Esclusa la causa di non punibilità per un membro del C.S.M. che esprime valutazioni negative verso un magistrato

«La guarentigia di cui all’articolo 32 bis legge 24 marzo 1958, numero 195, non vale a rendere immuni da responsabilità i componenti del Consiglio Superiore della magistratura per le opinioni espresse in contesti di luogo e di tempo differenti da quello consiliare in cui deve necessariamente esprimersi una opinione […]».

Il caso Nel corso di un convegno di diritto un componente del Consiglio Superiore della Magistratura aveva espresso pubblicamente delle opinioni negative sulle capacità professionali di un magistrato, ritenuto non idoneo a ricoprire la carica di dirigente di un ufficio giudiziario. Il magistrato “colpito” dalle dichiarazioni convenne in giudizio il membro del C.S.M. al fine di ottenere il risarcimento del danno patito per le frasi diffamatorie. In primo grado, il Tribunale rigettava la domanda poiché riteneva integrata la causa di non punibilità prevista dall'articolo 32-bis l. numero 195/1958. Di diverso avviso la Corte d'appello che, invece, riformava la sentenza condannando il convenuto al risarcimento del danno morale, quantificato in euro 15.000. Secondo le valutazioni del Collegio, quelle espressioni, di indubbia natura diffamatoria, non erano riconducibili all'esercizio delle funzioni di consigliere laico del C.S.M. nel corso di una discussione consiliare strumentalmente collegata all'esercizio di voto, perché manifestate in un contesto ben diverso, ovvero al termine di un convegno avente a oggetto temi giuridici.  Il ricorso per cassazione Ricorre per cassazione il convenuto soccombente nei confronti degli eredi dell'attore , articolando le proprie doglianze in tre motivi di ricorso. Ciò che qui interessa è il secondo motivo afferente alla falsa applicazione e violazione dell'articolo 32-bis l. numero 195/1958. Per il costrutto difensivo la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto non applicabile l'esimente alla fattispecie in esame, sostenendo che le esternazioni, assertivamente diffamatorie, fossero pacificamente riconducibili alla carica all'epoca ricoperta in seno al C.S.M. e strumentalmente funzionali al futuro esercizio del diritto di voto sull'assegnazione del magistrato a un incarico direttivo. Gli eredi non hanno svolto alcuna difesa. Causa di non punibilità ratio e spettro di operatività La Legge 24 marzo 1958, numero 195, delinea le “Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura”. Secondo l'articolo 32-bis della legge «I componenti del Consiglio superiore non sono punibili per le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni, e concernenti l'oggetto della discussione». La ratio della non punibilità mira a evitare che lo svolgimento dell'attività del C.S.M. possa essere indirettamente condizionata da un sindacato giudiziale del pensiero manifestato dai suoi componenti nell'esercizio delle loro funzioni. La Corte Costituzionale, con sentenza 3 giugno 1983, numero 148, aveva chiarito che l'esimente costituisce una causa di non punibilità specifica, ma rigorosamente circoscritta, avente per oggetto le sole manifestazioni di pensiero, funzionali all'esercizio dei poteri-doveri costituzionalmente spettanti ai componenti il Consiglio superiore, in considerazione del ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali in gioco, posto che è nella logica del disegno costituzionale che il Consiglio sia garantito nella propria indipendenza, tanto nei rapporti con altri poteri quanto nei rapporti con l'ordine giudiziario. In pregresse decisioni, la Corte di cassazione aveva colto l'occasione di puntualizzare che, agli effetti della strumentalità delle dichiarazioni del membro del Consiglio all'oggetto e al fine della discussione consiliare e dalla conseguente esclusione della responsabilità anche civile del consigliere, non basta una mera occasionalità, ma un più stretto legame, quale è richiesto dalla espressione opinioni «concernenti l'oggetto della discussione». La norma va quindi interpretata restrittivamente. Invero, optare per una soluzione ermeneutica più ampia significherebbe urtare contro la lettera della norma, che fa preciso riferimento alla strumentalità delle espressioni all'esercizio delle funzioni e al collegamento delle stesse con l'oggetto della discussione tralasciare ed elidere completamente quel delicato giudizio di comparazione/bilanciamento tra interessi contrapposti, che è alla base della tenuta costituzionale.   