È giusto guadagnare meno durante le ferie? La parola alla Suprema Corte

La Corte di Cassazione, richiamando l’interpretazione della CGUE in materia, si è pronunciata sulla retribuzione dei lavoratori durante le ferie, stabilendo che devono essere garantite condizioni economiche paragonabili a quelle del periodo lavorativo.

La Suprema Corte, con la decisione in esame, si è espressa in materia di retribuzione dei lavoratori durante il periodo di ferie. Nello specifico, la pronuncia nasce dal ricorso di un datore di lavoro condannato in appello al pagamento della controparte, ossia un lavoratore che aveva richiesto per ciascun giorno di ferie una retribuzione comprensiva dell’indennità di turno, dell’indennità perequativa e dell’indennità compensativa. Con l’ordinanza numero 25850, la Cassazione ricorda che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie nell’ordinamento interno è fortemente influenzata dall’interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la quale, sin dalla sentenza Robinson Steele del 2006, ha precisato che il lavoratore deve percepire anche in tale periodo di riposo un importo pecuniario che si pone in collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia connesso al suo status personale e professionale. Infatti, al fine di non dissuadere il lavoratore dall'esercitare il proprio diritto alle ferie, ritenuto dal legislatore europeo fondamentale per un’efficace tutela della salute e sicurezza, occorre garantire allo stesso «condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l’attività lavorativa». Pertanto, per la Suprema Corte, il giudice di merito ha correttamente proceduto ad «una verifica ex ante della potenzialità dissuasiva dell’eliminazione di voci economiche dalla retribuzione durante le ferie al godimento delle stesse senza trascurare di considerare la pertinenza di tali compensi rispetto alle mansioni proprie della qualifica rivestita», essendosi attenuto alle finalità perseguite dal diritto dell’Unione in materia. La Cassazione ha, dunque, confermato che il datore di lavoro non aveva rispettato pienamente le disposizioni contrattuali e legislative vigenti e di conseguenza ha rigettato il ricorso.

Presidente Leone - Relatore Caso Fatti di causa 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d'appello di Napoli accoglieva l'appello proposto da P.V. contro la sentenza del Tribunale della medesima sede numero 2146/2022, e, in riforma di tale sentenza, dichiarava il diritto di detto lavoratore di percepire, per ciascun giorno di ferie, una retribuzione comprensiva dell'indennità perequativa, dell'indennità compensativa e dell'indennità di turno, e, per l'effetto, condannava l' OMISSIS in sigla OMISSIS s.r.l. al pagamento, in favore del lavoratore, dell'importo indicato, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla maturazione del credito al saldo. 2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale - premettendo che il lavoratore appellante, nell'atto di gravame, aveva rinunciato alla domanda per la parte riguardante l'inclusione dei ticket buoni pasto nella retribuzione normale da corrispondere durante le ferie - richiamava anzitutto i principi espressi da questa Corte nella sent. numero 13425/2019 e poi in Cass. numero 22401/2020 , che aveva analiticamente esaminato la questione della retribuzione feriale in relazione alla normativa e alla giurisprudenza europea, con particolare riferimento alla incidenza su di essa delle voci retributive variabili. 2.1. Quindi, osservava che, applicando i criteri ermeneutici di cui agli articolo 1362 e ss. e considerando il tenore complessivo delle clausole articolo 1362 c.c. , oltre che la ratio ispiratrice della disciplina aziendale, non poteva che concludersi che l'indennità perequativa/compensativa - quantificata in considerazione di valori non collegati all'effettiva presenza del singolo lavoratore, prevista in misura fissa, pensionabile e calcolabile ai fini del TFR collegata all'esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro sicché rientra a pieno titolo nella retribuzione da corrispondere anche nei periodi di ferie, secondo i principi invalsi nella giurisprudenza eurocomunitaria. 2.2. Secondo la Corte, inoltre, l'indennità di turno è volta a compensare l'esecuzione della prestazione in turni avvicendati e flessibili che costituisce, certamente, un incommodo intrinsecamente collegato all'esecuzione delle mansioni che il lavoratore allora appellante era tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite l'importo pecuniario dell'indennità in esame, inclusa nel calcolo della retribuzione spettante al lavoratore, per ogni giornata di effettiva presenza, e che essa non aveva alcun nesso con modalità occasionali o, comunque, variabili di espletamento della prestazione, e andava a compensare una specifica penosità nell'espletamento delle mansioni ed era, quindi, assimilabile a quelle integrazioni collegate alle qualifiche professionali , che la giurisprudenza europea impone di computare nella base di calcolo per la retribuzione del periodo di ferie. 