È valida la convenzione tra l’avvocato ed il Comune con la quale si pattuisce il compenso per l’attività professionale nel rispetto dei minimi tariffari.
È valida la convenzione stipulata tra un avvocato ed un Comune con la quale si stabilisce il pagamento al professionista, un compenso mensile forfettario per le attività giudiziali e stragiudiziali del professionista incaricato rimborso spese, salvo conguaglio, per la durata dell'incarico e, per i giudizi pendenti alla data di scadenza, un pagamento in misura superiore al 20% dei minimi tariffari. Nello specifico, di seguito i fatti di causa. Un avvocato chiedeva al Tribunale di Bari, sezione distaccata di Modugno, la condanna del Comune di Modugno al pagamento di € 14.14714, oltre interessi e rivalutazione monetaria, per spese, onorari e diritti da lui maturati per l'attività difensiva svolta in favore dello stesso nell'ambito di un giudizio davanti al TAR nel quale il Comune era rimasto soccombente. Nella causa di primo grado, il Tribunale di Bari rigettava la domanda dell'avvocato, condannandolo alle spese processuali. La Corte d'Appello di Bari rigettava l'appello e condannava l'avvocato al pagamento delle spese processuali di secondo grado. L'impugnata sentenza, in via preliminare, escludeva le lamentate violazioni degli articolo 50 bis e 50 quater c.p.c. che prevedevano la riserva di collegialità per i procedimenti in camera di consiglio , degli articolo 28 e 29 della l. numero 794/1942 che prevedevano la competenza funzionale del capo dell'ufficio giudiziario in materia di liquidazione delle spese e dei compensi in materia civile dovuti all'avvocato dai propri clienti e dell'articolo 28 della l. numero 794/1942 che prevedeva la procedura speciale in camera di consiglio e non il giudizio di cognizione ordinario , in quanto la procedura camerale regolata dagli articolo 28 e 29 della l. numero 794/1942 era prevista solo per la liquidazione di onorari e diritti di avvocato per prestazioni rese in giudizi civili e non in giudizi amministrativi in tal senso sono state richiamate Cass. ord. numero 20269/2014 Cass. ord. numero 18070/2013 e Cass. numero 14394/2004 , come quello al quale si riferiva la richiesta di compensi in esame, e respingeva l'eccezione di difetto di legittimazione processuale sollevata dall'appellante contro il Comune di Modugno, ritenendo intervenuta la ratifica retroattiva dell'originaria costituzione dell'ente pubblico, a seguito della costituzione del nuovo difensore, avvenuta sulla base della deliberazione della Giunta Comunale. Nel merito, ritenuto inefficace per difetto di specificità il disconoscimento compiuto dall'avvocato della conformità agli originali delle copie di alcuni documenti e della convenzione professionale conclusa col Comune di Modugno richiamando Cass. numero 29993/2017 e Cass. numero 7775/2014 , ritenuto superato il dedotto vizio della mancata sottoscrizione della convenzione, richiedente la forma scritta ad substantiam, da parte del professionista, per avere lo stesso accettato l'incarico conferitogli con la delibera dell'ente pubblico facendosi rilasciare dal Sindaco del Comune di Modugno la procura alla lite, rilevato che non era stata avanzata dal legale tempestiva domanda di risoluzione di diritto ex articolo 1454 c.c. della convenzione professionale, ed esclusa la nullità di tale convenzione per violazione dei minimi tariffari stabilita dall'articolo 24 della l. numero 794/1942, in quanto essa prevedeva un compenso mensile forfettario per le attività giudiziali e stragiudiziali del professionista incaricato di £ 5.833.333 pari ad € 3.012,67 oltre accessori , oltre a £ 500.000 pari ad € 258,23 per rimborso spese, salvo conguaglio, per la durata dell'incarico, ed all'articolo 8 prevedeva per i giudizi pendenti alla cessazione della convenzione la liquidazione degli onorari in misura superiore del 20% ai minimi tariffari, confermava che il Comune di Modugno, col pagamento a favore del professionista dell'importo di € 5.218,79, aveva già corrisposto all'avvocato quanto dovutogli per i diritti maturati in misura fissa dopo la cessazione della convenzione, ed in base alla convenzione per i compensi per le attività difensive svolte sempre dopo quella cessazione, parametrate ai minimi professionali aumentati del 20%. L'impugnata sentenza respingeva, pertanto, le maggiori richieste avanzate in sede giudiziale dal legale sulla base della pretesa applicazione della media delle tariffe professionali, anziché della convenzione professionale conclusa col Comune di Modugno, rigettando anche le domande degli interessi e della rivalutazione monetaria, in quanto non previsti nelle tabelle forensi applicabili nel caso di specie il DM 5.10.1994 ed il DM 8.4.2004 e per inapplicabilità retroattiva del d.lgs. numero 231/2002, ed infine riteneva non invocabile dall'avvocato l'accordo transattivo inoltratogli a mezzo fax dal Comune di Modugno, che prevedeva una proposta di corresponsione al professionista di € 100.738,57 da parte dell'ente pubblico, per le attività difensive svolte dall'avvocato in più controversie, in quanto quell'atto non recava alcuna sottoscrizione da parte del legale rappresentante dell'ente, non risultavano coinvolti gli organi contabili competenti per la copertura finanziaria in tal senso sono state richiamate Cass. 13.6.2018 numero 15410 Cass. 18.11.2011 numero 24303 Cass. 28.12.2010 numero 26202 Cass. 26.5.2010 numero 12880 , né risultava alcuna approvazione da parte della Giunta municipale. Avverso tale sentenza l'avvocato ha proposto ricorso alla Suprema Corte. La Corte si è espressa sull'inapplicabilità del procedimento ex articolo 28 e 29, l. numero 794 del 1942 alla liquidazione dei compensi nei giudizi amministrativi. Coi primi quattro motivi, nonché col 14° e 15° motivo, il ricorrente ripropone - peraltro senza minimamente confrontarsi con le compiute ed argomentate motivazioni della sentenza impugnata - le doglianze già avanzate nell'atto di appello per vizi attinenti alla composizione del giudice di primo grado monocratico anziché collegiale con asserita violazione degli articoli 50 bis ultimo comma e 50 quater c.p.c., che prevedono come causa di nullità per vizio di costituzione del giudice la pronuncia da parte del giudice singolo in materia oggetto di riserva di collegialità, ipotesi nella quale si ritiene ricompreso il caso dei procedimenti in camera di consiglio ex articolo 28 della l. numero 794/1942 giudice della sezione distaccata anziché capo dell'ufficio giudiziario con asserita violazione