sottoposto a terapia farmacologica con morfina e si trovava ricoverato presso la Casa di cura Villa Maria di Padova dal 28.8.2006 dalla quale era stato dimesso il 27.11.2006 per entrare nell'Istituto per malati terminali Paolo VI di Padova, ove poi era deceduto il Omissis , con sindrome depressiva reattiva e stato soporoso, ed al momento successivo dell'ingresso nell'Istituto Paolo VI aveva dichiarato di soffrire a tratti di confusione/perdita di memoria che Gi.Ri., fratello più giovane del de cuius, residente a Verona, non aveva mai avvisato la ex moglie ed i figli del de cuius dei gravi problemi di salute, del ricovero e dell'intervento dallo stesso subito, comunicando telefonicamente alla ex moglie Mi.Eu. solo alle 22.30 del Omissis , poche ore prima del decesso avvenuto alle ore 12 del giorno seguente, che suo fratello era entrato in coma che le figlie, recatesi nella camera del de cuius, avevano rinvenuto nel cassetto di un comodino vicino al letto del padre ormai defunto un vecchio quaderno di scuola a loro appartenuto, contenente un testamento olografo sottoscritto dal de cuius, che era stato poi pubblicato dal notaio Ce.Ca. il 16.5.2007 poi annullato con sentenza del Tribunale di Padova dell'8.4/27.10.2011, confermata dalla sentenza della Corte d'Appello di Venezia numero 117/2016 del 21.1.2016 passata in giudicato, come riferito dal controricorrente , col quale il medesimo aveva lasciato al figlio Gi.Sa. il suo terreno di T P , via Omissis , e la restante sua proprietà ai tre figli in parti uguali ed alla ex moglie la somma di Euro 70.000,00 che l'infermiera Ba.Ch. e Ga.Gi., che le sorelle avevano trovato a vegliare la salma del de ciuius al loro arrivo all'Istituto Paolo VI di Padova, avevano riferito loro che il padre aveva parlato di loro con intensità dicendo quanto ali erano mancate, e lo stesso Gi.Ri., al funerale, aveva significato che il fratello non aveva voluto lasciare alcun testamento, volendo che tutti i suoi beni andassero alla ex moglie ed ai figli, riconoscendo in ritardo di essere profondamente debitore verso di loro per le gravi ingiustizie che aveva commesso nei loro confronti che solo oltre sette mesi dopo la morte del fratello, il 31.8.2007, Gi.Ri. aveva comunicato telefonicamente al nipote Gi.Sa. ed alla di lui madre, Mi.Eu., che aveva appena rinvenuto casualmente cercando tra le cartelle cliniche del defunto un imprecisato numero di telefono il testamento olografo del fratello, datato 19.11.2006, che aveva poi fatto pubblicare dal notaio Vi.Qu. di Verona il 4.9.2007, redatto su due facciate di foglio protocollo uso bollo, datato nel rigo sottostante la sottoscrizione e seguito dall'attestazione di De.Ma. che la firma era quella di Gi.Sa., testamento che premetteva che tutti i beni mobili ed immobili del de cuius erano gravati da usufrutto a favore del fratello Ri., lasciava il terreno di T P , via Omissis , al figlio Sa., e la somma di Euro 50.000,00 alla ex moglie Mi.Eu. ed auspicava, come già l'altro testamento rinvenuto in precedenza, che gli amici Gi. Ga. e Ma. De. potessero continuare ad usufruire della stessa disponibilità già goduta nella gestione delle api che De.Ma. aveva riferito alle attrici che nel novembre 2006, allorché si era recato a trovare nella Casa di Cura Villa Maria di Padova l'amico Gi.Sa., che lì era ricoverato, vi aveva incontrato Gi.Ri., che aveva estratto da una cartellina un foglio dicendogli che conteneva le ultime volontà di Gi.Sa., e gli aveva chiesto di apporvi una dichiarazione a sua firma per attestare che la sottoscrizione che su di esso figurava era di Gi.Sa., cosa che poi aveva fatto, senza poter vedere il contenuto delle disposizioni di ultima volontà contenute sull'altra facciata, dopo di che Gi.Ri. aveva ripreso in consegna lo scritto del fratello. Si costituiva in primo grado il maresciallo dei Carabinieri Gi.Ri., che chiedeva di accertare la legittimità del testamento olografo di Gi.Sa. pubblicato il 4.9.2007, di condannare i nipoti Sa., Ro. e Ma. ad immetterlo nel possesso di tutti i beni dell'asse ereditario, a risarcirgli i danni derivanti dalla mancata