La Cassazione sul ne bis in idem nell’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti

«È necessario invece accertare, con giudizio di fatto riservato al giudice di merito, da un lato, se il soggetto abbia partecipato a due diverse organizzazioni criminali, o sia passato dall'una all'altra organizzazione criminale, o si sia comunque verificata una successione nelle attività criminali tra organismi diversi, sia pure con lo stesso nome e operanti nello stesso territorio, oppure se il soggetto - all'opposto - abbia partecipato a un'unica organizzazione criminale, pur se dotata di diverse articolazioni e pur se progressivamente evoluta per la composizione della compagine dei partecipi, per le attività in concreto praticate o per le modalità e i ruoli connotanti la sua organizzazione».

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione, sez. I, interviene in merito al ne bis in idem nell’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti enunciando un importante principio di diritto. Con l'ordinanza, emessa il 27 marzo 2024, li Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'istanza presentata nell'interesse di E.F. volta a ottenere la revoca ex articolo 669 cod. proc. penumero della condanna di cui alla sentenza numero 1267/07, resa il 29 novembre 2007 dal Tribunale di Milano, irrevocabile il 24 marzo 2010, in quanto avente ad oggetto i medesimi fatti associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti di cui alla sentenza numero 1156/06, emessa il 30 gennaio 2006 dal Tribunale di Genova, irrevocabile li 20 marzo 2009. Il giudice dell'esecuzione, nel provvedimento impugnato, ha preso atto che E.F era stato ritenuto da entrambe le decisioni responsabile, fra le altre condotte, di quella sanzionata dall'articolo 74 d.P.R. numero 309 del 1990 e che la concorrente nei reati suddetti. V. D., moglie dell'istante, era stata destinataria di ordinanza del 7 maggio 2014 emessa dal Tribunale di Milano che, sempre quale giudice dell'esecuzione, aveva riconosciuto che le due imputazioni associative suindicate avevano ad oggetto il medesimo reato, sulla scorta dell'identità dei soggetti, delle medesime circostanze di tempo e di luogo e dell'identità delle condotte contestate a quell'imputata, e, fra le due condanne, aveva revocato la sentenza del Tribunale di Milano nella parte in cui aveva condannato V. D. per il suddetto reato. Posto ciò, il giudice dell'esecuzione ha dissentito dalla motivazione inerente al richiamato provvedimento. In particolare, ha ritenuto erronea la prospettazione dell'identità soggettiva dei componenti delle due associazioni, evidenziando anche la diversità di sostanza stupefacente trattata dai sodalizi e dei rispettivi canali di approvvigionamento e ambiti di operatività. Conclusivamente ha escluso che le due condanne riportate da E. F. avessero  sanzionato lo stesso reato associativo, considerando confermato dagli elementi analizzati il fatto che questi aveva partecipato a due associazioni che, pur se caratterizzate da alcuni elementi comuni, avevano rappresentato due entità distinte, ciascuna finalizzata all'importazione e alla commercializzazione  di sostanza stupefacente. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di E.F. chiedendone l'annullamento e adducendo un unico motivo con cui lamenta l'inosservanza dell'articolo 669 cod. proc. penumero e dell'articolo 74 d.P.R. numero 309 del 1990, in relazione all'articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione all'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , anche per travisamento del contenuto della sentenza emessa dal Tribunale di Genova, in merito agli elementi di identità tra i contesti associativi oggetto di esame. Il Procuratore generale ha prospettato la declaratoria di inammissibilità del ricorso, siccome manifestamente infondato, non essendo stato in alcun modo dimostrato che i due reati associativi, in relazione agli elementi della condotta, del nesso causale e dell'evento, potessero essere ritenuti riconducibili a un identico fatto. La Corte di Cassazione, ritenuto che il ricorso sia da accogliere motiva la propria decisione sulla scorta delle seguenti argomentazioni «si muove dall'assodato concetto per cui, ai fini della preclusione connessa al principio ne bis in idem, l'identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi condotta, evento, nesso causale e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona» Sez. U, numero 34655 del 28/06/2005, Donati, Rv. 231799 01 . L' articolo 649 cod. proc. penumero , a cui si coordina in