Nella sentenza annotata, l'articolo 32-bis l. numero 195/1958 è una guarentigia destinata ad operare a tutela dell'indipendenza del Consiglio e indirettamente, della magistratura nella misura necessaria a preservarlo da influenze, con la conseguenza che l'operatività dell'esimente deve restare circoscritta alle sole manifestazioni di pensiero, in concreto attinenti all'oggetto della discussione e strumentalmente collegate all'esercizio del voto. Non è sufficiente il mero contesto consiliare in cui sono state rese le manifestazioni di pensiero, occorrendo verificare che siffatte manifestazioni di pensiero costituiscano espressione delle funzioni assegnate ai componenti del Consiglio per Costituzione e che vi sia una corrispondenza contenutistica, id est un obiettivo collegamento tra quanto oggetto della discussione e le opinioni espresse, altrimenti convertendosi la speciale guarentigia in un possibile strumento di abusi. La decisione l'esimente non era applicabile Nel caso di specie l'esimente non era applicabile. In punto di diritto, la Cassazione afferma che «la dichiarazione espressa in un contesto di pubblica riunione si pone certamente al di fuori del ristretto contesto consiliare cui si riferisce l'esimente in esame, laddove non sussista una occasionalità necessaria con l'esercizio della funzione consiliare, ma si ponga quale pretesto per un'affermazione diffamatoria nei confronti di una persona». Pertanto, il principio di diritto è il seguente «La guarentigia di cui all'articolo 32-bis legge 24 marzo 1958, numero 195, non vale a rendere immuni da responsabilità i componenti del Consiglio Superiore della magistratura per le opinioni espresse in contesti di luogo e di tempo differenti da quello consiliare in cui deve necessariamente esprimersi una opinione, non potendosi definire quale dichiarazione strumentale all'esercizio delle funzioni assegnate la dichiarazione di non idoneità di un componente della magistratura a rivestire la carica di dirigente di un ufficio, se manifestata a soggetti e in luoghi estranei al contesto consiliare in cui essa è liberamente ammessa, anche se riferita alle funzioni che si andranno in futuro ad esercitare in sede consiliare, non sussistendo in tale ipotesi un obiettivo collegamento tra quanto oggetto della discussione e l' opinione espressa».

Presidente Travaglino – Relatore Fiecconi Svolgimento del processo 1. Con ricorso notificato il 5/4/20222 Bu.Em. ricorre per cassazione della sentenza della Corte d'Appello di Catanzaro numero 122/2022 del 20/1/2022, notificata il 9 febbraio 2022. Le intimate At.Anumero e Li.Mi., in qualità di eredi di Li.Re., non hanno svolto difese. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa. 2. Il magistrato Li.Re., de cuius delle eredi qui intimate, conveniva in giudizio il ricorrente Bu.Em. per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali patiti a causa della condotta illecita adottata durante un convegno inerente a questioni giuridiche. Esponeva che il convenuto, che allora era un componente laico del C.S.M., nonché avvocato, aveva espresso pubblicamente opinioni negative sulle capacità professionali del Li.Re., all'epoca magistrato in servizio, a rivestire la carica direttiva di Presidente del Tribunale di M cui aspirava. Avviata la causa, il Tribunale adito rigettava la domanda dell'attore Li.Re. ritenendo configurabile la causa di non punibilità prevista dall'articolo 32 bis della legge numero 195 del 1958, da intendersi riferita anche alla responsabilità civile, per cui le manifestazioni di pensiero attinenti alle discussioni consiliari e strumentali al fine dell'esercizio del voto non sono produttive di danno ingiusto ancorché le stesse possano in concreto arrecare a terzi un pregiudizio . 3. In sede di impugnazione da parte dell'attore, la Corte d'Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza, escludeva che fosse applicabile l'esimente prevista dall'articolo 5 L. numero 1/1981, dal momento che il convenuto aveva espresso opinioni non già nell'esercizio delle funzioni di consigliere laico del C.S.M., nel corso di una discussione consiliare strumentalmente collegata all'esercizio del voto, ma, pacificamente, al termine di un convegno avente ad oggetto temi giuridici svoltosi a M, presso la sala del consiglio Comunale, in presenza di alcuni magistrati e avvocati. Ritenendo definitivamente accertato il delitto di diffamazione, in quanto l'accertamento del fatto costitutivo dell'illecito non era stato oggetto di specifica impugnazione incidentale da parte del convenuto appellato, la Corte d'Appello ha liquidato in via equitativa il risarcimento del danno da sofferenza morale soggettiva conseguente alla lesione della reputazione professionale, valutata equitativamente in Euro 15.000,00. Motivi della decisione 4. Il ricorso è affidato a tre motivi, ciascuno articolato in due o tre sub-motivi. 5. Con il primo motivo, ex articolo 360 numero 3 c.p.c. in relazione all'articolo 2909 c.c., il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione delle norme di diritto in tema di rilevazione ed interpretazione del giudicato implicito interno. Ex articolo 360 numero 4 c.p.c. in relazione agli articolo 115,116,333,334 e 346 c.p.c., denuncia la nullità della sentenza o del procedimento a cagione sia della erronea ricognizione del contenuto oggettivo della prova concernente una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, sia della obliterazione dei principi fondamentali in tema di impugnazioni incidentali anche tardive ed onere di riproposizione nel caso di assorbimento implicito ed improprio. Ex articolo 360 numero 3 c.p.c. in relazione agli articolo 595 c.p., 2043 e 2059 c.c. denuncia violazione o falsa applicazione delle norme di diritto in tema di diffamazione e/o di risarcimento del danno da reato. 