consegna dei beni ereditari ed al pagamento della somma corrispondente al valore dell'usufrutto. Disposta CTU da parte del medico legale prof. Pa.Be. per accertare l'incapacità di intendere e di volere del de cuius in rapporto alla patologia della quale soffriva, alle cure in corso alla data del 19.11.2006 ed alle caratteristiche del testamento olografo del 19.11.2006, e disattese le altre richieste istruttorie, il Tribunale di Padova, con la sentenza non definitiva numero 409/2014 del 281/6.2.2014, respingeva le domande di accertamento della nullità, o inefficacia, annullamento del testamento olografo di Gi.Sa. nato il 28.6.1928 pubblicato il 4.9.2007 dal notaio Qu., accertava che tale testamento aveva istituito erede Gi.Ri., respingeva le domande volte ad escludere quest'ultimo dalla successione per indegnità, e rimetteva la causa in istruttoria con separata ordinanza. La suddetta sentenza veniva immediatamente appellata da Gi.Sa. nato il 13.9.1956 , che riproponeva le sue domande e richieste istruttorie per interpello e testi respinte, e veniva contrastato da Gi.Ri., che chiedeva di dichiarare inammissibile l'appello ex articolo 342 c.p.comma e comunque di rigettarlo, mentre restavano contumaci in secondo grado Gi.Ro., Gi.Ma. e Mi.Eu. La Corte d'Appello di Venezia, disattese le richieste di rinnovazione della CTU medico legale, di CTU grafologica e di ammissione delle prove per interpello e testi, rigettava l'appello di Gi.Sa., compensando le spese di lite per la complessità della valutazione tecnica e giuridica sull'incapacità di intendere e di volere del de cuius. L'impugnata sentenza riteneva che non fosse stata provata dall'appellante l'assoluta incapacità di intendere e di volere del de cuius alla data del testamento olografo impugnato, consistente nel difetto di coscienza del significato dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi, che ove accompagnate dall'abitualità ne avrebbero potuta legittimare l'interdizione, confermando la sentenza di primo grado, che sulla scorta della CTU e della documentazione medica acquisita, aveva ritenuto dimostrata solo un'anomalia o un'alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, dovuta alla sua malattia ed al trattamento farmacologico antidolorifico con morfina a basso dosaggio, ma non un'assoluta incapacità d'intendere e di volere del de cuius al momento della redazione del testamento olografo impugnato, che avrebbe invece posto a carico di Gi.Ri. l'onere di dimostrare che il testamento impugnato fosse stato redatto in un momento di lucido intervallo Cass. 23.12.2014 numero 27351 Cass. 15.4.2010 numero 9081 Cass. 6.5.2005 numero 9508 . La sentenza di secondo grado, a differenza di quella di primo grado, nel compiere la sua valutazione della capacità di intendere e di volere del de cuius, considerava anche il contenuto del testamento impugnato, comparandolo al precedente progetto di testamento privo di data che era stato pubblicato dal notaio Ce.Ca. il 16.5.2007, evidenziando che col testamento del 19.11.2006, che meglio specificava le generalità ed i luoghi perché basato sulla precedente brutta copia scritta sul quaderno delle figlie ed era più preciso e non riportava anche le motivazioni delle disposizioni del precedente progetto perché era destinato alla pubblicazione, era stata confermata la volontà del testatore di lasciare i propri beni alla ex moglie ed ai figli del de cuius, con la sola differenza della riduzione da Euro 70.000,00 ad Euro 50.000,00 del lascito alla ex moglie, che poteva essere stata voluta per favorire i figli anziché la ex moglie, e dell'usufrutto concesso al fratello Gi.Ri. su tutti i beni mobili ed immobili, che in assenza di prove di captazione o condizionamento della sua volontà da parte del fratello, poteva essere stato disposto per compensare il fatto che il predetto fosse stato l'unico parente che gli era stato vicino durante la malattia ed il ricovero, senza considerare che, essendo Ri. di poco più grande di suo figlio, l'usufrutto avrebbe di fatto privato i figli del godimento effettivo dei beni ereditari. La sentenza