sede esecutiva la disciplina dettata dall'articolo 669 cod. proc. penumero , collega il divieto di ne bis in idem alla pronuncia di una sentenza o di un decreto penale divenuti irrevocabili e afferisce a una dimensione applicativa più ampia di quella derivante dalla sua enunciazione letterale, esprimendo il principio generale dell'ordinamento processuale che vieta la duplicazione del processo contro la stessa persona per il medesimo fatto, con l'effetto che le situazioni di litispendenza, non riconducibili nell'ambito dei conflitti di competenza di cui all'articolo 28 cod. proc. penumero , devono essere risolte dichiarando nel secondo processo, pur in mancanza di una sentenza irrevocabile, la non proponibilità dell'azione penale, in applicazione della preclusione fondata sul principio generale del ne bis in idem, sempreché i due processi abbiano ad oggetto il medesimo fatto attribuito alla stessa persona, siano stati instaurati ad iniziativa dello stesso ufficio del Pubblico ministero e siano devoluti, anche se in fasi o in gradi diversi, alla cognizione di giudici della stessa sede giudiziaria. In tal senso, va evidenziato che, ai fini della duplicazione processuale ex articolo 649 cod. proc. penumero , per medesimo fatto deve intendersi ciò che risulta dai suoi elementi costitutivi e cioè da condotta, evento e nesso di causalità. Nel caso di procedimento per il delitto di matrice associativa, al fine di escludere la medesimezza del fatto non rilevano né, dal punto di vista del soggetto, eventuali mutamenti nelle modalità di partecipazione attività e ruoli , né, dal punto di vista dell'organizzazione, eventuali mutamenti in ordine all'ampiezza dell'oggetto del programma criminoso o in relazione al numero dei componenti. È necessario invece accertare, con giudizio di fatto riservato al giudice di merito, da un lato, se il soggetto abbia partecipato a due diverse organizzazioni criminali, o sia passato dall'una all'altra organizzazione criminale, o si sia comunque verificata una successione nelle attività criminali tra organismi diversi, sia pure con lo stesso nome e operanti nello stesso territorio, oppure se il soggetto all'opposto abbia partecipato a un'unica organizzazione criminale, pur se dotata di diverse articolazioni e pur se progressivamente evoluta per la composizione della compagine dei partecipi, per le attività in concreto praticate o per le modalità e i ruoli connotanti la sua organizzazione. Nell'effettuazione di questa complessa analisi, è importante verificare la sfera operativa e di interessi, l'identità degli affiliati, li ruolo di vertice attribuito a uno di loro, mentre vanno considerati non primariamente rilevanti i fattori non incompatibili con la natura permanente del reato associativo, fra cui la parziale difformità del profilo temporale delle due entità considerate in tema di ne bis in idem e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ex articolo 74 d.P.R. numero 309 del 1990, Sez. 6, numero 28116 del 26/03/2015, Nucera, Rv. 263928 01 con riferimento ad associazioni criminali di diversa natura, Sez. 1, numero 4984 del 01/12/2021, dep. 2022, Barattolo, Rv. 282721 01 Sez. 6, numero 48691 del 05/10/2016, Maesano, Rv. 268226 01 Sez. 1, numero 2260 del 08/11/2013, dep. 2014, Imperio, Rv. 258750 01 . Non è inoltre, superfluo evidenziare che, ai fini del divieto di ne bis in idem, l'identità del fatto deve essere valutata in relazione al concreto oggetto del giudicato, senza limitarsi al confronto degli elementi delle fattispecie astratte di reato, dal momento che, secondo la traccia ermeneutica già ricordata, per stabilire l'identità o meno del fatto occorre aver riguardo alla corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi di condotta, evento e nesso causale, e tenendo conto delle corrispondenti circostanze di tempo, di luogo e di persona Sez. 2, numero 1144 del 06/12/2018, dep. 2019, Delle Vergini, Rv. 275068 01 . Con specifica attinenza al caso in esame, è da ribadire che il principio di preclusione del ne bis in idem non opera stante la diversità del fatto nel caso in cui un soggetto faccia parte, anche in coincidenza temporale, di due diverse associazioni criminose, ben potendo li giudice di merito individuare e considerare elementi idonei a differenziare il fatto storico, quali la diversità dei soggetti apicali e dei partecipi alle due associazioni, la circostanza che le organizzazioni abbiano operato in ambiti territoriali distinti, seppur contigui, il rilievo della diversità di funzioni svolta dal soggetto nei sodalizi criminali