6. Con il primo motivo il ricorrente sostiene che la corte territoriale ha erroneamente desunto, dall'affermata operatività della speciale causa di non punibilità di cui all'articolo 32-bis L. numero 195/1958, la sussistenza del fatto illecito, ritenendo che sul punto si sia formato un giudicato implicito. Oggetto della prima censura è, dunque, la statuizione attraverso la quale, dopo aver richiamato il passaggio argomentativo contenuto nella pronuncia di prime cure secondo cui l'accertata ed effettiva verificazione del fatto lamentato dall'attore non consentiva di affermare la responsabilità risarcitoria dell'odierno ricorrente, in quanto scriminata dalla speciale causa di non punibilità declinata dall'articolo 32-bis, L. numero 195/1958 , i Giudici di appello avrebbero non solo interpretato un obiter dictum alla stregua di un postulato affermativo di sussistenza del delitto di diffamazione nel duplice elemento oggettivo e soggettivo , ma anche ritenuto detto passaggio motivazionale alla stregua di un giudicato interno implicito, perché non censurato dalla parte vittoriosa in primo grado con appello incidentale. A parere del ricorrente, invece, l'espressa e rituale riproposizione da parte dell'appellato-odierno ricorrente delle difese e delle eccezioni tutte svolte in primo grado ex articolo 346 c.p.c. era ed è sufficiente ex se ad escludere la formazione di ogni giudicato sulla sussistenza dei presupposti costitutivi della contestata diffamazione, in virtù della speciale norma applicata dal Tribunale, richiamando il principio per il quale la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando di interesse al riguardo, non ha l'onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le domande o le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perché assorbite o anche quelle esplicitamente respinte qualora l'eccezione mirava a paralizzare una domanda comunque respinta per altre ragioni , ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo ai sensi dell'articolo 346 c.p.c. così, Cass. Sez. Unumero numero 13195/2018 nonché, numero 25246/2008, numero 7700/2016 e numero 11799/2017 . 6.1. Il motivo è infondato. 6.2. L'impugnata sentenza ha testualmente riportato il passo della sentenza di primo grado là dove ha ritenuto accertato il fatto lamentato dall'attore Li.Re., addebitato al convenuto Bu.Em., prima di passare alla valutazione della connessione funzionale tra le dichiarazioni espresse dal componente laico del C.S.M. e l'oggetto della discussione consiliare, ai fini della applicazione dell' esimente in questione ritenuta sussistente dal giudice di primo grado, ma insussistente dal giudice dell'appello . Ha ritenuto quindi che sulla prima statuizione, non oggetto di impugnazione incidentale da parte del convenuto rimasto vittorioso nel primo grado, si sia formato il giudicato, essendo stato ritenuto comunque integrato il delitto di diffamazione nel duplice elemento soggettivo e oggettivo, dopo che il giudice ha ritenuto l'attendibilità della teste sentita, presente al tempo della dichiarazione effettuata dal convenuto fuori dalla sala consiliare, al termine di un convegno. 6.3. Osserva il Collegio che la Corte di merito ha fatto corretta applicazione di un fermo principio in tema di impugnazioni. Qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocabilmente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex articolo 345, comma 2, c.p.c. per il giudicato interno formatosi ai sensi dell'articolo 329, comma 2, c.p.c. , né sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi, altresì, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l'eccezione, se il potere di sua rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest'ultimo l'esercizio ex articolo 345, comma 2, c.p.c. Cass. Sez. U. , Sentenza numero 11799 del 12/05/2017 Cass. sez. 6 3, Ordinanza numero 24658 del 19/10/2017 Sez. 3 -, Ordinanza numero 9505 del 09/04/2024 . 6.4. È pertanto del tutto corretto, alla luce del principio sopra richiamato che questo Collegio intende confermare, il rilievo di sussistenza di un giudicato sull'avveramento del fatto illecito attribuito al convenuto, per quanto oggetto di reiterata eccezione nel giudizio di appello, essendo una questione separatamente decisa dal giudice di primo grado, del tutto distinta dall'accertamento della sussistenza dell' esimente effettuato dal giudice di primo grado, oggetto dell' appello principale dell'attore. 6.5. In merito va osservato che l'articolo 5 L. numero 1/1981 prevede che, dopo l'articolo 32 della legge 24 marzo 1958, numero 195, È inserito l' Articolo 32-bis Opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni , in base al quale I componenti del Consiglio superiore non sono punibili per le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni, e concernenti l'oggetto della discussione . 