dell'articolo 28 l. numero 794/1942 ed al rito applicato giudizio di cognizione ordinario anziché procedimento camerale ex articolo 28 l. numero 794/1942 , limitandosi ad aggiungere il richiamo all'asserita violazione dell'articolo 14 del d.lgs. numero 150/2011 che ha previsto il procedimento camerale monocratico in materia di liquidazione dei compensi degli avvocati , alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione numero 4485, che ha individuato i procedimenti utilizzabili da parte dell'avvocato per richiedere la liquidazione dei compensi, escludendo per quelli promossi dopo l'entrata in vigore del d. lgs. numero 150/2011 l'utilizzo del giudizio di cognizione ordinario ed alla sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione numero 12069/2012, pronunciata tra le parti in causa, che ha affermato che ai procedimenti in camera di consiglio relativi alla liquidazione dei compensi di avvocato per cause civili già pendenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. numero 150/2011 6.10.2011 si applica la riserva di collegialità. I suddetti motivi sono inammissibili ex articolo 360 bis numero 1 c.p.c., in quanto la sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte Cass. ord. numero 20269/2014 Cass. ord. numero 18070/2013 e Cass. numero 14394/2004 , spiegando che l'avvocato, che peraltro aveva fatto personalmente ricorso il 12.1.2005 al giudizio di cognizione ordinario, chiedendo poi solo nella memoria ex articolo 183 c.p.c. la conversione in rito sommario, non poteva avvalersi del procedimento camerale regolato dagli articoli 28 e 29 della l. numero 794/1942, in quanto quel procedimento camerale all'epoca collegiale era ritenuto applicabile dalla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte soltanto per la liquidazione dei compensi spettanti agli avvocati per le attività difensive svolte in cause civili e non in giudizi amministrativi, come nella fattispecie in esame. Peraltro, il ricorrente non ha mosso alcuna critica al suddetto consolidato orientamento della Suprema Corte, né ha offerto elementi che possano indurre a mutare tale orientamento. Dall'inapplicabilità del procedimento camerale ex articolo 28 e 29 della l. numero 794/1942, derivava evidentemente l'infondatezza della tesi che dovesse pronunciarsi il capo dell'ufficio giudiziario Presidente del Tribunale di Bari anziché il giudice del Tribunale di Bari, sezione distaccata di Modugno, in base alla previsione dell'articolo 28 della l. numero 794/1942, e l'infondatezza della tesi della nullità della sentenza di primo grado, confermata in appello, per vizio di costituzione del giudice, fatta discendere ex articolo 50 quater c.p.c. dal fatto che l'articolo 50 bis ultimo comma c.p.c. prevedeva nel 2005 la riserva di collegialità per i procedimenti in camera di consiglio e non certo per i giudizi di cognizione ordinaria relativi a compensi di avvocato patrocinante in un giudizio amministrativo. Del tutto irrilevanti sono, infatti, i richiami del ricorrente all'asserita violazione dell'articolo 14 del d. lgs. numero 150/2011 che ha previsto il procedimento camerale monocratico in materia di liquidazione dei compensi degli avvocati ed alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione numero 4485/2018, in quanto il suddetto articolo si applica, in base alla norma transitoria, solo ai procedimenti introdotti dopo l'entrata in vigore del d. lgs. numero 150/2011 6.10.2011 , e quindi non al giudizio promosso in primo grado dall'avvocato nell'anteriore data del 12.1.2005, e la sentenza delle Sezioni Unite citata del 2018 ha escluso l'utilizzo del giudizio di cognizione ordinario per le cause promosse per la liquidazione dei compensi di avvocato in materia civile che siano state introdotte dopo e non prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 150/2011, mentre, come detto, il presente giudizio ordinario é stato introdotto in primo grado nel 2005. Quanto alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione numero 12069/2012, che nei procedimenti camerali ex articolo 28 e 29 della l.numero 794/1942 già pendenti alla data del 6.10.2011 ha stabilito il principio della riserva di collegialità in forza dell'articolo 50 bis ultimo comma c.p.c., si riferiva ai procedimenti per la liquidazione dei compensi di avvocato per attività svolte in giudizi civili e non in giudizi amministrativi, come quello al quale si riferiva la pretesa avanzata dall'avvocato. in primo grado. Col 13° motivo, poi, il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 16 e 17 del R.D. 18.11.1923 numero 2440, riproponendo la doglianza del decimo motivo di appello, per avere la Corte d'Appello di Bari respinto l'eccezione di nullità della convenzione professionale del 19.2.1996, per mancanza di sottoscrizione dell'avvocato e quindi della forma scritta richiesta ad substantiam, e per violazione dei minimi tariffari. Nella parte in cui tale motivo lamenta il vizio di forma scritta della convenzione é inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto non si confronta con la motivazione addotta dall'impugnata sentenza sul decimo motivo di appello, che pur non negando il principio della necessaria forma scritta dei contratti della Pubblica Amministrazione, e pur non menzionando espressamente le pertinenti sentenze della Suprema Corte, ha richiamato l'orientamento consolidato della giurisprudenza della stessa che considera soddisfatto il requisito della forma scritta ad substantiam per i contratti di patrocinio legale della Pubblica Amministrazione comprensivi della prestazione da eseguire, delle parti del giudizio e del relativo compenso mediante il rilascio al difensore ai sensi dell'articolo 83 c.p.c. con atto pubblico, o scrittura privata autenticata, di una procura generale alle liti purché in essa sia puntualmente fissato l'ambito delle controversie per le quali opera, ed ha evidenziato che nella specie la procura ad litem per il giudizio amministrativo davanti al TAR era stata validamente rilasciata dal Sindaco del Comune di Modugno all'avvocato sulla base della delibera comunale e della convenzione del 19.2.1996 ad essa ricollegata, per cui l'avvocato dando esecuzione al mandato aveva accettato quanto previsto in quella delibera e nella collegata convenzione in punto di determinazione del corrispettivo dovutogli. In tema di forma scritta ad substantiam dei contratti della P.A., infatti, il requisito è soddisfatto, nel contratto di patrocinio, con il rilascio al difensore della procura ai sensi dell'articolo 83 c.p.c., atteso