Sez. 5, numero 44537 del 10/03/2015, Barilari, Rv. 264684 01 Sez. 5, numero 19008 del 13/03/2014, Calamita, Rv. 260002 01 Sez. 1, numero 44860 del 05/11/2008, Ficara, Rv. 242197 . In questa prospettiva, la struttura del reato associativo non è, in linea di principio, incompatibile con la contemporanea adesione dello stesso soggetto a più sodalizi criminosi, particolarmente quando la partecipazione ai diversi gruppi criminali sia la naturale conseguenza delle strategie perseguite dai gruppi stessi, finalizzate a concretizzare collaborazioni e alleanze fra le entità criminali che restano distinte per rendere più efficace la rispettiva operatività e più proficui i risultati delle attività illecite oggetto del loro programma criminale. In queste evenienze può verificarsi che, senza integrare un'ipotesi sussumibile nella disciplina di cui all'articolo 669 cod. proc. penumero , il soggetto faccia parte, in coincidenza temporale, di due distinti organismi criminosi, oppure che faccia parte in tempi nettamente definiti e diversi del medesimo organismo criminoso, quando la condotta prosegua o riprenda in epoca successiva a quella accertata con la sentenza di condanna, oppure quando vi sia la protrazione di una sua attività partecipativa, tale da rispondere ai bisogni del sodalizio criminoso, oltre la data indicata come terminativa di essa in una precedente sentenza di condanna. In definitiva, quando risultino due associazioni criminali a cui li medesimo soggetto abbia prestato adesione, «l'accertamento dell'esistenza di un'unica associazione o di distinte organizzazioni criminali costituisce una questione di fatto, da risolversi attraverso la disamina e la valutazione degli indici materiali». Per tutte le argomentazioni suesposte, la Corte di Cassazione ha ritenuto di dover annullare l'ordinanza impugnata  per nuovo giudizio del Tribunale  di Milano.

Presidente Santalucia– Relatore Siani Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe, emessa il 27 marzo 2024, il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'istanza presentata nell'interesse di E.F.E.H. volta a ottenere la revoca ex articolo 669 cod. proc. penumero della condanna di cui alla sentenza numero 1267/07, resa il 29 novembre 2007 dal Tribunale di Milano, irrevocabile il 24 marzo 2010, in quanto avente ad oggetto i medesimi fatti - associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti - di cui alla sentenza numero 1156/06, emessa il 30 gennaio 2006 dal Tribunale di Genova, irrevocabile il 20 marzo 2009. Il giudice dell'esecuzione, nel provvedimento impugnato, ha preso atto che E.F.E.H. era stato ritenuto da entrambe le decisioni responsabile, fra le altre condotte, di quella sanzionata dall'articolo 74 d.P.R. numero 309 del 1990 e che la concorrente nei reati suddetti. V.D., moglie dell'istante, era stata destinataria di ordinanza del 7 maggio 2014 emessa dal Tribunale di Milano che, sempre quale giudice dell'esecuzione, aveva riconosciuto che le due imputazioni associative suindicate avevano ad oggetto il medesimo reato, sulla scorta dell'identità dei soggetti, delle medesime circostanze di tempo e di luogo e dell'identità delle condotte contestate a quell'imputata, e, fra le due condanne, aveva revocato la sentenza del Tribunale di Milano nella parte in cui aveva condannato V.D. per il suddetto reato. Posto ciò, il giudice dell'esecuzione ha dissentito dalla motivazione inerente al richiamato provvedimento. In particolare, ha ritenuto erronea la prospettazione dell'identità soggettiva dei componenti delle due associazioni, evidenziando anche la diversità di sostanza stupefacente trattata dai sodalizi e dei rispettivi canali di approvvigionamento e ambiti di operatività. Conclusivamente ha escluso che le due condanne riportate da E.F.E.H. avessero sanzionato lo stesso reato associativo, considerando confermato dagli elementi analizzati il fatto che questi aveva partecipato a due associazioni che, pur se caratterizzate da alcuni elementi comuni, avevano rappresentato due entità distinte, ciascuna finalizzata all'importazione e alla commercializzazione di una diversa sostanza stupefacente. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di E.F.E.H. chiedendone l'annullamento e adducendo un unico motivo con cui lamenta l'inosservanza dell'articolo 669 cod. proc. penumero e dell'articolo 74 d.P.R. numero 309 del 1990, in relazione all'articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione all'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , anche per travisamento del contenuto della sentenza emessa dal Tribunale di Genova, in merito agli elementi di identità fra i contesti associativi oggetto di esame. Le considerazioni svolte dal giudice dell'esecuzione risultano, per la difesa, apertamente in contrasto con gli accertamenti definitivi emergenti dal contenuto della sentenza del Tribunale di Genova, nella cui motivazione si era affermato che i soggetti individuati erano soltanto parte, sebbene importante, di un più articolato e complesso meccanismo organizzativo, a cui avevano partecipato molte più persone, rimaste non identificate, in quanto l'indagine svolta non era riuscita a far uscire dall'ombra una serie di episodi e di personaggi rimasti senza nome e senza volto nel processo, fermo restando che l'organizzazione, in quel contesto conosciuta per singoli fotogrammi, era parte di una ben più ampia rete internazionale. Con quella decisione - evidenzia la difesa - era stato comunque accertato l'apparato complesso organizzato da personaggi quali E.F.E.H. e F., dotati di un non trascurabile senso imprenditoriale nel campo specifico, apparato utilizzato per un'attività certamente non sporadica, ma permanente, volta a realizzare un programma generico di commercio di stupefacenti, con la specializzazione delle rispettive mansioni, sotto la direzione informata e assidua di E.F.E.H., dominus dell'apparato, in un contesto soggettivo di cui quegli imputati erano solo una parte. Dall'emersione di questi elementi, secondo il ricorrente, il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto trarre il corollario che fra i personaggi non identificati. nella suddetta sentenza erano compresi quelli menzionati nella struttura dell'associazione milanese, R.K. e A.M., operativamente in grado di agire anche in ambito internazionale e, quindi, di estendere l'attività al territorio milanese. Di questa articolazione era prova anche l'intercettazione telefonica citata alla pagina 11 della motivazione della sentenza del Tribunale di Genova, intercettazione riguardante appunto R.K., che veniva a riscuotere i pagamenti per gli acquisti di cocaina, la cui autovettura era stata di conseguenza seguita e, alfine, fermata a OMISSIS . In siffatta situazione, l'esclusione dell'identità e quindi dell'unicità dei due contesti associativi fondata sulla pretesa diversità dell'appartenenza soggettiva di alcuni associati, sulla diversità del tipo di stupefacente importato e commerciato e sulla ristrettezza dell'ambito territoriale rispettivamente considerato viene dalla difesa censurata come l'esito di un ragionamento intrinsecamente ed estrinsecamente illogico. 3. Il Procuratore generale ha prospettato la declaratoria di inammissibilità del ricorso, siccome manifestamente infondato, non essendo stato in alcun modo dimostrato che i due reati associativi, in relazione agli elementi della condotta, del nesso causale e dell'evento, potessero essere ritenuti riconducibili a un identico fatto. 4. Il difensore di E.F.E.H. ha rassegnato una susseguente memoria con cui ha sviluppato motivi aggiunti. Svolte considerazioni di sistema sulla portata del principio del ne bis in idem, la cui funzione di garanzia deve condurre, ove persistano margini di incertezza, a optare per la soluzione più favorevole all'imputato, si sottolinea il concetto che la duplicazione di imputazioni relative alla partecipazione associativa del medesimo soggetto esige il positivo accertamento che l'interessato sia effettivamente passato a una diversa organizzazione criminale nel caso in esame, ciò non è risultato, secondo il ricorrente, poiché il giudice dell'esecuzione ha omesso di tener conto delle osservazioni, già riportate nell'atto di impugnazione, formulate nella sentenza del Tribunale di Genova, in forza delle quali erano stati acclarati i seguenti elementi l'esistenza di un gruppo di compartecipi non identificati l'ambito di operatività internazionale un programma di commercio generico di sostanze stupefacenti la complessità dell'organizzazione la suddivisione di ruoli il ruolo apicale di E.F.E.H Connotazioni sostanzialmente sovrapponibili si traevano dalla motivazione della sentenza di condanna del Tribunale di Milano. Pertanto - sostiene la difesa - la conclusione della diversità delle due associazioni pur in presenza di quei comuni caratteri, conclusione basata sulla dimensione localistica e specialistica dei due fenomeni criminali, avrebbe dovuto essere sostenuta da una diversa e più adeguata motivazione, mentre essa risulta essersi immotivatamente distaccata dagli approdi accertativi espressi nelle due sentenze di merito, considerando che l'addotta diversità di qualche componente e l'eterogeneità di stupefacente commerciato integravano elementi non incompatibili con l'unicità dell'associazione, ben potendo essi risultare sintomatici della sola articolazione dell'attività della stessa organizzazione, segnalandosi che anche P.W.H., indicato come compartecipe dell'associazione genovese, aveva ammesso nel suo interrogatorio di aver fatto parecchie consegne di hashish anche a Milano. Considerato in diritto 1. La Corte ritiene che il ricorso sia da accogliere, nei limiti e nei sensi che seguono. 