medesima riteneva non provato che le differenze di contenuto del progetto di testamento e del testamento impugnato fossero state introdotte dal de cuius senza volerle, non essendo sufficienti a dimostrarlo la circostanza che Gi.Ri. fosse stato presente al suo capezzale, che gli avesse probabilmente fornito la carta su cui scrivere il testamento impugnato e che avesse fatto attestare l'autenticità della firma del de cuius da un conoscente, avvertendo con ritardo l'ex moglie ed i figli del de cuius delle di lui gravissime condizioni di salute. Quanto alla CTU medico legale espletata, la Corte d'Appello evidenziava che il basso dosaggio del farmaco antidolorifico con morfina secondo l'ausiliario non aveva determinato assuefazione, che la TAC prodotta mostrava una lieve atrofia cerebrale, che non era anomala data l'età del de cuius, mentre non provava che le metastasi del carcinoma polmonare fossero arrivate al cervello, che le dichiarazioni rese dal de cuius otto giorni dopo la redazione del testamento impugnato, al momento del suo ingresso nell'Istituto Paolo VI di Padova per malati terminali, confermavano quanto ritenuto dal CTU circa l'esistenza solo a tratti, e non permanente, di stati confusionali con perdita di memoria, che lo stato depressivo del de cuius, confermato dalle condizioni di degrado in cui era vissuto negli ultimi tempi, esisteva anche al momento della redazione del progetto di testamento sul quaderno delle figlie e poteva considerarsi giustificativo della riconoscenza verso il fratello Ri., l'unico che gli era stato vicino in quella condizione. La Corte stessa escludeva la necessità di rinnovo della CTU, che era stata espletata da un professore universitario di provata esperienza e competenza, che non aveva palesato la necessità di avvalersi di specialisti in psichiatria, sottolineando che non occorreva espletare una CTU grafologica, in quanto dal confronto tra il progetto di testamento ed il testamento impugnato non emergevano evidenti modifiche del tratto e della grafia e le contrarie valutazione del grafologo di parte, Pe., si fondavano sulla relazione dello psichiatra Gr. perito di parte e non sulle diverse conclusioni espresse dal CTU prof. Be Ulteriore elemento valorizzato dall'impugnata sentenza, a sostegno della capacità di intendere e di volere del de cuius, era l'atto di transazione sottoscritto davanti al notaio il 27.10.2006, col quale lo stesso aveva posto fine ad una controversia che per quasi trenta anni lo aveva visto contrapposto al fratello Gi.Gi. ed ai suoi eredi, e la Corte alle critiche dell'appellante sul fatto che si fosse trattato di una conciliazione al ribasso per il de cuius, indicativa della sua incapacità di intendere e di volere e della captazione della sua volontà da parte del fratello Ri., rispondeva che la sopravvenuta grave malattia del de cuius ben poteva spiegare la sua volontà di chiudere il conflitto con i parenti in via transattiva, anche se a condizioni meno vantaggiose di quelle in precedenza richieste. In ordine alle prove testimoniali, l'impugnata sentenza non le ammetteva per la loro genericità ed irrilevanza, non essendo idonee a dimostrare la sussistenza dell'incapacità di intendere e di volere del de cuius al momento della redazione del testamento impugnato. Quanto all'asserita captazione della volontà del de cuius da parte di Gi.Ri., gli elementi indiziari addotti venivano ritenuti dalla Corte d'Appello insufficienti a dimostrare che la volontà del de cuius fosse stata condizionata dal fratello beneficiario dell'usufrutto sui suoi beni, che era stato comunque l'unico parente che gli era stato vicino negli ultimi anni, e veniva esclusa l'indegnità a succedere di Gi.Ri. ex articolo 463 numero 5 cod. civ. per avere fatto pubblicare il testamento olografo in suo favore del 19.11.2006 quasi otto mesi dopo la morte di Gi.Sa., in quanto l'occultamento del testamento per impedire la realizzazione della volontà testamentaria non andava confuso con la ritardata pubblicazione, che semmai era destinata ad incidere sul comportamento degli eredi legittimi nella gestione del patrimonio