6.6. In tale ambito, la garanzia di non punibilità per i componenti del Consiglio superiore della magistratura in relazione alle opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni e concernenti l'oggetto della discussione garanzia prevista, a tutela della funzione istituzionale dell'organo di governo autonomo della magistratura, dall'articolo 32 bis della legge 24 marzo 1958, numero 195, aggiunto dall'articolo 5 della legge 3 gennaio 1981, numero 1 si riferisce alla responsabilità civile e copre ogni manifestazione del pensiero in concreto attinente all'oggetto della discussione consiliare e strumentalmente collegata al fine dell'esercizio del voto ne consegue che, ove sussista detto collegamento funzionale, il comportamento del componente del C.S.M. deve considerarsi legittimo e non produttivo di danno ingiusto, ancorché possa cagionare a terzi un pregiudizio, restando così precluso qualsiasi sindacato sul contenuto dell'opinione espressa, sulla rispondenza a veridicità della medesima nonché sulla potenziale idoneità a determinare un effetto di tipo diffamatorio Cass. Sez. U., Sentenza numero 3527 del 11/03/2002 Cass. Sez. 2, Sentenza numero 25955 del 11/12/2007 Cass. Sez. 3, Sentenza numero 4854 del 27/02/2013 . 6.7. Pertanto, in linea di principio, l'esimente in discussione impedisce la oggettiva configurabilità di un illecito nelle dichiarazioni che siano strumentali all'attività costituzionalmente necessaria del Consiglio Superiore della Magistratura Cass. Sez. 3, Sentenza numero 4854 del 27/02/2013 . Trattandosi di un elemento impeditivo della oggettiva configurabilità di un illecito nelle dichiarazioni che siano strumentali all'attività costituzionalmente necessaria del Consiglio, l'accertamento della sussistenza delle condizioni per l'applicabilità dell'esimente è pregiudiziale all'indagine sulla veridicità e sul carattere diffamatorio delle dichiarazioni da lui rese, giacché questa indagine, se operata anteriormente al vaglio negativo delle attribuzioni dell'organo di autogoverno, si risolverebbe in una sostanziale elusione della ratio dell'insindacabilità, in sede giurisdizionale, del pensiero manifestato dal consigliere nello svolgimento delle sue funzioni Cass. numero 25955/2007 cit. . 6.8. Se è vero, infatti, che la parte centrale e costituzionalmente necessaria dell'azione del Consiglio consiste in apprezzamenti sulle attitudini, sui meriti e sui demeriti dei magistrati da assegnare ai vari uffici, da trasferire, da promuovere, da sottoporre a procedimenti disciplinari e via dicendo così Corte Cost. nella cit. sent. numero 148 del 1983 , è pur vero che la garanzia che la norma è destinata ad apprestare al Consiglio nella misura necessaria a preservarlo da influenze che potrebbero pregiudicare l'esercizio imparziale della giustizia cfr. Corte Cost. 14 maggio 1968, numero 44 rendendo non punibili ergo, non sanzionabili agli effetti penali, civili e disciplinari i suoi componenti per le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni e concernenti l'oggetto della discussione è sicuramente destinata ad operare con riferimento all'adempimento di tutti i compiti riservati agli stessi componenti del Consiglio per Costituzione. 6.9. Sebbene l'applicabilità dell'esimente sia, come si è visto, pregiudiziale all'indagine di veridicità e del carattere diffamatorio delle dichiarazioni rese, è anche vero che, ove detto accertamento venga in concreto distintamente effettuato dal giudice di merito, come nel caso in questione, esso deve essere oggetto di specifica impugnazione. Poiché, in sede di impugnazione principale, nel caso in questione è stata messa in questione dall'attore appellante l'accertata sussistenza della esimente in ragione di un collegamento funzionale con l'esercizio della funzione di componente del C.S.M., è rimasto non toccato dall'impugnazione principale il preliminare accertamento, svolto all'esito dell'istruttoria, sulla veridicità della dichiarazione e della potenziale idoneità del fatto a determinare un effetto di tipo diffamatorio, considerato dal giudice di prime cure come preliminarmente sussistente, in base alle dichiarazioni testimoniali raccolte, per quanto non generatore di una responsabilità giuridica. 6.10. Deve pertanto ritenersi corretto, sotto il profilo processuale, il rilievo pregiudiziale sollevato dalla Corte d'Appello sulla formazione di un giudicato interno in tema di sussistenza del fatto illecito sotto il profilo oggettivo e soggettivo, impediente ogni scrutinio. 7.1. I motivi che ruotano intorno alla questione dell'ambito di applicazione della esimente in esame, di cui al secondo motivo, sono inammissibili per una parte delle censure, nonché infondati per l'altra parte. 7.2. La Corte d'Appello, sul punto, ha preliminarmente considerato che la esimente in questione copre ogni manifestazione di pensiero dei componenti del C.S.M. attinente all'oggetto di una discussione consiliare e strumentalmente collegata all'esercizio del voto. Ha quindi ritenuto non applicabile tale esimente in riferimento a opinioni non espresse nell'esercizio di detta funzione nel corso di una discussione consiliare e non strumentalmente collegate all'esercizio di voto ma, pacificamente, in occasione di un convegno di diritto civile tenutosi in presenza di più persone a M presso la sala del Consiglio comunale. 