2.3. Infine, per la Corte la ricostruzione così operata non introduceva certamente un principio di onnicomprensività della retribuzione feriale. 3. Avverso tale decisione, l' OMISSIS s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo. 4. L'intimato ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con unico motivo la ricorrente denuncia Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1362 c.c., in combinato disposto con l'articolo 1363 c.c., in tema di interpretazione ermeneutica dei contratti collettivi aziendali, con contestuale illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte territoriale ha dedotto l'illegittimità dell'esclusione dell'indennità perequativa, compensativa e di turno dalle voci di retribuzione normale, quale parametro per la determinazione dell'indennità di ferie, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. . 1.1. Secondo la ricorrente, essendo confluite diverse voci retributive previste dalla contrattazione di II livello nell'indennità perequativa/compensativa, detta indennità è determinata da alcune voci che appaiono tener conto della qualifica dei lavoratori es. ind. disagio macchinisti accomma 12/2, ind. disagio conduttori accomma 12/2, ind. disagio capitreno ap. come da confluenza di cui all'accomma az. Del 2012 ind. disagio addetti Am/Manutenz. come da confluenza di cui all'accomma az. del 2013 nonché da altre che, ed era questo che era sfuggito alla Corte territoriale, sono corrisposte solo in occasione dello svolgimento delle mansioni con valore di rimborso spese indennità KM . 1.2. Per la stessa, gli importi correlativi all'indennità perequativa e all'indennità compensativa, conglobando in sé pregresse e varie indennità tutte legate ad effettive e/o particolari prestazioni rese, erano stati legittimamente e correttamente considerati assimilabili alle indennità saltuarie e variabili di cui all'articolo 9 del CCNL del 12.3.1980. 1.3. E analoghe considerazioni valevano per l'indennità di turno, che serve a compensare la fatica sia fisica che morale di dover lavorare in giorni normalmente dedicati al riposo Si trattava di emolumenti che non sono quindi intrinsecamente connessi con lo svolgimento delle mansioni e/o con il contenuto della specifica prestazione richiesta in virtù del contratto di lavoro, essendo piuttosto legati alla effettiva presenza fisica del lavoratore sul luogo di lavoro, conseguente alle occasionali ed oggettive modalità organizzative del servizio di TPL. 2. La censura così riassunta è infondata. 3. Rileva preliminarmente il Collegio che questa Sezione si è di nuovo espressa sulle questioni di diritto anche qui poste nelle recenti sent. numero 18160/2023, numero 19663/2023, numero 19711/2023, numero 19716/2023 in relazione a fattispecie concrete analoghe a quella ora in esame. 3.1. Pertanto, anche ai sensi dell'articolo 118, comma primo, disp. att. c.p.c., alle citate sentenze si farà riferimento in questa sede. 4. Occorre allora premettere che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie è fortemente influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la quale, sin dalla sentenza Robinson Steele del 2006, ha precisato che con l'espressione < < ferie annuali retribuite> > contenuta nell'articolo 7, nr. 1, della direttiva nr. 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, < < deve essere mantenuta> > la retribuzione con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria nello stesso senso CGUE 20 gennaio 2009 in C.350/06 e C-520/06, Schultz-Hoff e altri . Ciò che si è inteso assicurare è una situazione equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall'esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell'Unione cfr. C.G.U.E. Williams e altri, C-155/10 del 13 dicembre 2018 ed anche la causa To.He. del 13/12/2018, C-385/17 . Qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un'efficace tutela della loro salute e sicurezza cfr. in questo senso anche la recente C.G.U.E. del 13/01/2022 nella causa C-514/20 . 4.1. Di tali principi si è fatta interprete questa Corte che in più occasioni ha ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell'articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE con la quale sono state codificate, per motivi di chiarezza, le prescrizioni minime concernenti anche le ferie contenute nella direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, cfr. considerando 1 della direttiva 2003/88/CE, e recepita anch'essa con il d.lgs. numero 66 del 2003 , per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore cfr. Cass. 17/05/2019 numero 13425 . 4.2. Anche con riguardo al compenso da erogare in ragione del mancato godimento delle ferie, pur nella diversa prospettiva cui l'indennità sostitutiva assolve, si è ritenuto che la retribuzione da utilizzare come parametro debba comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “status” personale e professionale del lavoratore cfr. Cass, 30/11/2021 numero 37589 . 