ereditario, ma non sulla realizzazione della volontà testamentaria del defunto. Avverso la sentenza numero 471/2017 del 13/28.2.2017 della Corte d'Appello di Venezia, non notificata, ha proposto ricorso alla Suprema Corte, notificato a Gi.Ro. il 30.3/6.4.2018, a Gi.Ma. il 30.3/6.4.2018, a Gi.Ri. il 30.3/10.4.2018, ed a Mi.Eu. il 30.3/6.4.2018, Gi.Sa., con cinque motivi, e resiste Gi.Ri. con controricorso notificato l'8.5.2018, mentre sono rimaste intimate Gi.Ro., Gi.Ma. e Mi.Eu. La Procura Generale in data 22.1.2024 ha depositato conclusioni scritte chiedendo la reiezione del ricorso. Gi.Sa. e Gi.Ri. hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.comma La causa, é stata discussa e trattenuta in decisione nella pubblica udienza del 22.2.2024. Ragioni della decisione Col primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.comma ed alla violazione degli articoli 116 comma 1 c.p.comma e 591 comma 2 numero 3 cod. civ., la falsa applicazione dell' articolo 591 comma 1 cod. civ. , ed in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame di circostanze decisive per il giudizio, per avere la Corte d'Appello di Venezia erroneamente sussunto la fattispecie concreta ricostruita ritenendo il de cuius capace di intendere e di volere al momento della redazione del testamento olografo impugnato del 19.11.2006 ex articolo 591 comma 2 numero 3 cod. civ. , con una valutazione parziale, superficiale, imprudente ed illogica del compendio probatorio in particolare della grave malattia terminale dalla quale il de cuius era affetto e dei relativi trattamenti sanitari e farmacologici determinanti l'incapacità di testare , ed avvalorando le manchevolezze della CTU espletata, anziché ricondurre la fattispecie, sulla base delle circostanze documentate dal ricorrente, all'ipotesi di annullabilità di cui all' articolo 591 comma 2 numero 3 cod. civ. Il ricorrente richiama la sentenza numero 11892/2016 della Corte di Cassazione , lamentando il cattivo esercizio del potere di valutazione delle prove attribuito alla Corte d'Appello dall'articolo 116 c.p.c., che la avrebbe condotta ad un'interpretazione della fattispecie logicamente insostenibile, laddove l'apprezzamento complessivo e non frazionato degli elementi probatori di causa avrebbe dovuto necessariamente condurre a riconoscere l'incapacità di intendere e di volere del de cuius al momento della redazione del testamento olografo del 19.11.2006, e ad applicare quindi l' articolo 591 comma secondo numero 3 cod. civ. , anziché l' articolo 591 comma 1 cod. civ. In particolare deduce il ricorrente che l'impugnata sentenza non avrebbe tenuto conto dei seguenti elementi 1 il de cuius era affetto oltre che da grave depressione, anche da cachessia con grave logoramento psico - organico e malnutrizione, come emergente dal certificato di terapia antalgica del dott. Lu.Ce. dell'11.10.2006 2 il dosaggio farmacologico della morfina 30 mg per tre volte al giorno non era basso, come ritenuto dal CTU e dalla Corte d'Appello, in quanto in un paziente di 70 kg il de cuius ne pesava solo 47 il dosaggio di morfina per non avere conseguenze dannose sulla sfera psichica doveva essere contenuto in 20 mg ogni 12 ore 3 non poteva essere invocata l'esistenza della depressione del de cuius già al momento della redazione del progetto di testamento sul quaderno delle figlie, in quanto essa si era basata su una bozza senza firma redatta tempo prima docomma 6 , quando la depressione non era documentata 4 la scheda di morte del de cuius dell'Istituto per malati terminali Paolo VI di Padova del 21.1.2007 riferiva di metastasi diffuse , per cui era certamente più probabile che non che alla data della redazione del testamento impugnato 19.11.2006 le metastasi si fossero sviluppate fino ad arrivare al cervello, dato che ad agosto 2006 era già stata accertata l'infiltrazione pleurica e l'invasione vascolare del carcinoma polmonare, risalendo la TAC che riportava lieve atrofia cerebrale all'anteriore data dell'8.5.2006 5 il diario della clinica Villa Maria riportava, in ordine al de cuius, va a fumare autonomamente e