7.3. Quanto alla deduzione di motivazione apparente o gravemente contradittoria, da affrontarsi logicamente quale prima questione, il principio da applicarsi deve fare riferimento alle statuizioni delle Sezioni Unite della Corte Suprema di cassazione Cass., sez. unumero , 27 dicembre 2019, numero 34476 , là dove hanno riassunto i principi, ormai consolidati, in relazione alla riformulazione dell'articolo 360 numero 5 c.p.c., ad opera del D.L. numero 83/2012 e, rinviando a Cass., sez. unumero , numero 8053/2014, numero 9558/2018 e numero 33679/2018, hanno evidenziato che a il novellato testo dell'articolo 360, numero 5, c.p.c. ha introdotto nell'ordinamento un vizio specifico che concerne l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo b l'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie c neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della menzionata norma d nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 delle preleggi, in quanto attiene all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali e tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. Il vizio di non sufficiente motivazione, non riconducibile al numero 5 dell'articolo 360 c.p.c., da denunciare ai sensi del combinato disposto degli articolo 132 e 360 numero 4 c.p.c., è tuttavia ravvisabile quale vizio di non corrispondenza tra chiesto e pronunciato solo qualora la carenza o la contraddittorietà siano interne alla sentenza, e non rispetto alla decisione impugnata o ad argomentazioni utilizzate dalle parti, sì da mettere in rilievo la mancanza di un requisito essenziale della decisione. 7.4. Il motivo è inammissibile, perché nella fattispecie in esame, le critiche mosse alla sentenza impugnata sotto il profilo motivazionale non sono sussumibili in alcuno dei vizi rilevanti ex articolo 360. numero 5, c.p.c. per difetto di autosufficienza, perché non è indicato dove il fatto, decisivo e controverso, che sarebbe stato omesso dal giudice sia rinvenibile negli atti e nello svolgimento delle argomentazioni delle parti SU Cass. 34469/2019 per altro verso, non viene indicato il motivo per cui le argomentazioni poste a base della decisione della Corte territoriale vanno ben oltre il minimo costituzionale imposto dalla norma di riferimento, così come univocamente interpretata dalla giurisprudenza di legittimità SU Cass. 8053/2014 . 7.5. Quanto alla censura relativa alla mancata inclusione della condotta nel perimetro della esimente in questione, il motivo è infondato. Va sottolineato che la statuizione della Corte di merito si pone in linea con quanto sin qui definito dalla giurisprudenza attraverso pronunciamenti significativi, per quanto non numerosi. 7.6. Il ricorrente propone una interpretazione della norma prendendo spunto dal pronunciamento di cui a Cass. Sez. 2, Sentenza numero 25955 del 11/12/2007 erroneamente attribuito alle Sezioni Unite di questa Corte Suprema . Il caso in questione, però, rientra nella diversa ipotesi in cui la dichiarazione del componente del C.S.M. è stata effettuata al di fuori di un contesto consiliare ed indirizzata a un pubblico indistinto, non appartenente al ristretto consesso consiliare. 7.7. Nella decisione della Suprema Corte di cassazione numero 25955 del 2007, richiamata dal ricorrente, viene sottolineato che sia la Corte costituzionale che le Sezioni Unite di questa Corte Suprema hanno esplicitato la natura dell'esimente quale causa di esclusione dell'antigiuridicità e la sua estensione alla responsabilità anche civile e disciplinare, in quanto diretta ad evitare che l'attività dell'organo di autogoverno della magistratura possa essere comunque condizionata da un sindacato giudiziale delle opinioni espresse dai suoi componenti nello svolgimento dei loro compiti istituzionali, ribadendo il principio per cui la non punibilità copre ogni manifestazione di pensiero dei consiglieri strumentale all'esercizio delle attribuzioni costituzionali del C.S.M. cfr. Cass. civ., sez. unumero sent. 11 marzo 2002, numero 3527 . 7.8. Si è anche messo in rilievo che i primi pronunciamenti non hanno affrontato la questione se la pertinenza delle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni all'oggetto della discussione, richiesta dall'articolo 32 bis, cit., valga a condizionare l'applicazione dell'esimente al luogo ed all'argomento delle manifestazioni del pensiero o se, invece, la non punibilità si estenda anche alle opinioni dei consiglieri non collegabili con argomenti già posti all'ordine del giorno del plenum o delle commissioni del C.S.M., ma relative a materie rientranti nelle competenze necessarie dell'organo di autogoverno e che debbano essere ritenute espresse intra moenia, in quanto funzionali alla attività dello stesso. Considerando che la ratio della non punibilità è di evitare che lo svolgimento dell'attività del C.S.M. possa essere indirettamente condizionata da un sindacato giudiziale del pensiero manifestato dai suoi componenti nell'esercizio delle loro funzioni, la Corte di cassazione, in questa occasione, ha ritenuto che non è possibile dubitare che, rientrando tra i poteri degli stessi, a norma dell'articolo 46 del reg. 6 aprile 1988, quello di chiedere che un determinato argomento venga posto all'ordine del giorno, la sanzionabilità delle motivazioni poste a fondamento di una loro eventuale