2. Integrando i riferimenti al contenuto del provvedimento impugnato formulati nella parte narrativa, è da constatare che il giudice dell'esecuzione ha raggiunto la conclusione sfavorevole al ricorrente rilevando in contrario che - era errato il presupposto di fatto dell'identità soggettiva dei due gruppi inerenti alle corrispondenti associazioni, dal momento che le imputazioni, coniugate con le motivazioni delle decisioni succitate, facevano emergere che l'associazione milanese era composta, oltre che da E.F.E.H., V.D. e F.A., anche da R.K. e A.M., imputati per i quali si era proceduto separatamente, mentre l'associazione genovese, oltre ai tre soggetti comuni, annoverava fra i suoi componenti H.P.W., H.H. e S.B., imputati per i quali si era proceduto separatamente, nonché ulteriori soggetti rimasti non identificati - pur a fronte della prossimità temporale delle condotte contestate e dell'identità del ruolo, quello di organizzatore, ascritto a E.F.E.H. nei due contesti, era emersa la diversità di oggetto dell'attività dei gruppi, vale a dire l'importazione e la commercializzazione di sostanza stupefacente di diverso tipo, mediante l'attivazione di canali di approvvigionamento diversi la cocaina, proveniente dall'Olanda e da altri paesi, quanto all'associazione milanese l'hashish, proveniente dal Marocco, quanto all'associazione genovese - alla diversità dei canali di approvvigionamento erano corrisposte differenziazioni della struttura organizzativa e dei correi che avevano compartecipato - anche l'ambito di azione delle due associazioni, sulla scorta delle motivazioni rese dalle due decisioni, era risultato diverso, in quanto l'associazione milanese aveva svolto la sua attività sul territorio milanese e comasco, mentre l'associazione genovese aveva svolto la sua attività sul territorio ligure. 3. Posto ciò, si muove dall'assodato concetto per cui, ai fini della preclusione connessa al principio ne bis in idem, l'identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi - condotta, evento, nesso causale - e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona Sez. U, numero 34655 del 28/06/2005, Donati, Rv. 231799 - 01 . L'articolo 649 cod. proc. penumero , a cui si coordina in sede esecutiva la disciplina dettata dall'articolo 669 cod. proc. penumero , collega il divieto di bis in idem alla pronuncia di una sentenza o di un decreto penale divenuti irrevocabili e afferisce a una dimensione applicativa più ampia di quella derivante dalla sua enunciazione letterale, esprimendo il principio generale dell'ordinamento processuale che vieta la duplicazione del processo contro la stessa persona per il medesimo fatto, con l'effetto che le situazioni di litispendenza, non riconducibili nell'ambito dei conflitti di competenza di cui all'articolo 28 cod. proc. penumero , devono essere risolte dichiarando nel secondo processo, pur in mancanza di una sentenza irrevocabile, la non proponibilità dell'azione penale, in applicazione della preclusione fondata sul principio generale del ne bis in idem, sempreché i due processi abbiano ad oggetto il medesimo fatto attribuito alla stessa persona, siano stati instaurati ad iniziativa dello stesso ufficio del Pubblico ministero e siano devoluti, anche se in fasi o in gradi diversi, alla cognizione di giudici della stessa sede giudiziaria. In tal senso, va evidenziato che, ai fini della duplicazione processuale ex articolo 649 cod. proc. penumero , per medesimo fatto deve intendersi ciò che risulta dai suoi elementi costitutivi e cioè da condotta, evento e nesso di causalità. Nel caso di procedimento per il delitto di matrice associativa, al fine di escludere la medesimezza del fatto non rilevano né, dal punto di vista del soggetto, eventuali mutamenti nelle modalità di partecipazione attività e ruoli , né, dal punto di vista dell'organizzazione, eventuali mutamenti in ordine all'ampiezza dell'oggetto del programma criminoso o in relazione al numero dei componenti. È