che l'esercizio della rappresentanza giudiziale tramite la redazione e la sottoscrizione dell'atto difensivo perfeziona, mediante l'incontro di volontà fra le parti, l'accordo contrattuale in forma scritta, rendendo così possibile l'identificazione del contenuto negoziale ed i controlli dell'autorità tutoria Cass. numero 21007/2019 Cass. numero 2266/2012 Cass. numero 8500/2004 . In particolare, attraverso il meccanismo del collegamento della procura firmata dal legale e dal legale rappresentante dell'ente pubblico, e del richiamo alla delibera che aveva autorizzato la difesa giudiziale dell'ente pubblico, e che a sua volta richiamava la convenzione determinativa dei compensi del professionista per una pluralità di incarichi, é stato ritenuto valido sotto il profilo della forma, per accettazione tacita, il contratto di patrocinio, autonomo rispetto alla convenzione richiamata, dalle sentenze numero 33453/2021 e numero 33455/2021 e dalla sentenza numero 32802/2021 della Corte di Cassazione, ed anche nel caso in esame l'autonomo contratto di patrocinio, del quale solo rileva in questa causa la validità, non essendo stata autonomamente impugnata la convenzione del 19.2.1996 del Comune di Modugno, alla quale si é fatto solo rinvio per relationem nel contratto di patrocinio per la determinazione del compenso del professionista e della quale peraltro il legale, per sua ammissione, aveva sollecitato l'adempimento tramite diffida, ha soddisfatto il requisito della forma scritta. Infine, nella parte in cui col 13° motivo si lamenta la violazione dei minimi tariffari, l'impugnata sentenza ha compiutamente motivato il rigetto del relativo motivo di appello, da un lato richiamando la giurisprudenza della Suprema Corte sui limiti temporali di applicabilità del principio dell'inderogabilità dei minimi tariffari Cass. numero 8539/2018 , secondo la quale il principio dell'inderogabilità dei minimi tariffari, stabilito dall'articolo 24 della l. numero 794/1942, sugli onorari di avvocato e procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile, comportava la nullità delle convenzioni stipulate tra una parte ed il proprio legale, ove esse contemplassero una rinuncia totale o parziale ai suddetti minimi, posta in essere strumentalmente per violare la norma imperativa, a meno che non risultasse una causa gratuita - in tutto o in parte - per ragioni varie, oltre che di amicizia e parentela, anche di semplice convenienza, ovvero sussistessero motivi meritevoli di tutela tali da escludere ogni possibilità di conseguire maggiori vantaggi economici attraverso un accaparramento della clientela in ipotesi, come quella in esame di attività difensiva esauritasi nel 2004, di prestazioni svolte in epoca antecedente alla modifica dell'articolo 2233 c.c. e del d.l. numero 1/2012, e dall'altro escludendo che nel caso esaminato vi fosse stata una rinuncia anche solo parziale ai minimi tariffari, essendo previsti nella richiamata convenzione professionale del 19.2.1996 un compenso mensile forfettario per le attività giudiziali e stragiudiziali del professionista incaricato di £ 5.833.333 pari ad € 3.012,67 oltre accessori , oltre a £ 500.000 pari ad € 258,23 per rimborso spese, salvo conguaglio, per la durata dell'incarico, ed all'articolo 8, per i giudizi ancora pendenti alla cessazione della convenzione, la liquidazione degli onorari in misura superiore del 20% ai minimi tariffari.
Presidente Manna - Relatore Picaro Fatti di causa Con atto di citazione notificato il 12.1.2005 l'avvocato Lo.Pi. chiedeva al Tribunale di Bari, sezione distaccata di Modugno, la condanna del Comune di Modugno al pagamento di Euro 14.14714, oltre interessi e rivalutazione monetaria, per spese, onorari e diritti da lui maturati per l'attività difensiva svolta in favore dello stesso - giusto incarico conferitogli con la delibera della Giunta Municipale numero 603 del 29.8.1996 - nel giudizio promosso contro l'ente pubblico da Pe.Ma. davanti al TAR Puglia, conclusosi con la sentenza numero 1888/2004, che in accoglimento della domanda del Pe.Ma. aveva annullato il provvedimento comunale di diniego dell'autorizzazione edilizia impugnato. Nella causa di primo grado, nella quale il Comune di Modugno contestava la pretesa del professionista, venivano concessi i termini ex articolo 183 e 184 c.p.c. ed il Tribunale di Bari, sezione distaccata di Modugno, quale giudice unico, con la sentenza numero 3173 del 18/20.6.2014, rigettava la domanda del Lo.Pi., condannandolo alle spese processuali. Proponeva appello il Lo.Pi. con 19 motivi, chiedendo l'annullamento della sentenza di primo grado per vizi attinenti alla composizione del giudice di primo grado monocratico anziché collegiale giudice della sezione distaccata anziché capo dell'ufficio giudiziario ed al rito applicato ordinario anziché camerale ex articolo 28 L. 794/1942 , la cancellazione delle frasi offensive contenute nelle memorie del Comune di Modugno, l'accertamento della temerarietà della resistenza dell'ente pubblico con condanna dello stesso al risarcimento danni ex articolo 96 comma 1 c.p.c., l'accertamento che era intervenuta una transazione tra le parti della controversia, la condanna del Comune di Modugno al pagamento degli interessi di mora automatici e della rivalutazione monetaria spettanti agli esercenti le professioni legali, o degli interessi ex articolo 3 e 4 del D.Lgs. numero 231/2002 a partire dal 30 giorno successivo alla sua richiesta di pagamento ed alla rivalutazione monetaria, nonché al pagamento delle spese processuali del doppio grado e delle spese di recupero del credito da lui vantato. Il Comune di Modugno, chiedeva il rigetto dell'appello, ed ove ne ricorressero i presupposti, la condanna del Lo.Pi. al risarcimento danni ex articolo 96 c.p.c. La Corte d'Appello di Bari con la sentenza numero 1603 del 20.7/20.9.2018 rigettava l'appello, e condannava il Lo.Pi. al pagamento delle spese processuali di secondo grado. L'impugnata sentenza, in via preliminare, escludeva le lamentate violazioni degli articoli 50-bis e 50-quater c.p.c. che prevedevano la riserva di collegialità per i procedimenti in camera di consiglio , degli articoli 28 e 29 della L. numero 794/1942 che prevedevano la competenza funzionale del capo dell'ufficio giudiziario in materia di liquidazione delle spese e dei compensi in materia civile dovuti all'avvocato dai propri clienti e dell'articolo 28 della L. numero 794/1942 che prevedeva la procedura speciale in camera di consiglio e non il giudizio di cognizione ordinario , in