4.3. Proprio in applicazione della nozione c.d. europea di retribuzione, nell'ambito del personale navigante dipendente di compagnia aerea, poi, si è chiarito che nel calcolo del compenso dovuto al lavoratore nel periodo minimo di ferie annuali di quattro settimane si deve tenere conto degli importi erogati a titolo di indennità di volo integrativa e a tal fine si è ritenuta la nullità della disposizione collettiva l'articolo 10 del c.c.numero l. Trasporto Aereo - sezione personale navigante tecnico nella parte in cui la esclude per tale periodo minimo di ferie evidenziandosi il contrasto con l'articolo 4 del d.lgs. numero 185 del 2005 decreto di attuazione della direttiva 2000/79/CE relativa all'Accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile interpretando tale disposizione proprio alla luce del diritto europeo che impone di riconoscere al lavoratore navigante in ferie una retribuzione corrispondente alla nozione europea di remunerazione delle ferie, in misura tale da garantire al lavoratore medesimo condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l'attività lavorativa cfr. Cass. 23/06/2022 numero 20216 . 4.4. E' opportuno poi rammentare, come già ritenuto nella sentenza da ultimo citata, che le sentenze della Corte di Giustizia dell'UE hanno, infatti, efficacia vincolante, diretta e prevalente, sull'ordinamento nazionale sicché non può prescindersi dall'interpretazione data dalla Corte Europa che, quale interprete qualificata del diritto dell'unione, indica il significato ed i limiti di applicazione delle norme. Le sue sentenze, pregiudiziali o emesse in sede di verifica della validità di una disposizione UE, hanno perciò “valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell'ambito della Comunità” cfr. Cass. numero 13425 del 2019 ed ivi la richiamata Cass. numero 22577 del 2012 . 4.5. Nell'applicare il diritto interno il giudice nazionale è tenuto ad una interpretazione per quanto possibile conforme alle finalità perseguite dal diritto dell'Unione nell'intento di conseguire il risultato prefissato dalla disciplina Eurounitaria conformandosi all'articolo 288, comma 3, TFUE. L'esigenza di un'interpretazione conforme del diritto nazionale attiene infatti al sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell'ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell'Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte cfr. CGUE 13/11/1990 causa C-106/89 Marleasing p. 8, CGUE 14/07/1994 causa C-91/92 Faccini Dori p. 26, CGUE 10/04/1984 causa C-14/83 von Colson p. 26, CGUE 28/06/2012 causa C-7/11 Caronna p. 51, tutte citate da Cass. numero 22577 del 2012 alla cui più estesa motivazione si rinvia , obbligo che viene meno solo quando la norma interna appaia assolutamente incompatibile con quella Eurounitaria, ma non è questo il caso. 5. A questi principi si è attenuta la Corte di merito che, come ricordato, ha proceduto, correttamente, ad una verifica ex ante della potenzialità dissuasiva dell'eliminazione di voci economiche dalla retribuzione erogata durante le ferie al godimento delle stesse senza trascurare di considerare la pertinenza di tali compensi rispetto alle mansioni proprie della qualifica rivestita 6. Ritiene allora il Collegio che l'interpretazione delle norme collettive aziendali che regolano gli istituti di cui era stata chiesta l'inclusione nella retribuzione feriale oltre ad essere del tutto plausibile è in linea con le indicazioni provenienti dalla Corte di Lussemburgo ed in sintonia con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, che è innanzi tutto quella di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all'esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale. 7. In particolare, circa l'indennità perequativa e l'indennità compensativa, l'argomento della ricorrente che fa leva sul dato che in tali indennità sarebbero confluite varie indennità precedenti corrisposte in occasione dello svolgimento delle mansioni con valore di rimborso spese è meramente assertivo, come il cenno ad un'indennità chilometrica. 7.1. In ogni caso, correttamente la Corte territoriale ha fatto riferimento alla natura di tali indennità come già conformate nella contrattazione di rango non nazionale, che veniva in considerazione. 8. Parimenti plausibile è la motivazione resa dalla Corte territoriale circa l'indennità di turno motivazione che peraltro non risulta specificamente censurata dalla ricorrente dove ha concluso che è assimilabile alle integrazioni collegate alle qualifiche professionali . La ricorrente, in quanto soccombente, dev'essere condannata al pagamento, in favore del difensore del controricorrente, dichiaratosi anticipatario, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge, e distrae in favore del difensore del controricorrente. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.