non collabora ad altro e che era poco reattivo , e la Corte d'Appello aveva considerato tale annotazione come meramente indicativa della volontà del paziente di non collaborare alle terapie, e non della mancata comprensione delle stesse, trascurando il fatto che da quel diario non risultasse alcun episodio del paziente indicativo di autonomia e lucidità volitiva ed emergesse piuttosto una sua passività mentale continuativa 6 l'espressione paziente complesso riferita dal dott. Toso, nel certificato del 27.10.2016 per la pratica d'invalidità, al sistema nervoso ed alla psiche del de cuius, poteva essere logicamente intesa solo come equivalente all'indicazione di una psiche non dotata di unitarietà logica e frammentata in una molteplicità di parti irrisolte e non più congruenti 7 la condizione di degrado ed abbandono in cui viveva il de cuius prima del ricovero, senza fruire di alcuna assistenza vedi certificato del dott. Toso del 27.10.2016 , neppure da parte del fratello Ri., verso il quale non c'era alcuna riconoscenza prima del ricovero, tanto che nel progetto di testamento riportato sul quaderno delle figlie lo stesso non figurava tra i beneficiari, non poteva essere logicamente considerata come circostanza idonea a giustificare la volontà del de cuius di lasciare l'usufrutto sui suoi beni al fratello 8 le cartelle cliniche dell'Istituto per malati terminali Paolo VI, ed in particolare quella del 17.1.2007, dalla quale emergeva che la Struttura aveva richiesto una vigilanza notturna nei riguardi del de cuius per il suo stabile comportamento irrazionale e per le dosi crescenti di morfina somministrategli, con conseguente sussistenza di uno stato di confusione mentale del de cuius già all'epoca della redazione del testamento impugnato 19.11.2006 9 il progressivo incremento delle dosi di morfina somministrate al de cuius emergente dal Diario di Villa Maria, indicativo, in considerazione dell'età e del peso del paziente, di una sua stabile incapacità di intendere e di volere. Va anzitutto evidenziata l'inammissibilità del primo motivo di ricorso ex articolo 348 ter ultimo comma c.p.comma nella parte in cui ci si duole ex articolo 360 comma primo numero 5 c.p.comma della mancata considerazione delle circostanze di fatto sopra riportate, in quanto si é in presenza di una doppia conforme , essendo quella norma applicabile ex articolo 54 comma 3 del D.L. 22.6.2012 numero 83 , convertito con modificazioni nella L.7.8.2012 numero 134 , alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della L. numero 134/2012 , e quindi alla sentenza impugnata in questa sede, pubblicata il 28.2.2017. La circostanza che la sentenza di secondo grado abbia escluso l'incapacità di intendere e di volere di Gi.Sa. alla data della redazione del testamento olografo del 19.11.2006, anche aggiungendo argomentazioni relative al raffronto tra quel testamento ed il precedente progetto di testamento riportato sul quaderno delle figlie del testatore, non vale certo ad escludere che ci si trovi in presenza di una doppia conforme sulla ricostruzione in fatto della fattispecie. Per la parte in cui il primo motivo lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., la violazione dell' articolo 116 c.p.comma comma 1, e 591 comma 2 numero 3 cod. civ., e la falsa applicazione dell' articolo 591 comma 1 cod. civ. , é ugualmente inammissibile. La violazione dell' articolo 116 c.p.comma , infatti, dopo l'eliminazione dall' articolo 360 comma primo numero 5 c.p.comma del vizio di insufficiente, o contraddittoria motivazione, è riscontrabile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo prudente apprezzamento , pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria come, ad esempio, valore di prova legale , nonchè, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura che era consentita ai sensi dell' articolo 360 c.p.comma , comma 1, numero 5, nel testo previgente, é ora consentita solo in presenza dei gravissimi vizi motivazionali individuati da questa Corte fin da Cass. sez. unumero nnumero 8053 e 8054 del 2014 Cass. sez. unumero 30.9.2020 numero 20867 