quanto la procedura camerale regolata dagli articoli 28 e 29 della L. numero 794/1942 era prevista solo per la liquidazione di onorari e diritti di avvocato per prestazioni rese in giudizi civili e non in giudizi amministrativi in tal senso sono state richiamate Cass. ord. numero 20269/2014 Cass. ord. numero 18070/2013 e Cass. numero 14394/2004 , come quello al quale si riferiva la richiesta di compensi in esame, e respingeva l'eccezione di difetto di legittimazione processuale sollevata dall'appellante contro il Comune di Modugno, ritenendo intervenuta la ratifica retroattiva dell'originaria costituzione dell'ente pubblico, a seguito della costituzione del nuovo difensore, avvenuta sulla base della deliberazione della Giunta Comunale numero 149 del 22.11.2007 richiamando in tal senso Cass. ord. 18.6.2018 numero 15933 Cass. numero 4248/2016 Cass. numero 5343/2015 Cass. Sez. Unumero numero 9217/2010 . Nel merito, ritenuto inefficace per difetto di specificità il disconoscimento compiuto dal Lo.Pi. della conformità agli originali delle copie di alcuni documenti e della convenzione professionale conclusa col Comune di Modugno il 19.2.1996 richiamando Cass. numero 29993/2017 e Cass. numero 7775/2014 , ritenuto superato il dedotto vizio della mancata sottoscrizione della convenzione, richiedente la forma scritta ad substantiam, da parte del professionista, per avere lo stesso accettato l'incarico conferitogli con la delibera dell'ente pubblico numero 603 del 1996 facendosi rilasciare dal Sindaco del Comune di Modugno la procura alla lite, rilevato che non era stata avanzata dal Lo.Pi. tempestiva domanda di risoluzione di diritto ex articolo 1454 cod. civ. della convenzione professionale, ed esclusa la nullità di tale convenzione per violazione dei minimi tariffari stabilita dall'articolo 24 della L. numero 794/1942, in quanto essa prevedeva un compenso mensile forfettario per le attività giudiziali e stragiudiziali del professionista incaricato di Lire 5.833.333 pari ad € 3.012,67 oltre accessori , oltre a Lire 500.000 pari ad € 258,23 per rimborso spese, salvo conguaglio, per la durata dell'incarico, ed all'articolo 8 prevedeva per i giudizi pendenti alla cessazione della convenzione la liquidazione degli onorari in misura superiore del 20% ai minimi tariffari, confermava che il Comune di Modugno, col pagamento a favore del professionista, a seguito della determina dirigenziale del 21.3.2005 numero 106/RD/I Sett., dell'importo di € 5.218,79, aveva già corrisposto all'avv. Lo.Pi. quanto dovutogli per i diritti maturati in misura fissa dopo la cessazione della convenzione, ed in base alla convenzione per i compensi per le attività difensive svolte sempre dopo quella cessazione, parametrate ai minimi professionali aumentati del 20%. L'impugnata sentenza respingeva, pertanto, le maggiori richieste avanzate in sede giudiziale dal Lo.Pi. sulla base della pretesa applicazione della media delle tariffe professionali, anziché della convenzione professionale conclusa col Comune di Modugno, rigettando anche le domande degli interessi e della rivalutazione monetaria, in quanto non previsti nelle tabelle forensi applicabili nel caso di specie il DM 5.10.1994 ed il DM 8.4.2004 e per inapplicabilità retroattiva del D.Lgs. numero 231/2002, ed infine riteneva non invocabile dal Lo.Pi. l'accordo transattivo inoltratogli a mezzo fax dal Comune di Modugno, che prevedeva una proposta di corresponsione al professionista di € 100.738,57 da parte dell'ente pubblico, per le attività difensive svolte dal Lo.Pi. in più controversie, in quanto quell'atto non recava alcuna sottoscrizione da parte del legale rappresentante dell'ente, non risultavano coinvolti gli organi contabili competenti per la copertura finanziaria in tal senso sono state richiamate Cass. 13.6.2018 numero 15410 Cass. 18.11.2011 numero 24303 Cass. 28.12.2010 numero 26202 Cass. 26.5.2010 numero 12880 , né risultava alcuna approvazione da parte della Giunta municipale. Avverso tale sentenza, non notificata, ha proposto ricorso alla Suprema Corte, notificato al Comune di Modugno il 16.10.2018, Lo.Pi. con venti motivi, e resiste il Comune di Modugno con controricorso notificato il 20.11.2018, chiedendo la condanna del ricorrente al risarcimento danni ex articolo 96 comma 3 c.p.c. La Procura Generale della Corte ha concluso per la reiezione del ricorso, con condanna del ricorrente al risarcimento danni ex articolo 96 comma 3 c.p.c. Il Comune di Modugno ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. Alla pubblica udienza del 22.2.2024, la causa, previa discussione, alla quale partecipava solo la difesa del Comune di Modugno, è stata trattenuta in decisione. Ragioni della decisione Coi primi quattro motivi, nonché col 14 e 15 motivo, il ricorrente ripropone, peraltro senza minimamente confrontarsi con le compiute ed argomentate motivazioni della sentenza impugnata, le doglianze già avanzate nell'atto di appello per vizi attinenti alla composizione del giudice di primo grado monocratico anziché collegiale con asserita violazione degli articoli 50-bis ultimo comma e 50-quater c.p.c., che prevedono come causa di nullità per vizio di costituzione del giudice la pronuncia da parte del giudice singolo in materia oggetto di riserva di collegialità, ipotesi nella quale si ritiene ricompreso il caso dei procedimenti in camera di consiglio ex articolo 28 della L. numero 794/1942 giudice della sezione distaccata anziché capo dell'ufficio giudiziario con asserita violazione dell'articolo 28 L. numero 794/1942 ed al rito applicato giudizio di cognizione ordinario anziché procedimento camerale ex articolo 28 L. 794/1942 , limitandosi ad aggiungere il richiamo all'asserita violazione dell'articolo 14 del D.Lgs. numero 150/2011 che ha previsto il procedimento camerale monocratico in materia di liquidazione dei compensi degli avvocati , alla sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione 23.2.2018 numero 4485, che ha individuato i procedimenti utilizzabili da parte dell'avvocato per richiedere la liquidazione dei compensi, escludendo per quelli promossi dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. numero 150/2011 l'utilizzo del giudizio di cognizione ordinario, ed alla sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione numero 12069/2012, pronunciata tra le parti in causa, che ha affermato che ai procedimenti in camera di consiglio relativi alla liquidazione dei compensi di avvocato per cause civili già pendenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. numero 