iniziativa a ciò diretta si risolverebbe, al pari di quella delle opinioni espresse in sede di plenum o di commissione in relazione agli argomenti all'ordine del giorno, in un condizionamento, del pari pregiudizievole, dell'attività del Consiglio ed in tal senso depone anche la formulazione definitiva dell'articolo 32 bis, cit., giacché l'abolizione nel testo definitivo dell'endiadi opinioni espresse e voti dati ha attenuato l'originario rapporto tra l'opinione scriminata e l'occasione della sua espressione Cass.Sez. 2, Sentenza numero 25955 del 11/12/2007 . Conseguentemente, la Corte di merito ha ritenuto che non può negarsi la legittimità della missiva con la quale i convenuti avevano sollecitato una verifica della condotta del g.i.p., per essere inibiti al C.S.M. un sindacato sull'attività giurisdizionale dei magistrati e l'esercizio dell'azione disciplinare, atteso che rientrava nella esclusiva competenza del Consiglio e delle sue competenti commissioni tanto valutare il rispetto da parte del magistrato dei limiti posti alla sua attività, quanto apprezzarne la condotta sia in funzione dei provvedimenti relativi al suo stato e sia per eventualmente riferirne, all'esito dell'attività istruttoria compiuta, a norma dell'articolo 27, cit. reg. 6 aprile 1988, ai titolari dell'azione disciplinare. 7.9. In altra successiva occasione, nella sentenza di cui a Cass. Sez. 3, Sentenza numero 4854 del 27/02/2013, questa Corte ha annullato con rinvio la decisione con cui il giudice di merito aveva limitato l'ambito di operatività della suddetta garanzia alle sole opinioni espresse nell'ambito di discussioni consiliari riguardanti la carriera di magistrati, escludendola per quelle costituenti espressione delle funzioni assegnate dalla Costituzione ai membri del Consiglio superiore della magistratura, sebbene strutturalmente necessarie al loro esercizio e obiettivamente collegate all'oggetto di una discussione consiliare. In particolare, ha ritenuto fondata la principale censura, rappresentata dall'indebita limitazione dell'ambito di applicazione della norma alle delibere riguardanti la carriera del magistrato ciò in quanto la Corte di appello pur muovendo dal rilievo che alle contestate dichiarazioni potesse, in astratto, applicarsi la speciale esimente di cui all'articolo 32 bis cit. – aveva, poi, in concreto escluso l'applicazione della norma, dando rilievo alla circostanza che il plenum non discutesse di provvedimenti riguardanti la vita professionale del magistrato. Così come ha ritenuto erroneo o, comunque, non idoneo, l'argomento su cui si soffermava la decisione impugnata, per inferirne la conferma dell'inapplicabilità dell'esimente, secondo cui il Consigliere del C.S.M. non ebbe, nell'occasione, a richiedere l'apertura di una pratica a carico di un magistrato circostanza, questa, preannunciata solo nel successivo intervento nella mailing list, di cui è stata esclusa la valenza diffamatoria, con decisione in parte qua, immune da censure e che detta pratica non risultava neppure essere stata richiesta successivamente. 7.10. In tale decisione si è ancora una volta sottolineato che la norma, già sottoposta a verifica di conformità all'articolo 3 Cost., comma 1, articolo 28 e 122 Cost., è stata ritenuta avere una legittima copertura costituzionale in ragione della limitata operatività dell'esimente costituente una causa di non punibilità specifica, ma rigorosamente circoscritta, avente per oggetto le sole manifestazioni di pensiero, funzionali all'esercizio dei poteri-doveri costituzionalmente spettanti ai componenti il Consiglio superiore e in considerazione del ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali in gioco , posto che è nella logica del disegno costituzionale che il Consiglio sia garantito nella propria indipendenza, tanto nei rapporti con altri poteri quanto nei rapporti con l'ordine giudiziario così, Corte Cost. sent. 3 giugno 1983, numero 148 . La precisa copertura costituzionale è risultata incidentalmente ribadita dal Giudice delle leggi, alla luce del principio secondo cui le prerogative di organi costituzionali, in quanto derogatorie al principio di eguaglianza, devono essere stabilite con norma costituzionale, mentre il legislatore ordinario può solo intervenire per attuare, sul piano procedimentale, il dettato costituzionale, essendogli preclusa ogni integrazione o estensione dello stesso cfr. Corte cost. sent. 19 ottobre 2009, numero 262 . Tutto ciò è stato ritenuto in linea con il principio consolidato, secondo cui quale che sia la sua qualificazione dogmatica il Consiglio Superiore della Magistratura è organo di sicuro rilievo costituzionale, inteso a rendere effettiva, fornendola di apposita garanzia costituzionale, l'autonomia della magistratura cfr. Corte Cost. sent. 2 febbraio 1971, numero 12 e con l'ulteriore considerazione che strumento essenziale di siffatta autonomia, e quindi della stessa indipendenza dei magistrati nell'esercizio delle loro funzioni, che essa è istituzionalmente rivolta a rafforzare, sono le competenze attribuite al Consiglio superiore dagli articolo 105,106 e 107 Cost. Corte Cost. sent. 18 luglio 1973, numero 142 . 