Cass. sez. unumero 27.12.2019 numero 34474 Cass. 19.6.2014 numero 13960 Cass. 20.12.2007 numero 26965 , ossia quando precisi fatti storici oggetto di discussione tra le parti e decisivi non siano stati considerati e sempre che non via sia stata una doppia pronuncia conforme in punto di fatto, come invece avvenuto nel caso in esame. In buona sostanza il ricorrente non lamenta l'erronea sussunzione della fattispecie concreta in una norma diversa da quella da applicare relativa alla capacità del testatore articolo 591 cod. civ. , ma invoca un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie da parte della Suprema Corte, giudice di legittimità, al fine di addivenire ad un giudizio d'incapacità di intendere e di volere del de cuius al momento della redazione del testamento olografo del 19.11.2006 attraverso una propria interpretazione delle prove contrapposta a quella pur plausibile, e come sopra riportato ampiamente motivata, della Corte d'Appello, che nell'esercizio del suo prudente apprezzamento era libera di individuare le prove che maggiormente hanno influenzato il suo convincimento. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., la violazione/falsa applicazione degli articoli 591 comma 2 numero 3 cod. civ. , e la falsa applicazione dell' articolo 591 comma 1 cod. civ. , per avere la Corte d'Appello ritenuto che l'indicazione nella documentazione sanitaria acquisita di uno stato di confusione a tratti del de cuius dimostrasse una condizione d'incapacità solo transitoria/saltuaria, e non invece, in uno con le condizioni personali del de cuius emergenti dalla documentazione sanitaria acquisita al processo, un'incapacità di intendere e di volere permanente, con ciò disattendendo quella giurisprudenza della Suprema Corte Cass. 11.7.2011 numero 15187 secondo la quale, accertata l'incapacità in periodi prossimi nel tempo, la sussistenza della stessa nel periodo intermedio é assistita da presunzione iuris tantum. Il secondo motivo é inammissibile, in quanto il ricorrente non lamenta che l'impugnata sentenza abbia seguito una nozione errata della capacità di intendere e di volere del testatore per come interpretata dalla Suprema Corte, ossia non come semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensì come mancanza assoluta al momento della redazione dell'atto di ultima volontà della coscienza dei propri atti, o della capacità di autodeterminarsi, siano esse causate da un'infermità transitoria, o permanente, o da un'altra causa perturbatrice, né lamenta che la Corte d'Appello di Venezia non si sia attenuta al principio per cui lo stato di capacità costituisce la regola e quello d'incapacità l'eccezione, per cui spetta a chi impugna il testamento dimostrare la dedotta incapacità del testatore vedi in tal senso Cass. numero 31325/2023 Cass. numero 3934/2018 Cass. numero 27351/2014 , ma ancora una volta si duole della valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dalla sentenza impugnata e non condivisa, pretendendo di sovrapporre un proprio apprezzamento diverso delle prove e di ottenere da questa Corte, giudice di legittimità, una diversa valutazione della fattispecie in punto di fatto. La presunzione d'incapacità di intendere e di volere nel periodo intermedio di cui alla sentenza della Corte di Cassazione dell'11.7.2011 numero 15187 nello stesso senso anche Cass. numero 9662/2003 e Cass. numero 43591/2002 non é stata presa in considerazione dall'impugnata sentenza, in quanto non sono state ritenute acquisite prove sulla base della CTU medico legale e della documentazione medica prodotta di totale incapacità di intendere e di volere del de cuius in momenti prossimi anteriori e successivi rispetto alla redazione del testamento olografo del 19.11.2006, e si é valorizzato piuttosto, il dato documentato che solo nel ricovero successivamente avvenuto, presso l'Istituto per malati terminali Paolo VI di Padova, il paziente aveva dichiarato di mostrare a tratti segni di confusione e di perdita di memoria. Col terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., la violazione dell' articolo 116 c.p.comma , ed in relazione all'articolo 360 comma primo numero 4 c.p.c., la violazione dell' articolo 132 comma primo numero 4 c.p.comma , per non avere la Corte d'Appello di Venezia logicamente motivato la decisione di non disporre CTU grafologica, pur avendo ritenuto necessario esaminare il contenuto del testamento olografo del 19.11.2006 per valutare la capacità di intendere e di volere del de cuius, e per avere ritenuto di potere sopperire con proprie valutazioni parziali ed illogiche sulla forma, il contenuto e lo stile del testamento impugnato, pervenendo così ad un'erronea ricostruzione della quaestio facti, con conseguente falsa applicazione dell' articolo 591 comma 1 e 591 comma 2 numero 3 cod. civ. Rammentato quanto sopra detto sui limiti di prospettabilità della violazione dell' articolo 116 c.p.comma , va detto che la consulenza tecnica d'ufficio é un mezzo istruttorio e non una prova vera e propria, sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell'ausiliario giudiziario, e che la motivazione dell'eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio, unitariamente considerato, effettuata dal suddetto giudice vedi in tal senso Cass. numero 326/2020 e Cass. numero 15219/2007 richiamate dalla Procura Generale . Nel caso di specie, peraltro, la sentenza impugnata, non solo ha proceduto ad un raffronto tra il testamento impugnato ed il progetto di testamento redatto sul quaderno delle figlie prima del ricovero, ritenendo che il testamento impugnato abbia confermato, solo con alcune variazioni giustificate dal tempo trascorso e dalla volontà di compensare il fratello Ri. per essere stato l'unico parente vicino al de cuius nel doloroso periodo della malattia, dell'intervento chirurgico per il carcinoma polmonare e dei ricoveri, e che le differenze stilistiche esistenti rispetto al progetto di testamento precedente fossero da ricondurre al fatto che solo il testamento impugnato era destinato alla pubblicazione, mentre il precedente progetto, privo di data, costituiva una mera bozza preparatoria, ma a pagina 25 ha espressamente ritenuto superfluo disporre una CTU grafologica, in quanto il progetto di testamento ed il testamento impugnato non mostravano evidenti modifiche del tratto e della grafia, ed in quanto le valutazioni del grafologo di parte, Pe., si fondavano sulle valutazioni espresse dal perito di parte psichiatra, Gr., non collimanti con le valutazioni espresse da CTU, ed ha poi ulteriormente notato che quest'ultimo, professore universitario di medicina legale dotato di esperienza e competenza nel settore, non aveva palesato la necessità di valersi della collaborazione di ulteriori esperti, per cui é infondata la doglianza relativa alla mancanza di una logica motivazione del diniego di nomina di un CTU grafologo. Col quarto motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., la violazione/falsa applicazione degli articoli 116 c.p.comma e 624 cod. civ., per avere ritenuto irrilevanti le circostanze poste dal ricorrente a fondamento della propria tesi della captazione della volontà del de cuius e della propria domanda di annullamento per dolo del testamento olografo del 19.11.2006 del de cuius, disattendendo le richieste istruttorie riproposte a supporto, ed in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame di circostanze decisive al fine di va utare la sussistenza della captazione della volontà del de cuius. Richiamato quanto già esposto sull'inammissibilità per doppia conforme del lamentato vizio dell' articolo 360 comma primo numero 5 c.p.comma in base al disposto dell' articolo 348 ter ultimo comma c.p.comma , e sui limiti di prospettabilità della violazione dell' articolo 116 c.p.comma , nella specie non invocabile per ottenere una diversa valutazione del materiale probatorio, va detto che il ricorrente non contesta la nozione di dolo quale causa di annullamento del testamento olografo impugnato utilizzata dalla Corte d'Appello di Venezia, ma contrappone inammissibilmente la propria tesi, secondo la quale le circostanze di fatto da lui prospettate sarebbero state idonee a dimostrare la