necessario invece accertare, con giudizio di fatto riservato al giudice di merito, da un lato, se il soggetto abbia partecipato a due diverse organizzazioni criminali, o sia passato dall'una all'altra organizzazione criminale, o si sia comunque verificata una successione nelle attività criminali tra organismi diversi, sia pure con lo stesso nome e operanti nello stesso territorio, oppure se il soggetto - all'opposto - abbia partecipato a un'unica organizzazione criminale, pur se dotata di diverse articolazioni e pur se progressivamente evoluta per la composizione della compagine dei partecipi, per le attività in concreto praticate o per le modalità e i ruoli connotanti la sua organizzazione. Nell'effettuazione di questa complessa analisi, è importante verificare la sfera operativa e di interessi, l'identità degli affiliati, il ruolo di vertice attribuito a uno di loro, mentre vanno considerati non primariamente rilevanti i fattori non incompatibili con la natura permanente del reato associativo, fra cui la parziale difformità del profilo temporale delle due entità considerate in tema di bis in idem e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ex articolo 74 d.P.R. numero 309 del 1990, Sez. 6, numero 28116 del 26/03/2015, Nucera, Rv. 263928 - 01 con riferimento ad associazioni criminali di diversa natura, Sez. 1, numero 4984 del 01/12/2021, dep. 2022, Barattolo, Rv. 282721 - 01 Sez. 6, numero 48691 del 05/10/2016, Maesano, Rv. 268226 - 01 Sez. 1, numero 2260 del 08/11/2013, dep. 2014, Imperio, Rv. 258750 - 01 . Non è, inoltre, superfluo evidenziare che, ai fini del divieto di bis in idem, l'identità del fatto deve essere valutata in relazione al concreto oggetto del giudicato, senza limitarsi al confronto degli elementi delle fattispecie astratte di reato, dal momento che, secondo la traccia ermeneutica già ricordata, per stabilire l'identità - o meno - del fatto occorre aver riguardo alla corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi di condotta, evento e nesso causale, e tenendo conto delle corrispondenti circostanze di tempo, di luogo e di persona Sez. 2, numero 1144 del 06/12/2018, dep. 2019, Delle Vergini, Rv. 275068 - 01 . Con specifica attinenza al caso in esame, è da ribadire che il principio di preclusione del ne bis in idem non opera - stante la diversità del fatto - nel caso in cui un soggetto faccia parte, anche in coincidenza temporale, di due diverse associazioni criminose, ben potendo il giudice di merito individuare e considerare elementi idonei a differenziare il fatto storico, quali la diversità dei soggetti apicali e dei partecipi alle due associazioni, la circostanza che le organizzazioni abbiano operato in ambiti territoriali distinti, seppur contigui, il rilievo della diversità di funzioni svolta dal soggetto nei sodalizi criminali Sez. 5, numero 44537 del 10/03/2015, Barilari, Rv. 264684 - 01 Sez. 5, numero 19008 del 13/03/2014, Calamita, Rv. 260002 - 01 Sez. 1, numero 44860 del 05/11/2008, Ficara, Rv. 242197 - 01 . In questa prospettiva, la struttura del reato associativo non è, in linea di principio, incompatibile con la contemporanea adesione dello stesso soggetto a più sodalizi criminosi, particolarmente quando la partecipazione ai diversi gruppi criminali sia la naturale conseguenza delle strategie perseguite dai gruppi stessi, finalizzate a concretizzare collaborazioni e alleanze fra le entità criminali - che restano distinte - per rendere più efficace la rispettiva operatività e più proficui i risultati delle attività illecite oggetto del loro programma criminale. In queste evenienze può verificarsi che, senza integrare un'ipotesi sussumibile nella disciplina di cui all'articolo 669 cod. proc. penumero , il soggetto faccia parte, in coincidenza temporale, di due distinti organismi criminosi, oppure che faccia parte in tempi nettamente definiti e diversi del medesimo organismo criminoso, quando la condotta prosegua o riprenda in epoca successiva a quella accertata con la sentenza di condanna, oppure quando vi sia la protrazione di una sua attività partecipativa, tale da rispondere ai bisogni del sodalizio criminoso, oltre la data indicata come terminativa di essa in una precedente sentenza di condanna. In definitiva, quando risultino due associazioni criminali a cui il medesimo soggetto abbia prestato adesione, l'accertamento dell'esistenza di un'unica associazione o di distinte organizzazioni criminali costituisce una questione di fatto, da risolversi attraverso la disamina e la valutazione degli indici materiali emersi, da ponderare in modo congruo e conforme a logica, tenendo conto delle regole di esperienza rilevanti per il corrispondente apprezzamento. 