7.11. A quest'ultimo riguardo è stato altresì puntualizzato che, agli effetti della strumentalità delle dichiarazioni del membro del Consiglio all'oggetto e al fine della discussione consiliare e dalla conseguente esclusione della responsabilità anche civile del consigliere, non basta una mera occasionalità, ma un più stretto legame, quale è richiesto dalla espressione opinioni concernenti l'oggetto della discussione cfr. Cass. Sez. U. numero 3527 del 2002 . 7.12. Optare per una soluzione ermeneutica più ampia significherebbe, in primo luogo, urtare contro la lettera della norma, che fa preciso riferimento alla strumentalità delle espressioni all'esercizio delle funzioni e al collegamento delle stesse con l'oggetto della discussione ma soprattutto significherebbe tralasciare, completamente, quel delicato giudizio di comparazione/bilanciamento tra interessi contrapposti, che è alla base della tenuta costituzionale della norma. Si tratta, infatti, per quanto innanzi detto, di una guarentigia destinata ad operare a tutela dell'indipendenza del Consiglio e indirettamente, della magistratura nella misura necessaria a preservarlo da influenze , con la conseguenza che l'operatività dell'esimente deve restare circoscritta alle sole manifestazioni di pensiero, in concreto attinenti all'oggetto della discussione e strumentalmente collegate all'esercizio del voto. In altri termini sulla falsariga di principi espressi dalla Corte Costituzionale con riguardo all'applicabilità dell'articolo 68 Cost., comma 1 alle dichiarazioni rese da un parlamentare extra moenia – ai fini dell'applicabilità dell'articolo 32 bis cit. non è sufficiente il mero contesto consiliare in cui sono state rese le manifestazioni di pensiero, occorrendo verificare che siffatte manifestazioni di pensiero costituiscano espressione delle funzioni assegnate ai componenti del Consiglio per Costituzione e che vi sia una corrispondenza contenutistica , id est un obiettivo collegamento tra quanto oggetto della discussione e le opinioni espresse, altrimenti convertendosi la speciale guarentigia in un possibile strumento di abusi cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza numero 4854 del 27/02/2013 . 7.13. Con riferimento al caso in questione, in conformità ai precedenti sopra richiamati che delimitano chiaramente i margini entro i quali l'opinione del singolo componente del Consiglio Superiore della magistratura non può essere sindacata per effetto della speciale guarentigia prevista per legge a garanzia della sua indipendenza e del rilievo costituzionale della carica rivestita, deve affermarsi che la dichiarazione espressa in un contesto di pubblica riunione si pone certamente al di fuori del ristretto contesto consiliare cui si riferisce l'esimente in esame, laddove non sussista una occasionalità necessaria con l'esercizio della funzione consiliare, ma si ponga quale pretesto per un'affermazione diffamatoria nei confronti di una persona. Al riguardo va pertanto affermato il seguente principio La guarentigia di cui all'articolo 32 bis cit. non vale a rendere immuni da responsabilità i componenti del Consiglio Superiore della magistratura per le opinioni espresse in contesti di luogo e di tempo differenti da quello consiliare in cui deve necessariamente esprimersi una opinione, non potendosi definire quale dichiarazione strumentale all'esercizio delle funzioni assegnate la dichiarazione di non idoneità di un componente della magistratura a rivestire la carica di dirigente di un ufficio, se manifestata a soggetti e in luoghi estranei al contesto consiliare in cui essa è liberamente ammessa, anche se riferita alle funzioni che si andranno in futuro ad esercitare in sede consiliare, non sussistendo in tale ipotesi un obiettivo collegamento tra quanto oggetto della discussione e l' opinione espressa . 8.1. Il motivo è inammissibile. 8.2. La Corte d'Appello, opportunamente richiamando, tra le tante, Cass. 18 gennaio 2017, numero 1185 e Cass, 13 ottobre 2016, numero 20643, ha ritenuto che la prova della lesione del diritto alla reputazione, non essendo in re ipsa ma costituendo danno conseguenza, può essere data con ricorso al notorio e alle presunzioni, assumendo come specifici parametri l'oggettiva portata offensiva della notizia, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale e professionale dell'offeso nel contesto pubblico in cui è stata resa, in presenza di magistrati e avvocati. Tenendo altresì conto della assenza di risonanza mediatica della dichiarazione e della gravità delle offese attribuite al diffamato sul piano professionale, ha stimato equo l'importo di Euro 15.000,00 in moneta attuale. 8.3. Osserva questo Collegio come attraverso la proposizione del terzo motivo, il ricorrente si duole della negata congruità dell'interpretazione fornita dalla Corte territoriale sul contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa osservati ai fini della valutazione equitativa del danno. Il ricorrente, quindi, allega un'erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa operazione che non attiene all'esatta interpretazione della norma di legge sulla liquidazione equitativa del danno, bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l'aspetto del vizio di motivazione cfr., ex plurimis, Cass. Sez. III, numero 36560 del 30/12/2023 2023 Cass. Sez. L, Sentenza numero 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745 Cass. Sez. 5, Sentenza numero 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171 . 