150/2011 6.10.2011 si applica la riserva di collegialità. I suddetti motivi sono inammissibili ex articolo 360-bis numero 1 c.p.c., in quanto la sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte Cass. ord. numero 20269/2014 Cass. ord. numero 18070/2013 e Cass. numero 14394/2004 , spiegando che l'avv. Lo.Pi., che peraltro aveva fatto personalmente ricorso il 12.1.2005 al giudizio di cognizione ordinario, chiedendo poi solo nella memoria ex articolo 183 c.p.c. la conversione in rito sommario, non poteva avvalersi del procedimento camerale regolato dagli articoli 28 e 29 della L. numero 794/1942, in quanto quel procedimento camerale all'epoca collegiale era ritenuto applicabile dalla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte soltanto per la liquidazione dei compensi spettanti agli avvocati per le attività difensive svolte in cause civili e non in giudizi amministrativi, come il giudizio davanti al TAR Puglia promosso da Pe.Ma. nei confronti del Comune di Modugno, conclusosi con la sentenza numero 1888/2004, nel quale tale ente pubblico era stato patrocinato dall'avv. Lo.Pi., ed il ricorrente non ha mosso alcuna critica al suddetto consolidato orientamento della Suprema Corte, né ha offerto elementi che possano indurre a mutare tale orientamento. Dall'inapplicabilità del procedimento camerale ex articolo 28 e 29 della L. numero 794/1942, derivava evidentemente l'infondatezza della tesi che dovesse pronunciarsi il capo dell'ufficio giudiziario Presidente del Tribunale di Bari anziché il giudice del Tribunale di Bari, sezione distaccata di Modugno, in base alla previsione dell'articolo 28 della L. numero 794/1942, e l'infondatezza della tesi della nullità della sentenza di primo grado, confermata in appello, per vizio di costituzione del giudice, fatta discendere ex articolo 50-quater c.p.c. dal fatto che l'articolo 50-bis ultimo comma c.p.c. prevedeva nel 2005 la riserva di collegialità per i procedimenti in camera di consiglio e non certo per i giudizi di cognizione ordinaria relativi a compensi di avvocato patrocinante in un giudizio amministrativo. Del tutto irrilevanti sono infatti i richiami del ricorrente all'asserita violazione dell'articolo 14 del D.Lgs. numero 150/2011 che ha previsto il procedimento camerale monocratico in materia di liquidazione dei compensi degli avvocati ed alla sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione 23.2.2018 numero 4485, in quanto il suddetto articolo si applica, in base alla norma transitoria, solo ai procedimenti introdotti dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. numero 150/2011 6.10.2011 , e quindi non al giudizio promosso in primo grado dall'avvocato Lo.Pi. nell'anteriore data del 12.1.2005, e la sentenza delle sezioni unite citata del 2018 ha escluso l'utilizzo del giudizio di cognizione ordinario per le cause promosse per la liquidazione dei compensi di avvocato in materia civile che siano state introdotte dopo e non prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. numero 150/2011 6.10.2011 , mentre come detto il presente giudizio ordinario è stato introdotto in primo grado nel 2005. Quanto alla sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione numero 12069/2012, che nei procedimenti camerali ex articolo 28 e 29 della L. numero 794/1942 già pendenti alla data del 6.10.2011 ha stabilito il principio della riserva di collegialità in forza dell'articolo 50-bis ultimo comma c.p.c., si riferiva ai procedimenti per la liquidazione dei compensi di avvocato per attività svolte in giudizi civili e non in giudizi amministrativi, come quello al quale si riferiva la pretesa avanzata dall'avv. Lo.Pi. in primo grado, ed è quindi irrilevante in questo giudizio. Col 5°, 6° e 7° motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti, identificato nel difetto di legittimazione processuale del Comune di Modugno, in quanto le delibere numero 45 del 9.5.2006 e numero 147 del 22.11.2007 della Giunta comunale di Modugno non sarebbero state prodotte in copia conforme e definitivamente esecutiva, in quanto la delibera numero 149/2007 della Giunta comunale di Modugno non avrebbe manifestato la volontà di ratificare la precedente condotta del falsus procurator poi sostituito da un nuovo difensore del Comune di Modugno, ed in quanto il mandato a quest'ultimo sarebbe stato conferito in virtù di determina dirigenziale e non di delibera della Giunta municipale, come richiesto dall'articolo 22 dello Statuto del Comune di Modugno per la legittimazione ad agire. Va anzitutto rilevato, in relazione a tutti i motivi coi quali il Lo.Pi. ha invocato la violazione dell'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., che tale vizio in base all'articolo 348-ter ultimo comma c.p.c. non può essere fatto valere in caso di doppia conforme , ed il ricorrente non ha neppure allegato sotto quale profilo non ci sarebbe stata conformità della sentenza della Corte d'Appello di Bari impugnata alla sentenza di primo grado del Tribunale di Bari, sezione distaccata di Modugno vedi sull'onere del ricorrente di dimostrare la diversità delle motivazioni di primo e secondo grado per far valere il vizio dell'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c. Cass. numero 5947/2023 Cass. numero 26774/2016 . A ciò va aggiunto che l'articolo 348-ter ultimo comma c.p.c. è certamente applicabile nel caso in esame, in quanto secondo l'articolo 54 comma 1 lett. a del D.L. 22.6.2012 numero 83, convertito con modificazioni nella L. 7.8.2012 numero 134, tale disposizione si applica ai giudizi di appello introdotti dopo l'entrata in vigore di tale legge, e nella specie l'appello è stato notificato dal Lo.Pi. l'11.7.2014. Per quanto più specificamente riguarda il 5, 6 e 7 motivo, peraltro, non sono stati neppure individuati i fatti storici decisivi che non sarebbero stati considerati, ed un'ulteriore ragione d'inammissibilità, per difetto di autosufficienza, deriva dal fatto che il ricorrente ripropone pedissequamente le proprie doglianze dell'atto di appello, senza confrontarsi con le motivazioni addotte dalla sentenza impugnata. Con l'ottavo motivo il ricorrente lamenta, sempre in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omessa considerazione del disconoscimento da lui compiuto della convenzione professionale e di una serie di altri atti, ed il conseguente asserito mancato assolvimento dell'onere probatorio in ordine alla convenzione ed al pagamento di acconti da parte del Comune di Modugno. Il motivo è inammissibile perché non risultano