4. Operando la verifica implicata dalla doglianza sviluppata dal ricorrente con riferimento al caso di specie, deve rilevarsi che la valutazione del giudice dell'esecuzione si contraddistingue per una motivazione che, pur articolata, si rivela per alcuni determinanti aspetti contraddittoria e carente. 4.1. In primo luogo, il provvedimento impugnato ha dato atto dell'opposta conclusione raggiunta dallo stesso Tribunale di Milano, sempre in sede esecutiva, laddove con l'ordinanza del 7 maggio 2014 aveva revocato la sentenza di condanna emessa dallo stesso Tribunale di Milano, con la suddetta sentenza del 9.06.2008, con esclusivo e specifico riguardo al reato di cui all'articolo 74 d.P.R. numero 309 del 1990, in quanto effetto di bis in idem, nei confronti di V.D., coniuge di E.F.E.H., già condannata come concorrente nei due reati associativi dalle indicate sentenze. A fronte delle deduzioni di E.F.E.H. in ordine alla comunanza di posizioni, sua e di V.D., rispetto alle ragioni che avevano condotto il Tribunale a revocare una delle condanne alla suddetta concorrente, il giudice dell'esecuzione ha premesso di non essere vincolato alla precedente determinazione resa in sede esecutiva e ha ritenuto erronei o inadeguati allo scopo perseguito dall'istante gli elementi valorizzati nella pregressa ordinanza. Pur se la premessa relativa al fatto che il giudice dell'esecuzione non fosse vincolato giuridicamente a condividere l'opzione prescelta dal Tribunale con la precedente ordinanza esecutiva nei confronti di altra persona condannata per lo stesso reato associativo è esatta, inadeguato appare, però, il riferimento alle basi che avevano orientato il provvedimento del 2014 in particolare, in questo pregresso provvedimento, era stata evidenziata la peculiare circostanza per cui i due procedimenti che erano sfociati nei rispettivi processi, conclusi dalle due sentenze del Tribunale di Milano e di Genova, erano il frutto di due investigazioni compiute da diversi organi di polizia giudiziaria, in modo separato, di guisa che ciascuno aveva portato avanti il proprio filone di indagine seguendo, in una sede, quello dell'importazione della cocaina dall'Olanda e, nell'altra, quello dell'importazione dell'hashish dal Marocco. A tale peculiarità investigativa, non alla duplicità di entità associative, il giudice dell'esecuzione aveva attribuito in via primaria la diversità dell'oggetto del traffico di stupefacenti accertato in un processo e nell'altro. Questa scaturigine della distinta specie della sostanza stupefacente considerata quale oggetto di ciascuna attività criminosa associata, espressamente svalutata nella prima ordinanza, non è stata presa in considerazione dal giudice dell'esecuzione, pur per discostarsene eventualmente, in base a una diversa lettura delle due decisioni di merito considerate. 4.2. Quanto, poi, alle caratteristiche del giudicato formatosi in forza di ciascuna delle decisioni emesse a suo tempo dal Tribunale di Genova e dal Tribunale di Milano, si profila effettiva la necessità - evidenziata dal ricorrente per rimarcare la carenza argomentativa dell'ordinanza impugnata - che il giudice dell'esecuzione affrontasse in modo più approfondito, tenendone conto nella corrispondente motivazione, quei punti delle decisioni che afferivano ad argomenti rilevanti per la verifica di identità o diversità dei due contesti. 4.2.1. In questo senso, nel verificare la medesimezza o la diversità della composizione soggettiva dei due sodalizi, il giudice dell'esecuzione non ha svolto adeguate considerazioni in merito alla verifica del gruppo non irrilevante, in relazione alla quantità circoscritta del numero totale di aderenti indicato nelle decisioni di associati - E.F.E.H., V.D., F. - risultati partecipi di entrambe le associazioni, sondando il ruolo svolto da ciascuno di questi, se pienamente corrispondente in entrambe le consorterie criminali, anche in merito all'individuazione del livello apicale da alcuno di loro rivestito, per gli effetti che una tale analisi avrebbe potuto generare nella valutazione complessiva. 4.2.2. Inoltre, non risulta essere stato approfondito il profilo suscettibile di non secondaria verifica - se di intersezione occasionale o, al contrario, di comunanza organizzativa - costituito dal ruolo, segnalato nell'atto di impugnazione, annesso dal Tribunale di Genova all'attività, nel traffico di stupefacenti inerente all'associazione, messa in essere da R.K., soggetto che era stato annoverato fra i partecipi dell'associazione nella sentenza resa dal Tribunale di Milano, pur se assoggettato a separato procedimento. 