8.4. Sotto altro profilo, va rilevato che il ricorrente, pur lamentando un'errata valutazione degli elementi considerati quali indici presuntivi del danno da liquidarsi, abbia trascurato di attestare l'eventuale violazione degli articolo 2727 e 2729 c.c. secondo i criteri indicati da Sez. U, Sentenza numero 1785 del 24/01/2018 in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto cfr. parr. 4 e ss. , nonché degli articolo 115 e 116 c.p.c. nel rispetto dei principi di cui a Cass. Sez. U, Sentenza numero 20867 del 30/09/2020. In definitiva, lo stabilire se sia stato corretto il giudizio con cui la Corte ha reputato necessario procedere alla liquidazione equitativa del danno è una valutazione di merito, insindacabile in questa sede, se operato con motivazione congrua Cass. Sez. 6 3, Ordinanza numero 26051 del 17/11/2020 . 8.5. Il potere di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli articolo 1226 e 2056 c.c., costituisce espressione del più generale potere di cui all'articolo 115 c.p.c. ed il suo esercizio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, senza necessità della richiesta di parte, dando luogo ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, con l'unico limite di non potere surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza, dovendosi, peraltro, intendere l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del danno in senso relativo e ritenendosi sufficiente anche una difficoltà solo di un certo rilievo. In tali casi, non è, invero, consentita al giudice del merito una decisione di non liquet , risolvendosi tale pronuncia nella negazione di quanto, invece, già definitivamente accertato in termini di esistenza di una condotta generatrice di danno ingiusto e di conseguente legittimità della relativa richiesta risarcitoria Cass. Sez. 3 -, Ordinanza numero 13515 del 29/04/2022 . 8.6. Per la censura di apparenza della motivazione, vale quanto detto sopra in merito all'inammissibilità di una deduzione che tende a censurare i fattori presi in considerazione ai fini della liquidazione del quantum percezione della notizia diffamatoria da parte di una sola persona , non costituendo tali valutazioni espressione di una insanabile e interna contraddittorietà della motivazione, ma di una censura di merito in tale sede insindacabile in quanto sufficientemente motivata cfr. SU 8053/2014 . 7. Con il secondo motivo, ex articolo 360 numero 3 c.p.c. in relazione all'articolo 32-bis L. numero 195/1958, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione delle norme di diritto in tema di operatività della causa di non punibilità prevista a tutela dei componenti il Consiglio Superiore della Magistratura. Ex articolo 360 numero 4 c.p.c. in relazione agli articolo 132 numero 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111 cost denuncia la nullità della sentenza o del procedimento per difetto assoluto di motivazione e/o motivazione meramente apparente. Con il secondo motivo il ricorrente, in sostanza, sostiene che la sentenza impugnata abbia erroneamente ritenuto non applicabile l'esimente di cui all'articolo 32-bis L. numero 195/1958 alla fattispecie in esame, ritenendo che le esternazioni, assertivamente diffamatorie, attribuite al ricorrente peraltro da uno soltanto dei testi escussi , fossero pacificamente riconducibili alla carica all'epoca ricoperta in seno al C.S.M. e strumentalmente funzionali al futuro esercizio del diritto di voto sull'assegnazione del magistrato a un incarico direttivo. 8. Con il terzo motivo, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., in relazione agli articolo 595 c.p. e 2043 c.c. il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione delle norme di diritto in tema di diffamazione e/o di risarcimento del danno da reato. Ex articolo 360 nnumero 4 e 5 c.p.c. in relazione agli articolo 1322 numero 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 1116 cost. motivazione meramente apparente ovvero omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Con tale mezzo il ricorrente deduce, in sostanza, che la sentenza impugnata ha -infine determinato in via equitativa il danno, eludendo l'onere di allegazione e prova del pregiudizio non patrimoniale in concreto sofferto, che pacificamente incombeva ed incombe sulla parte che ha azionato in giudizio il credito risarcitorio. 9. Conclusivamente il ricorso va rigettato in considerazione della rilevata infondatezza dei motivi primo e secondo, dichiarati inammissibili gli altri, con assorbimento di ogni ulteriore motivo nulla per le spese. P.Q.M. rigetta il ricorso per quanto di ragione nulla per le spese. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17 della L. numero 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento all'ufficio di merito competente, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.