individuati i fatti storici decisivi che non sarebbero stati considerati, nonché per difetto di autosufficienza, perché il ricorrente non si confronta con la motivazione addotta dalla sentenza impugnata, che richiamando giurisprudenza consolidata della Suprema Corte Cass. numero 29993/2017 e Cass. numero 7775/2014 , ha ritenuto privi di specificità e quindi inefficaci i disconoscimenti di copie compiuti dal Lo.Pi., equiparando quindi le stesse agli originali sotto il profilo probatorio. Col nono motivo il ricorrente lamenta, sempre in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, identificato nell'abrogazione delle tariffe professionali operata dall'articolo 9 del D.L. 24.1.2012 numero 1, convertito nella L. 24.3.2012 numero 271, e nell'applicabilità dei parametri del D.M. numero 55/2014 e non di quelli del D.M. numero 140/2012. Il motivo, che pur formulato impropriamente ex articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., in realtà lamenta errores in iudicando per violazioni di legge, è inammissibile, perché per un verso non risultano individuati i fatti storici decisivi che non sarebbero stati considerati, e per altro verso difetta di autosufficienza, in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, che ha fatto correttamente applicazione delle tariffe vigenti quando l'attività difensiva davanti al TAR Puglia si è conclusa nel 2004 D.M. 5.10.1994 e DM 8.4.2004 , e non si vede come nella specie potesse essere applicata la sopravvenuta tariffa forense del D.M. numero 55/2014. Col decimo motivo il ricorrente lamenta, sempre in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, individuato nell'inefficacia per risoluzione ex articolo 1454 cod. civ., nullità per violazione dei minimi tariffari ed inesistenza per intervenuto disconoscimento della convenzione professionale conclusa col Comune di Modugno il 19.2.1996, che era stata fatta oggetto di disconoscimento da parte del Lo.Pi. e per la quale l'ente pubblico non aveva richiesto la verificazione. Anche tale motivo è inammissibile, in quanto sotto il profilo dell'invocato articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., non risultano individuati i fatti storici decisivi che non sarebbero stati considerati, ed allo stesso tempo guardando alla sostanza delle doglianze, difetta l'autosufficienza, in quanto su tutte le questioni indicate la Corte d'Appello di Bari ha compiutamente argomentato, in particolare spiegando che nessuna specifica domanda di risoluzione di diritto della convenzione col Comune di Modugno era stata avanzata dall'avv. Lo.Pi., per cui in assenza di domanda, nessun effetto poteva essere fatto discendere dalla diffida ad adempiere la convenzione del Lo.Pi. asseritamente rimasta inadempiuta dall'ente pubblico e che non vi era stato un disconoscimento specifico e tempestivo della convenzione del 19.2.1996 da parte del Lo.Pi., ed il ricorrente non si confronta con le motivazioni addotte dall'impugnata sentenza, limitandosi a riproporre pedissequamente le proprie tesi in argomento senza addurre argomenti critici contro quelle motivazioni. Con l'undicesimo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., la violazione di legge dell'articolo 1454 cod. civ., relativo alla risoluzione di diritto della convenzione per l'inerzia serbata dal Comune di Modugno, nonostante la diffida ad adempiere ricevuta del 17.4.2003 e l'ulteriore diffida del 30.7.2004. Tale motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto non si confronta con la motivazione addotta sul punto dall'impugnata sentenza, che ha rilevato come il Lo.Pi. non abbia mai avanzato in primo grado l'indispensabile domanda di accertamento della risoluzione di diritto della convenzione professionale del 19.2.1996 conclusa col Comune di Modugno per non avere lo stesso dato seguito alla sua diffida ad adempiere, ed il ricorrente non ha mai sostenuto di avere avanzato una domanda giudiziale in tal senso. Il ricorrente, in realtà, pur invocando un'insussistente violazione di legge riferita all'articolo 1454 cod. civ., punta ad ottenere inammissibilmente dalla Suprema Corte, giudice di legittimità, una diversa ricostruzione dei fatti attraverso la rivalutazione del materiale istruttorio, che pervenga ad accertare la risoluzione di diritto della convenzione tra le parti del 19.2.1996, che non è stata tempestivamente richiesta dal Lo.Pi. Col 12° motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame da parte della Corte d'Appello di Bari della circostanza che il Comune di Modugno, non corrispondendo al Lo.Pi. neppure le somme ritenute dovute in base alla convenzione professionale del 19.2.1996, lo avrebbe costretto a promuovere il giudizio per il pagamento delle sue spettanze, per cui si sarebbe dovuto condannare in base all'articolo 6 del D.Lgs. numero 231/2002 alla rifusione delle spese di lite. Anche tale motivo è inammissibile, in quanto non risultano individuati i fatti storici decisivi che non sarebbero stati considerati, e non ci si confronta con le motivazioni dell'impugnata sentenza, che ha ritenuto già liquidati i diritti previsti dalle tariffe forensi ed i compensi spettanti all'avv. Lo.Pi. per il giudizio davanti al TAR Puglia nella misura prevista dalla convenzione del 19.2.1996, non potendosi poi pretendere dalla Suprema Corte, giudice di legittimità e non del fatto, un riconteggio degli importi avulso da violazioni normative. Col 13° motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., la violazione degli articoli 16 e 17 del R.D. 18.11.1923 numero 2440, riproponendo la doglianza del decimo motivo di appello, per avere la Corte d'Appello di Bari respinto l'eccezione di nullità della convenzione professionale del 19.2.1996, per mancanza di sottoscrizione dell'avvocato Lo.Pi., e quindi della forma scritta richiesta ad substantiam, e per violazione dei minimi tariffari. Nella parte in cui tale motivo lamenta il vizio di forma scritta della convenzione del 19.2.1996 è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto non si confronta con la motivazione addotta dall'impugnata sentenza sul decimo motivo di appello, che pur non negando il principio della necessaria forma scritta dei contratti della Pubblica Amministrazione, e pur non menzionando espressamente le pertinenti sentenze della Suprema Corte, ha richiamato l'orientamento consolidato della giurisprudenza della stessa che considera soddisfatto il requisito della forma scritta ad substantiam per i contratti di patrocinio legale della Pubblica Amministrazione comprensivi della