captazione della volontà del de cuius. Quanto alle circostanze allegate dal ricorrente a supporto della tesi della captazione della volontà del de cuius e del dolo, la Corte d'Appello di Venezia ha ritenuto le stesse inidonee a provare che Gi.Ri. avesse impiegato mezzi fraudolenti per ingannare il de cuius e che avesse effettivamente influito sulla volontà testamentaria del de cuius determinandolo a disporre dell'usufrutto sui suoi beni in favore del predetto, ben potendosi spiegare tale disposizione di favore con la riconoscenza del de cuius verso il fratello, unico parente che gli era stato vicino nel periodo della malattia e del ricovero, e non essendo sufficienti a dimostrare la manipolazione della volontà del de cuius pur nelle scadute condizioni di salute e psichiche dello stesso, le circostanze che Gi.Ri. verosimilmente gli avesse procurato il foglio protocollo usato per scrivere le ultime volontà, e che si fosse premurato di fare attestare dal conoscente De.Ma., recatosi a trovare il de cuius ricoverato, l'autenticità della sottoscrizione dello stesso sul testamento impugnato, né il fatto che avesse avvertito con ritardo l'ex moglie ed i figli del de cuius, coi quali non aveva rapporti da trenta anni, delle gravissime condizioni di salute del de cuius, posto che se avesse voluto, quest'ultimo avrebbe potuto avvisare l'ex moglie ed i figli tramite il personale della clinica e poi dell'Istituto per malati terminali in cui era stato ricoverato. La sentenza impugnata si é uniformata all'insegnamento della Suprema Corte, secondo il quale al fine di poter affermare che una disposizione testamentaria sia affetta da dolo, non è sufficiente dimostrare una qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore, se del caso mediante blandizie, richieste, suggerimenti o sollecitazioni occorre, invece, la prova dell'avvenuto impiego di veri e propri mezzi fraudolenti idonei a trarre in inganno il testatore, avuto riguardo alla sua età, allo stato di salute, alle sue condizioni di spirito, così da suscitare in lui false rappresentazioni ed orientare la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata Cass. 31.8.2023 numero 25521 Cass. 28.2.2018 numero 4653 , ed é opportuno rammentare che la prova della captazione, pur potendo essere presuntiva, deve fondarsi su fatti certi che consentano di identificare e ricostruire l'attività di condizionamento e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore Cass. 31.8.2023 numero 25521 Cass. 17.10.2022 numero 30424 , mentre nel caso di specie tutti i capitoli di prova testimoniale riproposti dal ricorrente, e ritenuti dalla Corte d'Appello di Venezia inidonei a provare la captazione della volontà del de cuius da parte di Gi.Ri., non avrebbero consentito di identificare e ricostruire attività specifiche di condizionamento della volontà del testatore ad opera del fratello Ri., difettando quindi della necessaria decisività. Col quinto motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame di numerose circostanze di fatto caratteristiche del testamento impugnato elencate alle pagine da 53 a 62 del ricorso, da intendersi per brevità qui richiamate già evidenziate nei precedenti gradi di giudizio, da ritenere decisive perché idonee a dimostrare che il testamento impugnato era viziato da incapacità di intendere e di volere del de cuius, e che comunque era effetto di dolo, o captazione della volontà del de cuius. Anche il quinto motivo é inammissibile ex articolo 348 ter ultimo comma c.p.comma in ragione della presenza di una doppia conforme . Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico di Gi.Sa. ed a favore di Gi.Ri., mentre nulla va disposto per le parti rimaste intimate. Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all' articolo 13 comma 1 - quater D.P.R. numero 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto. P.Q.M. La Corte di Cassazione, respinge il ricorso e condanna Gi.Sa. al pagamento in favore di Gi.Ri. delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per spese vive ed Euro 5.500,00 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 15%.