4.2.3. In tale direzione, andava del pari analizzato - sempre impregiudicato il segno della conseguente delibazione - il rilievo, come pure ha evidenziato la difesa nel ricorso, che era stato sviluppato in modo specifico nella sentenza del Tribunale di Genova circa l'emersione, quanto al sodalizio in oggetto, di un'organizzazione criminale i cui partecipanti, individuati in quel contesto, erano solo una parte, sebbene importante, di un ben più articolato meccanismo organizzativo a cui avevano partecipato molte altre persone, non identificate, di guisa che la vicenda acclarata non conteneva l'intero filmato dell'organizzazione, ma singoli fotogrammi di una ben più ampia rete internazionale. Sempre nella prospettiva coltivata dal ricorrente, non può non rilevarsi in senso speculare che il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto dare conto dell'avvenuta analisi della fattispecie associativa compiuta nella corrispondente sentenza della fase cognitoria resa dal Tribunale di Milano e verificare se l'ambito di quell'associazione, per come in concreto accertata nella sua dimensione storico-naturalistica, intercettava e ricomprendeva - o meno - l'attività associata dal canto suo accertata, sempre in concreto, dal Tribunale di Genova, prendendo atto che il Tribunale di Milano aveva elencato tutte le evidenze, anche captative, ritenute influenti, fra le quali compariva anche una, intercorsa fra E.F.E.H. e V.D., avente ad oggetto l'arresto di H.H., ossia una delle persone che la sentenza del Tribunale di Genova aveva annoverato fra gli associati, seppure assoggettata a separato procedimento, sicché sarebbe occorso l'approfondimento dell'emersione - o meno - del coinvolgimento degli H. anche nella complessiva attività accertata dal Tribunale di Milano. 5. Alla stregua di queste considerazioni, l'analisi compiuta e la motivazione resa dal giudice dell'esecuzione - nel vagliare la portata di quelle che le due diverse decisioni di merito hanno individuato come altrettante associazioni finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti, dispiegatesi in contesti territoriali indistinti perché l'una è stata riferita ai luoghi di Milano, altrove e all'estero, e l'altra è stata riferita al territorio dell'Italia, in varie località, sino a cessare in Arenzano e Andora e in tempo non semplicemente prossimo, ma sovrapposto perché l'una è stata collocata temporalmente dall'aprile al giugno 2003 e l'altra è stata collocata temporalmente dall'aprile al 23 settembre 2003 - si sono rivelate, nella spiegazione della valutazione compiuta in ordine al novero dei partecipanti, ai canali di approvvigionamento e all'oggetto del traffico, in parte, contraddittorie e, in parte, incomplete rispetto alle segnalate necessità di verifica e approfondimento dianzi evidenziate. Attesi i rilevanti profili critici affiorati, deve concludersi che l'esame del merito dei relativi provvedimenti avrebbe dovuto acclarare e spiegare con adeguata motivazione l'evenienza - o meno - di una pluralità di fatti di reato, contestati nei due procedimenti suindicati e per come ritenuti dai rispettivi provvedimenti decisori, onde stabilire in modo compiuto il punto decisivo vale a dire, se siano identificabili due organismi associativi distinti e autonomi a cui E.F.E.H., nello svolgimento del ruolo apicale riconnesso alla sua condotta, abbia contemporaneamente preso parte, ovvero si sia trattato, piuttosto, di due articolazioni della medesima compagine criminale, che erano state indagate e processualmente inquadrate dai diversi angoli visuali segnalati dalla pregressa ordinanza esecutiva emessa in tempo pregresso. La complessiva linea ermeneutica puntualizzata in precedenza, relativa all'applicazione dei precetti stabiliti dall'articolo 669, in relazione all'articolo 649, cod. proc. penumero , non si profila, quindi, essere stata adeguatamente osservata nelle argomentazioni poste a base dell'ordinanza impugnata, con il conseguente, ineludibile rilievo della corrispondente carenza. Pertanto, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al giudice dell'esecuzione a quo per lo svolgimento del nuovo giudizio sul tema qui affrontato, giudizio che - potendo dispiegarsi, pur sempre, con intatta libertà valutativa - tenga tuttavia conto dei principi di diritto testé esposti. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Milano.