prestazione da eseguire, delle parti del giudizio e del relativo compenso mediante il rilascio al difensore ai sensi dell'articolo 83 c.p.c. con atto pubblico, o scrittura privata autenticata, di una procura generale alle liti purché in essa sia puntualmente fissato l'ambito delle controversie per le quali opera, ed ha evidenziato che nella specie la procura ad litem per il giudizio amministrativo davanti al TAR Puglia era stata validamente rilasciata dal Sindaco del Comune di Modugno all'avvocato Lo.Pi. sulla base della delibera comunale numero 603 del 1996 e della convenzione del 19.2.1996 ad essa ricollegata, per cui l'avvocato Lo.Pi. dando esecuzione al mandato aveva accettato quanto previsto in quella delibera e nella collegata convenzione in punto di determinazione del corrispettivo dovutogli. In tema di forma scritta ad substantiam dei contratti della P.A., infatti, il requisito è soddisfatto, nel contratto di patrocinio, con il rilascio al difensore della procura ai sensi dell'articolo 83 c.p.c., atteso che l'esercizio della rappresentanza giudiziale tramite la redazione e la sottoscrizione dell'atto difensivo perfeziona, mediante l'incontro di volontà fra le parti, l'accordo contrattuale in forma scritta, rendendo così possibile l'identificazione del contenuto negoziale ed i controlli dell'autorità tutoria Cass. numero 21007/2019 Cass. numero 2266/2012 Cass. numero 8500/2004 . In particolare attraverso il meccanismo del collegamento della procura firmata dal legale e dal legale rappresentante dell'ente pubblico, e del richiamo alla delibera che aveva autorizzato la difesa giudiziale dell'ente pubblico, e che a sua volta richiamava la convenzione determinativa dei compensi del professionista per una pluralità di incarichi, è stato ritenuto valido sotto il profilo della forma, per accettazione tacita, il contratto di patrocinio, autonomo rispetto alla convenzione richiamata, dalle sentenze 11.11.2021 numero 33453 e numero 33455 e dalla sentenza 9.11.2021numero 32802 della Corte di Cassazione, ed anche nel caso in esame l'autonomo contratto di patrocinio, del quale solo rileva in questa causa la validità, non essendo stata autonomamente impugnata la convenzione del 19.2.1996 del Comune di Modugno, alla quale si è fatto solo rinvio per relationem nel contratto di patrocinio per la determinazione del compenso del professionista e della quale peraltro il Lo.Pi., per sua ammissione, aveva sollecitato l'adempimento tramite diffida, ha soddisfatto il requisito della forma scritta. Nella parte in cui col motivo si lamenta la violazione dei minimi tariffari, l'impugnata sentenza ha compiutamente motivato il rigetto del relativo motivo di appello, da un lato richiamando la giurisprudenza della Suprema Corte sui limiti temporali di applicabilità del principio dell'inderogabilità dei minimi tariffari Cass. 6.4.2018 numero 8539 , secondo la quale il principio dell'inderogabilità dei minimi tariffari, stabilito dall'articolo 24 della L. 13.6.1942 numero 794, sugli onorari di avvocato e procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile, comportava la nullità delle convenzioni stipulate tra una parte ed il proprio legale, ove esse contemplassero una rinuncia totale o parziale ai suddetti minimi, posta in essere strumentalmente per violare la norma imperativa, a meno che non risultasse una causa gratuita - in tutto o in parte - per ragioni varie, oltre che di amicizia e parentela, anche di semplice convenienza, ovvero sussistessero motivi meritevoli di tutela tali da escludere ogni possibilità di conseguire maggiori vantaggi economici attraverso un accaparramento della clientela in ipotesi, come quella in esame di attività difensiva esauritasi nel 2004, di prestazioni svolte in epoca antecedente alla modifica dell'articolo 2233 cod. civ. e del D.L. numero 1 del 2012, e dall'altro escludendo che nel caso esaminato vi fosse stata una rinuncia anche solo parziale ai minimi tariffari, essendo previsti nella richiamata convenzione professionale del 19.2.1996 un compenso mensile forfettario per le attività giudiziali e stragiudiziali del professionista incaricato di Lire 5.833.333 pari ad € 3.012,67 oltre accessori , oltre a Lire 500.000 pari ad € 258,23 per rimborso spese, salvo conguaglio, per la durata dell'incarico, ed all'articolo 8, per i giudizi ancora pendenti alla cessazione della convenzione, la liquidazione degli onorari in misura superiore del 20% ai minimi tariffari. Col motivo fatto valere il ricorrente pretenderebbe poi inammissibilmente dalla Suprema Corte, giudice di legittimità, una nuova e diversa valutazione in fatto delle risultanze istruttorie rispetto a quella compiuta dall'impugnata sentenza, che porti a ritenere violati dalla convenzione oggetto di causa i minimi tariffari. Col 16° motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, individuato nel fatto che l'impugnata sentenza non avrebbe considerato che la convenzione professionale del 19.2.1996, prorogata con le delibere della Giunta comunale numero 284/1996, 486/1996 e 691/1996, aveva cessato di produrre i suoi effetti il 15.6.1997, e non poteva quindi essere applicata alle attività difensive dell'avv. Lo.Pi. svolte successivamente. Anche tale motivo è inammissibile sia in quanto non attinge fatti storici che non siano stati considerati, sia in quanto difetta di autosufficienza, perché l'impugnata sentenza ha spiegato che la convenzione prevedeva all'articolo 8 l'applicazione dei minimi tariffari maggiorati del 20% per le attività difensive svolte appunto dopo la cessazione della convenzione e delle sue proroghe , ed in relazione a tale motivazione nulla è stato obiettato. Col 17° motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in quanto l'impugnata sentenza non avrebbe considerato che i diritti per le attività procuratorie erano stabiliti in misura fissa e non erano regolati dalla convenzione professionale. Anche tale motivo è inammissibile sia in quanto non individua il fatto storico del quale sarebbe stata omessa la considerazione richiesto dall'invocato articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., sia in quanto non si confronta con la motivazione addotta dalla sentenza impugnata, che confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto già pagato all'avvocato Lo.Pi. quanto dovutogli per i diritti maturati in misura fissa dopo la cessazione della convenzione del 19.2.1996, ed in base a tale convenzione richiamata nell'autonomo contratto di patrocinio per i compensi per le attività difensive svolte sempre dopo quella cessazione nel giudizio davanti al TAR Puglia, parametrate ai minimi professionali aumentati del 20%, per cui non ha negato la spettanza dei diritti in misura fissa. Non può poi essere preteso dalla Suprema Corte, giudice di legittimità, un riesame di fatto degli importi liquidati, per verificare se nella somma ritenuta pagata dal Comune di Modugno fossero ricompresi anche i diritti spettanti in misura fissa. Col 18° motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, individuato nella ritenuta inapplicabilità del D.Lgs. numero 231/2002 agli interessi di mora automatici spettanti agli avvocati sui compensi professionali dovuti, ancorché il cosiddetto Decreto Bersani fosse attuativo della direttiva self executing 2000/35/CE. Tale motivo che ancora una volta attiene ad una presunto error in iudicando per violazione di legge, con conseguente erroneità del richiamo all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., è inammissibile per difetto di autosufficienza, perché non si confronta con la motivazione dell'impugnata sentenza, che ha espressamente argomentato l'inapplicabilità nella specie del D.Lgs. numero 231/2002 in quanto le attività difensive svolte dall'avv. Lo.Pi. nel giudizio amministrativo davanti al TAR Puglia oggetto della richiesta di compenso si erano esaurite nel 2004, ben prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. numero 231/2002 e le tariffe forensi all'epoca vigenti DM 5.10.1994 e 8.4.2004 non prevedevano, a differenza della precedente regolamentazione, la rivalutazione monetaria e gli interessi. Col 19° motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, individuato nella circostanza che il giudizio amministrativo per il quale l'avvocato Lo.Pi. aveva chiesto il compenso rientrava tra quelli per i quali il professionista il 29.12.2005 aveva accettato con missiva l'importo totale di € 100.738,57, a seguito della ricognizione di debito e della proposta transattiva in pari data fatta dal dirigente del settore affari legali del Comune di Modugno, dotato di un autonomo ruolo decisionale all'interno dell'ente territoriale ex articolo 107 del D.Lgs. numero 267/2000, proposta proveniente dal fax del Sindaco del Comune di Modugno, documenti disconosciuti dall'ente pubblico solo con la comparsa di risposta del 30.1.2008 e non nella memoria di replica ex articolo 184 c.p.c. ed in modo generico ed impreciso. Anche tale motivo è inammissibile in quanto non individua un fatto storico decisivo oggetto di discussione tra le parti che non sarebbe stato considerato, posto che a pagina 9 la sentenza impugnata, confermando quella di primo grado, ha espressamente indicato che il suddetto atto transattivo non si è validamente formato, in quanto non vi è traccia di approvazione dello stesso da parte della Giunta municipale del Comune di Modugno, né del coinvolgimento degli organi contabili competenti, oltre ad essere stato prodotto in copia priva di qualsivoglia sottoscrizione riferibile al legale rappresentante dell'ente pubblico, si trattasse del Sindaco, o del dirigente di settore delegato. Col 20° motivo, formulato alla pagina 70 del ricorso, ed erroneamente indicato col numero 18 , il ricorrente lamenta, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo, che nella confusa articolazione del motivo compiuta, infarcita di richiami alla giurisprudenza in tema di imputazione di pagamento privi di specifico riferimento al caso in esame, sembrerebbe essere rappresentato dalla mancata imputazione dei pagamenti documentati dal Comune di Modugno e disconosciuti dal Lo.Pi. a crediti di quest'ultimo non meglio precisati, diversi da quello oggetto del presente giudizio. Tale ultimo motivo è inammissibile in quanto non individua in quale atto specifico ed in che termini precisi tale diversa imputazione dei pagamenti documentati dal Comune di Modugno sarebbe stata invocata dal creditore Lo.Pi., trattandosi di questione confusamente rappresentata per la prima volta in sede di legittimità e quindi tardivamente vedi sull'inammissibilità delle questioni di diritto che postulino accertamenti di fatto sollevate per la prima volta in sede di legittimità Cass. 12.6.2018 numero 15196 . L'inammissibilità di tutti e venti i motivi di ricorso proposti, la non conformità del ricorso per la sua ingiustificata lunghezza 75 pagine al protocollo d'intesa sottoscritto con l'Ordine degli Avvocati, la ripetuta erronea invocazione dell'articolo 360 comma primo numero 5 c.p.c. in totale difformità rispetto al testo vigente, che impone l'individuazione di un preciso fatto storico oggetto di discussione tra le parti che non sia stato considerato, e non può essere utilizzato per riproporre acriticamente tutte le questioni di fatto e giuridiche che già siano state affrontate e risolte dai giudici di merito in senso negativo per il ricorrente, allo scopo di ottenere un terzo grado di giudizio di merito, la ripetuta invocazione di norme di legge non ancora in vigore all'epoca dell'esaurimento dell'attività difensiva svolta per la quale si è richiesto il compenso, la ripetuta mancata considerazione nell'articolazione dei motivi delle complete motivazioni riportate nella sentenza impugnata, confortate da richiami alla giurisprudenza della Suprema Corte più che consolidata, e la riproposizione pedissequa di motivi già fatti valere nell'atto di appello, dimostrano che il ricorso è stato proposto, se non con mala fede, quanto meno senza l'ordinaria diligenza volta all'acquisizione della consapevolezza dell'infondatezza della domanda, e quindi con colpa grave vedi in tal senso sull'elemento soggettivo della fattispecie dell'articolo 96 comma 3 c.p.c.Cass. Sez. Unumero 13.9.2018 numero 22405 , e giustificano, in linea anche con la richiesta della Procura Generale, la condanna di Lo.Pi. al risarcimento danni ex articolo 96 comma 3 c.p.c., che si quantificano equitativamente a favore del Comune di Modugno in misura pari all'importo dei compensi liquidati. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente. Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all'articolo 13 comma 1-quater D.P.R. numero 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto. P.Q.M. La Corte di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna Lo.Pi. al pagamento in favore del Comune di Modugno delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed € 3.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, ed al risarcimento danni ex articolo 96 comma 3 c.p.c. in favore del medesimo, liquidati equitativamente in €3.000,00.